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Autore: Myriru    25/10/2019    6 recensioni
“Sono stata al fianco del signor Oscar lungo tutta la durata della sua malattia, sono stata l’unica persona di cui si è fidata e l’unica alla quale ha confidato i suoi segreti e le sue paure.
Posso dire di essere una delle poche persone che la conosce davvero, e mi ritengo molto fortunata.
Il mio nome è… Celine Gautier”
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Marron Glacé, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Quel pomeriggio… fu indimenticabile. Oscar si fece visitare in silenzio, seguiva alla lettera tutto quello che il dottore le diceva e per la prima volta la vidi tossire sangue. Fu bruttissimo, aveva gli occhi spalancati e guardava il dottore spaventata. Non avrei mai creduto di vederla in quello stato.
Qualche volta si era girata a guardarmi con uno sguardo sofferente e io, la prima volta, non riuscì a sostenere quel dolore che, per qualche istante, sentì anche mio. ”

 
Oscar si rivestì lentamente, aveva freddo nonostante la vicinanza al fuoco. Le parole che il medico e Celine si stavano scambiando le arrivavano ovattate, quasi come se fossero in un’altra stanza.
Girò appena il viso verso Celine, sembrava davvero presa dalle parole del dottore. Tossì un po’, coprendo le labbra con una mano e il discorso tra i due si fermò ed entrambi si voltarono verso di lei, ricordandosi della sua presenza.
Oscar si infilò la vestaglia pesante e tentò di riscaldarsi, il dottore le si avvicinò un ultima volta per salutarla e lei fece un piccolo cenno con il capo, Celine lo aveva accompagnato fuori alla porta e, appena furono sole, la ragazza si voltò verso di lei.
«Celine… »
Sussurrò piano guardando le fiamme vive del camino.
«Sì? »
«Non ne parlerai con nessuno vero? »
«Come desiderate »
Celine accennò un sorriso, fece il giro del letto e la raggiunse, rannicchiata sulla poltrona, mentre osservava il fuoco rosso nel camino. Rimasero in silenzio per un paio di minuti, Celine guardò il fuoco alla sua sinistra cercando conforto e calore, poi volse lo sguardo su di lei.
La luce calda del fuoco donava un po’ di colore al suo viso pallido, le ombre lo fecero sembrare anche più scavato. Era visibilmente stanca e i suoi occhi erano lucidi, forse aveva la febbre o forse stava trattenendo dentro di sé le lacrime per lo sconforto. Sì sentì un po’ a disagio, forse doveva andarsene ma qualcosa la spingeva a restare al suo fianco. Oscar fece una smorfia e si morse il labbro, strinse la vestaglia per riscaldarsi. Celine abbassò lo sguardo.
«Celine »
«Sì? »
«Posso stare un po’ da sola… per favore? »
Oscar aveva abbassato il capo, forse non riusciva più a trattenersi. Celine sussurrò un debole sì, scossa. Fece un rapido inchino e si mosse rapidamente verso la porta della stanza, in silenzio e con gli occhi sbarrati.
“«E’ la tisi »”
Aveva detto il dottore.
“«Se non ti curi non vedrai la prossima primavera »”
Aveva aggiunto con voce rotta.
 
«Celine? Dove sei? Devi portare il tè al signor Oscar »
La ragazza si alzò in fretta e, dopo aver posato l’ultimo bicchiere nella credenza, prese il vassoio d’argento dalle mani di Bernardette e si incamminò rapida verso la camera della sua padrona.
Sperò che si sentisse meglio, sperò di non vederla piangere.
“E’ un soldato, non piangerà mai davanti a me ma… non voglio vederla soffrire, non voglio che si tenga tutto dentro o morirà…”
Sentì un brivido lungo la schiena, la probabilità di morte era molto alta per quella malattia e lei non si era mai curata. Prima di bussare alla sua porta esitò un istante. Cercò di calmare il suo cuore e i suoi pensieri, fece un respiro profondo e picchiò le nocche delle mani, aspettando il suo consenso.
Sentì un debole avanti, aprì piano la porta e la richiuse rapidamente alle sue spalle.  Si voltò verso di lei e la trovò davanti allo specchio, mormorava tra sé e sé.
«Grazie Celine »
«Si sente meglio? »
Azzardò a chiedere e si sentì un po’ stupida. Come poteva stare bene una persona che aveva appena scoperto di avere la tisi, una malattia per giunta mortale?
“Sei un genio Celine, un vero genio”
«Oh… io non… mi dispiace »
Oscar rise leggermente e Celine non disse più nulla.
«No, non dispiacerti, non mi hai affatto offesa »
Le disse sorridendole dolcemente, mentre portava la tazza fumante alle labbra. Celine abbassò il capo mortificata.
«Il… medico mi ha chiesto di occuparmi »
«Di me? Non ne avrò bisogno. Ritieniti sollevata da questo incarico »
«Permettetemi di dire il contrario »
Oscar si voltò verso di lei e la guardò freddamente, contrariata dalle sue parole. Celine non si lasciò intimidire, non poteva permettere che si lasciasse andare morire. Si fissarono per alcuni istanti, Oscar la squadrò da capo a piede.
«Tu mi darai filo da torcere »
«Se lo riterrò necessario sì »
Oscar sorrise.
 
«Cosa ne pensi di lei? »
«E’ una donna molto forte, si vede. Mi piacerebbe avere la sua sicurezza »
Disse Celine guardando André sfogliare il suo libro con cura, alla ricerca del punto in cui aveva fermato la sua lettura. La ragazza l’osservò incantata, dimenticando l’immagine di Oscar che aveva nella sua mente.
«Sai leggere? »
La sua voce la riportò alla realtà, allontanò lo sguardo dal suo viso.
«Un po’. Mi ha insegnato mio padre »
«Vorresti leggere per me? Non… vedo molto bene oggi »
Aveva sussurrato l’ultima frase, nonostante fossero soli nel giardino. Erano seduti vicini sotto lo stesso albero dove Celine l’aveva visto leggere il giorno prima. Prese il libro tra le mani e André le indicò il punto in cui aveva smesso di leggere. Si rischiarì la voce e poggiò la schiena sul tronco dell’albero dietro di lei.
«Come è cambiato il mio stato in pochi giorni! Quante amarezze si mescolano alla dolcezza di avvicinarmi a voi! Quante tristi riflessioni mi assediano! Quante traversie mi fanno temere i miei timori! O Giulia, che fatale dono del cielo è un’anima sensibile! Colui che l’ha ricevuto non deve aspettarsi che pene e dolori sulla terra.[…] Questa è la crudele situazione in cui mi tengono il destino che m’opprime, i sentimenti che mi innalzano, e tuo padre che mi disprezza, e tu che sei l’incanto e il tormento della mia vita. Senza di te, fatale bellezza! non avrei mai provato l’intollerabile contrasto di grandezza in fondo all’anima e di bassezza nella fortuna; sarei vissuto tranquillo e morto contento, senza degnarmi di notare il rango da me occupato sulla terra. Ma averti vista e non poterti possedere, adorarti e non essere che un uomo! essere amato e non poter essere felice! abitare i medesimi luoghi e non poter vivere insieme! O Giulia cui non posso rinunciare! O destino che non posso vincere! che orrende battaglie scatenate in me, senza mai poter superare i miei desideri e la mia impotenza! – l’uomo si mosse, si stese sull’erba e poggiò il capo sulle sue gambe, continuando ad ascoltare indisturbato – Strano e inconcepibile effetto! Da quando mi sono riavvicinato a voi, non volgo in me che pensieri funesti. Forse il soggiorno che abito contribuisce a tanta malinconia; è triste e orribile, ma così è tanto più conforme allo stato dell’anima mia, non potrei abitarne uno più piacevole con altrettanta pazienza. Una fila di sterili rocce cinge il pendio e la mia abitazione, resa ancor più tremenda dall’inverno. Ah! Giulia, sento che se dovessi rinunciare a voi non ci sarebbe per me né altro soggiorno né altra stagione. […]
Tra le rocce di questo pendio ho scoperto in un rifugio solitario una breve spianata da dove si scorge tutta la felice città che abitate. Figuratevi con che avidità portai gli occhi su quell’amato soggiorno. Il primo giorno feci mille sforzi per discernere la vostra casa; ma la grande distanza li rese vani, m’accorsi che l’immaginazione mia illudeva gli occhi affaticati. […]Mi sono così innamorato di questo luogo selvaggio che ci porto persino penna e carta, ora sto scrivendo questa lettera su un macigno che il gelo ha staccato dalla rupe vicina.
Qui, o Giulia, il tuo infelice amante gode gli estremi piaceri che forse potrà gustare al mondo. Di qui, attraverso l’aria e i muri, ardisce penetrare segretamente fino nella tua camera… André…? »
Celine spostò il libro e notò che André aveva gli occhi chiusi e un’espressione beata sul viso. Sorrise intenerita, chiuse il libro e lo poggiò poco lontano, e gli accarezzò piano il viso. Si era addormentato, non aveva chiuso semplicemente gli occhi.
“Sei bellissimo quando dormi… se solo lei potesse vederti con gli stessi occhi con cui io ti vedo…”
Pensò con un sorriso velato di tristezza mentre spostava le ciocche corvine dal suo viso, scoprendo la sua cicatrice. Avvicinò il viso al suo e baciò la sua fronte, guardò le sue labbra e ne fu tentata.
“Quando avrò un’occasione simile di nuovo?”
Si disse e, con il viso colorato di rosa, posò le sue labbra sulle sue, in un bacio leggero.
 
“L’avevo baciato ma ricordo che sentì un senso di colpa non indifferente. Amava Oscar e non avrebbe mai smesso di farlo e di sicuro non l'avrebbe mai fatto per me”
   
 
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