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Autore: KikiShadow93    25/10/2019    5 recensioni
Lui è resuscitato senza sapere né come né grazie a chi e, dopo attente considerazioni, ha deciso di provare ad integrarsi a sua volta sulla Terra.
Lei, per scappare dal proprio passato e per provare a salvaguardare il proprio futuro, decide di fuggire in città.

Lui è cresciuto tra i guerrieri, nell’odio e nel rancore, ed ha sviluppato un forte senso di inferiorità.

Lei è cresciuta tra i reietti, nella paura e nella violenza, arrivando quasi a perdere la speranza di poter avere una vita felice.

Sono diversi eppure incredibilmente simili, ed entrambi sono inconsapevoli pedine di un disegno molto più grande.


[Radish prende spunto da DBR&R; Post Cell Game; Possibile OOC]

Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Radish
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita secondo Radish'
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Prima di iniziare: Ci tengo a ringraziare di tutto cuore The Big Dreamer, Celeste98 e Il corsaro nero per aver lasciato una recensione. Non avete idea di quanto mi abbia fatto piacere! :3


 

𝟙. 𝒞𝑜𝓂𝑒 𝒾𝓁 𝑔𝒶𝓉𝓉𝑜 𝒸𝑜𝓁 𝓉𝑜𝓅𝑜



Alcuni urlano di chiamare l’ambulanza e la polizia, altri invocano aiuto, altri ancora si spaccano addosso gli sgabelli e si prendono a pugni.
Radish continua a guardare con attenzione la ragazza che si sistema i capelli di fronte a lui. Quando, pochi istanti prima, l’ha vista passarsi il dorso della mano intriso di sangue sulla bocca con fare stizzito, ha dovuto far ricorso a tutto il proprio autocontrollo e anche di più per non scoparla lì sul posto.
«Ti conviene andartene, fustacchione.»
Radish torna in sé tutto in un colpo, smettendo di fissare la lunga e sottile catena d’oro che le scende in mezzo ai seni. Malgrado si tratti solo di una seconda non troppo abbondante, quella sottile linea di metallo che ci oscilla in mezzo è come una calamita per lui.
Alza gli occhi e la trova ad osservarlo con aria quasi divertita, la bocca arricciata di lato e il sopracciglio inarcato.
«Hanno chiamato la polizia. Un omicidio, anche in un posto del genere, non lascia mai indifferenti.» E detto questo si volta e se ne va, rubando un cappellino nero che si calca velocemente sugli occhi. Tiene le mani nelle tasche, la testa china, ma Radish lo vede quel ghigno divertito che le increspa le labbra.
Si alza dallo sgabello e, deciso a giocare con quella terrestre, s’incammina a sua volta. Cammina piano, ignorando le persone che involontariamente lo urtano mentre si azzuffano.
L’aria fredda della notte lo avvolge non appena varca la soglia. Trae un respiro profondo, cercando di sciogliere i muscoli.
Non capisce come abbia fatto a svignarsela così velocemente. Nessun terrestre corre tanto veloce, e lì non ci sono vicoletti dove nascondersi. Per sparire dalla sua vista può essere andata solo in due direzioni, ma una la scarta velocemente quando intravede i lampeggianti all’orizzonte e sente l’odioso suono della sirena.
Senza curarsi minimamente di essere visto, si alza in volo, cercandola con lo sguardo, ma lei non c’è. Questo lo confonde e, al tempo stesso, lo stuzzica incredibilmente: era convinto che solo i tre terrestri buoni a poco o niente che fanno parte dei Guerrieri Z - di cui di tanto in tanto si sente di far parte - fossero capaci di cose simili.
Pensava che sarebbe stato difficile identificare la sua aura*, dal momento che i terrestri sono tutti incredibilmente simili l’uno all’altra e nel locale non si era concentrato su di lei, ma la sente subito. È forte, molto forte, e si sposta assai velocemente verso la foresta al confine con la città.
Vola in quella direzione, sentendo distintamente che ha accelerato il passo. Si chiede se lo abbia sentito avvicinarsi, se abbia capacità sensoriali tanto sviluppate, ma entro un paio di minuti si rende conto che no, non le ha, altrimenti non si sarebbe spogliata e immersa in un piccolo laghetto.
La osserva dall’alto, così calma e a suo agio con ciò che la circonda. La pelle sembra ancor più pallida grazie allo spicchio di luna che illumina debolmente il circondario.
Si abbassa e atterra vicino ai suoi vestiti abbandonati sull’erba. Per qualche secondo si sofferma a guardare il perizoma e il reggiseno di pizzo rosso, domandandosi come le starebbero addosso. Con questo preciso pensiero si sente un idiota, dal momento che ha la piena visuale del suo corpo completamente nudo proprio davanti agli occhi.
«Sei davvero veloce.» Afferma con tono divertito, incrociando le possenti braccia al petto mentre lei sobbalza e si volta di scatto per guardarlo. Gli occhi sembrano quelli di un cervo che rimane abbagliato dai fari di una macchina in mezzo alla strada, ma dura solo per un paio di secondi.
Drizza la schiena e lascia le braccia abbandonate lungo i fianchi, lo sguardo fisso sulla figura imponente dell’uomo che le sta di fronte. Per un istante ha pensato pure di attaccarlo, ma le è bastato odorare un secondo l’aria per capire che non era il caso se voleva restare viva. Emana una forza distruttiva che non aveva mai sentito prima e, fattore ancora più incredibile, non ha l’odore tipico degli altri esseri umani.
«Come hai fatto a seguirmi?» Domanda con spiccata curiosità, voltandosi completamente verso di lui. È abituata a stare nuda di fronte a degli uomini, anche sconosciuti, quindi non le passa neanche per l’anticamera del cervello di coprirsi.
Radish, che ha ben capito che i terrestri sono molto più pudici rispetto a quelli della propria razza, lascia vagare lascivamente gli occhi su quel corpo tonico, notando un gran numero di cicatrici sparse un po' ovunque.
«Cos’hai da fissare? Mai visto qualcuno fare il bagno?» Gli cammina attorno, gli occhi attentissimi che lo studiano per provare ad anticipare eventuali mosse.
Radish non accenna a mollare il ghigno divertito che si è stampato in faccia da quando l’ha vista. Lascia che gli giri attorno, che lo osservi. Vuole sapere con chi sta giocando. In fondo, dopo la batosta che prese contro suo fratello e Piccolo cinque anni prima (sei, se tiene conto anche dell’anno passato nella Stanza dello Spirito e del Tempo), sta ben attento a non fare lo spaccone se non è molto più che sicuro che la situazione non sia a suo vantaggio. In fondo, neanche C-18 sembra essere pericolosa a prima vista, e invece…
«Non si vede spesso una bambolina starsene in un lago con la tua calma. Sicuramente non di notte, non nuda e non con un uomo che non conosce alle spalle.» Afferma con tono derisorio, voltando un poco il capo, giusto in tempo per vederla rimettersi il tanga. E sì, è proprio come se l’era immaginato.
«Bambolina? Davvero?» Assottiglia lo sguardo, l’espressione che oscilla tra l’infastidito e l’incuriosito. Non sa neanche lei cosa pensare con esattezza, non riesce a capire chi ha di fronte. Una cosa, però, la sa per certo: è estremamente più forte di chiunque abbia mai conosciuto.
«Ti dà fastidio?»
Si fissano intensamente negli occhi, Radish aspetta solo che lei accetti la sua silenziosa richiesta di scatenarsi per divertirsi un po’. Se attaccasse per primo una ragazza indifesa senza motivo, potrebbero sorgere dei problemi con gli altri e di certo non ne ha voglia.
Ma lei non si sognerebbe mai di attaccarlo. Capire con cosa ha a che fare sì, sicuramente, ma non attaccarlo.
Lo avvicina lentamente, sostenendo il suo sguardo.
«Se tu fossi al mio posto, ti darebbe fastidio?» Alza lo sguardo, una non indifferente fierezza negli occhi scuri mista ad arroganza e divertimento.
Radish, invece, abbassa gli occhi sul suo corpo nudo tanto vicino al proprio. Per un certo verso gli ricorda le donne della sua razza, per quanto le può ricordare. Ricorda che erano muscolose, spesso sfoggiavano molte cicatrici, e avevano la stessa scintilla negli occhi.
«Spudorata…» Mormora rialzando gli occhi, allungando di scatto una mano per afferrarle il fianco e tirarsela addosso «… mi piace.»
«Giù le zampe, fustacchione. Qui non c’è niente per te.» Sembra quasi un miagolio il suo, un qualcosa che arriva dritto all’inguine dell’imponente Saiyan.
Per quanto non voglia, la lascia scivolare di lato, senza però perderla mai di vista. La osserva mentre si avvicina ad un albero, i muscoli tesi sotto la pelle chiara pronti a scattare al primo segnale di allarme.
Dal canto suo, la giovane sconosciuta aspetta solo il momento migliore per scattare in mezzo alla vegetazione e correre via. Se una parte di lei è pericolosamente incuriosita dall’enorme uomo che l’ha inspiegabilmente seguita e raggiunta in tempi da record, l’altra vuole solo trovare una grotta abbastanza profonda e oscura dove rimpiattarsi finché non sarà sparito.
Sfiora con la punta delle dita una grossa corteccia e ci gira piano attorno, la testa leggermente piegata in avanti così che i capelli bicolore le coprano un poco gli occhi. Lo guarda di sottecchi senza che lui se ne renda conto. Ma che lui noti o meno quel fugace sguardo, per lei non farebbe alcuna differenza, dal momento che al guerriero basta giusto il tempo di un battito di ciglia prima di sparire dalla sua visuale.
La luce tenue della luna getta ombre mostruose tutt’attorno e dà agli alberi massicci l’apparenza di enormi e mostruose bestie appiattite. Pur essendo abituata a muoversi nella più totale oscurità, quella situazione di evidente svantaggio la mette a disagio. Non ammetterà mai di essere in seria difficoltà, ne va del suo orgoglio, ma sa bene di esserlo.

Lo sente vicino in quell’oscurità, ma non fa in tempo a spostarsi che se lo ritrova addosso a schiacciarla contro l’albero.
Radish non si fa guardare negli occhi, rimanendo con il viso vicino alla sua guancia, le labbra che sfiorano il suo orecchio.
Le passa piano una mano sul fianco, stringendolo poi quasi con crudeltà. Non riesce però a togliersi la soddisfazione di farla lamentare e questo, almeno un po’, gli fa piacere. Non ci sarebbe stato altrettanto divertimento a giocare con una creatura piagnucolona.
«Tu dici?» Risponde così alla sua precedente affermazione e improvvisamente le volta il capo e la bacia con una violenza che distrugge in lei ogni altra sensazione.
Le sue labbra tremarono sotto quelle di lui, sente il cuore martellare nel petto tanto forte da farle credere che scoppierà da un momento all’altro, ma non vuole cedere, non così facilmente.
Sa che non ha possibilità in uno scontro, sicuramente non la lascerebbe neanche scappare, ma non può far altro che tentare il tutto per tutto. Anche se, considerato l’odore che emana, non è del tutto certa che la attaccherebbe in qualsiasi caso.
Cerca di rilassare i muscoli, allungando pure le braccia fino a toccargli le spalle. È piuttosto immobile pure lui, e questo la insospettisce. Per un attimo, solo uno, si domanda a quale razza di gioco perverso stia giocando, ma poi decide semplicemente di agire e, senza che il Saiyan abbia il tempo di spostarsi, affonda le unghie nelle sue spalle. I solchi sono profondi circa cinque millimetri, quel tanto che le basta per farlo allontanare senza però mandarlo completamente in bestia (o almeno lo spera).
Il sangue cola sulle braccia muscolose, lasciando l’uomo in uno stato di confusione. Quello potrebbe essere un buon motivo per ucciderla, pensa Radish, ma poi il gioco finirebbe… e lui sta giusto cominciando a divertirsi. Senza contare, poi, che adesso vuole sapere con che razza di terrestre ha a che fare: le sue unghie sono decisamente troppo corte per potergli lasciare dei solchi simili, quindi deve esserci qualcosa sotto.
Il cuore di lei si ferma per un attimo. Solo uno.
«Tu sei completamente scemo!» Urla in preda all’ira, portandosi le mani ai lati della testa per contenersi. Per un breve istante sente il corpo andare a fuoco. Non può permettersi mosse false, non contro qualcuno che probabilmente le staccherebbe la testa con una sberla.
Per un po’ di tempo il volto di lui non muta d’espressione; rimane immobile a riflettere, finché finalmente scoppia in una risata. L’ultima volta che si è trovato di fronte a qualcosa di interessante come questa ragazza, è stato otto mesi prima con l’arrivo degli Androidi.
«Non ti permettere mai più, bestia.» Gli ringhia contro a denti stretti, sbuffando sonoramente per togliersi un ciuffo dall’occhio mentre raccatta frettolosamente i propri abiti da terra. Non li indossa, non ci pensa neanche. L’unico pensiero che ha in testa è di scappare il più lontano possibile per poter così andare al suo nuovo rifugio senza essere seguita.
Radish riesce appena a fare un paio di passi verso di lei per infastidirla ancora un po’ prima di liberarsene - non sa ancora se la risparmierà o se la stuzzicherà ancora prima di sconfiggerla in combattimento -, ma viene bloccato dal suo sguardo furioso e dal suo dito accusatore puntato dritto in faccia. Decisamente la cosa più strana e divertente che gli sia mai capitata da che ne ha memoria!
«Stammi lontano!»
La guarda mentre si allontana nell’oscurità, prendendo sempre più velocità. Una velocità sorprendente, davvero: ad occhio e croce, può giurare che raggiunga senza particolare sforzo i 130/150 chilometri orari.
Rimane fermo dove si trova, i piedi ben piantati a terra e le braccia stese lungo i fianchi. Continua a guardare il punto in cui è sparita e gli sembra strano che una ragazza di forse venticinque anni come lei, probabilmente pure meno, preferisca scappare nel cuore della foresta, che nell’immaginario spesso rappresenta quanto di più spaventoso possa esserci. Nuda, per giunta.
Per quanto gli secchi ammetterlo con sé stesso, e Dio solo sa quanto lo sia, quella giovane saetta è decisamente molto interessante.
Si passa stancamente una mano dietro al collo, un sorriso divertito sulle labbra.
Sarà semplice ritrovarla con l’aura che emana, può anche lasciarla andare per ora. In fondo è stanco, preferisce andarsene a casa.
Abbassa per un istante gli occhi in un moto spontaneo e lì in mezzo all’erba dove prima stavano i suoi vestiti, adesso giace abbandonato un foglio ripiegato e stropicciato.
Lo prende incuriosito e lo apre, faticando a leggere. Parte del problema è dovuto all’oscurità, ma lo risolve alzandosi in volo per avere più luce. L’altra parte è dovuto non tanto alla calligrafia, dal momento che le lettere sono tonde e ricche di cerchi ma comunque chiare, ma dal fatto che l’inchiostro spesso è sbavato perché c’è stato versato qualcosa che sembra essere caffè e ci sono diverse macchie di marmellata. Assottigliando lo sguardo, nota che ci sono diverse sbavature di un liquido smaltato rosa.
Chiunque l’abbia scritta o non sa fare più cose contemporaneamente o si era più che dimenticato di aver lasciato il foglio sul tavolo prima di cominciare a fare ben altro.
Legge comunque delle parti, quelle che sono riuscite a salvarsi: “****** venire in cit***** abbestia e ci pestiamo! CAZZO!!! ****** ti presento qualche bel ma*****” e dopo questa brillante riga seguono porcate di vario genere. Parla di cibo, di sesso, di droga. Da quel che riesce a capire, il mittente sarebbe capace di mangiare, sniffare e/o cavalcare tutto ciò che vede. Una dote piuttosto unica, lo ammette.
Ma poi arrivano due notizie davvero interessante: un indirizzo e un nome.
Pensa che sia davvero incredibile che si stia trasferendo a neanche dieci minuti da casa sua, in un palazzo che vede ogni volta che decide di fare due passi.
S’intasca il foglietto e si dirige verso il suo appartamento, intenzionato a mettere qualcosa sotto ai denti e magari schiacciare un pisolino.
L’idea che, in circostanze diverse, avrebbe potuto dirlo a suo fratello lo rattrista. È vero, stare sulla Terra non gli piace molto, ma l’idea di essere ancora vivo e, soprattutto, di aver avuto una seconda possibilità proprio da quello stolto con cui condivide il sangue gli ha dato modo di pensare che, forse, uno sforzo può anche farlo. Inoltre gli fa abbastanza piacere vederlo rallegrarsi quando gli dice qualcosa che lo riguarda e sicuramente lo sarebbe stato nell’apprendere che si è fatto un’amica - beh, più o meno, vagamente.
Ma lui non c’è più, non è voluto tornare.
Non sa se si tiene aggiornato su ciò che sta accadendo nel mondo dei vivi, non ne ha davvero idea, ma è consapevole che prima o dopo tornerà. Sarà allora che gli dirà dei suoi lenti ma significativi progressi, per poi fare la lotta come si addice a quelli della loro razza.
Abbassa per un istante lo sguardo quando sente un urlo bestiale provenire dal fitto della vegetazione, molto distante dalla sua posizione, ma non se ne cura. Magari la sua nuova amica ha trovato qualcuno meno clemente di lui e si sta battendo, ma non gli importa molto: saprà a breve se ne uscirà vincitrice o meno.
«Quindi è così che si chiama il giocattolo…» Mormora tra sé e sé, rialzando poi lo sguardo «… Sherry.»


Non c’è voluto alcuno sforzo per vedere nitidamente in quell’oscurità. È nata anche per questo, in fondo.
Ed è nata per correre, per raggiungere velocità incredibili sul rettilineo.
È nata per non indietreggiare, per combattere e uccidere.
Nel suo caso, però, è nata anche per servire e subire.
Non poteva funzionare, assolutamente.
C’è qualcosa di strano in quelli come lei, in quelli nati male o in circostanze sbagliate, ne è convintissima e ogni volta che commette qualcosa di strano come il non provare ad uccidere l’uomo che l’ha seguita e baciata contro la sua volontà se lo ripete fino allo sfinimento.
Perché sa che avrebbe dovuto ucciderlo. Però non ha voluto, non ha provato a farle effettivamente del male. Certo, quelle confidenze esagerate erano un pretesto per non dover dare scuse di alcun tipo a nessuno, compresa sé stessa, ma seguendo questo ragionamento avrebbe dovuto uccidere quasi tutti quelli che conosce, quindi preferisce evitare.
Ma questo discorso non vale per l’uomo steso supino sotto al suo bacino.
«Oh, …»
L’odore del sangue.
Denso, scuro e caldo sangue.
L’odore così acre e ferroso.
L’olfatto, insieme alle papille gustative, danzano un ballo sublime, facendola fremere.
Dalla gola recisa di quell’uomo provengono dei gorgoglii piacevoli ed incomprensibili; Sherry si gode la scena con lo sguardo estasiato ma inquieto allo stesso tempo. Sta diventando tutto troppo frequente.
Lo guarda dritto negli occhi, mentre la luce li abbandona per sempre.
«Balla con la Luna anche per me…»
Non capisce se sia una cosa volontaria quella di farla braccare da uomini o donne evidentemente svantaggiati rispetto a lei. In fondo, lui per primo sa bene chi è stato il suo mentore, senza contare che si sono allenati insieme per anni. Sa di cosa è capace, lo sa benissimo, quindi perché mandarle contro delle nullità? Per sfoltire il gregge? No. Pure chi considera inutile lo tiene in vita per usarlo nelle sue file, quindi perché continuare?
«Sei sempre stato dispettoso… ma adesso comincio a stancarmi.» Per molti parlare da soli aiuta a mantenere i pensieri focalizzati sugli obiettivi e può aiutare rimanere concentrati. Ma per Sherry è solo indice che, ormai, è ora di riunirsi alle vecchie amicizie.


I vicoli sono deserti. Non ha sentito la presenza neanche di qualche animale randagio nel suo tragitto. Ed è meglio così, visto che indossa solo i suoi anfibi neri, perizoma rosso, maglia scura e la giacca di pelle nera dell’uomo che ha ucciso.
Si è trattenuta nei boschi più del previsto per scavare una fossa che potesse nasconderlo da occhi indiscreti, sotto la pioggia battente. Le previsione davano cielo sereno, ma lei sapeva benissimo che sarebbe venuto a piovere in tarda notte. Quelli come lei non sbagliano mai sul meteo.
Si è messa quei quattro stracci e ha seppellito i pantaloni coperti di sangue non suo assieme al cadavere, per poi andarsene. Le mani e almeno metà delle gambe sono sporche di sangue, polvere e fanghiglia, ma non le interessa minimamente.
Finalmente raggiunge la sua destinazione, una palazzo di sette piani di uno spento marroncino. Il portone è rosso, scrostato e vecchio, circondato da un rampicante.
Non si sorprende assolutamente del fatto che abbia preferito vivere in un posto del genere: chi mai la cercherebbe in un luogo simile? Senza contare che si respira un’aria pesante, fastidiosa per chi come lei si basa molto sul fiuto.
Il portone è stato lasciato aperto e senza pensarci entra. Le serve l’appartamento numero 13, all’ultimo piano.
Prima di chiudersi il portone alle spalle, però, non può fare a meno di voltarsi per assicurarsi di non essere stata seguita. Saranno trecento metri che ha come la sensazione che un paio di occhi feroci le stiano trafiggendo la schiena, ma attorno a lei non c’è traccia di anima viva.
Una volta dentro poggia le spalle alla porta in legno vecchio. Fissa il vuoto quando viene distratta dal suono di alcuni spifferi gelidi. Tutto è immerso nell’oscurità.
Sale le scale velocemente, pensando a come giustificarsi giusto per tenere la mente occupata e allontanare quella maledetta sensazione tanto sgradevole. Non ha visto niente là fuori, ne è sicura, ma è certa di aver fiutato, seppur per un vago istante, un odore familiare.
Il numero 13 è stato inciso nella porta verde, la chiave è già nella toppa. Evidentemente erano stufe di aspettarla in piedi, così come è evidente che in quella palazzina sanno benissimo chi abita in quell’interno, tanto da non volersi avvicinare ad una porta praticamente aperta.
Entra senza remore e gira la chiave nella serratura per tre mandate, giusto per una sicurezza in più.
Era stata avvertita nella lettera che ha perso che non sarebbe stata in una reggia, ma non pensava di averci preso tanto con l’immaginazione.
Il salotto e la cucina sono nella stessa piccola stanza: il primo è composto da una bella televisione, una poltrona sfondata verde con dei motivi floreali gialli e un grosso divano rosso rattoppato in più punti; la cucina, invece, è rettangolare e non molto grande, abbastanza però da contenere un piccolo frigo bianco panna ingiallito, un fornello a quattro fuochi fra i due un piano da lavoro e al centro un tavolino circolare con quattro sedie bianche.
Ci sono tantissime fotografie alle pareti e, in un mobiletto chiaro sotto il televisore, vede che ci sono tantissimi album fotografici. Con un secondo sguardo più attento, nota che c’è pure lei in molte foto appese al muro, vicino alla finestra.
Senza aspettare niente e nessuno apre il frigo e la luce al suo interno l’abbaglia per qualche istante, tanto che deve chiudere gli occhi e poi riaprirli gradualmente.
«Ma che diavolo…?»
Sherry non si prende neanche il disturbo di voltare la testa. Continua a guardare quel frigorifero pieno di cibi precotti, schifezze di vario genere buone solo a farti venire il diabete e contenitori pieni di cibo avanzato. C’è una cacofonia di odori che un poco la disturba.
Afferra un contenitore medio col tappo di plastica blu con dentro quattro ciambelle colorate. Sorride all’idea che le abbia prese sapendo che le piacciono da impazzire.
«Bree, sono io.»
Bree… come si può definire Bree? Sicuramente come una schizzata. Non si capisce mai cosa sappia e cosa no, tanto meno cosa le passi per la testa. È una creatura di fuoco, capace di azioni estremamente brutali e stucchevolmente dolci, poco incline alla serietà, spesso sboccata e quasi perennemente arrapata.
Ha sempre mostrato una grandissima abilità nel tirarsi fuori da guai decisamente più grandi di lei, riportando sempre il minimo dei danni, se non addirittura nessuno, cosa che l’ha aiutata a crearsi una certa fama e, senza dubbio, una grande rete di amicizie e conoscenze.
Un’altra cosa che si può dire senza alcun dubbio, è che Bree è bellissima. La sua aria da Barbie, con la pelle bronzea, i lunghissimi e ondulati capelli color sabbia, gli occhioni da cerbiatta azzurrissimi e il corpo da indossatrice di biancheria intima, le hanno permesso di ottenere favori. Mai una volta che abbia mantenuto la parola o ripagato in qualche modo; Sherry lo imparò a proprie spese a sei anni, quando Bree le promise metà della sua razione di cibo se lei avesse picchiato un ragazzo più grande che la infastidiva. Picchiò il ragazzo, si procurò un occhio nero, ma la sua razione rimase la solita.
Eccetto per il fatto che lei di tanto in tanto riesce a mentire al contrario di chiunque tra loro, a Sherry piace molto, motivo per cui ha accettato il suo invito a trasferirsi nel suo piccolo appartamento.
«Lo so che sei tu ma, cazzo!, sono le tre e mezzo del mattino!» Brontola la bionda, trascinandosi a sedere su una delle quattro sedie bianche. Indossa una culotte di seta verde acqua e una canotta bianca praticamente trasparente.
Le lunghe gambe toniche sono stese sotto al tavolo, la testa poggiata svogliatamente sul palmo della mano. Per quanto sia assonnata, l’espressione è scanzonata come sempre.
«Veramente sono le cinque.» Volta un poco il capo verso la porta della camera da letto dell’amica, trovando sull’uscio la sua compagna, assonnata e spaesata in maniera tragicomica. I capelli rosso fuoco sono arruffati in modo innaturale, e Sherry per un attimo, ma solo uno, arriva a domandarsi cosa diavolo facciano a letto quelle due per ridurla in quello stato.
«Buongiorno Mimì. Ciambella?»
La ragazza guarda un punto vuoto davanti a sé, dando l’idea di non aver sentito cosa le è stato detto, ma le due sanno benissimo che Mimì sente sempre tutto e che, sfortunatamente, poi se lo ricorda pure negli anni.
«Se mangiassi un quarto delle schifezze che mangiate voi, avrei due strade: o il diabete o l’obesità.» Detto questo gira sui tacchi e chiude con estrema forza la porta bianca alle proprie spalle, lasciando le due amiche ai loro affari.
«Era un no?» Le urla dietro Sherry, ridacchiando appena quando la sente urlare un insulto difficilmente comprensibile ma sicuramente molto fantasioso «Scontrosa al mattino eh?»
«Sher non è neanche l’alba… ti aspettavamo per l’una al massimo…» Sbadiglia un paio di volte mentre parla, per poi stropicciarsi gli occhi e prendere una fetta di pizza fredda dal cartone abbandonato sul tavolo.
Mimì non ha mai avuto paura della natura della compagna, né dei suoi pericolosi giri di amicizie. L’avrebbe protetta sempre e da qualsiasi minaccia, come le ha dimostrato il giorno che ha deciso di seguirla nel suo mondo, e non l’avrebbe mai sfiorata con un dito. Ciò che l’ha sempre spaventata è l’idea delle ingenti spese per riuscire a sfamare entrambe! Perché Bree mangia tanto, troppo. Il suo stomaco pare non avere mai una fine, aspetto simile per tutti quelli come lei.
Sherry si appoggia con un fianco al bordo del piano da lavoro e giocherella con una ciambella con la glassa rosa alle ciliegie. Sa bene che questo è stato un dispetto premeditato da parte dell’amica e non una semplice svista: solo lei sa quanto disprezzi le ciliegie.
«Dio, la monogamia ti ha cambiata sul serio. Un tempo stavamo sveglie tutta la notte, a correre, cacciare, intrufolandoci ai concerti!» Le lancia addosso la ciambella maledetta e ridacchia nel vederla allungarsi verso terra per poterla recuperare. Fosse per lei, mangerebbe direttamente sul pavimento.
«Mimì ha orari piuttosto rigidi per via del lavoro… e soprattutto stasera non c’erano concerti interessanti.» Risponde senza scomporsi, stiracchiando poi le braccia verso l’alto. Lascia poi vagare lo sguardo sulla figura scanzonata dell’amica che rosicchia la glassa dalla terza ciambella, non sorprendendosi dello stato pietoso in cui versa, notando poi che non ha neanche una sacca.
«Dov’è la tua roba?»
«Ho dei soldi in giro, non preoccuparti. Mi procurerò tutto ciò che mi serve nei prossimi giorni… ora vattene a dormire, prima che la tua dolce metà mi sbrani!» L’afferra con forza per le spalle e la alza di peso, lasciandosi avvolgere un braccio attorno alle spalle.
Brutta mossa.
«Hai un odore strano addosso…» Afferma infatti la bionda, allontanandola un poco per cercare il suo sguardo. La conosce da così tanto tempo che le basta solo uno sguardo per capire che qualcosa la turba, consapevole che non è certo il fatto di aver ucciso qualcuno.
«Mh? Ah, non è niente. Hanno provato ad attaccarmi, solita storia…» Se la scrolla di dosso e va verso la porta della seconda camera da letto a lei destinata.
Non fa però in tempo ad entrare che la minore la blocca di nuovo per un polso e la tira indietro per richiamarne l’attenzione.
«No, non è questo. È un odore strano… cos’è?»
Rabbrividisce, Sherry, perché il punto è proprio questo: cosa, non chi.
Si passa una mano sporca di terra tra i capelli spettinati, sospirando: «Girano delle voci tra i nostri, riguardanti alcuni guerrieri che avrebbero salvato il mondo, le avrai sentite…»
Bree annuisce con vigore, adesso attentissima. Certo che le ha sentite! Ha pure visto sui maxi schermi lo scontro tra l’insettone verde e quei formidabili guerrieri con i capelli platinati. Come potrebbe mai dimenticarselo?
«Credo di averne incontrato uno. Anzi, ne sono sicura. Non ero mai stata a contatto con una creatura così forte… Jäger, anche con l’aiuto di tutti gli altri, non lo sfiorerebbe neanche con un dito. Neanche Roman
«Figata…» Gli occhi sono sgranati, sognanti. Nella sua mente non può far a meno di immaginare l’epico scontro tra una creatura antica come Roman il Saggio - o il Vecchio, come lo hanno sempre chiamato loro - e uno di quei formidabili uomini.
Però poi lo sguardo cambia repentinamente: le labbra carnose si tendono verso l’alto, gli occhi si assottigliano e sembrano quasi illuminarsi, le sopracciglia inarcate le conferiscono un’aria maliziosa e divertita al tempo stesso.
«E perché odori di sesso?»
«Buonanotte Bree.»
La lapida così, scattando dentro la piccola stanza e sbattendole la porta in faccia.
«As-»
Poggia le mani sulla porta come se volesse sorreggerla, stando attenta ai rumori all’esterno. Sente l’amica bofonchiare qualcosa che difficilmente riesce a comprendere e subito dopo la porta aprirsi e chiudersi di nuovo. La sente pure saltare sul letto e i rimproveri di  una più che furiosa Mimì.
L’idea di sgattaiolare fuori e buttarsi sotto la doccia l’alletta da impazzire, ma è ben consapevole che Bree scatterebbe fuori da camera sua e la placcherebbe con violenza pur di vomitarle addosso tutte le più porche idee che si è fatta sul misterioso e pericoloso guerriero che ha incontrato. Non può proprio permetterselo, non dopo una giornata di marcia, una notte di botte, qualcosa di simile a delle molestie e sangue. Era partita con due ore di sonno, ora ne avrà a disposizione altre due, forse due e mezzo, prima che il tornado con i capelli biondi sfondi la sua porta per portarla in giro.
Sbadiglia forte e dà una veloce occhiata alla camera; anche questa come il resto dell’appartamento, è piccola. Dentro c’è solo un armadio antico di medie dimensioni, un’altrettanto antica cassettiera in legno  praticamente attaccata al primo e il freddo letto ad una piazza. Sotto il suo peso il materasso cigola in modo preoccupante, costringendola ad appuntarsi mentalmente che le conviene cambiarlo al più presto; cerca per qualche minuto di scaldarsi sotto la coperta leggera e l’assale il pensiero che per la prima volta in vita sua ha trovato qualcuno davvero più forte di lei, qualcuno che non può sconfiggere neanche giocando sporco, qualcuno che non può tiranneggiare né spezzare, qualcuno che può spezzarla con un dito. Prova un brivido che, malgrado il suo passato e le insidie del suo stesso presente, non ha mai conosciuto.
Di colpo poi cade in un sonno profondo, ignara di essere tenuta sotto osservazione dal momento in cui è entrata in camera proprio da Radish.




*Sì, avrei dovuto mettere ki, ma, onestamente, mi suonava meglio così. Spero che non sia un problema per voi.

ANGOLO DELL’AUTRICE
Io non lo so.
Io davvero non lo so.
Di avere qualche problema nel cervello ne sono consapevole, è evidente… ma ogni volta che mi metto a scrivere scopro sempre più falle!
Non sono convinta del capitolo. Non sono convinta di niente.
Però, non so. Tutto sommato mi suona (non è vero!).
Sherry è tutto fuorché una brava persona, ha le mani macchiate di sangue da che ne ha memoria… ma ha una sua “morale”. Oltre a questo, ha anche un forte istinto di conservazione che non le farebbe mai attaccare per prima qualcuno che sa essere più forte e veloce. Piuttosto piega in ritirata. Proprio com’era - è? - Radish.
E che dire di lui? Mi diverte descriverlo in queste vesti: un Saiyan grande e grosso che è voluto cambiare ma che non riesce a trovare un posto nel mondo, che sente che tutto è vuoto e insipido se non c’è qualcuno contro cui battersi. Lei non vuole combatterla, non ci sarebbe gusto neanche per uno come lui… però vuole giocarci, senza neanche avere un’idea precisa di come agire o come finirà questo gioco.
Tipo gatto col topo, appunto.

Finito con il mio delirio - inutile -, ci tengo a spiegarvi perché gestisco Radish in questo modo, tanto diverso da come ci è apparso in DBZ: neanche in R&R, versione in cui Radish è vivo e ha messo su famiglia con Lunch (unica cosa che non mi piace, lei è carinissima con Tenshinhan!), viene specificato come sia rimasto in vita, quindi lo inventerò io. Viene però detto che Radish si innamora di Lunch perché è forte e perché, come lui, è una specie di reietta nel mondo, che lo tratta con dolcezza e non come immondizia come invece facevano Vegeta e Nappa (che, se non ho capito male, continuerà a disprezzare). Un’altra cosa che gli piace di Lunch, a quanto sembra, è il fatto che con lei possa divertirsi sul serio (almeno con la parte “cattiva”).
Arriverà ad integrarsi, seppur a modo suo, e diventerà molto più coraggioso e leale, creando un bel rapporto con Goku. In questa versione, Piccolo è suo buon amico e si allenano insieme. Inoltre riesce a diventare Super Saiyan come Goku e Vegeta e tuttecose!
Dando una sbirciata all’età su internet, ho notato che, quando appare, non sanno se ha 29 o 34 anni… noi gliene daremo 29 quando arriva sulla Terra, di conseguenza ora 35 (per via della Stanza dello Spirito e del Tempo). Così, tanto per non sapere su cosa ragionare!

Un ultimo chiarimento (importante): c'è un motivo se Radish l'ha baciata subito, senza neanche ragionarci, ed anche perché continuerà a provarci e perché Sherry non lo allontanerà mai con poi troppa convinzione, ma c'è da aspettare ancora un bel po' prima che venga spiegato.

Poi… niente. Ho detto tutto, vi ho spiegato come sono stati ragionati questi due poveri disgraziati, quindi basta.
Spero di ricevere un vostro parere per capire se mi sto orientando bene o se devo aggiustare il tiro.

Un bacione
Kiki



PS: Ditemi se è il caso di aggiungere OOC per Radish. Non sappiamo come si comporterebbe in questi frangenti e dopo tanto tempo a contatto con gli altri, mi baso più che altro su ciò che ho letto/visto in giro. ^^”

  
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