Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: LazyBonesz_    26/10/2019    0 recensioni
Eren Jaeger si sta preparando per il college da tutta la vita, nascondendo la propria personalità per trovarne una nuova. Ma il tempo sta per scadere e gli rimangono un paio di mesi prima dell'inizio dell'anno. L'unica soluzione è usare come cavia del proprio piano Levi Ackerman, suo compagno di scuola.
***
A Levi Ackerman non piace quasi nessuno e la sua filosofia di vita consiste nel farsi notare il meno possibile e stare lontano da persone come Eren. E proprio il suo carattere sarà il motivo per cui verrà scelto nel suo piano strampalato: trovare la personalità adatta per affrontare al meglio il college.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Alla fine non aveva piovuto e il caldo afoso era tornato più forte che mai, avvolgendo tutta la città per renderla totalmente invivibile. 
Io ed Eren avevamo lavorato tutta la settimana, sperando che tornasse il brutto tempo per regalarci qualche pausa. Ma non fu così. 

Ogni tanto avevamo suonato la chitarra e gli avevo insegnato altri accordi, facendo passare le ore e per distrarmi da un pensiero che mi stava ossessionando: Petra. 

Ci eravamo scritti qualche messaggio ma venerdì non era uscita con me, ne mi aveva più chiamato. Iniziavo a sentire la sua mancanza e non sapevo come mettere in ordine le cose. 

"Stai bene, tesoro?", mi chiese mia madre mentre fissavo il nostro giardino dal divano. 
Mi voltai verso di lei, corrugando la fronte. Sembrava serena ultimamente, le piaceva il lavoro al diner. 

"Sei pallido", si spiegò, "ultimamente sta girando un virus, ho sentito che anche Shadis è riuscito a beccarlo."

Sprofondai fra i cuscini del divano, se Kith si era preso un virus con gli anticorpi che si ritrovava, chi ero io per sfuggire alla malattia? Inoltre la piscina era il posto perfetto per prendersi qualche malanno. 

Mi passai le dita fra i capelli, cercando di ignorare il mal di testa che avevo da qualche giorno. 
Mia madre smise di lavare i piatti per avvicinarsi a me, poggiando una mano sulla mia fronte, "non credo tu abbia la febbre", disse con il suo solito sorriso gentile. 

"Comunque, è da un po' che non vedo Petra, come sta?", chiese all'improvviso, sedendosi sul bordo del divano, vicino alle mie gambe. Il pensiero mi fece sospirare, certamente non potevo dirle la verità su ciò che era successo. 

"Deve studiare probabilmente", dissi. Era una mezza bugia. 
Non sembrò molto convinta dato che Petra trovava sempre il modo di venire a trovarmi. Eravamo sempre stati inseparabili e per questo sentivo la sua mancanza pesare come un macigno. 

"Sento che vi sposerete, lo sai?", disse tutta contenta mentre io schiudevo le labbra per ribattere subito. 

"Mamma!", esclamai scocciato, lanciandole un cuscino come facevo sempre quando ero più piccolo le volte in cui mi metteva in imbarazzo. I genitori lo sanno fare perfettamente. 

"Okay, okay, la smetto ma non cambierò idea. Se solo fossi un po' meno scorbutico e la invitassi ad uscire", si lamentò, tenendo il cuscino fra le braccia. Portai le mani davanti al mio viso per nascondere l'imbarazzo, se solo sapesse cosa fosse successo. 

"Non devi andare a lavoro?", domandai, scostando le dita per guardare l'orario. 

"Ah si, la domenica non c'è molta gente, vuoi venire per pranzo?", chiese, alzandosi dal divano per finire di prepararsi. 

"Penso di si." Non mi andava di stare da solo a casa per tutto il giorno o avrei pensato fin troppo a Petra. 

"D'accordo, ti farò le uova a forma di cuore come quando avevo dieci anni. Ah, quanto eri carino", sospirò, portando il mio imbarazzo ad un livello superiore. 

"Oh mio Dio", borbottai, alzandomi dal divano per andare in camera mia, ignorando le risate da parte di mia madre.

Lunedì mi sentivo peggio del giorno di prima ma non abbastanza male da stare a casa. Faceva terribilmente caldo mentre pedalavo verso la piscina, consapevole di essere in ritardo. Era stato difficile alzarmi e poi avevo combattuto con mia madre, voleva che restassi a letto. 

Il cancello era aperto e così entrai, lasciando la bici al solito posto mentre cercavo Eren con lo sguardo. Doveva essere nello sgabuzzino così mi avvicinai per entrare dentro. 

Ciò che vidi mi costrinse a schiudere stupidamente le labbra. Eren mi dava le spalle e non indossava nessuna maglietta, di conseguenza avevo la sua pelle dorata e sudata proprio davanti a me. Il mio sguardo scivolò sulla curva dei suoi muscoli poco accennati ma comunque presenti. 

Forse il mal di testa mi stava rendendo pazzo.

"Che stai facendo?", domandai per non rischiare di essere colto mentre lo mangiavo con lo sguardo. Per tutto il periodo scolastico gli avevo degnato pochissime occhiate e non avevo mai notato che fosse oggettivamente bello. Invece, ultimamente, non facevo altro che notarlo, forse da quando aveva iniziato a farmi dei complimenti. 

Il ragazzo si girò, rivolgendomi un sorrisetto prima di sistemarsi la catenina che aveva attorno al collo. Sembrava una di quelle che portavano i militari. 

"Fa troppo caldo per usare una maglietta", disse con un tono malizioso, come se volesse stuzzicarmi o qualcosa del genere. 
Serrai le labbra fra di loro, facendo scorrere lo sguardo verso il basso, notando come il bordo dei suoi boxer spuntasse dai pantaloncini da basket che stava indossando. Subito gli diedi le spalle per prendere qualche sdraio da aggiungere. 

"Levi", un sussurro contro un mio orecchio mi bloccò immediatamente. Potevo sentire la presenza di Eren dietro di me, il suo odore così maschile. Perché stavo reagendo così?

"Dimmi", borbottai con calma per non far trasparire nulla dalle mie parole. Strinsi le sdraio fra le braccia e mi voltai verso di lui, incrociando il suo sguardo acceso e accattivante. 

"Ti piacciono gli sportivi?", chiese con un sopracciglio alzato, bloccando totalmente il mio respiro e quasi mi strozzai mentre deglutivo. 

Cosa cazzo gli prendeva? 

"Smettila di dirmi stronzate", risposi e lo sorpassai per uscire fuori e fare il mio lavoro che era molto più importante di lui. 
Sistemai le sdraio in preda alla confusione per colpa delle mie reazioni. Mi dissi che era solo il suo aspetto ad attrarmi, fine della storia. 

Notai le prime famiglie e mi avvicinai per farmi pagare, ignorando il sole che batteva sulla mia pelle. Non ero nemmeno riuscito a mettermi la crema solare. 

Tornai all'ombrellone dopo non molto, e presi posto di fianco ad Eren che giocava con una palla da basket. Sembrava proprio uno di quei ragazzi popolari della nostra scuola, uno di quei tipi che non sopportavo. Eppure era comunque diverso da loro, forse perché la sua era tutta una facciata che nascondeva ben altro. 

Sospirai, sentendo la testa pulsare per i troppi pensieri o forse per quel virus che girava...

"Non hai risposto alla mia domanda."

Una mano stava stringendo una mia coscia, rendendo quel punto bollente e sensibile. Girai il viso verso Eren e tolsi le sue dannate dita dal mio corpo. 

"Te le taglio", lo minacciai, evitando il suo sguardo e anche la sua domanda. Non mi piacevano gli sportivi ma lui si, mi stava provocando e non volevo ammetterlo ne dirgli la verità. 

Guardai la piscina, sentendo il suo sguardo puntato su di me. Con la cosa dell'occhio potevo ben vedere lo stupido sorrisetto sulle sue labbra. Dio, dov'era l'Eren timido e impacciato dei primi giorni? 

"La tua reazione è carina", disse a un certo punto. Mi morsi l'interno della mia guancia, consapevole di sembrare davvero stupido per il modo in cui mi stavo comportando. 

"Hai finito?"

"Uhm, mi sto divertendo", disse nuovamente, seducente, rendendomi ancora più confuso sulle sue vere intenzioni. 
Ero quasi sul punto di rispondere quando il mio sguardo si soffermò su un bambino pericolosamente vicino al bordo piscina. Barcollò leggermente prima di scivolare in acqua e con un gesto veloce balzai in piedi, sfilandomi le scarpe e la maglietta per raggiungerlo. Mi immersi in acqua, afferrando il bambino fra le braccia, sentendolo piangere e tossire dopo averlo riportato in superficie. 

Sua madre era in ginocchio sul bordo della piscina, pallida e con le dita che le tremavano mentre prendeva il figlio fra le braccia. 

"Ti avevo detto di rimanere con gli altri bambini, Falco", lo rimproverò senza rabbia. Il suo tono era semplicemente spaventato. Lo strinse fra le braccia per consolarlo e io uscii dalla piscina, passando le dita fra i miei capelli umidi. Potevo sentire i germi perforare la mia pelle. 

"Grazie mille", disse la donna, sembrando più calma e un po' meno pallida. 

"È il mio lavoro", scrollai le spalle e tornai da Eren che mi guardava con un ghigno. I suoi occhi si soffermarono sulla mia pelle scoperta e subito mi sentii orgoglioso del mio fisico. Potevo vendicarmi un po'. 

"Asciugati la bava", lo presi in giro e camminai verso lo sgabuzzino dove avevo vari cambi nel caso succedesse qualcosa di simile. Avrei dovuto usare il costume ma il tessuto era fastidioso sulla mia pelle e poi rarissime volte occorreva fare il bagno per salvare qualche bambino. 

Chiusi la porta dietro di me e mi sfilai i pantaloni umidi, afferrando un asciugamano per strofinarlo sulla mia pelle. Lo misi attorno alle spalle e portai le dita sul bordo dei boxer, pronto a togliere anche essi. 
Mi bloccai quando della luce mi prese in pieno, segno che Eren fosse appena entrato. Mi voltai verso di lui, scostando le dita dal mio intimo. 

"Che vuoi? Vai a controllare la piscina", dissi indignato, scostando l'asciugamano dalle mie spalle per portarlo sui miei capelli. 

"Ora che è successo ci sono poche probabilità che accada di nuovo", mormorò, facendomi rabbrividire a causa del tono usato. 
Fece dei passi verso di me, intrappolandomi tra la vecchia scrivania e il suo corpo. Era ancora a petto nudo e la cosa non andava affatto bene. 

"Non me ne frega un cazzo della probabilità, è il nostro lavoro stare lì", borbottai, cercando di non guardarlo troppo. Il mio sguardo era puntato sul muro dietro di lui. 

"Ti eccito, Levi?", sussurrò contro il mio orecchio destro, sfiorandolo con le sue labbra rosse e morbide. Le sue mani si poggiarono su i miei fianchi e mi resi conto di essere praticamente nudo davanti a lui. 

"Non risponderò a questa domanda", dissi scocciato, socchiudendo gli occhi quando soffiò contro il mio orecchio, mandando in estasi ogni cellula del mio corpo. Non mi ero mai sentito così debole con nessuno, proprio con Eren doveva succedere? 

"Lo prendo per un si", mormorò prima di scostare la sua bocca dal mio viso. Ero un fottuto fascio di nervi ed ero quasi sul punto di prendergli le mani per guidarle dove volevo.
Poi mi ricordai il perché facesse così. Ero solo la sua cavia. 

"Mi spieghi qual è il tuo problema?", dissi subito dopo, poggiando le mani sul suo petto per allontanarlo da me con una spinta. 

La fronte di Eren si aggrottò e la sua sicurezza cedette. 

"Potevo quasi accettare il dover sopportare il tuo piano idiota ma questo è troppo. Cosa vuoi da me, Eren?", continuai, scostando l'asciugamano che era scivolato sulle mie spalle. Lo lasciai sopra la scrivania, in preda al nervoso. Odiavo essere in balia di emozioni che non mi facevano pensare lucidamente, emozioni che erano riuscite a rovinare il mio rapporto con Petra. 

"I-io... mi dispiace, non volevo farti arrabbiare", balbettò insicuro, passandosi una mano contro la nuca. 

"Tu mi stai prendendo per il culo. Io non ho la più pallida idea di chi tu sia quindi smettila di farmi affezionare a qualcuno che non esiste!", esclamai fuori di me, ammettendo ciò che sentivo sia a lui che a me stesso. Mi piaceva stare con Eren, mi piaceva come mi guardava e le attenzioni che mi dava ma non potevo vivere con il dubbio che non fossero qualcosa di vero. Non volevo essere preso in giro da qualcuno. Non volevo affezionarmi. 

"Levi...", mormorò nuovamente, senza dire altro. Ridacchiai senza divertimento, sentendomi il più coglione del mondo per esserci cascato. Non riusciva neanche a dirmi che avessi ragione, che il suo era solo un esperimento. 

"Io me ne tiro fuori ed esci da questo cazzo di posto che voglio cambiarmi e lavorare perché, al contrario tuo, quei soldi mi servono", ripresi, spingendolo fuori dallo sgabuzzino. Mi chiusi dentro, poggiandomi alla porta, cercando di non lasciare che la rabbia avesse la meglio su di me. 

Mi cambiai velocemente, mettendo abiti asciutti prima di tornare alla mia solita sedia, senza degnare di uno sguardo Eren. 

La pausa fu il momento peggiore perché eravamo solo noi due. Il silenzio era carico di rancore e di imbarazzo. Era molto diverso dai nostri soliti silenzio quasi piacevoli nonostante fossero molto rari. 
Mangiai il mio pranzo fissando un punto della piscina con il mal di testa che aumentava di ora in ora. 

Eren, invece, si alzò per giocare con il suo pallone da basket. Beh, era riuscito a raggiungere il suo obiettivo se voleva essere il giocatore sexy e stronzo del college. Era quasi divertente. Ironicamente divertente. 

Verso le ultime ore della giornata di lavoro mi sentii sempre più stanco. Avevo starnutito qualche volta e la gola mi faceva male, dovevo proprio aver preso quel dannato virus. 
La presi come una benedizione, sarei stato lontano da Eren per qualche giorno.

   
 
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