Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Lost In Donbass    26/10/2019    0 recensioni
Spaccone, arrogante, attaccabrighe, Denis non ha niente che non sia la sua voce meravigliosa e l'ottima prospettiva di capitanare la sua band nel mondo del metalcore. Peccato che per adesso sia solo un bullo di periferia qualunque vittima dell'alcol, delle sigarette e del sesso facile.
Sasha, al contrario, pensa troppo. Depressa, anoressica, inquietante, desidera follemente la storia d'amore che nessuno sembra in grado di darle.
Però poi si incontrano, ed è subito amore.
Ma come possono due ragazzi così persi ritrovarsi nella periferia violenta di Omsk, quando tutto sembra lottare per separarli? E soprattutto, quando ormai hanno superato il punto di non ritorno?
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO NOVE: MARINA

I won’t let you be the death of me
No, I refuse to let you bring me down
I won’t let you make me out to be
The one who’s in the wron
[Asking Alexandria – The Death Of Me]
 
Stava scrivendo una canzone su di lei. Chitarra imbracciata, registratore affianco, matita e quaderno, le parole stavano prendendo forma sulla carta. Quel “I’ll be the anchor for your crazy dreams” che stava a significare così tanto per loro, quel suo essere così terreno per lasciare che lei potesse sognare stando aggrappata ancora a quella Siberia maledetta. La amava, dio, come l’amava e avrebbe fatto di tutto per vederla felice, per farla mangiare di nuovo, per stabilizzare la sua depressione. Le avrebbe dato i suoi sogni e avrebbe fatto in modo che li avrebbe realizzati tutti perché era una ragazza speciale che meritava tutto e di più. Era la sua splendida Sashen’ka delle steppe che un giorno lui avrebbe portato in Ucraina a vedere il mare. Le avrebbe insegnato a nuotare e avrebbe visto quella sirena inabissarsi tra le onde del Mar Nero dove lui era nato.
Suonò qualche accordo di chitarra, e sorrise, fiero. Quella canzone si stava sviluppando bene e rapidamente, proprio come la loro storia d’amore – i suoi compagni di band ne sarebbero stati entusiasti: nel loro repertorio mancava la canzone drammatica da fare con le chitarre acustiche. E quella canzone parlava così tanto di lei, così tanto. Tra metafore azzardate e strani giochi di parole, si sviluppava tutto quello che la caratterizzava e che l’aveva resa la ragazza perfetta agli occhi del cosacco intrepido. L’avrebbe salvata da sé stessa, Denis se l’era ripromesso e avrebbe lottato sino all’ultimo giorno della sua vita per vederla contenta. Lui era un combattente, era un cosacco ucraino, era un eroe generazionale e non avrebbe lasciato che la Siberia distruggesse la sua donna. L’avevano fatto per la prima volta, la notte appena trascorsa e per Denis era stata un’esperienza completamente rivoluzionaria. Abituato a ragazze scafate e perverse, abituato a sesso spicciolo volgare e untuoso, abituato a volgarità di ogni genere, si era ritrovato per le mani una ragazza delicatissima che aveva avuto un solo rapporto in tutta la sua vita, e per di più con un’altra donna. Lui aveva fissato con terrore e fascinazione quel corpicino flessuoso e magrissimo, ossuto, terrorizzato di poterle fare male, di rompere quel cristallo preziosissimo, di incidere con troppa violenza quella pelle bianca come la neve, appena spruzzata da qualche lentiggine pallida. Però lei gli si era donata completamente, gli aveva avvolto le braccia attorno al collo e aveva sussurrato “mi fido di te, Denisoch’ka delle steppe”. Probabilmente le aveva fatto male, probabilmente non era stato all’altezza di quella bambola di porcellana, probabilmente era stato animalesco come al solito ma lei non aveva detto niente. Gli si era disperatamente aggrappata e aveva lasciato che lui la maneggiasse come meglio credeva. E lui, beh, lui aveva pensato di non essere stato mai così bene come quella volta, in mezzo alle insicurezze di lei e alla paura di farle troppo male. Aveva pensato che era stato tutto perfetto, sprofondato in quel corpo così ossuto, aveva pensato di essere finalmente riuscito a staccarsi da quel sesso sporco e volgare che aveva vissuto sino a quel momento. E vedere i suoi occhi verdi spalancati e un sorriso pallido dipinto sul viso era stato il premio migliore che potesse ricevere.
Si passò una mano tra i capelli scuri e sorrise, felice. Stava andando tutto perfettamente bene nella sua vita – la band, e Sasha, e il metalcore, e quel concerto … tutto troppo straordinariamente bene. La musica lo aveva salvato dalla sua mente malata, Sasha stava facendo tutto il resto, dandogli un altro motivo per non lasciarsi andare me per rimanere sempre in carreggiata. Anche perché in quel momento aveva un altro motivo per resistere in quell’inferno, e il motivo era la bellissima ragazza anoressica che gli aveva messo in mano la propria vita.
Coraggio, Denisoch’ka, ce la puoi fare, si disse. Sei o non sei un fottutissimo eroe della nuova generazione siberiana?
Si accese una sigaretta e posò la chitarra, alzandosi e andando alla finestra, guardando la distesa di palazzoni di stampo sovietico. Quella Omsk li avrebbe uccisi prima o poi. Quella città avrebbe richiesto il suo patto di sangue, e Denis lo sapeva perfettamente ma non poteva fare a meno di pensare che lui sarebbe riuscito a eludere la sorveglianza cupa di Omsk e che sarebbe fuggito a Mosca con la sua fidanzata. Diavolo, Shostakovich, glielo devi a quell’angelo di Sasha.
Quando suonò il campanello, un gran sorriso gli si dipinse sul viso angoloso. Sarà stata sicuramente Sasha. Corse ad aprire, ma il sorriso gli morì sul volto quando, al posto della ragazza, se ne trovò davanti un’altra. Che, purtroppo, conosceva bene.
-Marina.
La ragazza che gli stava davanti gli rivolse uno dei suoi volgari sorrisi da pescecane e sfarfallò i grandi occhi celesti pesantemente truccati.
-Ciao, Denis. Posso entrare?
Senza neanche aspettare una risposta, scivolò nell’appartamento in una sventagliata di lunghi capelli biondi palesemente tinti e di nauseante profumo alla vaniglia.
Denis la guardò, chiudendosi la porta alle spalle e un conato di nausea gli strinse lo stomaco. C’era stato un tempo in cui aveva trovato bellissima quella ragazza. In cui aveva adorato strapparle di dosso quelle tute da porno hip hop e farsela nei posti più impensati. In cui aveva apprezzato il trucco estremamente volgare, la sua voce arrochita dalle sigarette, la sua spigliatezza e il suo caratteraccio. In cui aveva trovato eccitante quella giovane bassa e scattante. Ma in quel momento, dio, in quel momento gli metteva nausea guardarla e pensare di averla voluta disperatamente, di averle fatto la corte. Gli metteva nausea il pensiero di aver posseduto quel corpo, di aver baciato quelle labbra piene, di esserci uscito insieme, di averla portata dappertutto. Odiava semplicemente il poter essere caduto così in basso da amare quella sgualdrina.
-Cosa vuoi?- disse, gelido, guardando quel sorriso sfacciato e arrogante, così diverso da quello timido e dolcissimo di Sasha.
-Passavo di qui e sono venuta a salutare.- rispose seraficamente Marina, stravaccandosi sul divano dove, dio, quante volte vi avevano fatto cose sopra.
-Non sei più molto la benvenuta qui.- commentò Denis – Ripeto: cosa vuoi? Ci siamo lasciati. Male, per di più.
-Ancora arrabbiato, Denisoch’ka?- lei scoppiò a ridere, con la sua risata grassa – Pensavo ci fossi passato sopra.
Lui roteò gli occhi al cielo. Certo che c’era passato sopra. Adesso che aveva Sasha al suo fianco l’ultimo suo pensiero era Marina. Ma questo non c’entrava col fatto che non voleva più vederla. Si passò una mano tra i capelli e si strinse nelle spalle
-Se te lo stessi chiedendo, sì, mi sono rifatto una vita. Non eri il mio mondo, Marina.
Lei si studiò le lunghe unghie fresche di manicure, sorridendo, ma un’ombra le oscurò il viso. Come se Denis non sapesse quanto lui fosse stato importante per lei. Come se non sapesse che per quanto stupida e maliziosa Marina lo aveva amato. Ma lui non aveva amato lei. Lui amava Sasha, punto e basta.
-Strano, Denis, perché mi era sembrato di esserlo.
Lo guardò, e in quei grandi occhi azzurri c’era una sottile voglia di vendicarsi. Ma vendicarsi di cosa? Di essere stata lasciata quando era sempre stata lei a lasciare? Di essere stata abbandonata dall’unico ragazzo che forse aveva amato?
-Beh, ti sbagliavi.- la guardò accendersi una sigaretta e sbuffò – E per la terza volta ti dico: cosa ci fai qui?
-Ho visto che sei diventato abbastanza famoso nel circondario.- cominciò Marina, alzandosi, in bilico sui tacchi vertiginosi. – Sono fiera di te, tesoro.
-Non mi chiamare tesoro.
-Mi ricordo che ti piaceva, all’epoca.
-Ma adesso non mi piace più.
I due si fronteggiarono, e Denis pensò che avrebbe tanto voluto che ci fosse Sasha lì con lui, Sasha, che gli dava una forza nuova, che gli ricordava di avere un angelo da riportare a casa e che non lo faceva risprofondare all’inferno dei piaceri carnali come stava tentando di fare Marina. Marina, che era eccitante, che era assurda, che era siberiana sin nel midollo e che sapeva vivere quella Omsk esattamente come voleva essere vissuta.
-Torna con me.
Lo disse convinta, mani sui fianchi, sorriso da copertina patinata, coda alta e vestiti scosciati. Così diversa da Sasha, tremebonda, sorriso timido e doloroso, capelli sul viso e vestiti di band metalcore americane. Così diverse ed entrambe parte integrante della vita tormentata del promettente cantante dei My Girlfriend’s Depressed.
-Non chiedermelo neanche, Marina. Tra noi è finita. Finita, capito?
Marina scosse la lunga coda tinta di biondo e si morse sensualmente il labbro inferiore.
-Raccontami di te, Denisoch’ka. Cos’hai fatto in quest’ultimo periodo?
-Non ti importa, ragazza.- Denis la fissò dritta negli occhi – Non ci torno con te.
-Perché no?- lei gli si avvicinò ancheggiando – C’eravamo divertiti, insieme. Eravamo stati una coppia esplosiva, era stato tutto così dannatamente bello vivere sulla pelle i nostri vent’anni. Lo so che mi vuoi ancora.
-No, Marina. Non ti voglio più. Ti ho voluta, lo ammetto, ma adesso sono cambiato. Mi nausea la tua volgarità, mi nausea tutto di te. Sono fidanzato, tanto per la cronaca.
Vide chiaramente Marina spalancare gli occhi e un piccolo sorriso gli piegò le labbra. Incassa, ragazzaccia di periferia. Incassa, tu che mi avevi rovinato.
-Non mi avevi mai chiesto di diventare la tua fidanzata.- sussurrò lei, abbassando appena lo sguardo.
-Perché non ti ho mai amato, è ora che tu te ne renda conto. Ho amato il tuo corpo. Ho amato la tua sfacciataggine. Ma non ho mai amato te. Mi dispiace, Marinoch’ka, ma tra noi è finita e finita per sempre. Ho un’altra adesso.
-Un’altra da fingere di amare? Un’altra da sfruttare? Un’altra da scoparti e poi abbandonare?
-Io non ho finto di amarti, ragazza. Eri tu che non avevi capito le mie intenzioni.
Forse lei avrebbe voluto piangere, ma Denis la conosceva bene e sapeva che non l’avrebbe mai fatto. Perché Marina Petrachenko non piange, fa piangere.
-Chi è lei?
-La ragazza che mi ha salvato la vita.
-E io cosa sono stata per te?
-Marina, per piacere …
-Torna con me.
-No.
Lei lo baciò. Così, senza preavviso, lo afferrò per la collottola della maglia e lo baciò e lui avrebbe voluto sprofondare. Ricordava fin troppo bene quelle labbra carnose al gusto di rossetto, ricordava tutta la perversione che si annidava nei loro vecchi baci e non voleva sprofondarci di nuovo dentro. Lui si era salvato, con Sasha. Aveva imparato a combattere, a tenersi la testa sulle spalle, a lottare per una vita migliore che non fosse un inferno di alcol, droga e sesso spicciolo. Aveva imparato cosa volesse dire amare veramente una persona e non voleva ricadere all’indietro nelle grinfie di Omsk accompagnato da Marina. Certo, avrebbe avuto una vita infinitamente più facile. Una ragazza sana, senza anoressia e depressione, divertimento ad ogni ora del giorno e della notte, risate, sfacciataggine, autodistruzione ma ormai quel tipo di vita aveva perso ogni attrattiva per Denis. Lui voleva Sasha, voleva insegnarle a nuotare e a sorridere e a mangiare come una persona normale. Anche ad andare in bicicletta. Voleva insegnarle che la vita era degna di essere vissuta e non sarebbe stata la sensualità di Marina a strapparlo da quell’esistenza difficile ma votata al salvataggio in extremis di un angelo platinato con un beanie nero sempre calcato in testa e le cuffie sulle orecchie.
Spinse lontano da sé la ragazza
-Basta, Marina Nikolaevna, accidenti a te! Ti ho detto che non ti voglio, scompari dalla mia vita!
-Invece sì che mi vuoi! Mi hai sempre voluta, Denis Alexandrovich, non mentire a te stesso, mi desideri, mi aneli!
La ragazza gli si scagliò contro, cercando di strappargli di dosso la maglietta, come facevano quando stavano insieme ed entrambi pensavano solo a distruggersi a vicenda. Lui fece per spingerla di nuovo via che la porta si aprì.
Ed entrò Sasha.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Lost In Donbass