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Autore: Lost In Donbass    30/11/2019    1 recensioni
Spaccone, arrogante, attaccabrighe, Denis non ha niente che non sia la sua voce meravigliosa e l'ottima prospettiva di capitanare la sua band nel mondo del metalcore. Peccato che per adesso sia solo un bullo di periferia qualunque vittima dell'alcol, delle sigarette e del sesso facile.
Sasha, al contrario, pensa troppo. Depressa, anoressica, inquietante, desidera follemente la storia d'amore che nessuno sembra in grado di darle.
Però poi si incontrano, ed è subito amore.
Ma come possono due ragazzi così persi ritrovarsi nella periferia violenta di Omsk, quando tutto sembra lottare per separarli? E soprattutto, quando ormai hanno superato il punto di non ritorno?
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
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CAPITOLO DIECI: FALLING

With every breath you take
I watch you slip away
You’re slowly killing yourself
I won’t give in
[Asking Alexandria – I Won’t Give In]
 
-Sasha … Sasha, ascoltami. Lei non è niente per me, non è mai stata niente. Io ho te e vedo solo te, okay? Per favore. Per favore.
Denis accarezzò lentamente i lunghi capelli della ragazza e lei si strinse le ginocchia al petto, annuendo appena.
-Non dubitavo della tua fedeltà, Den. Lo so che non mi tradiresti mai. Ma il concetto è un altro.
-Un altro? Cosa c’entra, amore? Io e Marina …
-Forse dovresti tornare con lei.
Sasha alzò i grandi occhi verdi su di lui, e c’era una tale tristezza, un tale dolore da fare male. Era qualcosa di primordiale, un male oscuro, una sofferenza antica che si trascinava da secoli nella polvere della periferia siberiana. Ed era tremenda, dio se era tremenda. Denis poteva percepire quella devastazione che stava mangiando viva la sua fidanzata e si sentiva colpevole. Come aveva anche solo potuto pensare lui, l’arrogante bullo di periferia, di proteggere quella ragazza caduta dal cielo?
-Sasha, cosa stai dicendo? Io amo e voglio te, non mi importa nulla di Marina. Ti prego, tesoro, credimi: io non ti tradirei mai, io desidero solo la tua felicità.
-Denisoch’ka, lo so.- lei si girò verso di lui, con quella sua aria malinconica e ferita – Non stavo affatto dicendo che tu mi abbia tradito o che tu preferisca Marina a me. Dicevo solamente che lei potrebbe fare la tua felicità. Lei è normale, Denis.
-Ma non è lei che voglio! Marina non farà mai la mia felicità perché sei tu, tu, Aleksandra Dmitrevna! Per favore, tesoro mio, cerca di capire che tu sei perfettamente normale, io ti voglio aiutare, voglio solamente stare con te fino alla fine dei miei giorni. Ti scongiuro, Sasha: ti amo.
Sasha sorrise appena, dondolando la testa e si appoggiò a Denis, ma i suoi occhi vagavano ormai verso lidi che il ragazzo non avrebbe mai potuto raggiungere. Era già persa, la ragazza caduta dal cielo. Era già andata via e lui, il cosacco, l’eroe, questa volta non sarebbe riuscito a riportarla indietro.
-Anche io ti amo, caro. Ma continui a non capire che io non sarò la tua felicità perché ti divorerò vivo, ti mangerò, farò in modo di distruggerti. Sono come la marea, Denis, mio Denis, che erode lentamente la roccia fino a consumarla.
-Ma io non sono una roccia, Sasha.- ribattè lui, prendendola per le spalle gracili – Io sono un cosacco ucraino e farò in modo di riportarti a casa, di tenerti ancorata a questo mondo infame. Non esiste che io ti lasci andare.
-Ma dovrai farlo prima o poi. Tutto finisce, ragazzo ucraino.
-Non noi. Lotterò per te, Sasha.
-I’m just gone beyond repair, Denis.
-I Mayday Parade? Davvero?
Si guardono e si sorrisero, con quella loro dolcezza ferita da una Omsk che li voleva morti. Poi lei si alzò, delicata come una libellula e si rinfilò la giacca, con quei movimenti lenti ed aggraziati propri di un cigno ballerino.
-Dove vai, Sasha?
-A perdermi, Denisoch’ka.
-Non te ne andare.
-Sono già andata, cosacco.
Detto questo, scivolò fuori dalla casa, lasciando Denis seduto sul divano, gli occhi spalancati a un sordo dolore che gli stringeva il petto e lo lasciava ansante e dolorante, il profumo di lei ancora nel naso e la sua voce dolce mista a quella roca di Marina nelle orecchie.
C’era qualcosa dentro di lui che gli urlava di corrergli dietro, ma rimaneva ancorato a quel divano senza riuscire a staccarsene e non sapeva come fare.
 
Un discreto numero di giorni dopo
 
-Non ci voglio andare.
-Ti prego, Sasha, vieni con me. Sei la mia fidanzata, non puoi mancare!
-Ti ho detto di no!
Denis non avrebbe mai pensato che Sasha potesse trasformarsi in quell’esserino piangente e strillante di fronte a lui. Avrebbe potuto aspettarselo, forse, visto come negli ultimi giorni, dopo l’episodio di Marina si fosse trasfigurata in una ragazza terrorizzata dalla propria ombra, ancora più allucinata di quanto già non fosse di solito. Ma Denis non si sarebbe arreso, non avrebbe lasciato che l’ansia e la follia la divorassero viva. Non la ragazza che aveva imparato ad amare di un amore tenero e affettuoso.
La prese delicatamente per le spalle ossute e cercò di incontrare i suoi grandi occhi verdi arrossati dal pianto.
-Stammi a sentire, Sasha. Va tutto bene. Sono i miei amici. Andiamo solamente a una festa, niente di che. Possiamo anche stare poco, ma ci devo andare, è importante per la band. Non mi fido a lasciarti in casa da sola, per favore non …
-Non voglio!- strillò lei, spingendolo lontano da lei e Denis si chiese quali demoni stessero divorando viva la sua bellissima ragazza siberiana. Quali mostri la stessero perseguitando, perché non l’aveva mai vista così vittima di sé stessa, così persa nel suo personale inferno – Vai via, Denis, ho paura, lasciami da sola!
-Amore, per piacere, non c’è niente che non vada. Non succede niente di strano. Dobbiamo solo andare …
-No! Vai via! Basta, devi lasciarmi andare, Denis, devi lasciarmi andare!
Lui la guardò, così bella, così eterea e così distrutta ma in quel momento non ci fu compassione nel suo cuore a dirgli di abbracciarla e di calmarla. Fu la rabbia a scavare nel suo cuore, ad agitarlo, a scatenarlo. Perché in fondo, Denis era anche quello. Era rabbia cieca, era furia, era distruzione allo stato puro e aveva sopportato, eccome se aveva sopportato, ma ora era giunto a un limite, un limite che nemmeno lui riusciva a riconoscere ma che sentiva dolorosamente suo. Aveva passato ormai quasi due settimane a starle dietro, a sentirsi urlare addosso frasi scomposte su quanto lui se ne sarebbe dovuto andare a cercarsi un’altra donna, a sopportare crisi di nervi continue, a impazzire per controllare che mangiasse e che non vomitasse, e tutto quello con risultati apparentemente disastrosi. Ma cosa ne poteva lui se ormai lei stava sprofondando sempre di più all’inferno e lui era troppo perso per riuscire a cavarla davvero fuori da quell’incubo?
Erano state le due settimane più lunghe e dolorose della sua vita, vissute tra il terrore di perderla, tra la rabbia che provava nei suoi confronti, tra l’amore che vacillava ma che voleva resistere indomito nel suo cuore da cosacco. Eppure in quel momento anche lui era stanco. Stanco di sopportare una ragazza che era ormai andata oltre ogni punto di riparazione e non stava facendo altro che divorare vivo la sua sanità mentale. Stanco di lottare per qualcosa che non riusciva a salvare, stanco di combattere contro demoni sempre nuovi e sempre più pericolosi. Denis era un eroe, certo che lo era, ma ogni tanto anche gli eroi hanno bisogno di piangere, di spezzarsi e lui con lei non poteva permetterselo. Non poteva farlo di fronte a Sasha, che era un fantasma troppo debole per poter resistere da solo in quel momento. Lui doveva essere forte per chi non poteva più esserlo. Ma dannazione, aveva resistito troppo a lungo. Adesso voleva prendersi una pausa, assaporare i frutti del suo sforzo. Ma qui frutti sembravano marcire ogni volta che gli veniva voglia di morderli.
-Sasha, basta, dannazione! La vuoi piantare?!
Lei lo guardò, spalcando gli occhi, si raggomitolò in fondo alla stanza, come una cerva ferita, i lunghi capelli sul viso e il terrore a snaturarle i dolci tratti slavi.
-Piantarla di fare cosa?- mugolò – Di salvarti da me stessa? Di fare il tuo bene cercando di allontanarmi da te? Di proteggerti, Denis?
-Tu non mi devi proteggere, maledetta idiota! Io sto cercando di aiutarti e tu non vuoi capirlo! Non sarai mai la fine, sei il mio inizio, la mia redenzione, sei la donna che amo e non posso permettere che la tua dannata depressione, la tua ansia, la tua follia, ti strappino via da me. Perché non ti vuoi convincere ad appoggiarti a me invece che strangolarti con le tue stesse mani?
-Perché tu non capisci.- singhiozzò lei – Io mi allontano da te proprio perché ti amo, perché voglio che tu sia felice. Non posso reggere che tu te ne vada, non posso reggere niente, sono solo un’infelice!
-Perché non mi fai essere la tua felicità?
-Io non ti voglio morto, Denisoch’ka delle steppe.- lei lo guardò, e lacrime di cristallo splendevano in quegli smeraldi che aveva al posto degli occhi.
-Non sarai mai la mia morte, Aleksandra.
-Invece lo sono già. Allontanati, ragazzo, lasciami da sola.
-Smettila!
Denis diede un pugno nel muro, sbucciandosi le nocche, ma non sentì il dolore tanta era la rabbia che provava verso Sasha.
-Mi consideri alla stregua di un completo idiota, dillo, Sasha.
Lei lo fissò con aria allucinata.
-Perché non ti fidi di me? Evidentemente mi consideri solo un coglione qualunque. Non reputi che con me tu possa essere felice e al sicuro. Dai, ammettilo, ragazza: ti piaceva il fascino del cantante ma alla fine hai capito che con me non potrai stare. Perché? Troppo ignorante, nullafacente, volgare? Troppo popolare per te?
-No, Denis, no! Cosa dici!
-Dico la verità, ragazza. In cosa ho mancato? Perché non riesci ad affidarti a me? Semplice: per il motivo detto prima. Io sono troppo poco per te, non riesci ad amarmi davvero perché hai paura che io possa ferirti.
Lei scoppiò in lacrime, e lui sentì la furia cieca scorrergli roboando nelle vene. Avrebbe voluto picchiarla. Prenderla per i capelli e sbatterla contro il muro, sputarle in faccia tutta la sua rabbia e poi stringerla tra le braccia e non lasciarla mai andare. Dannazione, lo stava distruggendo vivo. In quei giorni gli aveva fatto passare l’inferno, lo stava uccidendo lentamente come quella famosa marea di cui aveva parlato. Lo stava erodendo e lui non riusciva a sottrarsi e questo, questo lo mandava completamente in bestia.
-No, Denis, per favore, non è così! Io ti amo, mi fido di te, non capisci quello che davvero voglio dirti, non capisci che io voglio solo il tuo bene.
-E il mio bene è prendermi cura di te ma come posso farlo se mi allontani da te? Basta, Aleksandra, basta sceneggiate, basta pianti, basta crisi. Devi guarire, dannata ragazza, devi guarire e io sono qui per fartelo fare.
Lei singhiozzava ormai senza ritegno, fissandolo da dietro la cortina di capelli e in quel momento lui si rese conto di quanto fragile fosse, di quanto fosse ormai arrivata sul vertice del non ritorno.
Sospirò rumorosamente e si avvicinò lentamente a lei
-Okay. Okay, senti, parliamone, io …
-Va via, Denis. Per favore, vai via.
-Sasha …
-Fuori!
E fu con estremo orrore che Denis vide Sasha scagliargli dietro una scarpa urlando tutto il suo dolore incredibile, a stento contenuto in un corpo quasi invisibile.
  
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