'Brooke Brown. Park Avenue 238'.
Bruce Banner lesse di nuovo il laconico messaggio inviatogli via
Wathsapp da Bucky, contenente l'indirizzo dell'amica che aveva invitato a cena
con lui e i colleghi Avengers, scrutando i numeri civici dell’ampio viale che stava
percorrendo, a velocità moderata.
James lo aveva chiamato, pregandolo di passare a prendere la ragazza
al suo posto, a causa di un sopravvenuto impegno 'Bruce, per piacere, puoi
darle un passaggio? Sei in macchina da solo, quello che le abita più vicino e
che, probabilmente, farà una migliore impressione ai suoi genitori. Non
citofonarle, sali al piano del suo appartamento, presentati e portala via,
senza intrattenerti in chiacchiere. Grazie, ti scrivo il suo recapito' Barnes,
incurante di attendere la sua risposta, aveva chiuso la comunicazione in fretta
e furia, non facendolo neanche controbattere.
Banner parcheggiò il suo Maggiolino Volkswagen verde, oramai auto
d'epoca, davanti al portone di un palazzo di gran lusso, al cui interno lo
accolse un anziano portiere, in livrea, che lo indirizzò all'attico dei signori
Brown.
Attraverso un'entrata piena di stucchi dorati e sofà imbottiti arrivò
all'ascensore, dove un altro impiegato in divisa, afroamericano ed in carne,
premette il pulsante del livello richiesto, al suo posto.
Il professore si chiese, salendo, quale ragazza statunitense
venticinquenne vivesse ancora coi propri genitori, ipotizzando che l'amica di
James, di cui conosceva solo nome e cognome, fosse una scansafatiche che
campava di rendita… cospicua rendita, evidentemente.
Suonò il campanello, sistemandosi con le dita i capelli ricci, oramai
striati di bianco sulle tempie, perennemente arruffati. Poteva spazzolarli per
ore, dopo pochi attimi riprendevano il mosso naturale scompigliato, che gli
dava sempre l'aria dello scienziato trascurato.
L'abbigliamento non lo aiutava granché. Era una persona semplice, poco
attenta ai dettami della moda e la vita in un laboratorio non prevedeva certo
completi sartoriali. Per cui, la sua divisa d'ordinanza - che indossava anche
in quel frangente - erano jeans scuri, t-shirt e scarpe da ginnastica.
A cinquant'anni suonati, non proprio il biglietto da visita ideale per
i genitori dell'amica di Bucky. Forse un'amicizia disinteressata per
quest’ultimo, credette; in caso contrario, James si sarebbe catapultato per
scortarla, persino su una seggiola a rotelle, era poco ma sicuro.
Intanto che elucubrava, una donna bionda, sua coetanea, in tuta di
ciniglia nera, aprì la porta, squadrandolo.
Di male in peggio, pensò la dirimpettaia, riconoscendo Bruce
all'istante...in confronto, il giovanotto col braccio bionico, che immaginava
di trovarsi innanzi, pareva una passeggiata di salute; stava per far entrare,
in casa sua, l’Avenger che non ti aspetti, quello che perdeva facilmente il
controllo e non con le sembianze attuali...ma con quelle di Hulk!
Gli porse, comunque, la mano, facendolo accomodare, educata 'Sheila
Brown, sono la mamma di Brooke...credevo venisse Bucky...' sibilò, indicandogli
l'enorme soggiorno, arredato in stile moderno, nei toni del grigio e del panna,
di lato a una terrazza incredibile, che si scorgeva dalle ampie vetrate che
affacciavano sul favoloso skyline newyorkese.
'Ha avuto un imprevisto...' Banner, timidamente, presentandosi, scrutò
il corrucciato viso della sua ospite: bionda, capelli lisci con colpi di sole
freschi di piega, occhi azzurri, in un volto regolare, non modificato dalla
chirurgia estetica, magra ai limiti dell'anoressia. Da giovane, doveva essere
stata una vera bellezza...bellezza che non aveva saltato una generazione, nel
suo caso, anzi.
'Sei arrivato...devi essere Bruce...' una ragazza dall’ovale perfetto,
le labbra carnose e sensuali, gli occhi celeste intenso, racchiusi da
lunghe ciglia castane scure, i capelli fino alla vita della stessa tonalità, un
fisico esile ed al contempo femminile e proporzionato, lo salutò, entrando in
soggiorno dal corridoio, nervosa.
Con un look curato - jeans blu, top crema con fiorellini color rosa
antico, ballerine laccate e giacca avvitata con maniche a tre quarti della
medesima sfumatura, bracciale con anelli metallici e orecchini di perle a
bottoncino - dimostrava molto meno che all’anagrafe.
Banner, colpito dalla sua fisicità, sbarazzina e naturale, si mosse,
tendendole la destra e vedendola fare un saltino all'indietro, mentre
pronunciava il proprio nome, sentendo egli stesso una forte vibrazione; il
tocco delle loro mani aveva prodotto, in entrambi, un'inaspettata scarica
elettrica, che gli sembrò partire dalla ragazza! Che stranezza!
Guardò le loro scarpe... cariche elettrostatiche non avrebbero dovuto
prodursi 'Scusa' mormorò, alla sua risata imbarazzata.
Il professore di mezza età, amico di James, occhi e capelli scuri,
sguardo dolcissimo e modi garbati, non era affatto decrepito e sembrava una
persona carina e cortese, notò Brooke, che gli rispose, divertita 'Di
niente...'. Senza contare la visione che gli era apparsa nella testa, la
premonizione più carnale e al tempo stesso tenera che avesse mai avuto!
Udendo dei passi alle proprie spalle, si girò, intercettando la sagoma
di suo padre. Si sentì come un'adolescente al ballo del liceo: ci mancava che i
suoi vecchi le scattassero foto ricordo con una Polaroid, insieme al suo
accompagnatore, per l'album di famiglia!
In pantaloni eleganti grigi scuri e maglioncino di cotone rosso
bordeaux sopra una camicia chiara, di una somiglianza spiccata con la figlia
per colore di occhi e capelli, Bruce identificò l’uomo di bell’aspetto che gli
venne incontro: Robert Brown!
Diamine, Brown era uno dei cognomi più comuni negli Stati Uniti e
Bucky non gli aveva accennato, minimamente, che si sarebbe trovato di fronte un
premio Nobel.
Alzando lo sguardo sulla mensola sopra il camino, intercettò una
cornice, nella quale un abile artigiano aveva incastonato l'aurea medaglia
d'oro vinta a Stoccolma da colui che aveva scoperto la cura per uno dei mali
che affliggeva migliaia di pazienti destinati a un'esistenza piena di
sofferenze e, spesso, a una morte infausta e dolorosa: la distrofia muscolare,
una patologia a carattere degenerativo.
'È un onore incontrarla, Professor Brown!' rosso come un pomodoro, non
si tenne e si complimentò, di getto 'Ho letto il suo lavoro...eccezionale!'.
L'altro, estremamente infastidito dalla manifestazione di
apprezzamento, minimizzò 'Non sono professore, come lei, Banner...' fece capire
di conoscerlo 'sono dottore in biologia ed insegnavo scienze in una scuola
media di Chicago, prima di tutto questo clamore! Ora mi occupo solo della
produzione del farmaco di mia invenzione!'.
Brooke alzò gli occhi al cielo: il tono di suo padre suonò acido e
sgradevole, perché lo era.
Fortunatamente, Bruce parve accorgersene poco. Rifletteva più che
altro, sulle parole udite: la storia gli era nota. Brown si era approcciato,
per mero caso, a una malattia tremenda, arrivando a un successo invidiato dai
luminari del settore, che avevano studiato, per decenni, la possibilità di una
terapia valida, senza risultati.
'Posso chiederle cosa l'ha spinta a imbarcarsi in una ricerca tanto
distante dal suo campo?' provò a approfondire, spinto da una sana curiosità
professionale.
'Una motivazione alquanto personale' laconico, Robert chiuse la loro
discussione. Confidenze con Hulk in persona nel soggiorno di casa sua, beh,
proprio no!
'Vogliamo muoverci?' la ragazza, sempre più in imbarazzo, sfiorò il
braccio del suo chaperon.
Lui, sovrappensiero, sussultando al suo tocco, balbettò 'Sì,
sì…arrivederci’ rivolse un ultimo saluto generale ai suoi genitori, intanto che
Brooke apriva la porta di casa.
'Divertiti...e non fate troppo tardi' Sheila, turbata, ammonì sua
figlia. Le aveva visto negli occhi una strana luce, non solo dettata
dall'impazienza dell'uscita serale, rara nel suo ménage abituale.
Le era parsa interessata al timido professore, noto per non saper
gestire la propria rabbia e trasformarsi in un mostro verde dalle fattezze
abominevoli. Era un genio schivo ed un Avengers, ovvio, non un ex galeotto o un
coetaneo che l’avrebbe instradata all’uso di alcool e stupefacenti. Le sembrò
peggio, rimuginando che i due avessero moltissimo in comune, forse troppo.
Suo marito la riportò alla realtà, quasi leggendole nella mente; dopo
anni di matrimonio era diventato inevitabile 'Almeno non dobbiamo
preoccuparci...quanto avrà Banner? La mia età, no? Se gli amici di Bucky sono
come lui, non sarà una serata trasgressiva, tesoro...starei tranquilla, fossi
in te!' ridacchiò, dandole un bacio sulla nuca 'ed è l'occasione per coccolarci
un po'!' continuò, con un sorriso complice.
'Se lo dici tu...' lei gli cinse la vita, tentando di celare la
propria profonda inquietudine.
***
'Scusa per i miei, sono eccessivamente apprensivi'
nell'ascensore, Brooke fece ammenda con Bruce per i modi della sua famiglia.
'Sono opprimenti, dei veri rompipalle' le dette manforte l'addetto
all'ascensore, il ragazzo di colore e paffutello dall'aria simpatica che il
professore aveva incrociato pochi minuti prima.
'Hai ragione, Charlie...' annuì, erano in confidenza 'faccio scarsa
vita sociale, Bruce...'.
'Strano, alla tua età e carina come sei, i corteggiatori ti ronzeranno
attorno come mosche!' Banner esplicitò ciò che era piuttosto evidente, in
maniera insolita, per uno riservato come lui.
'È una lunga storia' sentendosi lusingata dal suo apprezzamento, provò
a non darlo a vedere; sbuffò, sollevando con l'aria una ciocca di capelli
dalla fronte, attraversando il portone 'Qual è la tua macchina?' chiese, per
sviare altre domande sull'argomento spinoso, che non desiderava affrontare.
'Quella lì' il professore indicò il Maggiolino.
'Scherzi? Favolosa!' sgranò gli occhi e si precipitò verso il mezzo,
con Bruce che, galante, le aprì lo sportello per farla accomodare e si mise al
posto di guida
'So tutto di questa auto...' lei continuò su quella falsariga.
'Per molti è un rottame, non esaltarti!' il professore ridacchiò.
Aveva pensato di cambiarla con un modello nuovo, ma alla fine desisteva, era
troppo affezionato.
'Un mito, vorrai dire...purtroppo…la cintura di sicurezza non va' al
terzo tentativo non era riuscita nemmeno a sganciarla.
Il moro l’aiutò, stendendosi dalla sua parte e recuperando la chiusura
metallica, che inserì nella fessura centrale 'È un gioco di polso...' alzò lo
sguardo, incrociando quello ceruleo della ragazza seduta al suo fianco, che gli
sorrise, arrossendo 'Immagino che le abbia fatte installare tu...si usano da
pochi anni, in confronto alla data di produzione del Maggiolino! E’
l’automobile tedesca più conosciuta al mondo, simbolo della rinascita
industriale tedesca nel secondo dopoguerra, nonché il primo modello Volkswagen
in assoluto'.
'Allora è vero che sei informata, è proprio così...raccontami di
te...studi? Lavori?' gli sembrò un interrogatorio inevitabile. Si rese conto di
voler conoscere qualche informazione in più su di lei; il colore rosato delle
sue guance, tipico di una femmina d’altri tempi e non di una giovane del terzo
millennio, lo aveva intrigato.
Brooke titubò, poi si buttò 'Sto studiando Storia dell'Arte, per la
seconda laurea; la prima l'ho presa in...' rise, amaramente 'Indovina?'.
'Due lauree? Sono ammirato. Con un padre come il tuo, in biologia...ci
scommetterei il collo!' ribatté, d'istinto, certo di non sbagliare.
'E l'avresti ancora, testa compresa...una bella testa, a ciò che
dicono...' si lasciò sfuggire la ragazza, guardando fuori dal finestrino. E
non solo la testa… ugualmente il resto è molto affascinante, rifletté.
'Grazie, sono a quota due pure io: fisica nucleare e biochimica.
Robert è stato volutamente evasivo, prima, sulla risposta al quesito che gli ho
posto, ovvero perché avesse iniziato a interessarsi della distrofia muscolare,
fino a trovarne la cura definitiva; cos'è, un segreto di stato?' era un tarlo
nella sua mente, aveva avuto i brividi addosso all'espressione trasfigurata
dell'altro uomo, una specie di campanello di allarme.
'Ti ha detto la verità...era motivato personalmente, come nessuno; ero
io il paziente zero per lui. Non gli è mai fregato nulla del resto
dell'umanità, voleva dare una speranza a sua figlia...' mormorò, in un soffio,
girandosi un attimo, per fissarlo in viso, mentre glielo confessava. Suo padre
aveva indirizzato il corso della sua vita, inconsapevole.
'Mi spiace, moltissimo' Bruce emise quasi un lamento, rammaricato e
turbato, premendo inconsciamente il piede sul freno e, allo stesso tempo,
sentendo un colpo sul tettuccio dell'auto.
Una moto, d'epoca anch'essa, gli si era affiancata. La riconobbe al
volo: la famigerata Harley WLA del 1942.
Steve Rogers, Capitan America in persona, alla guida, e Bucky Barnes,
seduto dietro al suo migliore amico, alzarono, contemporaneamente, le visiere
dei caschi scuri che indossavano, salutando con la mano i due passeggeri della
macchina, contraccambiati.
'Buonasera...il locale è quello a destra con l'insegna gialla' Rogers
li informò, e diede gas, per spostarsi, di lato, e salire sul marciapiede, per
parcheggiare, seguito da Banner, che approfittò del garage a pagamento
limitrofo, ringraziando mentalmente il Capitano di aver interrotto un dialogo
dai toni troppo confidenziali, con una persona che conosceva da pochi
minuti.
'Bruce...' Brooke gli bloccò il polso destro, con la mano sinistra, un
attimo prima che scendessero.
Non le piaceva l'atmosfera glaciale scesa fra loro, ed era uscita per
trascorrere una serata in compagnia, su sollecitazione di James 'Ti sei
ammutolito, alla mia confessione. Non imbarazzarti...la malattia da cui sono
stata colpita è un ricordo, oramai. Brutto, ma è il passato'.
Non era stata del tutto sincera, desiderava confortarlo,
era...mortificato! 'Non potevi saperlo ed ho capito che, invece, volevi
comprendere, da scienziato, le motivazioni di mio padre...adesso lo
sai...amen...andiamo a divertirci, dai!' gli fece il suo più bel sorriso e lo
vide riprendersi.
Sciogliersi, avrebbe ammesso il diretto interessato, per la purezza e
il garbo della giovane donna che stava scortando...bellissima donna, non poté
fare a meno di notare, di nuovo, sentendo una rigidità al basso ventre che non
voleva abbandonarlo, pulsante.
Si dette del vero idiota...non era una donna, era una ragazzina,
appresso a lui, che aveva almeno il doppio dei suoi anni. Evita di fare la
figura del vecchio bavoso in piena crisi di mezza età, si auto rimproverò,
entrando, con la Brown, all'interno del locale di East Side Manhattan,
affollato, dove trovarono Bucky, che li aspettava al bar con Rogers, per
accomodarsi insieme al tavolo prenotato.
Jeans neri e maglietta bianca, i capelli lunghi castani
all'orecchio, gli occhi azzurro ghiaccio nel viso da modello, il fisico
massiccio in cui spiccava il braccio bionico a vista, ricordo dei suoi
trascorsi bui come Soldato d'Inverno al servizio dell’Hydra, Barnes si avvicinò
alla sua amica, che gli dette un bacino sulla guancia, presentandosi a Steve,
un attimo dopo.
‘Capitano Steve Rogers, signorina’ formale alla morte, Cap - dieci
centimetri più alto di James, muscoloso e asciutto, occhi azzurri, un ciuffo
castano e la barba lunga ben definita, sorriso smagliante a trentadue denti da
pubblicità, jeans e camicia a quadretti bianchi e blu - stritolò la mano di
Brooke, gonfiando il petto come un pavone.
‘E rilassati’ Tony Stark - moro di capelli, pizzetto curatissimo,
occhiali da vista di foggia stravagante, un abito scuro con gilet, camicia
bianca e cravatta variopinta, il corpo umano che vestiva il guscio metallico
dell'armatura high-tech di Iron Man - prese in giro il collega 'Ci manca che le
fai il saluto militare! Ciao, bellezza!' strizzò l'occhiolino alla ragazza, con
familiarità, circostanza che non sfuggì a Banner.
'Buonasera, Tony!' gli sorrise, delicata.
'Benvenuta fra noi...' Stark cercò di farla sentire a suo agio, gli
aveva dato l'impressione di un pesce fuor d'acqua. E aveva visto bene.
La Brown era ancora sbigottita dalla ricercatezza del Lavo
restaurant & underground club, scelto per il loro incontro definito
informale; in realtà, era particolarissimo, insieme sia ristorante italiano sia
discoteca di tendenza. Aveva letto le recensioni on line che sottolineavano la
squisitezza dei piatti preparati dallo chef e la follia dei prezzi; non era una
discoteca tipica, bensì un locale di prestigio.
'Niente male davvero' seduto su uno degli sgabelli lignei alti in
stile dell'ampio bar, annesso alla sala in cui avrebbero desinato, Bruce
commentava. Era un posto splendido; pareti ricoperte di mattoni rosso scuro,
una formidabile cucina a vista, oltre il vetro divisorio, e tavolini circolari,
apparecchiatura di classe su tovagliato bianco e candele accese con luci
soffuse regalavano al luogo un'atmosfera elegante.
'Tony, sei ostinato a proporci locali di moda, mai una cosa semplice!
Sono arrivati i rinforzi, almeno siamo in due contro quest'orda di
testosterone' una donna di circa trentacinque anni - con un impercettibile
accento russo, capelli ramati lunghi ed occhi verdi, bassina e prosperosa nelle
forme, leggins elasticizzati neri su stivaletti con plateau, top rosso scollato
con lustrini e chiodo di pelle - si stagliò accanto alla Brown, solidale.
'Ti presento Natasha, Nat per gli amici' Barnes introdusse la Romanoff
- soprannominata Vedova Nera, letale ex spia dei Servizi segreti sovietici, ex
assassina e mercenaria, divenuta successivamente agente del compianto
S.H.I.E.L.D. - mentre Brooke metteva a posto, nella testa, i pezzettini dei
racconti di Bucky, dando i nomi ai volti dei presenti.
'Sono malato per ciò che è trendy e voi siete in ritardo...tu soprattutto…'
si lamentò Stark, all'indirizzo di un gigante dai capelli biondi chiari,
imponente, gli occhi azzurri, maglia grigia a v e onnipresenti jeans, che
arrivò trafelato, borbottando 'Odio i taxi e non ho ancora potuto comprare una
macchina! Sono una frana in mezzo al traffico e mi hanno bocciato all'esame di
guida, alla parte pratica, per la terza volta consecutiva, per cui ancora
niente patente...! Perdonatemi per avervi fatto attendere!'. Thor si espresse
in un baciamano estremamente sorpassato alla Brown, che rimase interdetta
dall'occhiata allusiva e compiaciuta.
Il biondo - Dio del Tuono, originario del pianeta Asgard spazzato via
dalla faccia dell'Universo conosciuto e risorto in un piccolo paese di
pescatori sulle coste della Norvegia, stabilitosi in via definitiva negli Stati
Uniti al seguito dei Vendicatori - aveva un debole spiccato per il genere
femminile, di cui non faceva mistero.
'Sorvoliamo e non col martello, sui tuoi modi da provolone...' Nat
fece strada alla tavolata segnalata dal cameriere, ove si accomodarono,
sedendosi casualmente.
Bruce finì accanto alla ragazza, che, all'altro lato, aveva Barnes, a
seguire Steve, la Vedova, Thor e Tony, con cui Banner interloquì un breve
istante, a bassa voce, nel momento dell'ordinazione delle bevande 'Il padre
della fidanzatina di Bucky è Robert Brown! Il premio Nobel!'. Detestava gli
interrogatori; tuttavia si sentì nella parte dell'inquisitore 'La conoscevi
già, vero?'.
'Uhm...non stanno insieme! Gliel'ho presentata io, sperando in una
sana amicizia, in fondo hanno la stessa età, quanto meno sulla carta, James è
classe 1917' fece il vago 'perché ti interessa?'. Il suo collega fratello
scienziato non gliela contava giusta, aveva l'occhietto languido.
'Così, per sapere' l'ennesimo colorito purpureo si espanse, dal collo
alla fronte di Banner.
'Ora si dice per sapere...lo ammetto, è molto attraente, socio! Ha la
bellezza della giovinezza che, in noi, è sfiorita, da tempo. In te di più,
però; io mi mantengo ancora bene, soprattutto da quando Pepper, la mia ex, mi
ha lasciato per un altro e sono di nuovo sul mercato…ho fatto il tagliando,
come le autovetture' fu spiritoso, tentando di spostare il dialogo su un altro
tema. Non era il momento e il luogo per dettagliare di Brooke Brown e perché
fosse tanto importante la sua presenza fra loro.
Fortunatamente, fu proprio la ragazza a trarlo d'impaccio,
rivolgendosi al professore 'Che mi consigli, Bruce? Sono indecisa' spulciava il
menù 'c'è tanta scelta, mi piace tutto...'. Era l'unico con cui fosse in una
zona di confort emotivo; non lo temeva, stante la sua reputazione, la faceva
sentire protetta... tuttavia, non esattamente come un padre.
'Indecisa fra cosa? Vediamo se ti posso aiutare!' si offrì,
recuperando dalla tasca dei pantaloni gli occhiali pieghevoli da presbite,
utili per la lettura. In effetti, più che una lista di piatti, l'elenco delle
pietanze proposte pareva un'enciclopedia.
'Pizza coi funghi e petto di pollo al parmigiano...non posso prenderli
entrambi, non riuscirei a finirli' lo spreco era immorale, per lei, e le
porzioni viste servire agli altri avventori piuttosto abbondanti.
'Ho la soluzione perfetta: li ordiniamo e li dividiamo a metà, così li
assaggerai' propose, gentile. Era onnivoro e lì sembravano cucinare ogni cibo
in maniera ottimale.
Brooke si esaltò 'Sei molto gentile...grazie!'. Gli sfiorò il braccio
sinistro con il suo destro, soffermandosi per un attimo sugli occhi scuri
dell'altro, mentre dava indicazioni al cameriere che digitava sul suo
computerino le loro richieste.
Le preferenze alimentari erano un ulteriore modo per conoscere i
propri straordinari ed originali commensali, rifletté la ragazza.
Tony, noto playboy, mecenate e miliardario, aveva optato per ostriche
ed aragosta, ricercati e costosi; Natasha per una porzione di pasta all'uovo
tirata a mano, nello specifico dei maltagliati con gamberi e verdure croccanti,
una scelta più femminile, leggera e gustosa.
Gli altri tre si erano orientati sulla carne: bistecche con l'osso,
contornate di patate fritte e anelli di cipolla panati, che arrivarono
stracolme di salse...le t-bone erano cotte al sangue e gigantesche. Virilità
alla massima potenza per tre maschi fuori dalla norma, extra large per diversi
aspetti.
'Sembrano bistecche di brontosauro...dei Flingstones' ridacchiò la Brown
'Bucky Barnes, ci metterai un'eternità a digerire; avevi giurato che mi avresti
accompagnato in pista, invece ti butterai su un divanetto a pancia piena'.
'Io e Steve compensiamo gli arretrati di ciò che non abbiamo potuto
ingurgitare quando eravamo sotto ghiaccio, Thor ha sempre appetito...e
comunque...ho uno stomaco robusto, abbi fede!' le rispose per le rime, contento
di vederla prendere confidenza con gli altri colleghi.
Lei e Banner si servivano addirittura dagli stessi piatti senza alcun
imbarazzo, e per il secchione quattrocchi era piuttosto anomalo: timido ed
eccessivamente introverso, viveva tra libri, alambicchi, microscopi e computer,
conduceva un'esistenza solitaria, aggravata dalla condizione connessa all'alter
ego verdognolo che si portava dietro. Fortunatamente, ancorché con uno sforzo
ed un un'abnegazione fuori dall'ordinario, era diventato in grado di gestirne
le trasformazioni e ciò che veniva successivamente.
'Il pollo è ottimo’ al secondo boccone, la Brown si espresse col
professore, che aveva alternato una fetta di pizza alla carne bianca.
'Concordo, ed è un piacere vederti mangiare d'appetito; detesto le
donne che ordinano tristi insalate scondite, diamine, il buon cibo è una delle
poche certezze della vita, almeno per me, che non sono proprio esile' fece una
battuta sulle proprie maniglie dell’amore '...scusami, fra le chiacchiere, mi
ero distratto ed ho fatto la figura del maleducato, trascurandoti...gradisci un
bicchiere di vino?' al suo acconsentire con la testa, giacché aveva la bocca
piena, si affrettò a versarle il rosato scelto da Stark: non un semplice vino
per pasteggiare, bensì uno champagne rosé Brut Veuve Glicot.
Impacciato, urtò il calice, riempendolo, e il liquido colorato
imbrattò il tavolo, schizzando minuscole goccioline sul top di Brooke, dalla
scollatura fin quasi alla pancia.
D'istinto, prese il proprio tovagliolo e lo bagnò nell'acqua minerale,
tamponando la stoffa dell'indumento, per pulirlo ed eliminare le macchie,
velocemente 'Perdonami, sono maldestro all'inverosimile...ti pagherò la
lavanderia'.
Le dita maschili percepirono, sfiorandole, le forme morbide dei seni e
del ventre, sopra il materiale leggero, intanto che l'aiutava. Una sensazione
di calore avvolse il professore, che si ritrasse, vittima di un'ustione di
terzo grado. Un’ustione dell'anima.
La ragazza si era immobilizzata e lo fissava, incerta. 'Non importa,
si vedrà poco' sussurrò, col cameriere precipitatosi a pulire il disastro
'finisco da sola...'.
Col proprio tovagliolo, terminò di darsi una sistemata, turbata dal
contatto con le mani di Bruce. Aveva avuto ben poche esperienze sentimentali
con il sesso opposto e negli scarsi preliminari amorosi, che erano intercorsi
con l'unico partner, coetaneo, non aveva mai provato un simile languore...e per
un uomo molto più grande!
Avrebbe scommesso che per lui fosse lo stesso, dal modo in cui la
guardava. Colpevole...di nulla, poi!
Con gli altri attorno che parlavano del più e del meno, ignari dei
loro pensieri, ricordò il suo doveroso appuntamento quotidiano. Dalla pochette,
estrasse un blister di pillole, contenuto in una scatolina di cartone, e ne
prese una, inghiottendola con un sorso d'acqua, sotto gli occhi di Banner: una
compressa di uno stranissimo rosa, l'elisir di lunga vita scoperto da suo padre.
'Il colore è inquietante...' commentò lo scienziato 'sottolineo,
tuttavia, molto bello...'.
'Il principio attivo è stato amalgamato con un estratto della pianta
di rosa della specie chiamata ‘Antico amore’, e il suo fiore ha la stessa
sfumatura della pillola. E’ il colore che preferisco, in assoluto; è bizzarro,
non ci avevo mai riflettuto...' gli chiarì, terminando, con gusto, l'ultima
fetta di pizza.
'Per piacere, raccontaci qualcosa di te e, soprattutto, come fai a
sopportare questo qui' il Capitano, interrompendoli, si riferì all'amico
storico, che da qualche mese frequentava la ragazza molto graziosa sedutagli di
fronte.
James non si era voluto sbottonare, come fosse il segreto del
millennio, ma Steve aveva compreso che fra i due non ci fosse del tenero. E ne
aveva avuto la conferma, vedendoli assieme, ora che lei parlava con Bruce a
manetta, ricambiata, e James, viceversa, litigava con l'osso della sua
bistecca. Sapeva bene che atteggiamento assumesse Buck, quando corteggiava una
femmina che gli piaceva: dedusse che avessero esclusivamente un rapporto
amicale, il che lo incuriosì ancora di più.
Brooke, di sottecchi, scrutò Stark e Barnes, non sapendo fino a quale
punto potesse sbilanciarsi. Ripeté, con pochi particolari aggiunti, quanto
Bruce già sapeva.
'Ci ha presentati Tony, che è in affari con la mia famiglia, e ci
vediamo saltuariamente. Sono laureata in biologia e sto prendendo una seconda
specializzazione in Storia dell'arte. Sono appassionata di pittura e scultura,
a casa ho un piccolo studio dove mi diletto a creare busti e volti in creta,
con le mani, per lo più'.
Da lì, gli Avengers, interessati, ancorché non fosse il loro campo, si
imbarcarono in una lunga disquisizione sulle arti figurative, che terminò al
sopraggiungere del carrello dei dolci, trascinato dell'addetto.
Erano talmente sazi della cena che soprassedettero al dessert, per
prendere solo un caffè, prima di scendere al piano inferiore, quello della
discoteca, un locale nei toni del nero laccato e del rosso acceso, con lampadari
di cristalli sfaccettati e luminosi di grandi dimensioni, accanto a un bar
preso d’assalto dai numerosi clienti.
Brooke e Nat poggiarono le giacche sul divano riservato ed andarono,
immediatamente, verso la pista, già gremita. La musica era favolosa e coinvolgente
e si scatenarono insieme.
'Niente male...' Thor fece l'occhiolino a Barnes, ammiccando, dopo
aver rimirato la Brown che danzava.
'Point Break...finiamola coi doppi sensi. Siamo amici, te l'ho detto
decine di volte, sei noioso' sbuffò Bucky, scocciato, chiamandolo col
soprannome affibbiatogli da Iron Man anni prima.
'Meglio ballare vicino a loro, per evitare corteggiatori troppo
insistenti; in questo genere di locali c’è di tutto ed è facile che qualcuno
che abbia alzato il gomito o che sia semplicemente troppo insistente, le
importuni' Tony segnalò la presenza di un gruppetto di ragazzi, che aveva
circondato la Romanoff e la Brown, che continuavano a dimenarsi sensuali, al
ritmo delle canzoni passate dal dj.
'Lo credo, sono splendide. Non mi preoccuperei...parliamo di Vedova
Nera che sa difendersi da sola, devi temere per l'incolumità dei poveretti!'.
Bruce minimizzo…il suo problema era non riuscire a togliere a Brooke gli occhi
di dosso.
Emanava freschezza, soavità, era lo sfolgorio della giovinezza ma
anche qualcos'altro. Non avrebbe saputo spiegarlo, si trattava di una
percezione personale che aveva avuto a pelle. E lui difficilmente sbagliava nel
giudicare il prossimo; aveva una delicatezza che lo contraddistingueva, che gli
permetteva di comprendere lo spirito e l'essenza di chi aveva di fronte.
Probabilmente, l'essere spettatore e non parte attiva nella vita
sociale, da cui si era ritratto e estraniato fino a diventare un eremita, aveva
contribuito a acuirne la sensibilità.
Tant'e'...Brooke Brown era speciale.
Inaspettatamente, gli sembrò che anche lei lo cercasse, con la coda
dell'occhio, e, caspita, nel modo in cui la femmina puntava il maschio nel
periodo dell'accoppiamento. Gli venne in mente uno strano paragone con quanto
avveniva in natura, fra gli moltissime specie animali, riflettendo che i
preliminari amorosi dei bipedi non fossero particolarmente differenti.
Posto che entrambi non erano bestie...beh...nel suo caso, la
bestialità forse non innata, si era innescata nel DNA, con le modifiche
strutturali conseguenti l'esposizione ai raggi gamma durante un esperimento non
proprio riuscito. Riuscitissimo, a dire di Stark!
Forse assomigliavano ai protagonisti de 'La bella e la bestia', una
favola dal finale felice; non era la sua storia e non lo sarebbe stata mai. Per
lui, il destino aveva in programma solitarie serate: chino sui suoi libri,
mangiando un pasto surgelato dal contenitore d’alluminio… non una donna, tanto
meno una ragazza così attraente.
Provò a allontanare un simile pensiero; era impossibile che la
creatura incantevole che gli danzava di fronte avesse il benché minimo
interesse per lui.
'Se succedesse qualcosa di strano all'adorata ed unica figlia, Robert
Brown mi ucciderebbe...e non mi salverei nemmeno con l'armatura di Iron Man,
credimi!' una grattatina al pizzetto, Tony lo destò dal suo torpore e lo
sollecitò a accompagnarlo sulla pista 'Andiamo noi due, siamo sufficientemente
adulti da spaventare i ragazzotti, e gli altri sono davvero in fase digestiva
da Maalox' mandò un'occhiata a Steve, Bucky e Thor, semi allungati sui due
divani prenotati, con un'aria al limite dell'insonnolito.
'Sono un pezzo di legno e avulso da qualsiasi ballo...' segnalò il
professore, seguendolo, comunque, nonostante le scarse capacità atletiche e fisiche,
attirato dal fluido magnetico della moretta che, accaldata e sorridente, lo
accolse, con una battuta 'Ce l'hai fatta...Sei un tipo che ama farsi pregare,
Banner? Meglio che lo sappia dall'inizio...'.
Dall'inizio di cosa? Si chiese
Bruce, scuotendo la testa e piazzandosi vicino a lei. Tony si era lanciato in
una sequenza di passi assurdi e si esibiva con Nat, che gli stava dietro e
accondiscendeva alle sue scemenze.
Certo, suo fratello scienziato aveva avuto ragione...i bellimbusti che
avevano puntato le loro due amiche si erano allontanati, di gran lena.
'Dammi la mano e segui me...ti insegno, è semplice' con tranquillità,
la Brown lo spostò verso di sé e gli mostrò come muoversi. Non si trattava
nemmeno di figure particolari, soltanto di un mero tentativo di farlo
sciogliere 'chiudi gli occhi e prova a farti trascinare dalla musica, a
sentirne le vibrazioni' gli suggerì.
Lui obbedì; cullato dalle note, dall'unione delle loro mani,
percependo nelle narici la commistione particolarmente seduttiva tra il profumo
dolciastro di sandalo e vaniglia e un accenno di sudore femminile, si rilassò,
trovando un suo ritmo.
'Bravo, così' Brooke lo spronò ancora e stavolta si scatenò sul serio,
una canzone via l'altra, fino a rimanere senza fiato.
'Devo bere, sono troppo vecchio per questa roba' le indicò il bar, per
dirigersi lì, a passo svelto 'sto morendo di sete...'.
'Pure io. Non mi sono mai divertita tanto, però...' sistemandosi i
capelli umidi, prese l’analcolico alla frutta passatole dal cameriere,
trangugiandolo, mentre si spostavano in un lato della sala più appartato,
lontano dall'attenzione dei colleghi.
Banner, in silenzio, bevve il proprio drink tutto d'un fiato,
percependo, tuttavia una strana atmosfera. La liberò dal bicchiere di vetro
vuoto per poggiarlo sul vassoio dell’inserviente che li stava ritirando,
unitamente al suo. Un leggero tremore scaturì dal contatto delle loro mani nel
frangente...sentì quelle di Brooke posarsi sulla sua vita, poco sopra la
cintura e, lentamente, risalire verso il torace, il viso a pochi centimetri dal
proprio, con gli occhi celesti fissi nei suoi.
Lo guardava, languida ed in attesa, con la bocca socchiusa, in maniera
estremamente sexy.
I polpastrelli erano arrivati al suo collo, e non le aveva ancora
detto una parola. Era teso, irrigidito e imbalsamato, la gola secca nonostante
il recente abbeveraggio. Lo aveva desiderato da tutta la sera, ed ora se la
faceva sotto, per molte ragioni diverse.
Fu l'attrazione a guidarlo, più il corpo che la mente. Istintivamente,
la prese per i fianchi per stringerla a sé, pur se non avrebbe dovuto.
L'indice della mano destra di lei, in quel preciso istante, arrivò al
proprio volto, e si poggiò all'angolo delle labbra, iniziando a percorrerne il
perimetro.
'Oh...' emise un gemito, sospirando, coi jeans che diventavano
insopportabili da tenere addosso, per la brama prorompente che gli aveva
provocato.
'Mi piaci tanto, professore...' Brooke sussurrò, catturata dalla loro
vicinanza.
‘Anche tu, sei favolosa...ma giovanissima...io...non posso' quasi
balbettò e tentò di respingerla, razionalmente, col poco autocontrollo di cui
ancora disponeva.
Lei mormorò, angelica 'Se non mi vuoi, dimmelo adesso e smettiamo' ciò
che non abbiamo nemmeno iniziato, finì la frase mentalmente, vedendolo
cedere al desiderio ed aprire le labbra, per unirle con le sue.
Morbide e delicate, si mossero sulle proprie, per qualche secondo, fin
quando lei si fece audace e insinuò, leggera, la punta della lingua nella sua
bocca, scatenando in entrambi un incendio di sensi. Avevano scoperchiato
insieme il vaso di Pandora, ed il tappo era saltato via in un lampo…non ci
avrebbe fatto più ritorno!
Si ritrovarono con le lingue aggrovigliate e il bacetto innocuo e a
stampo divenne un lunghissimo bacio appassionato, con i loro corpi avvinghiati,
vicendevolmente, in maniera viscerale, presi l'uno dal sapore altrui, quello
personale degli umori unito al gusto tropicale delle bevande consumate…un
contatto torrido e quasi soffocante.
Le braccia di lei cingevano il collo di lui, quelle maschili le
carezzavano la schiena, nell’adorabile scoperta iniziale del fisico del
partner. La bruna si sciolse in un desiderio mai provato, con un languore che
veniva dal profondo del suo essere, il professore aprì un lieve spiraglio della
porta affacciata su un paradiso pericolosamente disponibile.
Furono solo un paio di minuti, che durarono un'eternità, interrotti
dal briciolo di sale in zucca di Banner, che ritrovò anche un pizzico di
razionalità; ogni ingrediente a piccole dosi, quanto basta, come in una ricetta
culinaria da non terminare 'Brooke...non dovevamo...è sbagliato' con dolcezza,
se ne staccò, a malincuore, allontanandola da sé.
'Una cosa tanto bella non può essere sbagliata...sei uno
scienziato...non ti pare un'eccellente teoria? Aspetto le tue
confutazioni...sono sicura non ne avrai' lei commentò, senza ulteriori
insistenze, con un'espressione seria, tornando, silenziosa, verso i divanetti,
dove il gruppo si era ricostituito al completo, con Stark e la Romanoff che,
stufi di ballare, consumavano le proprie bevande, chiacchierando con gli altri.
Bruce la seguì, terribilmente in imbarazzo. Aveva la sensazione che
chiunque lo avesse guardato in faccia, avrebbe capito l'accaduto, soprattutto i
suoi amici. Sedette accanto a Thor, confuso, toccandosi le labbra; erano
arroventate, come le sue guance. In petto, lo strazio di aver dovuto respingere
Brooke.
Quest'ultima scambiò qualche battuta con Bucky e Steve, finché la
Vedova espresse l'intenzione di tornare a casa, riprendendo il chiodo di pelle
'Bei ragazzi, ho un'età e già so che dovrò passarmi più volte il copriocchiaie,
domani...sto diventando decrepita!'.
L'asgardiano e Tony le proposero di condividere un taxi, dirigendosi
verso l'uscita e la russa acconsentì di buon grado.
Al momento di accomiatarsi, coi tre che salutavano, muovendo le mani
dal finestrino abbassato dell'auto gialla, Barnes e Rogers dettero per scontato
che il professore avrebbe riaccompagnato la Brown, come all’andata, indossando
i caschi e salendo in moto 'Buonanotte!' bofonchiò il Capitano, sovrapponendosi
alla voce di James 'Ti chiamo domani, Brooke! Ciao, Banner!' in men che non si
dica, volarono via, con una sgommata.
Bruce fissò le punte delle scarpe da ginnastica, muto.
'Ti tocca, mi spiace...' la bruna bisbigliò, dispiaciuta del suo
rifiuto. Era un uomo meraviglioso, sapeva di essere, non aveva bisogno di
apparire e questo lo rendeva irresistibile ai suoi occhi.
'A me no...' gli uscì spontaneo 'mettiti la giacca, fa freddo'. Prese
l'indumento che lei teneva ripiegato sul braccio e lo aprì, affinché lo
indossasse, galante.
'Grazie' la ragazza girò il volto indietro, incrociandone gli occhi
scuri, in preda alla forte emozione della sua prossimità.
'Andiamo' Banner indicò il parcheggio dove aveva lasciato il
Maggiolino, camminandole di fianco.
Le loro mani, dopo un primo sfioramento iniziale, si unirono, come per
magia, inevitabilmente.
'Ho letto su una rivista che gli spazi tra le dita delle mani di
ciascuno di noi sono stati creati per essere riempiti da quelle di un'altra
persona…con una soltanto combaciano perfettamente' commentò Brooke, con uno
sguardo intenso 'adesso ho compreso il reale significato di quelle parole, fra
le nostre non ci sono spazi…'.
'Brooke...' decine di concetti gli volteggiavano nel cervello a
velocità folle, come in frullatore. Si zittì, preso dal momento tenero e
romantico.
All'auto si separarono, per sedersi ai rispettivi posti. La bruna, non
appena lui mise in moto ed uscì dalla rimessa, accelerando e passando in
seconda marcia, poggiò la sinistra sulla sua destra, che stringeva il cambio,
con una richiesta esplicita 'Vai piano, per favore, così il tragitto durerà più
a lungo'.
Il professore obbedì, spostandosi nella corsia laterale e tenendo una
velocità moderata. Il tempo, tutto a un tratto, era diventato il bene più
prezioso che possedeva.
Terminato un viaggio fatto di silenzi che parlano, di occhiate più che
espressive e di falangi saldate, giunsero davanti al portone del palazzo di
Park Avenue.
L'uomo si fermò sulla carreggiata opposta; aveva meditato a lungo su
cosa dirle, senza cavare un ragno dal buco, oscillando fra la speranza di
strapparle un appuntamento per rivederla e la certezza di doverla salutare in
via definitiva, data l'impossibilità oggettiva di una loro frequentazione.
'Bruce...' lo interruppe nelle farneticazioni mentali, sbattendo le
lunghe ciglia e rivolgendoglisi, con amabilità infinita 'conosci la storia del
primo bacio?'.
'Ehm, no. Tu sì. Immagino che fra due minuti la saprò' fece una
battutina, nervoso. Dove voleva arrivare?
'Pare che il primo bacio sia splendido...il secondo...migliore!'
spostò il capo verso di lui, che non si trattenne. Le prese il viso fra le
mani, incantato dagli occhioni cerulei, leccandole le labbra, che si
incollarono alle sue, in un valzer di lingue ed umori, dolce come il miele.
La sentì fremere e vibrare al loro contatto, che cercò maggiormente
cingendolo con le braccia, come la volta precedente, l'unica, con la destra
affondata nei riccioli sale e pepe, i morbidi boccioli che gli premevano sulla
t-shirt, come una piacevole tortura che gli stava infliggendo.
Senza respiro, affannato, la liberò dal suo avvinghio, e lei scese dal
Maggiolino, con un sorriso splendente, incredibile...gli parve la perfezione
assoluta...lo impresse nella memoria, per non scordarlo, per portarlo con sé,
certo che le ore appena trascorse fossero state un episodio isolato, che tale
sarebbe rimasto. Un pezzetto di favola, forse mezza pagina.
Brooke lo stupì, di nuovo. Non gli fece promesse, non gli lasciò il
suo numero di telefono. Prima di chiudersi lo sportello alle spalle, mormorò,
semplicemente 'Non sono mai stata tanto bene con qualcuno. Grazie, Bruce!'.
Impedendogli di replicare, andò verso il portone, senza voltarsi
indietro.
'Anche io' Banner rispose ad alta voce dall'abitacolo, dove era
rimasto solo, seguendo la figura femminile con la giacca rosa, che spariva,
nella notte newyorkese.
Se avesse alzato lo sguardo verso l'alto, avrebbe notato Sheila Brown,
in vestaglia, affacciata alla terrazza del suo lussuoso attico: aspettava il
ritorno della figlia e assistette all’inverosimile scenetta, con gli occhi
sgranati.
***
N.d.a.
Spesso l’ispirazione di una storia è nata dal desiderio di
approfondire una sfaccettatura dell’amore, sfruttando la mia passione per gli
Avengers, che li ha visti poi protagonisti dei racconti: il sentimento per
qualcuno già impegnato (The Hawk), la passione alla stato puro (Avenger’s sex
tape), un’amicizia legata all’intimità che si trasforma in altro (Stella
d’argento), e via così.
‘Little Witch & Hulk’ racconta di un legame fra persone con una
grande differenza d’età, un amore comunque intenso, senza confini anagrafici;
il protagonista maschile è Mark Ruffalo, nelle vesti di Bruce Banner-Hulk.
E’ stata una sfida ulteriore, poiché è la prima volta che mi sono
ritrovata a scrivere di un personaggio che mi piace e che conosco, per cui
tuttavia non nutrivo particolare passione. Nutrivo…Infatti, nel corso delle pagine,
me ne sono invaghita, grazie al nodo amoroso instauratosi, per magia, fra il
professore schivo, educato e tenero e la dolce Brooke. Il loro rapporto mi ha
molto toccato, come mai.
Segnalo che, cronologicamente, l’ambientazione della storia è tre anni
post sconfitta di Thanos, che i Vendicatori sono sopravvissuti al Titano Viola
al gran completo e che i genitori di Brooke, Robert e Sheila Brown hanno, nella
mia testa, il viso, rispettivamente, degli attori Patrick Dempsey e Michelle
Pfeiffer.