‘Grazie del passaggio, Happy!’ Brooke salutò il fedele autista e
assistente personale di Stark, ferma sul portellone aperto del piccolo e
sofisticato aereo che l’uomo aveva fatto atterrare.
‘Di niente, signorina Brown. Sergente Barnes, buonasera…e si ricordi
che Tony vuole che la riporti sana e salva’ laconico, Hogan - di stazza
notevole, il viso rotondo e simpatico, vestito con un elegante e formale abito
scuro - fece calare la scaletta del velivolo, uno sguardo corrucciato al
braccio bionico ed al mitragliatore di James, con cui non correva buon sangue.
Era sempre l’assassino dei genitori del suo datore di lavoro, ancorché, in un
tempo passato, inconsapevole e burattino nelle altrui mani!
‘Oggi non è il giorno per morire!’ Bucky, scaramantico e spavaldo -
indosso l’uniforme da combattimento sagomata, blu nella parte superiore del
corpo, nei pantaloni con le tasche - scese per primo, sulla terrazza di un
palazzo in pieno centro di Lagos, la città africana in cui Stark, il direttore
delle operazioni degli Avengers, novello Fury, li aveva spediti, in appoggio a
questi ultimi.
Iron Man aveva titubato fino all’ultimo; la missione era molto
pericolosa e una mano avrebbe fatto comodo…anzi due, nel caso di Brooke. Contro
un nemico forte e parzialmente conosciuto, più si era e meglio era, ovviamente.
Aveva, tuttavia, dubitato sulle capacità della ragazza, per la quale auspicava
un battesimo del fuoco meno complesso. Alla fine si era convinto, spronato da
Barnes, che aveva garantito per lei.
‘Seguimi’ James le aveva indicato una porta che conduceva alle scale
di sicurezza della struttura, che avevano percorso in fretta ‘io e te saremo di
copertura ai colleghi. Li affianchiamo, e li proteggiamo in caso di bisogno.
Come soggetti passivi. E non attacchiamo. Ti è chiaro?’.
‘Bucky, lo hai ripetuto cento volte. Sì, ti giuro che ho capito e…non
sono nervosa’ un paio di leggins ed un dolcevita neri, stivaletti tipo anfibi,
gli si era messa alle calcagna.
Si erano ritrovati in strada, in quello che pareva un bazar a cielo
aperto, una bancarella dopo l’altra, zeppo di clienti che facevano la spesa al
mercato, in una confusione incredibile di aromi e di suoni. Uno su tutti,
un’esplosione da ovest. Si girarono, il tempo di scorgere il Capitano Rogers -
in tuta azzurra attillata, all’altezza del petto una stella grigia chiara -
che, perso lo scudo, veniva giù da un tetto, inseguito da un uomo che indossava
un’armatura metallica particolare.
Dall’altro lato della piazza in cui si trovavano, altre grida
indirizzarono la loro visione ad un inseguimento che vedeva protagonisti la
Romanoff, Thor e…Brooke aggrottò le sopracciglia…un essere dalle sembianze
umane, alto almeno il doppio di una persona normale, coperto dalla vita alle
ginocchia di ciò che rimaneva di un paio di jeans, la pelle di uno strano verde
brillante…Bruce Banner, trasformato nella creatura che aveva preso il nome di
Hulk, minacciosa, sconvolgente…e…bellissima. Il fascino di una diversità
spiccata la ammaliò...il suo cuore perse un battito!
‘Dormi? E’ soltanto Banner…non ti farà nulla…andiamo’ James,
interpretando erroneamente i suoi ragionamenti, le dette un colpetto sul
braccio con l’impugnatura del mitragliatore, per spronarla a correre dietro di
sé.
Si precipitò, con lui, in scia ai tre, in tanto che Natasha, raggiunto
il ragazzo di colore che puntava, iniziò una colluttazione difficoltosa, in
mezzo ai passanti, che la fissavano, incuriositi e spaventati.
Arrivati limitrofi alla scena, si fermarono.
Thor, mantello rosso e corazza scura, Mjollnr alla mano, notò la loro
presenza ‘Che diavolo ci fate qui? Soprattutto lei! Come ti è passato per la
testa di portarti dietro la tua ragazza, Barnes?’.
‘E’ un ordine di Tony. Non è la mia ragazza, è una…collega’ ribatté,
sgarbato.
L’asgardiano scosse il capo: Brooke non era nemmeno armata, sai che
aiuto! Poi si concentrò sul lavoro ‘Abbiamo lasciato il tipo alla Vedova,
l’oggetto da recuperare è piuttosto delicato e io e il mio socio siamo due
caterpillar’ con un movimento della spalla, indicò Hulk, dieci passi dietro di
sé, rimasto a bocca aperta alla visione della Brown.
Pur se trasformatosi, era in grado di utilizzare perfettamente la
propria coscienza.
Erano passate due settimane, dalla serata in discoteca, e non si erano
più incontrati. Aveva pensato continuamente a quanto accaduto fra loro, ai baci
che si erano scambiati, all’emozione del loro contatto. Era spaccato a metà; la
parte razionale di sé gli aveva impedito di chiedere a Tony e a Bucky il suo numero
di telefono, o di piazzarsi sotto casa sua, con la speranza di vederla uscire
per caso, o magari di mandarle dei fiori.
La parte romantica e sognatrice si sarebbe buttata, avrebbe tentato di
rintracciarla per comprendere se esistesse la possibilità di prendere un caffè
insieme, come all’inizio di un regolare corteggiamento. Riflettendo che il
corteggiatore aveva il doppio degli anni della corteggiata e l’età di suo
padre, aveva desistito da qualsiasi ulteriore approccio, vergognandosi, a tal
punto da non averne accennato neanche a Stark, suo confidente e amico più caro.
Lei lo stupì ancora, salutandolo, come nulla fosse 'Ciao, Bruce'.
La creatura si limitò a alzare la mano, contraccambiando,
concentrandosi sui movimenti di Nat, impegnata a sferrare colpi al suo
avversario e, nel contempo, a tentare di preservare l'integrità della fiala che
quello teneva stretta nella destra.
'E' ciò che penso?' chiese James, allarmato.
'Sì' a mezza bocca, il biondo confermò 'l'arma batteriologica che
hanno rubato...con una goccia, saremmo tutti fuori gioco...e non solo noi'.
'E non sarebbe una goccia...' l'altro borbottò.
In un attimo, si ritrovarono spiazzati e nel panico. All'ultima botta
che la Romanoff aveva dato al ragazzo di colore, il contenitore di vetro era volato
verso l'alto, in mezzo alle loro due teste.
Il malvivente aveva placcato la Vedova a terra, avvinghiandola in una
danza di guerra.
Agghiacciato, Hulk fissò la fiala che stava per infrangersi al suolo,
come al rallentatore.
'Brooke...ora!' Bucky strillò all'indirizzo della Brown, che, con la
coda dell'occhio, Bruce aveva osservato muovere le dita delle mani davanti a
sé, le iridi azzurre che avevano acquistato una strana sfumatura tendente al
lilla chiaro, quasi sul rosato.
Una piccola sfera dello stesso colore le si materializzò fra l'indice
ed pollice e, velocissima, volò verso la provetta, avvolgendola, e tornando
indietro verso la bruna, che l’agguantò, facendo scomparire la nuvoletta
purpurea.
Immediatamente, consegnò la fiala a Bucky, che la ripose nella tasca
interna della sua tuta da combattimento, sul petto, sotto lo sguardo attonito
dei presenti.
Natasha approfittò del momento di distrazione, per sferrare un calcio
volante agli attributi dell'avversario che, senza fiato, cadde a terra, il tempo
per essere colpito in testa da Thor, col martello.
'Molto ben fatto!' si complimentò Barnes, intanto che Banner ragionava
sul gesto della ragazza affascinante sulla cui bocca era quasi stecchito.
Era stata la nuance della palla di energia da lei creata che lo aveva
incuriosito, la stessa del medicinale che le aveva visto ingurgitare durante la
cena consumata assieme. La scarsa loquacità di Bucky, di Stark e della diretta
interessata sulla loro conoscenza, e più del resto, lo sguardo di Robert Brown,
ne avevano stimolato la deduzione da scienziato: una mezza idea dell'origine
del suo potere l'aveva. Quanto potesse essere immenso...no.
Bloccato sulle proprie riflessioni, alzò gli occhi su Brooke. Era
intimidita e spaventata, al centro di un'attenzione non voluta, e perdeva
sangue dal naso e da un orecchio.
Con un grugnito, Hulk indicò le gocce rosso scuro che le solcavano il
volto pallido, preoccupato.
Lei minimizzò 'Non è nulla, un effetto collaterale dell’uso del
colpo!'.
'Muoversi, supporto al Capitano' l'asgardiano segnalò la colluttazione
che vedeva coinvolto Steve e l'uomo mascherato. Più tardi, avrebbe indagato
sulle capacità della ragazzina, era allergico alle sorprese inaspettate.
'Chi diavolo è?' chiese la Brown, avvicinandosi con gli altri e
riferendosi al nemico.
'E' Brock Rumlow; era un agente dello S.H.I.E.L.D., a suo tempo,
faceva parte di una squadra chiamata Team STRIKE. Si è scoperto che fosse una
talpa dell'Hydra. E' rimasto gravemente ferito, ma è sopravvissuto, dopo gli scontri
al Triskelion di Washington. I nostri informatori ci hanno comunicato che fosse
qui, col suo gruppo, per rubare l'arma biologica che dobbiamo recuperare; ne
avevamo perso le tracce da più di dieci anni' spiegò Bucky.
'Si fa chiamare Cross Bones' aggiunse Thor; l'appellativo era
azzeccato, stante l'armatura con un pettorale molto pronunciato su cui spiccava
una x formata da due ossa incrociate, un elmetto inquietante con soli due fori
per gli occhi, un mitragliatore nella destra e una sorta di sega elettrica
piccola e sofisticata nella sinistra. Era chiaramente dotato di una potenza
fisica fuori dal comune, giacché teneva testa a Rogers, in estrema difficoltà.
'Ti sei sforzata a sufficienza, rimani qui, nelle retrovie' Barnes
ammonì la bruna, spostandosi, più limitrofo al fedele amico, sentendola
annuire.
Il problema della gestione del conflitto era esclusivamente uno: lo
zaino che Cross Bones si portava dietro, e che conteneva un quantitativo di
siero instabile e più che pericoloso, maggiore della fiala del liquido letale
che avevano già ripreso.
Il Capitano - sul cui torace Rumlow cercava di poggiare la sega in
funzione - con un colpo da maestro, lo disarmò, e, con un altro, fece volar via
l'elmo metallico, scoprendogli il viso massacrato da profonde ustioni malamente
cicatrizzate.
L'ex agente spostò lo zaino che aveva sulle spalle davanti a sé,
aprendolo e mostrandone il contenuto: oltre alla decina di provette che si
aspettavano, un ordigno di piccole dimensioni. Minacciò, spavaldo, innescando
il detonatore 'Andrò all'inferno, ma certo non da solo, Rogers!'.
Si girò, rimirando con un sorrisetto compiaciuto prima i numerosi
clienti del mercato, più distanti, poi gli altri Avengers che lo avevano
circondato e che nulla avrebbero potuto per fermare la detonazione in un
intervallo di tempo tanto breve...il mostro verde in testa, che era anche il
più vicino.
Banner si sentì inutile, nella circostanza specifica; la furia in sé
proprio non aiutava...sarebbe servito un miracolo. Maledisse di non poterlo
mettere in pratica, chiedendosi se esistesse un modo per preservare la salute
degli astanti e di coloro che, per decine di miglia quadrate, sarebbero rimasti
intossicati dalla tossina mortale portata dal vento.
Dovette ammettere con se stesso che gli interessasse dell'incolumità
di una persona più delle altre: la tenera Brooke, ancora nel fiore degli anni.
Fu fortunato che lei avesse la sua medesima priorità. Si era fatta
strada fra i neo-colleghi, non appena aveva intuito le intenzioni di Rumlow, il
corpo gigante di Hulk negli occhi, a un metro dallo zaino.
Dimentica dell'avvertimento di James, tentò di ritrovare il vigore
perduto nella creazione del precedente campo di forza. Gli occhi cangianti del
solito rosato, il sangue che gocciolava dal naso, mosse le dita, generando una
palla di energia molto più grande, che abbracciò completamente l'uomo, lo
sollevò in aria e lo trasportò in alto nel cielo, sopra le loro teste, appena
in tempo perché udissero il boato dell'esplosione attutita e vedessero il
fisico del nemico disintegrato in minuscole particelle, che furono
letteralmente assorbite dalla sostanza rosa di cui la sfera era formata,
insieme al siero letale polverizzato ed inattivo.
La Brown si sentì mancare, accasciandosi verso il suolo, che non
toccò, sorretta dalle braccia di Banner, che l'agguantò come una piuma,
precipitandosi con lei, e gli altri al seguito, nella zona più isolata dove
erano atterrati col Quinjet, per accertarsi delle sue condizioni. Era stretta
fra i suoi enormi bicipiti verdi e per nulla spaventata, anzi, rassicurata.
'Mettila giù, Bruce, ce ne occupiamo noi!' lo esortò Steve,
inginocchiandosi, immediatamente, accanto alla ragazza, debole ma cosciente.
'Maledizione, Brown, ti avevo detto di rimanere in disparte, cos’è che
non hai afferrato delle mie parole?' Bucky, in pena, la rimproverò, alle spalle
un evidente e significativo grugnito di Hulk.
Li aveva salvati, loro e molte altre vite, non era il momento per gli
ammonimenti.
'Ne parleremo più tardi, te la senti di tornare a casa?' domandò
Barnes, porgendole la mano per aiutarla a mettersi in piedi.
Lei annuì, vedendo Banner in preda a uno strano sussulto, che si
scansava dal gruppo. Fece cenno a James di aspettare: voleva osservarne la
trasformazione, avendo compreso che stesse per riprendere le sembianze umane.
Fra molti spasimi e gesti inconsulti, sbattendo il corpo, che man mano
diventava più piccolo, da una parte all'altra, il colorito che da verde sfumava
verso il candido, il professore riemerse dall'oblio. Steso sul terreno a pancia
in sotto, ansimante e sudato, i vestiti slabbrati indosso, faceva anche lui
fatica a risollevarsi.
I colleghi, avvezzi alla scena a cui avevano assistito molte volte,
non si scomposero; Natasha gli portò una coperta termica, recuperata nella
stiva del velivolo, e, aiutatolo a rialzarsi, gliela poggiò sulle spalle.
Banner ci si avvolse completamente, colto da un forte attacco di
brividi che non pareva interrompersi, e si resse, con difficoltà, al corrimano
della scaletta dell’aereo, salendo i gradini, con estrema lentezza, davanti a
sé la sagoma di Brooke che andava su prima di lui; si era voltata, spesso,
impensierita per il suo stato, carinamente, ma era a tal punto provato da non
poter abbozzare nemmeno un sorriso.
Si accomodò sul pavimento della parte posteriore del Quinjet, come
d’abitudine in quei frangenti, forte della riservatezza del team, che lo
lasciava sbollire per conto proprio. Allungato, si posizionò di fianco, il
tempo per vedere la Brown metterglisi accanto, in mano un paio di asciugamani
di spugna bianca. Con uno si tamponava l’epistassi dal naso, con l’altro gli
asciugava il sudore di cui era impregnato.
‘Lascia stare’ le bisbigliò, senza voce.
Lei sembrò non sentirlo e continuò, dedicandosi al suo petto colmo di
goccioline dorate, un torace ben definito e ricoperto di una folta peluria
scura, molto maschile. A Brooke parve una connotazione particolarmente erotica.
Tentò di non mostrare il proprio turbamento ‘Come ti senti?’.
‘Come sempre…tu?’.
‘Stanca…sto benino, nel complesso’ segnalò, laconica, in attesa delle
sue domande.
L’uomo fu tanto sensibile da non porle. Non era il tipo. Stante
l’astenia e la crisi post trasformazione, riuscì a concentrarsi ‘Ricordami la
storia degli spazi tra le dita delle mani…’ sussurrò, prendendole la destra e la
unì alla propria sinistra, intuendo ciò di cui avesse necessità in
quell’attimo…tenerezza, affetto e senso di normalità.
Grata, Brooke abbozzò un sorriso, posando le lavette a terra.
‘Chi sei? Cosa sei?’ Thor, in piedi sopra di loro, la squadrava, in
cerca di risposte concrete ‘Una dea? Vieni da uno dei Nove Regni che non sia
Midgard?’. Il tono usato non era affatto cordiale, bensì scocciato,
inquisitorio.
‘Principe, stai esagerando’ intervenne Barnes, seduto dietro a Rogers,
che, alzando il tono della discussione, preoccupato, prese, anzi, le parti
dell’asgardiano ‘Buck, Point Break non ha torto; l’hai portata fra noi, senza
avvertirci né raccontarci la verità, come niente fosse, prima alla cena e poi
oggi. Non mi piacciono i sotterfugi, soprattutto nel nostro lavoro’.
'Meritiamo una spiegazione!' la Romanoff li esortò a parlare.
Udirono la voce di Tony, in collegamento da New York, e videro il suo
volto proiettato sul vetro del muso del jet, in trasparenza, per non creare
problemi ai due piloti, il Capitano e Vedova Nera 'Ragazzi, scusate, è stata
colpa mia' sospirò 'avevo chiesto a Bucky e a Brooke di non raccontarvi nulla,
e organizzato la serata al Lavo restaurant & underground club per
farvela incontrare, con un basso profilo. Volevo aspettare ancora un po' per
farla combattere insieme a voi; ho pensato che oggi avrebbe potuto farvi comodo
e Barnes mi ha convinto che potesse affiancarvi'.
La Brown guardava Bruce, in attesa della verità. Sarebbe stato opportuno
che lei stessa avesse fornito le spiegazioni richieste. Non si era mai
vergognata di ciò che era e non avrebbe iniziato ora.
Fissò gli occhi scuri ed attenti del professore e rassicurata dal
sinolo delle loro mani, iniziò, mettendosi a sedere 'Alla nascita, mi è stata
diagnosticata la distrofia muscolare, una patologia degenerativa. Ogni paziente
è a sé; c'è chi ha un'esistenza quasi normale, con lievi tremori o blandi
problemi ai tessuti. Per altri, purtroppo, il corpo è compromesso, già in
giovane età.
Significa sedia a rotelle, respirazione artificiale, alimentazione
assistita e zero autonomia. Io ero così. A dieci anni ebbi un peggioramento
significativo: vivevo attaccata a un polmone artificiale. Ero una specie di
vegetale, con una coscienza; è la cosa più brutta che possa capitare a un
essere umano, avere un cervello attivo in un fisico morto, che non si controlla
più.
I miei genitori non si riuscivano a darsi pace, cure non esistevano.
Mio padre, che è biologo, aveva da tempo iniziato dei propri studi sul male che
mi aveva colpito. E ci è riuscito. Ha individuato i meccanismi neuronali che
interagiscono col gene incriminato ed imperfetto, la cui modifica, in fase
embrionale, provoca la malattia'. Riprese fiato, con gli Avengers che avevano
drizzato le orecchie.
Stark aveva soprasseduto a narrare in prima persona, lasciando la
scena alla ragazza. ‘Continua' Bruce la tranquillizzò, il racconto lo aveva
assai turbato.
L'immagine di Brooke bambina in quel letto di morte e sofferenza era
straziante. Doveva e voleva ascoltare il resto.
'Creò un principio attivo che ricostruiva la parte assente alla base
del deficit neuronale, in casa, nel piccolo laboratorio che aveva messo su
nella nostra sala hobby. Non si trattava di contattare case farmaceutiche per arricchirsi
o avere velleità di premi prestigiosi. Il suo scopo era curare me. Mi
somministrò il principio sintetizzato e, in poco tempo, mi ripresi. Già dal
giorno successivo alla prima dose potevo respirare da sola, parlare...non
potete sapere cosa significò per me.
Non mi alzavo dal letto da dieci mesi...ritornai a camminare ed il
resto, senza effetti collaterali apparenti. In previsione di rimettermi
completamente, mi aspettavano dei semplici trattamenti di fisioterapia.
Ricominciai a vivere. Era stato un miracolo e io e mia madre insistemmo con
papà, affinché il prodotto da lui concepito fosse disponibile per tutti i
malati nelle mie condizioni...'. Si bloccò, deglutendo.
Tony l’aiutò 'Qui entrai in scena io. Robert Brown non è mai stato
avido né cercava l’agiatezza. Ma la fortuna e la caparbietà lo avevano portato
sulla giusta strada, permettendogli di dare una speranza concreta a migliaia di
persone. Venne da me, con il suo lavoro ed il suo principio attivo.
Non aveva voluto interpellare altri imprenditori, si era rivolto alle
Industrie Stark, sapendo che sono un filantropo. Era disponibile a farmi
produrre il farmaco su larga scala, a una condizione: che il suo prezzo fosse
abbordabile, si tratta di una compressa che va presa per la vita, come l'insulina
per un diabetico. Acconsentii, ovviamente.
Seguimmo la via ordinaria prevista dalla Food and Drug
Administration, l'Agenzia americana per i farmaci; iniziammo i cosiddetti trial,
le sperimentazioni in vitro e in vivo sugli animali, fino a giungere a quelle
sugli esseri umani. Avemmo un successo via l'altro, e la pillola rosa fu messa
in produzione…accadde tre anni dopo il giorno in cui Brown si presentò alla mia
porta… solo che...' Stark aveva udito un gemito di Brooke, che intravedeva
seduta…e, diavolo, mano nella mano con Bruce! Come due novelli fidanzati!
La fidanzatina prese un respiro profondo 'Abitavo ancora a Chicago con
la mia famiglia. Avevo appena compiuto quindici anni e da quattro, ogni giorno,
prendevo la mia dose di farmaco; inizialmente le prime pastiglie, sintetizzate
da mio padre, poi quelle prodotte su larga scala.
Durante una passeggiata in mountain bike, sul Lago Michigan - più
precisamente a ridosso dell’Indiana Dunes National Lakeshore, dov’ero in
vacanza con mia mamma - incrociai un'altra ragazza, sul sentiero che stavo
percorrendo. Avevo la precedenza e non volle darmi strada, così iniziammo a
discutere. Trascorso qualche minuto, in preda a una rabbia pazzesca, sentii un
formicolio alla base del cranio' si toccò il collo, sotto i capelli 'le mie
dita si mossero, con i polpastrelli tesi verso la ragazza.
Fu come se un calore dall'interno del mio corpo volesse...uscirne. Non
potei trattenerlo e probabilmente non volli... produssi una piccola sfera
colorata di rosa e la indirizzai contro l'altra… la colpì, sbalzandola dalla
bicicletta. Mia madre, che era con me, mi disse che i miei occhi avevano
assunto la medesima colorazione della sfera...' la voce di Brooke era diventata
un soffio, per l'emozione del ricordo di un evento tanto sconvolgente.
'La stessa della medicina creata da Robert...' evinse Bruce.
Stark confermò le supposizioni di quest'ultimo. 'Esatto, fratello
scienziato! Fortunatamente, la ragazza non si era fatta nulla, il colpo era
stato leggero...Sheila avvertì me e suo marito e ci precipitammo entrambi. Misi
a tacere possibili pettegolezzi sull'accaduto, con un congruo risarcimento, e
subito io e il dottor Brown iniziammo a tentare di capire cosa fosse andato
storto, perché il prodotto era stato distribuito in ogni farmacia del pianeta.
Per di più, la stessa mattina della prima manifestazione dei poteri di Brooke
ci avevano avvisato da Stoccolma che Robert aveva vinto il premio Nobel per la
medicina'.
'Mi hanno sottoposto a centinaia di test...migliaia...' la bruna
bisbigliò, con la mano di Bruce stretta alla morte alla propria 'ed è emerso
che le mie connessioni neuronali, a seguito dell'esposizione al farmaco su un
lungo periodo, avessero prodotto un aumento delle funzioni metaboliche e
cerebrali, in maniera tanto anomala da permettermi di generare campi di forza,
incendi e esplosioni’.
‘Li chiamiamo colpi d’incanto…' Stark si intromise, di nuovo ‘quando
Brooke scoprì la sua peculiarità era assai giovane; durante l’adolescenza, i
poteri erano instabili, complici gli eccessi emotivi, che la condizionavano,
negativamente. I suoi genitori si trasferirono a New York, con la speranza che,
in breve, avremmo trovato una soluzione al problema, nel frattempo tentando di
esporla il meno possibile alla socialità, per evitare incidenti a sé e agli
altri.
Robert Brown, nonostante avesse firmato per una percentuale bassissima
dei diritti sulla vendita del medicale, è diventato uno degli uomini più ricchi
del mondo e ha la possibilità economica di realizzare ciò che
desidera…ehm…segregazione compresa!’.
‘Eufemisticamente, mi hanno recluso in casa; un appartamento splendido
a Park Avenue, una gabbia dorata per l’animale che non sapevano gestire e di
cui avevano paura!’ la bruna mormorò, con amarezza.
Il professore, finalmente ripresosi dalla trasformazione, annuì,
comprensivo; aveva vissuto la medesima condizione, e lui era certamente una
belva!
‘Non dire così! Volevamo proteggerti…’ il miliardario si rammaricò
delle parole udite ‘le abbiamo tentate tutte, addirittura provare a non
somministrarle il farmaco, ma già al secondo giorno, la muscolatura era
scompensata e non riusciva a muoversi. La scelta era tornare a essere un
vegetale, andando incontro a morte certa, rinunciando alla compressa
quotidiana, o convivere col proprio potere. Un potere unico, dacché, per
fortuna, è l’unica paziente che abbia avuto in regalo i colpi d’incanto’.
La Brown sperò di non averlo ferito ‘Scusa, Tony. In fondo, senza la
tua ingerenza, non mi sarei potuta allenare con Barnes e non sarei qui, ma
ancora rinchiusa nella torre dorata’.
‘Cosa c’entra Bucky?’ chiese Rogers.
‘Il nostro capo ha proposto a Brooke di coadiuvarci, nelle operazioni
di lavoro; poi ha dovuto convincere i suoi genitori, contrari all’idea, che
fosse cosa buona e giusta. Il progetto era che mi mostrasse i poteri, per
riuscire a gestirli in battaglia. Ci siamo esercitati insieme, l’ho aiutata
nella comprensione di tattica, disciplina e combattimento. Oggi, però, sei
stata una delusione…’. James la squadrò, a mo’ di rimproverò, voltandosi.
La ragazza non proferì parola e Barnes proseguì ‘Ci hai salvato, noi e
molte altre persone, ma ti avevo dato un preciso ordine, perché ancora non
riesci a dosare le tue potenzialità nel modo giusto per evitare momenti di
crisi o, peggio, di lasciarci le penne. Sei un’arma preziosa, e perderti era un
rischio più grande che la morte dei nigeriani. Devi capire che è necessario
fare delle scelte, e che, a volte, non spettano a te!’.
‘Signori miei, state per atterrare! Ci vediamo fra pochi minuti…ah,
tesoro, ci sono i tuoi vecchi…’ Tony lo disse, ironico, intanto che Rogers e
Romanoff si preparavano alla manovra di discesa, silenziosi come gli altri
occupanti del velivolo che rimuginavano sulla triste storia appena ascoltata.
‘Dovrò prepararmi psicologicamente alla lavata di testa!’ Brooke
ridacchiò, tenendosi alla paratia alle sue spalle, per non essere troppo
sollecitata dalle vibrazioni del Quinjet, facendo un tenero buffetto sul mento
di Bruce che la osservava, sconsolato ‘Che c’è?’ lo interpellò, temendo la sua
risposta.
‘Sono un individuo in lotta con due parti di me stesso, in bilico
perenne fra l’oscurità e la luce; Brooke, qualsiasi cosa faccia nella mia vita
è filtrato dai miei problemi di controllo. Ti capisco più di chiunque altro,
non c’è bisogno che tu finga di stare bene, con me’ era serio, negli occhi due
pozze di tensione.
‘Sto bene, invece, perché ci sei tu…’ lei lo confessò, un battito di
ciglia come ali di farfalla ‘mi stai guardando come un uomo guarda una donna,
non mi vedi mostruosa o strana, ed è ciò di cui ho bisogno. E non perché hai un
alter ego verde che si chiama Hulk…sei così e…siamo attratti l’uno dall’altra,
ci assomigliamo…immensamente. Scendiamo, su!’.
Banner fu travolto dalla sua dolcezza e dallo scompiglio interiore che
le sue frasi avevano causato nella sua mente…nella sua anima, si ritrovò a
pensare, affrontando, uno per volta, i gradini della scaletta dell’aereo. Era
la sintesi della verità, e nero su bianco…della loro verità, per lo meno.
Sgradita e incomprensibile agli occhi dei coniugi Brown che, severi e
angosciati, li aspettavano all'interno dell'hangar della base.
'Brooke, tesoro mio, come stai?' Sheila, elegante in pantaloni neri a
sigaretta e maglioncino di cachemire beige, si precipitò da sua figlia col
cuore in pena, cogliendone la spossatezza.
'Mamma, ciao... bene. Sono soltanto stanca' minimizzò, con gli
Avengers che sfilavano in silenzio, mettendosi di lato; riservati ed avendo
capito l’antifona, preferirono evitare di impicciarsi degli affari altrui.
'Tony, ti avevamo detto che era troppo presto. Non è pronta e forse
non lo sarà mai...' Robert, in abito scuro, era da sempre contrario
all'inserimento della bruna nei Vendicatori e rincarò la dose.
'È già pronta, ha bisogno di essere un po' indirizzata...' Bruce,
accanto, lo enunciò a voce alta, ricevendo uno sguardo di ringraziamento
dall'interessata.
'Banner, non si intrometta! Vi ho visti, sotto casa mia...dubito della
sua imparzialità' inviperita, Sheila fulminò il professore, il cui viso diventò
dell'intera gamma dei colori dell'arcobaleno.
Fu lì che Stark ricevette una folgorazione. Glissando sul commento
della donna, su cui avrebbe indagato a tempo debito, intravide proprio nel
fratello scienziato la risoluzione al problema 'Ho deciso che sarà Bruce ad
affiancare Brooke, al posto di Bucky. Avrei dovuto pensarci prima, hanno
parecchio in comune, la gestione della loro interiorità. Anni fa, dissi a
Banner che l’esposizione ai raggi gamma avrebbe dovuto ucciderlo e che ciò non
avvenne perché Hulk stesso lo aveva salvato, così come il principio scoperto da
Robert ha permesso a Brooke di sopravvivere, regalandole un potere che non è
soltanto una disgrazia’.
Nell’aviorimessa silenziosa, continuò ‘Non si accettano rifiuti da
nessuno di voi, è un progetto troppo importante, non si tratta affatto di un
capriccio' alzò la mano in faccia ai Brown, che iniziavano a opporsi e
strepitare 'il mio team deve andare a fare una doccia e riposare, l'operazione
odierna è stata particolarmente faticosa.
Ci vedremo domani, per parlarne con calma. Vi messaggerò i dettagli.
Buona serata a tutti'. Tony, parlato a raffica, si volatilizzò più velocemente
che con l'armatura di Iron Man, per sviare scontri e musi lunghi.
'Arrivederci' il Capitano si mosse verso lo spogliatoio, con i
colleghi affilati che salutarono la giovane.
Il professore aveva indugiato, incerto, sentendosi ridicolo, ed
impresentabile; era scalzo, coi jeans ridotti a uno straccio ed avvolto nella
coperta termica.
Fu la bruna a dimostrarsi più matura e sciolta. Serena e sorridente,
gli si avvicinò garbatamente e gli sfiorò la guancia, con un bacio innocente
'Ciao...riguardati! A domani!'. Sapeva di avere il fiato sul collo dei suoi
genitori, che non vedevano l'ora di portarla via dal Quartier Generale e
approfittò dei cinque secondi di libertà dalle loro grinfie, per un gesto
affettuoso.
'Buonasera...' Bruce contraccambiò, sotto lo sguardo truce di Sheila,
che lo squadrava come fosse il diavolo in persona. Prima lo aveva beccato a
sbaciucchiare la figlioletta in auto, poi aveva assistito allo spettacolo di
ciò a cui si riduceva post trasformazione. Se ne rammaricò,
immensamente, dandosi dell'idiota.
Si era disinteressato da sempre dell'opinione altrui...ora era
diverso, c'era di mezzo Brooke...quanto gli piaceva! Confermando a se stesso il
sentimento che provava per lei, si sentì come un adolescente alla prima cotta,
durante il tempo in cui raggiungeva gli altri nello spogliatoio e lei lasciava
la base.
Si era tolto la stoffa lacerata da dosso, lentamente, e si era buttato
sotto il soffione dell'acqua calda, nel box limitrofo a quello dove si stava
lavando Rogers, che, pieno di schiuma di shampoo nei capelli, lo apostrofò
'Avere la Brown in squadra sarebbe un valore aggiunto! Che ne pensi...da
scienziato, intendo?'
Su Brooke, ragiono come uomo...e non come studioso; questo avrebbe risposto, se avesse potuto essere sincero. Fu
laconico 'Sì, hai ragione! Vediamo domani cosa tirerà fuori Stark dal capello a
cilindro!' chiuse il discorso, aumentando intensità e temperatura dell'acqua.
Il calore, unito alla piacevolezza della sensazione del bagnoschiuma
sulla pelle, lo aiutò a rilassarsi e a interrompere il flusso di riflessioni ed
emozioni legate alle confessioni della ragazza.
Rimase lì, un tempo infinito, per allungare l'attesa di un ritorno
solitario al suo appartamento, che per lui aveva rappresentato un luogo sicuro,
in cui nascondersi dal mondo esterno.
Per la prima volta, da quando i raggi gamma avevano sconvolto la sua
vita, desiderò aprirsi a un pezzettino di quel mondo...era un pezzettino con un
nome e un cognome...Brooke Brown!
***
Il messaggio di Tony era arrivato in notturna, laconico: nulla più
dell'ora dell'appuntamento del mattino al Quartier Generale.
Nel proprio studio, Brooke, mettendo le mani nella creta da aggiungere
alla scultura che stava realizzando, modellandone il volto, tentava di
ricordare le fattezze del soggetto della propria rappresentazione.
Utilizzare la manualità e l'estro era stato, dall'inizio, il modo che
aveva trovato per esprimere se stessa, ciò che provava, ciò che amava.
Nei lunghi giorni di reclusione, aveva creato, spesso usando la
fantasia o immagini recuperate da libri o su internet, in assenza di modelli in
carne e ossa. Oggi, scolpiva con un'intenzione ben precisa. Guardando
l'orologio appeso al muro, si pulì con uno straccio e si mosse verso la propria
camera da letto, annessa, per vestirsi per la riunione con Stark, l'ennesimo
patibolo da affrontare.
Pantaloni cinque tasche color tortora, una polo indaco di Ralph Lauren
e le Adidas bianche ai piedi, scese silenziosamente in garage coi suoi
genitori, chiusi in un logorante mutismo dalla sera precedente. Le erano
sembrati in attesa di ricevere delle scuse, ma si era veduta bene dal
porgergliele.
Non si sentiva per nulla in colpa, né per quanto avvenuto nel corso
dell'operazione a Lagos, men che mai per il bacio con Bruce, che sua mamma
aveva evidentemente intercettato...l'euforia che l'aveva accompagnata, a
seguito delle loro tenere e brevi effusioni, era stata un fulmine a ciel
sereno...i fulmini che aprono il cielo a una luce che scalda, che avvolge. Nel
suo caso una luce verde personalissima!
Della tonalità del Maggiolino che faceva manovra accanto alla
limousine scura di suo padre, nello spazio dedicato al Quartier Generale degli
Avengers e da cui il professore, jeans neri e polo gialla, scese, nervoso,
passandosi una mano nei ricci più scompigliati del solito.
'Buongiorno' si espresse. La negatività provocatagli dalle espressioni
di rimprovero dei coniugi Brown si dileguò, alla vista del sorriso disarmante
della figlia.
Fu certo che, se non ci fossero stati testimoni, gli avrebbe gettato
le braccia al collo e pure che l'avrebbe contraccambiata senza freni, dato ciò
che gli aveva risvegliato in ogni parte del corpo, soprattutto dalla cintola in
giù e più ancora nel muscolo cardiaco.
Quelli, formali, salutarono, con freddezza spaventosa, dirigendosi
senza ulteriori indugi verso l'ufficio di Tony dove erano stati convocati, certi
di poter chiudere la questione con poche battute, seguiti dagli altri due, che
si scrutavano l'una con l'altro, non volendo sprecare nemmeno un secondo dietro
inutili malumori.
Convinto, Robert interloquì Stark, sedendosi davanti la scrivania che
Iron Man, quasi strafottente, usava come poggiapiedi 'Non so cosa tu abbia in
mente, la mia risposta è no. Mia figlia non farà mai parte dei tuoi Avengers né
avrà Banner come mentore...piuttosto dovrai passare sul mio cadavere!'.
Tony non fece una piega e si voltò verso Brooke, che si era accomodata
accanto a Bruce, quasi schierata al lato opposto dei suoi genitori, due falangi
contrapposte di un immaginario esercito 'Uhm...sei scontato...ti ricordo che
lei' la indicò 'ha venticinque anni...non ha bisogno del tuo benestare. Per
favore, collega, racconta ai nostri amici come sei diventato il mostro verde
che li terrorizza tanto!' spronò il suo gemello scienziato, che sbuffò 'Sono
biochimico e fisico nucleare. Lavoravo a un progetto dell'Esercito statunitense
che faceva capo al Generale Thaddeus Ross, un programma segreto per creare un
ordigno atomico, in un laboratorio nel deserto del Nuovo Messico.
Durante uno degli esperimenti, un ragazzo si è introdotto, per
scommessa, nel reattore custodito in laboratorio; sono intervenuto
immediatamente, per provare a salvarlo e ci sono riuscito, ma sono stato
investito, al suo posto, dai raggi gamma prodotti dall'esplosione.
In apparenza ne sono uscito illeso, però...' fu incerto; Brooke gli
accarezzò la mano, intenerita dalla sua generosità, e lui continuò 'dopo
qualche minuto mi trasformai...pelle verde, corpo enorme, indole…' rise,
malinconicamente 'infantile...una forza brutale e spaventosa che utilizzai,
distruggendo la struttura. Tornato normale, non ne avevo neppure memoria.
Capì che il passaggio al mio alter ego era legato a rabbia e stress. I
primi tempi sono stati terribili, ero incapace di gestire Hulk. In un momento
di profonda depressione, ho persino tentato di uccidermi con due colpi di
pistola in bocca, ma l’altro li ha sputati' confessò, amareggiato.
'Ci sono voluti anni, per riuscire a conviverci. Ho trovato un
equilibrio con il bestione, grazie ai miei sforzi personali ma pure con l'aiuto
di Tony' soprassedette a chiarire che i metodi di Iron Man erano giusto un
pochino fuori dall'ordinario: massaggi orientali, Spa, vacanze e bevute in
compagnia. Però erano serviti, lo avevano fatto svagare, la sua mente era
diventata più sgombra e più libera e leggera per poter orientare la personalità
verde.
'Non ultimo ha giovato il suo ingresso nel team, mettere a
disposizione la sua tragedia al servizio del bene comune. Dà uno scopo morale
di livello, è il pane dell'anima' Stark terminò per lui, poetico.
'Sulla carta sembra fantastico' sibilò Sheila 'invece, come madre, sono
molto preoccupata per la loro vicinanza' meglio non le era uscito ed era
evidente si riferisse al bacio intercettato.
Il capo politico degli Avengers alzò il sopracciglio. Aveva visto
giusto, già dal giorno precedente. La battutina analoga della bionda
rigidissima davanti a lui, e le mani incrociate dei piccioncini intercettate
sul Quinjet erano due indizi che formavano una prova: c'era del tenero fra il
professore e la ragazza...grande, Bruce, finalmente! Ottima scelta!
Avrebbe voluto gridare e si tenne 'A meno che non sia un problema per i diretti
interessati, non lo è per il sottoscritto...per cui, che mi dite? Ci state?'
fissò Banner e la Brown, alternativamente.
'Certo!' la bruna rispose per prima, con entusiasmo.
'Va bene, proviamo, tenterò di aiutarla a gestire i suoi poteri' Bruce
acconsentì, esclusivamente per trascorrere del tempo insieme a Brooke, scettico
sul tipo di sostegno che potesse fornirle in concreto.
'Potere, al singolare...non poteri!' ribadì Robert, stizzito,
alzandosi dalla poltrona di pelle rossa imbottita, con tanta foga, da farla
ribaltare.
***
N.d.a.
Brooke ha svelato i propri poteri, i famigerati colpi d’incanto,
ispirati a quelli lanciati da Wanda Maximoff, con una provenienza molto
differente.
La licenza autoriale ha spostato in avanti, temporalmente, rispetto
alla linea dei film Marvel, l’episodio del recupero dell’arma batteriologica di
Laos, presente all’inizio di 'Captain America - Civil War'.