Serie TV > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: ClodiaSpirit_    28/10/2019    1 recensioni
- Si alzò in piedi, insieme all’onda del pubblico coinvolto dall’esibizione, applaudendo.                                                                                                                                     
[...]  Nonostante quello sguardo fosse lontano, Alec poté indovinare che erano diversi rispetto a quelli che aveva visto tante volte. -
Alec è un ragazzo intelligente, giovane, eppure gli manca qualcosa di fondamentale: vivere.
Ma cosa succede quando Alec comincia a fuggire e a rintanarsi a Panshanger Park, durante uno spettacolo dato dal circo? E soprattutto, chi è l'acrobata che si cela e cerca dietro tutti quei volti?
Cosa succede quando due mondi opposti ma simili per esperienze di vita si incontrano?
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Isabelle Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccomi qui.
Chiedo venia per il ritardo, questo è il mio saluto prima della festa dei "morti ", dopo di che devo riaggiornarmi fin dove sono giunta,
sono giunti e avvertirvi che restano solo pochi passi e anche questa storia sarà completa.
Non disperate però, prometto che andrà bene. Lo spero.
Clò.




La chiesa di St Nicolas, si trovava a sinistra del County Hall Museum.
Il museo di Abingdon fu costruito quando la città faceva parte della contea del Berkshire e secondo la storia che vantava indietro nel tempo, stabilito nel piccolo centro della città, era stato ormai adibito a collezioni museali dai primi anni del novecento.
Era un edificio grazioso, dotato di soli due piani, una scala centrale che permetteva di entrare.
Entrando e salendo sopra, al primo piano, lo spazio era occupato da alcune colonne dal marmo e materiale ristrutturato ma con alcune reminiscenze dell’arte vittoriana ben visibili, ospitava l’esibizione di alcuni oggetti e cimeli antichi. Vasi, cimeli come tazzine da tè o anche piccoli macina grano di tutti i tipi dentro vetri d’ esposizione
Queste, erano stati informati, cambiavano ogni mese e le proposte venivano ricevute da artisti o studiosi, con i quali gli organizzatori del posto si tenevano abitualmente in contatto.
Magnus si stupì a osservare alcune cose come vesti antichi monarchi o gente di ceto più basso (decisamente di altri tempi) , mentre Alec, gli spiegava alcune cose soltanto leggendo le piccole informazioni sotto ogni oggetto valutato e datato in antichità o comunque, usciva il suo cellulare e ogni tanto, gli capitava di immortalare l’altro proprio mentre era incuriosito e impegnato a fissare le teche.
Si era fermato proprio qualche minuto prima, l’ultima foto che aveva appena scattato: Magnus era di profilo, intento a osservare un dipinto raffigurante la regina Victoria, la veste blu cobalto, i capelli con due trecce che scendevano sulle orecchie davanti, seduta, con ai piedi il suo cagnolino. Era in contemplazione, ma quello che ad Alec piaceva di più di quello scatto, era come fosse riuscito a catturare la sua posizione con le mani davanti, gli occhi in attrazione e il profilo del mento, del naso, come li vedeva ogni giorno attraverso i suoi di occhi. Pensò subito fosse una di quelle immagini da incorniciare.
« Alec, vieni a guardare dai, è così realistico! »
Alec alzò gli occhi e sorrise, mentre Magnus si avvicinava in fibrillazione « Non ho visto mai niente del genere, » espresse in voce stupita « e siamo anche entrati gratis »
« Una delle caratteristiche dell’Inghilterra »
Magnus mirò al suo cellulare.
« Si può sapere, cos’hai fotografato? » lo raggiunse e l altro velocizzò a portarsi l’oggetto dietro la schiena.
« Niente che tu non abbia già visto » replicò immediatamente, l’ altro lo guardò sospettoso.
« Quindi posso vederlo, huh? » buttò giù, allungando la mano e inclinando il capo. Alec lo osservò.
« Okay, » uscì fuori il cellulare e illuminò il tasto con lo schermo « vedi, ma non giudicare »
« Non lo farei mai » rispose subito, volgendo il capo all’ immagine.
La stessa stanza dove si trovavano lui e alcune persone, poneva un osservatore e un quadro, un piccolo vaso di fiori vicino a un tavolino, ad adornare.
Magnus ci mise poco a riconoscerne il soggetto, arricciò le labbra.
« Pensavo avessi fatto foto solo alle opere d’arte qua dentro » mormorò
« Appunto. È quello che ho fatto »
Magnus non disse niente, si limitò a un sospiro. Era già la seconda volta che l’altro lo definiva in quel modo e si sentiva come se davvero potesse essere tutto quello che lui vedeva: forse la persona che si era fin ora data per difendere, subendo, aveva chiuso quel capitolo. Non parlò ma si girò e gli stampò un bacio non potendo evitare di sorridere. Poi dopo, prese lo stesso cellulare e impostando la telecamera interna, inquadrò entrambi. Alec allora lo tenne fermo e Magnus premette il pulsante per scattare.




Le mani tremavano. I guanti gli si appiccicavano ai palmi sudati, che cercava in tutti i modi di non togliersi per mantenere l’ordine. L’ordine nel caos. Cos’era, in fondo, un’altra presa di potere, se non un altro modo di farsi temere? Cos’era poi, l’abbandono di una quasi formata famiglia, quando lasciarsi sopraffare era molto più spontaneo, insito, venuto fuori alla luce, la repulsione e la distanza dalla tua stessa anima? La redenzione non esiste, è banale, pensò. L' uomo si aggiustò il colletto, ricomponendosi. « Forse non ci siamo capiti, » fu perentorio « mi devi una spiegazione, devi dirmi tutto »
La figura legata alla sedia, alzò il mento in fare sottomesso, ma senza cacciare fuori un orgoglio fiero e indelebile.
« Non dovrei avere paura di te, non sei nessuno » ringhiò grave.
L’uomo si avvicinò, la mano che si ravvivava i capelli, le gambe che scattavano come al rallentatore. Le scarpe lucide, - di certo non pagate a poc
o prezzo - si mossero sul pavimento in legno, che scricchiolò appena. Quell’ambiente puzzava come una bettola da quattro soldi, la luce funzionava male e di certo, non si avvicinava benché minimo alla festività del tendone.

« Forse non lo sarò per te, » vibrò, la mano si posò sullo schienale della sedia, posta al centro della stanza più come messa in scena che come scelta d’arredamento, mentre il sudore gli macchiava la camicia « ma hai bisogno di me per continuare a tenerti stretto ciò che ami fare »
I capelli ricci le si mossero lentamente, mentre qualcosa di fastidioso e pungente gli scendeva lungo la guancia ben disegnata e imperlata d’acqua e bronzea.
« Non dovrai fargli del male... »
« Lascialo decidere a me, questo »
« No, » inclinò il capo, scuotendolo poi « non gli farai niente, questo me lo devi! » la forza di un leone nascosto nell’ombra, dalla chioma voluminosa e lo sguardo concentrato. Il capo circo s’agganciò alla sua risolutezza e annuì, mal volentieri.
« Non so cosa ti devo, ragazzina, » la prese in giro ridendo algido, « ma ho bisogno di sapere dove si trova »


**


Il giro per la giornata continuò, portandoli nella zona del marcato, macchiato qua e la da, aiuole di fiori ben curati e colorati. Si ritrovarono di nuovo nei pressi della chiesa di St Helen, approfittandone per fare qualche altra foto. Magnus immortalò Alec vicino al fiume, sullo sfondo caratteristico da cartolina, mentre l’altro colse lui mentre si distendeva sul prato, incurante della gente che passava.
Si divertirono passando il tempo a stuzzicarsi mentre scattavano.
Passarono anche verso la zona dei piccoli negozi, entrando e osservando le botteghe e le merci.
Poi Alec dovette aspettare Magnus fuori da una di quelle, perché aveva evidentemente visto qualcosa che gli interessava. Lo vide uscire con un paio di occhiali da sole (nonostante fosse pieno autunno) e un piccolo bracciale al polso.
Affiancarono la strada anche dei piccoli bar e consumarono due panini e due birre per pranzo. Lungo la strada del ritorno, un’edicola colorata, dai vetri che riflettevano carta e altro, si stagliava lateralmente, una grossa insegna in maiuscolo invitava ad entrare.
Ma non ce n’era bisogno, anche perché alcuni giornali e riviste erano esposti anche fuori dall’entrata.
Magnus avrebbe continuato a camminare, seguendo Alec se non fosse stato per un’immagine che lo colpì.
Era una locandina rossa con tanto di testo poggiata su un paio di scatoloni semi aperti, la carta d’imballaggio che li proteggeva quasi del tutto strappata. Magnus si avvicinò piano.
Alec lo trovò immobile, quasi di pietra e lo raggiunse.
Magnus deglutì: al centro in quello schizzo splendente contro il rosso, era riportata l’immagine di spalle di un acrobata su due tessuti, anche se il viso non era in mostra il profilo era evidente. La scritta con caratteri grandi e abbastanza leggibili, recitava questo:

RICERCATO

Circense acrobata, asiatico, di giovane età, media altezza, in forma scomparso dalla compagnia circense CIRCULAND stanziata per ora ad Hetford, Panshanger Park.
Non abbiamo più notizie da un paio di giorni.
Chiunque lo veda o sappia qualcosa, verrà ricompensato: chiamate al numero qui sotto.
La paga è di ben 3000 sterline
.

Il capo circo, Carl Sanders.

Si sentì quasi tremare mentre teneva tra le mani quel foglio di carta, consapevole che dentro lo scatolone ce ne sarebbero stati altri. Ne ebbe la conferma quando Alec dopo aver finito di leggere, spostò leggermente un ala del cartone e ve ne trovò altre pronte per essere affisse.
Le mani stritolarono involontariamente i bordi di quella locandina così elaborata e diretta.
Non era finita.
Che idiota, si disse, sono stato completamente stupido.
Si sentì attraversare da un sussulto, forse un brivido ma non si muoveva, ancora.
Magnus rimase a fissare il vuoto per alcuni secondi, immobilizzato in mezzo alla strada.
Alec sviò lo sguardo e staccandogliela dalla mano, la accartocciò per poi buttarla nel contenitore apposito lì vicino.
« Magnus, andiamo »
Lo prese sotto braccio e lo portò via da quell’edicola. Durante la camminata nessuno dei due parlò, semplicemente perché ognuno pensava a cose diverse ma connesse.
Magnus si ritrovò a navigare nel pensiero più brutto: sarebbe ritornato alla vita di prima. In qualche modo, con qualche strategia, qualcuno ce lo avrebbe riportato.
Mentre sentiva i suoi piedi muoversi, non si rese nemmeno conto dell’altro che lo sorreggeva. Navigava senza più essere certo nemmeno di quello che erano stati quei tre giorni.
Non guardava nemmeno dove fossero arrivati, forse il solo rivolgersi a quella città in quell’ istante era solo peggio.



« Non posso crederci » sibilò Magnus, portandosi le mani sul viso, mentre camminava avanti e indietro lungo la stanza della pensione. Alec era preoccupato, allarmato, il suo viso lo rifletteva completamente « Non posso credere che ci stia riuscendo, » mormorò amareggiato « farà di tutto e questo è solo l’inizio » quegli occhi erano come grigi, spenti.
« Non fasciamoci la testa senza prima essere certi di essercela rotta, » avanzò diplomatico, Alec, portandosi la mano alla nuca « c’è qualche modo in cui può essere venuto a saperlo? »
Magnus deglutì, sentiva in suoi denti premere sul labbro inferiore e l’avvicinarsi del sapore ferroso del sangue.
« No, nessuno. Sono stato attento, » era lucido e pensieroso « lo siamo stati entrambi » specificò.
Alec si avvicinò a Magnus, pensando a qualche cosa che era possibile gli fosse sfuggita.
Si fidava dei suoi, che poi per suoi si intendevano sua madre e sua sorella, le donne della sua vita che aveva lasciato una con una lettera e una con alcuni messaggi di due giorni prima.
« Tu sei sicuro, insomma, di ognuno dei tuoi colleghi? » gli chiese calmo.
Magnus lo guardò mentre cercava di non tradire i suoi amici in quel modo.
Erano i suoi amici prima che colleghi, era ovvio che nessuno ne avesse fatto parola.
« Alec, sono persone che conosco, » rispose leggermente infastidito « mi fido di loro e se dovessi affidargli la mia vita, come ho appena fatto » confessò « lo farei di nuovo »
Alec annuì, una smorfia gli si disegnò sul viso. Magnus se ne accorse. « Cos’è, non mi credi? » sputò fuori « Ho vissuto con loro per gli ultimi due anni, Alec, dannazione » soffiò in modo pesante nell’aria chiusa della camera.
« Non ho detto niente del genere, » Alec sollevò le sopracciglia in sorpresa, la luce del giorno che calava ormai e arrivava al culmine gli solleticò il viso. Accarezzò leggermente il braccio dell’altro e cercò di evitare possibili e inutili scenate. Non era il caso di iniziare qualcosa che sarebbe finita per diventare una stupidaggine. « So che ti fidi di loro e so che gli vuoi bene, » chiarì, vedendo l’ altro rilassarsi « ma magari qualcuno di loro è stato messo alle strette, » ipotizzò « e non ha potuto farci niente. Come hai detto tu, Sanders sarebbe capace di ogni cosa. »
Magnus sembrò rifletterci.
Gli occhi si fecero arguti e il pensiero assordante come mai.
Che qualcuno avesse subito le pressioni di Sanders? E perché avrebbe lasciato il suo nome di battesimo esponendosi così tanto per un unico suo numero da circo?
« Potrebbe... ma trovo che ognuno lì abbia sviluppato un suo scudo, » spiegò, le mani si mossero mostrando gli unici anelli che aveva indosso « e che comunque, qualsiasi cosa lui possa fare loro, abbiano un modo per raggirarlo» mosse il capo, Alec lo adocchiò realmente dispiaciuto « Li conosco. Non sai cosa abbiamo vissuto prima che tu arrivassi, » prese un tono sicuro « col tempo si sviluppa sempre un modo di difendersi, che sia chiudersi o fortificarsi. Nel mio caso è stata anche la sopportazione e la pazienza »
« Quindi, » la buttò lì, senza perdere però la smorfia confusa che gli dipingeva il viso « come pensi ci sia arrivato? »
Magnus esitò a dire quale fosse la sua teoria, però vedeva come l’altro attendeva una sua risposta. Mormorò piano e poi crebbe nella sua idea. « Poche persone sapevano della partenza » Era vago e la cosa gli sembrò davvero inutile in quel frangente, se aveva supposizioni, era meglio esporle. Lo guardò ancora e finalmente decise a dire cosa ne pensava al riguardo. « Tua madre o tua sorella, » uscì fuori, si allontanò dall’altro « hai lasciato Helen con una lettera »
« Sì, l’ho fatto. Ma è mia madre, » allargò le braccia innocentemente e visibilmente confuso « non avrei potuto fare altrimenti e comunque non è il tipo. Non farebbe mai una cosa del genere, la conosco. »
« E Isabelle? » si morse più forte il labbro, le braccia lungo i fianchi.
Alec sentì perdere un battito per ciò che stava sentendo « Vi siete... sentiti in questo giorni, Alec. Non è affar mio, ma se fosse trapelato qualcosa di troppo e lo capirei, » deglutì, rimanendo però lucido « non credi sarebbe meglio dirlo? »
« Pensi che io te lo terrei nascosto? Una cosa del genere? » evidenziò stupito.
« No, Alec. Ma per una persona che si ama, si è in grado di fare di tutto. Anche di farsi scappare un segreto. » affermò Magnus.
Ci fu silenzio per qualche secondo e la tensione si trasformò taciturna com’era, in affilata. Il ragazzo alto sembrò stranamente rimpicciolirsi, la schiena lungo la parete legata insieme alle due pupille ristrettesi di colpo.
« Credi che le abbia parlato di dove siamo esattamente ogni ora o ogni giorno, quindi? E che ti metterebbe di conseguenza nei guai? » adesso era lui quello infastidito, colpito. La fronte di Alec si corrugò, la sua postura si irrigidì.
« Alec, per favore- »
« Ci siamo sentiti due giorni fa. E sì, le parlo perché è l’unico contatto che ho, diversamente da mia madre, » continuò non lasciando parlare Magnus, il quale decise di rimanere zitto « secondo quale logica tu dovresti fidarti dei tuoi amici e io non della mia famiglia? » il suo tono era sfumato, intaccato.
« Alec... »
Ma l’altro non lo ascoltava già più.
« Non avrei fatto quello che ho fatto se non mi fossi fidato di loro. È anche grazie a loro se l’ho fatto. Isabelle mi ha visto felice, » Magnus fu preso in pieno, mentre si avvicinava di nuovo e Alec scansava il suo tocco, rivoltato « per una volta, potevo ritenermi fortunato. Mia madre le ha detto che avrebbe accettato anche una cosa meno plateale pur di vedermi così! E l’ho fatto, per te. Prima che per me, l’ho fatto per te. E forse ho sbagliato, ho sbagliato a credere di poter esserti d'aiuto... » deglutì mormorando piano quelle parole. Mentre si girò per afferrare la giacca, Magnus provò di nuovo a farsi guardare in faccia « No, Magnus ho bisogno di uscire da qui » mormorò distaccato e uscì dalla porta, senza nemmeno chiuderla. Magnus rimase in sospeso, chiudendo gli occhi e sospirando stancamente.







Magnus corse al piano di sotto, circa un’ora più tardi.
Pensò di essersi logorato abbastanza col pensiero ingombrante e stupido di come avesse lasciato andare Alec.
Era assurdo il modo in cui si era creata quella nube improvvisa tra di loro, eppure le cose erano andate benissimo durante tutto il giorno. Quella maledetta locandina, pensò, non mi è mai piaciuta la nostra stessa pubblicità , figuriamoci una richiesta di ricompensa da parte di un essere così ripugnante, si ripeté.
Valeva tremila sterline, come oggetto o come persona? Sospirò stancamente, mentre si massaggiava le tempie con le dita della mano destra.
Si chiese perché mai stesse perdendo ancora tempo e percorse ad ampie falcate le scale. Ogni passo gli alleggerì la mente, portando ogni cosa lì dentro ad acquistare una vibrazione diversa.
Dalle piccole finestre dell'ingresso, già con i tavolini in legno pronti per la cena, con candele accolte dentro piccole bocce di vetro, ognuna con un nastrino legato attorno di diverso colore per ognuno dei posti a sedere. L'immagine sarebbe parsa calda, ma era solo apparenza, per via del blu notturno che si affacciava misterioso e cupo fuori.
Si fermò ad osservare solo le lunghe luci fuori dalla casa, illuminavano con barlumi sprazzi di terreno intorno, creando una certa aria di curiosità.
Cambiò poi direzione e si affacciò al bancone in legno al centro dell'ingresso.
Magnus chiamò la custode, più di una volta.
« Caroline » disse la prima cortesemente. I piedi ticchettavano sulla pavimentazione, in attesa. Guardandosi ancora intorno, riprovò alzando la voce questa volta. «CAROLINE!»
Quando la chiamò con più impeto la terza volta, decise di lasciar perdere e di cercare Alec da sé.
Poteva anche essere nella sala successiva, adibita alla padrona o a quella vicino i bagni di servizio.
Controllò, ma trovò soltanto altra gente intenta a parlottare tra loro e uscire alcuni dai servizi. Ritornando all'ingresso, si diresse verso la porta e tirandola verso di sé, la maniglia gelida. Uscì fuori, il buio lo colpì subito.
Non essendoci molta luce in quel manto verde, ma solo qualche lampione che dava sulla stradina su cui si affacciava la pensione, l'erba somigliava più a un tappeto grigiastro. La brezza lo colpì, ricordandosi di aver dimenticato il copri spalle in camera.
Guardò e vicino una delle finestre all’ altezza della cucina, ci trovò Alec.
Sospirò e si avvicinò sollevato.
« Alec... » sussurrò nella sua direzione. L’immagine da prima sgranata, si aggiustò dando forma alla figura distesa con le gambe divaricate, la testa appoggiata al muro della facciata. Magnus sgranò gli occhi appena notò cosa portava alla mano destra: una bottiglia di vino dal tappo svitato, portava dentro ancora del liquido scintillante mentre oscillava. « Dio mio » mormorò dispiaciuto senza cambiare il tono.
Alec si voltò verso l’ altro, un sorriso amaro sembrò dipingersi su quello.
« Magnus... » la voce di Alec era pregna di confusione, brilla e sfocata. Gli occhi quasi tristi.
Magnus si trovava di fronte a lui, gli si accovacciò piano vicino.
« Mi dispiace, scusami » pronunciò senza timore mentre lo sguardo di quello si trasformava in ascolto « Non avrei dovuto dubitare di ciò che hai detto. Avrei dovuto fidarmi, così come ho fatto fino ad adesso, » esitò piano, la sua mano raggiunse il braccio di Alec « so solo che mi sono trovato spiazzato, Alec. Non pensavo più una cosa così potesse accadere ed è stato abbastanza da incosciente. Quell’uomo è irrecuperabile e se ho pensato si arrestasse per un momento, mi si è annebbiato il cervello. Non è stato giusto da parte mia, » lo guardò sinceramente e raggiunse la sua mano e sfilò via la bottiglia da quella « mi fido di te. E se mi dici che la tua famiglia non c’entra, io ti credo » sussurrò dolcemente. Afferrò saldamente la bottiglia e poi porse il palmo aperto della mano ad Alec. L’altro guardò prima lui e poi fissò il liquido rossastro e nero del vino. Magnus seguì i suoi occhi.
« Hai finito quasi un’intera bottiglia di vino?! » chiese incredulo e la voce gli si alzò in stupore.
« Quando sono sceso, ho chiesto a Caroline se aveva qualcosa... qualcosa di forte in dispensa, non mi sentivo di mangiare e poi non volevo ritornare di sopra » spiegò Alec strascicando qualche parola, la vacuità nello sguardo in lontananza « me l’ha data e ha detto che non la avrebbe messa sul conto… e p-poi avevo sete. »
« Bene, » replicò Magnus « se hai finito di consolarti, entriamo dentro » afferrò la sua mano e lo fece alzare in piedi.

**

« Non stavo facendo niente di male » biascicò stancamente « credevo non mi sarebbe successo niente... e poi sto bene! » si indicò con un dito e sembrò barcollare senza tener conto dei suoi piedi sul terreno. Magnus lo tenne fermo come meglio poté, era evidente che ciò che aveva bevuto gli stava già salendo alla testa.
« Sì, stai benissimo » brontolò mentre si portava un suo braccio attorno alla spalla per sorreggerlo meglio « Così bene che non riesci nemmeno a mettere un piede davanti all’altro » scherzò più sofficemente questa volta.
« È stata solo una bottiglia » grugnì giustificandosi Alec, gesticolò con la mano libera.
« In questo momento somigli tanto a una persona che conoscevo e che non ho voglia di ricordare »
Alec lo guardò interrogativo, mentre si muovevano di poco.
« Chi? »
« Nessuno » si affrettò a dire Magnus, mordendosi la lingua per aver tirato fuori quella cosa in quel momento. Portare Alec ubriaco e barcollante era una cosa, parlare di uno dei suo ex, un’altra. Di certo non era il modo di passare inosservati senza riscuotere curiosità.
Alec lo fissò, temendo di cadergli addosso, ma si sforzò di rimanere quanto meno fermo.
« Niente più segreti, ricordi? » quelle pupille dense vagarono in quelle castane del ragazzo.
Magnus annuì mentre si costringeva a sostenere di nuovo l’altro.
« Un ragazzo di nome Jeremiah » fu sbrigativo.
Alec assunse una smorfia: sembrava più adorabile in quello stato di semi incoscienza, perché le labbra si incurvarono e le sopracciglia si strinsero in curiosità. Forse non gli aveva poi fatto male starsene un po’ per sé, pensò, ma addirittura bere... perché l’ho lasciato bere?
« Una delle tue tante conquiste? » glielo chiese più perché era su di giri più che per curiosità e mentre lo faceva rise, la voce risultò impastata dall’alcool e le fossette evidenti lo facevano sembrare simile a un bambino.
« È lusinghiero chiamarla così, » ridacchiò Magnus e sospirò amaramente « ma no, niente di più lontano » e dicendo così, cominciarono a camminare verso l’entrata.
« Jeremiah » mormorò Alec. Magnus aprì la porta abbastanza da permettere ad entrambi di entrare « Non ricordo di averlo visto nella compagnia » se non fosse stato ubriaco, Magnus lo avrebbe sicuramente colpito da qualche parte, senza fargli male - ovviamente.
« Dobbiamo salire sopra, » disse una volta che furono dentro e puntò le scale « Vedrò se Caroline, dopo che avrò messo seriamente in dubbio i suoi metodi per accogliere gli ospiti – ammesso che riesca a trovarla sveglia - può darti qualcosa per... per la sbornia » sospirò e si intenerì quando Alec si imbronciò proprio perché aveva cambiato argomento.





**



Magnus tornò in camera con un bicchiere pieno, in cui un liquido ambrato galleggiava e un cestino con dentro della frutta. Abilmente chiuse la porta dietro di sé con un movimento rapido di bacino e si avvicinò alla figura accovacciata sul letto.
La figura in questione stava cercando di togliersi la maglia, senza però riuscire nell'impresa.
Ridacchiò di gusto, posò il cestino sul piccolo comodino affianco al letto e fermò l'ingarbuglio che stava creando Alec.
« Fermo, fermo » la voce ancora presa dall'immagine, gli riabbassò la maglia sul petto e gli porse il bicchiere « prima bevi questo »
Alec fissò il bicchiere con grande interesse, i suoi occhi erano così vividi, come se ci fosse dell'acqua che ondeggiava all'interno.
« Che cos'è esattamente? » farfugliò.
« È acqua tiepida con un po' di miele, un cucchiaio di succo di limone, sale e bicarbonato »
Alec grugnì in risposta. « Alexander Lightwood, » pronunciò il suo nome intero « ti aiuterà a sentir meno che la stanza giri, poi, se ti andrà qualcosa da mangiare, Caroline mi ha detto che la frutta è utile per le sbronze »
« Non potrei mangiare prima la frutta e poi bere quest'intruglio? » Alec impastò le parole.
« Mi dispiace, ma non credo avrà lo stesso effetto così » strizzando gli occhi, Alec si portò il bicchiere alla bocca controvoglia e bevve il suo contenuto. Consumò quel miscuglio tutto d’un fiato. Appena quello fu vuoto, Magnus incuriosito lo prese e esaminò l’aspetto della cavia o del paziente davanti a sé. « Uh, meglio degli sciroppi per la tosse » tossicchiò e rabbrividì leggermente con una smorfia di disgusto.
« Credo dovrai aspettare un po’ di tempo prima che faccia effetto » lo avvertì, vedendo l’oscurità dell’altra parte della stanza invaderlo.


« Ti senti meglio? » chiese dopo una decina di minuti, seduto questa volta sulla trama del letto, privo di scarpe.
« Mi sento meno stordito, questo è certo » mormorò, portandosi una palmo aperto sulla fronte. « Sei arrabbiato? » Magnus si sedette al bordo del letto, la luce dell’unica abat-jour rendeva la loro parte sia in ombra che in luce. Due righe creavano due ombre all’altezza del naso e della bocca di Magnus. « No, non lo sono » fu onesto, abbozzò un sorriso, la mano si allungò verso Alec indicandogli il bicchiere, l’altro lo vide poco convinto. « Caroline ha percepito qualcosa di strano, per questo ti ha dato la bottiglia senza esitare, mi ha chiesto se fosse successo qualcosa » si morse il palato. Alec si mise seduto, non senza difficoltà e trovò l’equilibrio solo grazie alla mano di Magnus che si poggiò sulla sua spalla. Alec prese il bicchiere ormai vuoto e preferì guardarci dentro. « È stato stupido, bere così, » sospirò « ma non volevo capirci niente, » si girò verso Magnus « volevo dimenticarmi per qualche ora dove mi trovassi » ammise. « Non ti piace stare qui? » « No, non per quello. Ho rivissuto qualcosa di simile alle sfuriate dei miei genitori in qualche modo, » osservò il bicchiere vuoto tra le sue mani, il miele che in minoranza era rimasto appiccicato sul fondo « credo che mi sia fatto prendere, tutto qui »Magnus accanto a lui annuì piano, dandosi del tempo per capire cosa dire.
Alec poggiò il bicchiere sul pavimento e finalmente si sfilò la maglia, si alzò camminando lentamente per depositarla su una sedia più vicina.
« Alexander, » fu distratto dalla sua voce e si irrigidì « sei stato stupido, questo è vero, ma non sarà il primo dei litigi e nemmeno l'ultimo »
« Lo so »

Magnus si alzò e lo sfiorò, la mano che si posava sulla spalla, mentre cercava di capire un po' di più « So che è normale, ma è riaffiorato comunque il ricordo, » le sue mani erano attaccate allo schienale della sedia, « ma la cosa che più mi turba è affiancarlo al nostro » Magnus poggiò il suo viso nell'incavo del suo collo e ci lasciò un bacio umido e veloce.
« Non siamo gli errori di chi ci cresce. Siamo i nostri, di errori, Alexander » sussurrò nostalgico « non vederlo come tale, cerca di vederla per te come una scusa per capire quanto non ti piace bere » rise piano, ma Alec si girò sorridendogli poco per quel che gli permetteva l'umore.






« Prima hai detto che ti ricordavo Jeremiah, » chiese all'improvviso « perché? Se posso saperlo, è solo curiosità » il suo tono era quasi atono, senza spessore. Magnus si ritrovò a circondare con le sue braccia la vita dell'altro, mentre respirava e parlava contro la sua pelle. Gli raccontò di come aveva preso solo lui per seria quella relazione, gli raccontò di quanto entrambi si era illuso, che tra lui e il funambolista, potesse funzionare.
« Jeremiah è stata una delle mie esperienze,» si focalizzò su ciò che vedeva davanti a sé, oltre i capelli neri di Alec, c'era un dipinto raffigurante un lago immerso nella vegetazione, con al di sopra un ponte in pietra, il tutto incorniciato dal legno come bordo « lavoravamo insieme, nella compagnia. Insieme, almeno era iniziata perché io avevo fatto il primo passo, » spiegò attentamente « sarebbe dovuto rimanere pochi mesi e invece durò per due anni, era bravo. Mentre io mi arrampicavo, lui volteggiava sul trapezio. Un gran bel ragazzo, nulla da ridire su questo, » rise amaramente « ma Jeremiah amava bere. E con il bere, amava anche mentire. È così che lo scoprì: diceva di essere confuso sulla sua sessualità, « la nascondeva, tanto che nessuno seppe di noi i primi mesi. Si vergognava credo più di noi, che di se stesso. Era, all'apparenza molto sicuro, ma quando eravamo soli... poco importava chi si trovava intorno a lui, quello che voleva non raggiungeva mai la sua soddisfazione. Ho sofferto, mi tiravo dietro una relazione che non arrivava a scorgere la luce del sole »
Alec non lo aveva interrotto, né detto una parola, si era soltanto voltato a guardarlo mentre il suo corpo piano si girava e Magnus trovava la sua testa contro il suo petto.
« Non ricordo ancora come, ma ero riuscito a farlo uscire fuori dal suo guscio, dopo all'incirca un anno o giù di lì, » la sua voce sfumò di nostalgia « ed andava tutto bene. Tranne forse, per quanto ero ingenuo all'epoca. I miei vent'anni non erano ancora segno di maturità, » deglutì, ancora colpito dalla potenza del ricordo « veniva a trovarmi la sera, mi supplicava, ma sapevo, che aveva bevuto più del solito. Mi aveva rifilato tante storie sull'accettazione, di come aveva paura di se stesso, » sbuffò « così tante. Due mesi dopo partì: aveva ricevuto un contratto di quattro anni da prolungare all'estero e non lo rividi più. » Alec accarezzò piano la sua schiena, disegnando linee immaginarie, l’indice che si muoveva lentamente « Quando dico che mi ha ricordato te, è perché lo trovavo spesso buttato in qualche angolo della roulotte, a vedere come unica uscita dal suo orientamento l'alcool, » giustificò « non che tu ne sia dipendente come lo era lui, » si specchiò nelle pozze liquefatte di Alec, alto di poco rispetto a lui e illuminato dalla fievole luce delle abat-jour « ma non vuol dire che i problemi vadano risolti così »
« Lo amavi? » mormorò, lo sguardo finalmente rilassato.
« Sì, anche troppo, » sentì la mano che gli carezzava una guancia, chiuse gli occhi al tocco « tanto da mettermi quasi in ombra, ma è stato tempo fa »
« Non berrò più se proprio non lo vorrò. Non lo farò per scappare, Magnus. Mi sento già uno schifo così, » riecco la smorfia « non ho intenzione di bere di nuovo quella roba »
Magnus ridacchiò leggermente e gli diede un buffetto sulla spalla.
« Te lo prometto » sussurrò, baciandolo.
Magnus si inebriò del contatto leggero, che durò appena qualche secondo. Quando si staccarono, Alec tenendolo ancora sott'occhio, ne studiò l'espressione. La camera si riempì del silenzio, il rumore del vento udibile dalla finestra aperta.
« Ci pensi, ogni tanto? Se avrebbero funzionato le cose tra voi due, intendo » disse Alec.
« Sì e no, non me lo sono più chiesto da un po' e non ho intenzione di ritornarci. Sono andato avanti » annunciò.
« Quindi sarei la sua versione, ma migliore? » abbozzò, arricciando il naso.
« Non sei la sua versione Alexander, non potreste essere più diversi, Jeremiah era piacevole, ma si fingeva sicuro solo all’esterno. In realtà non si è mai accettato fino in fondo e poi… ha sempre trovato interesse solo nel fare successo » chiarì, mentre rievocava l’immagine di quel biondino sulla fune « Non ha niente a che fare con te, » elencò mentre l’altro si faceva sempre più curioso « tu hai molte qualità che ti fanno onore » Alec allora se lo avvicinò di poco, lesse tutto ciò che voleva sapere come resto: lo baciò avidamente, contento di essersi sciacquato la bocca da quell’intruglio più di una volta, sentendo l’altro rilassarsi e rispondere ai suoi movimenti. Le mani si mossero in cerca degli indumenti da sfilare, le bocche si staccarono e cominciarono ad arrossarsi e gonfiarsi. Alec era già sopra di lui quando sussurrò al suo orecchio.
« Ti amo Magnus »
Il vento soffiava e riempiva la stanza, la coperta era sollevata e copriva contro la brezza pungente di novembre.
« Credi che riuscirà nel suo intento? » Distesi sotto le coperte, le mani aperte sul petto di Alec, mentre respirava quel profumo di sapone e sudore, anche una punta di menta, data forse dal dentifricio che aveva usato poco prima dopo essersi lavato i denti. « Ce ne andremo, se arriverà qui, » la mano grande si posò a coppa sulla sua guancia « troveremo un altro posto » « No… no, che venga pure… non mi muoverò da qui, » Se doveva entrare, che lo facesse pure. Non sarebbe stato solo, erano pur sempre in un luogo abitato, tutto avrebbe creato scandalo se non interesse nella zona, Magnus si rinforzò « E’ un luogo pubblico… non oserà toccarmi, sarebbe un passo falso. Sa in fondo che non può rischiare così tanto » Alec annuì, poco convinto. « Ma sarà più facile per lui » puntualizzò. « Chiunque abbia parlato, avrà avuto le sue ragioni, » mormorò mentre gli accarezzava piano la nuca, più saldo di come si era rovinata la giornata « non ho intenzione di farmi prendere dallo sconforto. Venga pure, non sono solo qui » Venne guardato fiero, il modo in cui si dimostrava in casi come quelli: prima aveva saputo della violenza e lo aveva portato via, ora pensava di non nascondersi e affrontare quell’uomo in uno scontro aperto. Questa volta però, Alec sarebbe stato lì.
« Allora non ci riuscirà »
Magnus si sentì più sereno, contro il corpo caldo di Alec, disteso con solo i rumori provenienti dalla finestra, incurante di non aver cenato, pensando che quando lo avrebbe rivisto, lo avrebbe messo al suo posto. La conseguenza sarebbe stata salata, peggiore di quella che era toccata a lui.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: ClodiaSpirit_