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Autore: FatSalad    30/10/2019    1 recensioni
Bruno è un ragazzo taciturno e pratico che ha smesso da tempo di credere alle favole. Il contrario di Susanna, che quando non lavora in biblioteca si perde tra le nuvole e le parole.
A farli incontrare sono delle amicizie comuni, a farli conoscere sarà una persona molto importante per entrambi...
DAL TESTO:
«Insomma, non si vedono tanti manzi in biblioteca!»
«Come no? Vai nella sezione di scienze naturali e c'è pieno. Qualcuno è anche nella sezione dei bambini e quelli solitamente parlano, anche.»
«Ah. Ah. Diciamo gnocchi, allora?» aveva insistito Roberta agitando una mano e guardando per aria.
«Dovremmo avere una vecchia edizione dell'Artusi, per quelli.»
«Bei ragazzi?»
«Ehi, per chi mi avete preso? Di harmony ce n'è a bizzeffe!»
L'avevano punta nell'orgoglio, non aveva potuto demordere!
«Persone di sesso maschile, bella presenza e tangibili, insomma!»
«...»
“Merda... - aveva pensato allora - sono stata sconfitta dalla presenza tangibile”.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Galeotta fu la biblioteca'
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Qual è la menzogna più grande del mondo?
È questa: che a un certo momento della nostra esistenza, perdiamo il controllo della nostra vita, che comincia così ad essere regolata dal destino. È questa la menzogna più grande del mondo.
P. Coelho, “L'alchimista”



Un poeta tutto rughe piegato in due da quanto era gobbo finì di leggere dei versi che avrebbero dovuto essere un “omaggio al grande scrittore Giandomenico Dossi”, ma Bruno ne comprese a stento le parole. Ci fu comunque un applauso e il ragazzo guardò l'uomo scendere i due scalini accompagnato da una signora che doveva essere o una vecchia figlia o una giovane moglie. Poi sentì lo sguardo del prete addosso.
Ah, già.
Aveva detto di voler leggere due parole sul nonno al termine del funerale. Dopo aver ascoltato tre anziani intellettuali che avevano parlato di correnti, influenze, e del cartaceo monumento eretto per i posteri, però, quasi si vergognava a salire sul pulpito e prendere la parola. Che gli era saltato in mente, poi? Parlare di fronte a tutta quella gente... proprio lui che aveva difficoltà anche a scambiare due parole con un'unica persona davanti! In ogni caso doveva tener fede all'impegno preso, si alzò dalla panca e andò al microfono, di fronte ai presenti. Uno sguardo alla sala gremita gli diede il capogiro e riabbassò subito il viso sui fogli che aveva preparato.
Si schiarì la gola e cominciò a leggere.
«Da piccolo non ero molto legato a mio nonno.»
Dovette fermarsi subito per schiarirsi di nuovo la gola, per paura che non si sentisse bene la sua voce. Poi riprese:
«Lui era uno scrittore famoso, uno studioso, mentre io non andavo molto bene a scuola. Il nonno ha cercato spesso di avvicinarmi alla lettura, di farmi scoprire il piacere dello studio... ma io ero molto più interessato ai lavori pratici, a lavorare il legno come mio padre e i libri mi sembravano una cosa noiosa e troppo faticosa. Quando poi il nonno si è ammalato ho scoperto che gli volevo molto più bene di quanto immaginassi e mi tormentava il pensiero di non aver fatto molto per lui in passato e di non poter più fare nulla adesso che non era più cosciente. Nell'ultimo anno andavo a trovarlo in ospedale almeno due volte a settimana, e adesso capisco che stavo cercando il modo di dirgli che gli volevo bene.»
La voce gli si incrinò e dovette fare una pausa prima di ricominciare a leggere.
«Poi, qualche mese fa, una persona mi ha dato delle cose per farle leggere al nonno e io, che non avevo il coraggio di spiegare che mio nonno non era più in grado né di leggere né di parlare né altro, presi tutto. Così, dopo quasi 10 anni che non leggevo, ho iniziato a portarmi dietro racconti, saggi e romanzi ogni volta che andavo a trovare il nonno. Gli leggevo tutto, all'inizio con un po' di difficoltà, e piano piano sentivo che mi appassionavo, che volevo leggere fino in fondo. La cosa è andata avanti fino alla settimana scorsa, io finalmente ho capito cosa intendeva mio nonno quando mi diceva che i libri sono “il nutrimento dell'anima”, ho capito la grande lezione che voleva darmi e lui, quando è stato sicuro che avessi imparato la lezione, era abbastanza in pace da lasciarmi per sempre. O almeno è quello che penso io, perché... quando leggevo per lui mi sentivo davvero in pace e non mi sono mai sentito più legato a lui come in quei momenti.»
Bruno alzò lo sguardo. Vide distinti signori soffiarsi il naso e sua madre con il volto bagnato di lacrime.
«Grazie.» mormorò senza sapere bene a chi rivolgersi.
Il suo ritorno al posto fu accompagnato da uno scroscio di applausi che lo lasciarono interdetto e che durò per un altro minuto buono. Sentì una mano stringergli la spalla, ma non si voltò per scoprire di chi fosse.
“Sì”, disse tra sé, mentre il prete riprendeva la funzione, “adesso riposa in pace, nonno”.


Quando furono al cimitero e la tomba di Giandomenico fu completamente ricoperta di terra, una serie interminabile di scrittori più o meno vecchi e famosi si avvicendarono per salutare i parenti più stretti, vale a dire la figlia Stefania e il nipote Bruno, quel ragazzone che aveva parlato del nonno.
Anche i più chiacchieroni, di fronte a lui trovarono poco da dire, forse erano messi in soggezione dal suo fisico, o più probabilmente dalla consapevolezza che loro avevano omaggiato il letterato, lui l'uomo.
Un'altra lunga serie di saluti lacrimosi e stavolta più commentati fu rappresentata da una sfilza di parenti, molti dei quali Bruno ricordava appena. Loro ebbero quasi tutti una parola per Bruno, lo ringraziarono del discorso che aveva fatto e gli fecero vari e vaghi auguri per l'avvenire.
Il ragazzo strinse mani e baciò guance cadenti e incipriate, poi d'un tratto un movimento attirò il suo sguardo.
«Mi dispiace Bruno.»
Finalmente una voce amica!
Bruno sorrise e abbracciò Giorgio.
«Grazie per essere venuto.»
«Figurati... ti porto i saluti anche di Fabio, Niccolò e Valentina.»
«Grazie.» ripetè Bruno.
«Bruno, condoglianze.» disse Roberta che aveva seguito Giorgio.
Bruno l'abbracciò, e mentre la ringraziava notò che aveva gli occhi arrossati.
«Ehi...» la chiamò, con un mezzo sorriso.
Lei capì a cosa si riferiva e scoppiò di nuovo a piangere.
«Scusa, lo so... è che...»
Giorgio la prese sotto braccio.
«Beh, tra poco devo rientrare a lavoro, ci sentiamo presto, ok?»
Bruno annuì e li salutò un'altra volta.
Li guardò allontanarsi sul ghiaino e sorrise, grato. Il rumore dei sassolini però gli annunciò che qualcun altro si era avvicinato a lui e, probabilmente, voleva fargli le condoglianze.
Si voltò e rimase senza fiato per la sorpresa.


«Susi...» mormorò.
Lei strinse le labbra, aveva gli occhi lucidi, ma si era imposta di non piangere. Mosse qualche passo cauto, fino a ritrovarsi di fronte a lui.
«Mi sei mancata.»
Susanna udì le parole di Bruno, benchè fossero poco più di un bisbiglio e voleva rispondere. Si era preparata tutto un discorso prima di farsi avanti, tagliando, limando, ripensando, coreggendo. Avrebbe voluto dirgli che le dispisceva per suo nonno, che non poteva capire la sua perdita, che voleva stargli vicino in qualche modo... e che le era mancato. Ma il fatto che Bruno l'avesse preceduta la confuse, d'altra parte era da tanto che non si vedevano e non sapeva come lui avrebbe reagito, dopo che le aveva chiesto di non farsi vedere. Sapeva benissimo come aveva reagito lei nello scorgerlo da lontano: il suo cuore aveva iniziato una corsa imbizzarrita senza precedenti.
Dato che tutte le parole che aveva preparato le parevano adesso inadeguate, per una volta Susi decise non parlare affatto, si sporse verso di lui e gli lasciò un bacio sulla guancia. Quando si allontanò i loro sguardi si intrecciarono per un lunghissimo istante.
«Non conoscevo le condizioni di tuo nonno. Hai fatto una cosa davvero... bellissima.» sussurrò la ragazza, incoraggiata dall'atteggiamento di Bruno.
«Merito tuo.»
Già. Aveva avuto il presentimento di essere proprio lei la persona a cui aveva accennato durante il discorso su Giandomenico, quella che lo aveva riavvicinato alla lettura e dunque al nonno, ma sentirselo dire in modo così semplice e diretto... era un'altra cosa.
Susanna si chiese come mai a lui ci volessero sempre così poche parole per dire tutto, come mai le poche parole del ragazzo risuonassero tanto a lungo nella sua testa, come mai alcune pesassero come macigni.
Non vediamoci per un po'.
Si chiese come mai di fronte a quelle poche parole si trovasse tanto in difficoltà in quel momento. Voleva solo rimanere davanti a lui, sprofondare nei suoi occhi caldi... si avvicinò e lo abbracciò.
Forse lui non stava aspettando altro, perché le sue braccia corsero subito a cingerle la vita, la strinsero contro il suo petto e il suo viso si sotterrò tra i suoi capelli, incastrandosi tra spalla e collo e la respirò come chi torna da un lungo viaggio e ritrova l'odore di casa. Solo a quel punto, con un brivido, Susanna fu certa di essergli mancata davvero. Poi, mentre si tenevano stretti in quella morsa dolce e disperata, Susi udì un rantolo e, sconcertata, si accorse che Bruno, che per tutta la durata del funerale era rimasto serio ma impassibile, d'un tratto era scoppiato a piangere. Capì che per una volta non era il momento di parlare, ma solo di cullarlo ancora tra le braccia fino a quando lui avrebbe voluto e con una mano gli accarezzò il collo e la nuca, senza lasciarlo, pensando solamente “Stai tranquillo, ci sono qui io”.




«Dunque, che cos'è questo regalo?» chiese Susanna, impaziente.
Era passato qualche giorno dal funerale di Giandomenico Dossi e i ragazzi avevano fissato una cena a casa di Niccolò e Valentina, sia perché non si vedevano da tempo, sia perché non tutti era riusciti ad essere presenti al funerale e volevano in qualche modo dimostrare di esserci ancora, di non essere spariti.
«Ora lo vedi.» rispose Bruno, parcheggiando la macchina di fronte a casa.
Era passato a prendere Susanna in biblioteca e le aveva detto che aveva un regalo per lei e che gliel'avrebbe dato prima di arrivare alla cena. Susanna era curiosa di natura e non aveva smesso di fare domande su quel dono da quando era entrata in auto.
«Beh, scendi, non verrà lui da te!» la spronò Bruno con un mezzo sorriso.
Susi scese dall'auto e lo seguì mentre apriva il portone.
«L'ho lasciato in casa.» spiegò.
«Bruno, dimmi la verità: è un cucciolo?»
Bruno scosse la testa, ridendo, mentre la invitava ad entrare in ascensore.
«Mi spiace ma è un oggetto inanimato.»
«Un oggetto, eh? Questo è buon indizio... quindi non è nemmeno un viaggio in Australia.»
«Sono un povero artigiano, non un multimiliardario!» scherzò Bruno, indicandole la porta quando l'ascensore si fu fermato al piano.
«Dai, dimmi che cos'è!» piagnucolò Susi.
Bruno sospirò, esasperato, mentre apriva la porta di casa.
«Ok, ho capito che la prossima volta che vorrò farti una sorpresa non te lo dirò, altrimenti diventi insostenibile!»
Susanna si morse l'interno della guancia e si costrinse a non fare più domande, anche perché ormai erano entrati.
Bruno accese la luce e le indicò il tavolo: sopra c'era un baule di legno.
«Beh, spero che ti piaccia.»
Susanna si avvicinò e scorse dei dettagli: due manici ai lati, una serratura di decorazione. E capì: era un forziere del tesoro!
«Aprilo!» soffiò Bruno da sopra la sua spalla, mentre lei stava accarezzando il legno del coperchio.
Susanna seguì il suggerimento e dentro al forziere trovò una bandietra con il tipico teschio dei pirati stampato sopra.
«Bruno...» mormorò Susanna, sorpresa.
«Ho visto che sono usciti i risultati del concorso.» disse Bruno «Anche se non sei la nuova direttrice della biblioteca... te l'avevo promesso. La bandiera però l'ho comprata.»
La sua voce si era fatta un po' incerta sul finale. Non gli sembrava che Susi fosse particolarmente entusiasta, eppure aveva speso tante attenzioni per poterle fare quel regalo... improvvisamente si sentì molto in imbarazzo.
«Beh... ehm... se non ti piace...»
Susanna sentì l'esitazione nella sua voce e si accorse di non aver ancora detto niente, si voltò verso di lui e lo trovò vicinissimo e con l'espressione tormentata che si massaggiava dietro la testa.
Era così emozionata che non provò neanche a trattenersi e si sollevò, reggendosi a lui, per baciarlo. Solo un barlume di lucidità la bloccò quando era ancora in tempo e le sue labbra cambiarono destinazione, posandosi sul suo collo.
Ah... come era calda la sua pelle!
Le labbra di Susanna rimasero ferme un secondo di troppo e la ragazza capì che quel contatto non era stato affatto meno sensuale di un bacio sulle labbra quando udì Bruno mormorare:
«Che... fai?»
Già, che stava facendo? Era impazzita?! La sua pelle era così calda, il suo collo così virile, coperto da un'ombra di barba, che per un attimo aveva quasi pensato di assaggiarlo con la lingua. Sì, doveva proprio essere impazzita! Proprio adesso che la situazione tra di loro era tornata ad una sorta di normalità...!
Si allontanò da lui di colpo e boccheggiò.
«Bruno... io...»
Lo guardò fisso negli occhi e seppe che non poteva più tacere, perché non c'era stato ancora alcun chiarimento tra di loro e quella sospensione, quell'incertezza la stava portando all'esasperazione. Che cos'erano loro? Due amici che ogni tanto si scambiavano qualche bacetto? Che cos'era lei per lui? Se Bruno era timido e non ci sapeva fare con le parole, allora toccava a lei prendere in mano la situazione e sfondare quel muro di silenzio, a costo di prenderlo a testate e farsi del male!
«Ascolta, lo so che posso essere un po' impulsiva a volte e certo non mi sono comportata sempre al meglio con te, ma... ma tu mi piaci veramente tanto.»
Iniziò a parlare veloce e gesticolare nervosamente, come se dovesse convincere un acquirente indeciso e più o meno era così che si sentiva, anche se la merce era rappresentata da se stessa.
«Vedi? Ti ho dato ascolto, ti sono stata lontana per un po', ma questo non ha cambiato niente, perché appena ti rivedo provo le stesse cose di prima, e vorrei... abbracciarti e baciarti fino a perdere il fiato e se tu... se tu mi dessi una possibilità io credo che potremo stare bene insieme. Magari non subito, ma se provassimo che so? Ad uscire insieme...? Potremmo diventare una bella coppia tu ed io, lo so, perché io sto così bene con te e penso che anche tu stia bene quando sei con me, anche se forse al momento non mi ved-...»
Interrompendola bruscamente, Bruno si sporse verso di lei e le diede un bacio. Un bacio rapido, non invadente, giusto per farla smettere di parlare, labbra morbide su labbra morbide. Quando si allontanò da lei si guardarono negli occhi per un secondo di fremente silenzio, poi Susi, con le labbra ancora socchiuse e gli occhi spalancati, relegò in un angolo della mente le promesse, le parole, l'orgoglio, gettò le braccia attorno al collo del ragazzo e chiese un bacio più profondo.






Il mio angolino:
In questo capitolo, se non ho contato male, il termine “parole” compare 12 volte, il verbo “dire” 10 volte, “parlare” 8, “discorso” 3.
Non volevo essere ridondante, volevo solo fare riferimento al titolo della storia e ricordare come tutti i problemi tra Bruno e Susanna nascono da fraintendimenti, perché i due non hanno parlato abbastanza per chiarirsi o perché hanno parlato troppo e inutilmente. Insomma, a comunicare si impara piano piano...
A presto per l'ultimo capitolo!
FatSalad

 
   
 
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