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Autore: steffirah    31/10/2019    2 recensioni
A causa del lavoro del padre Sakura verrà ospitata a casa di una sua cugina, in una cittadina dal nome mai sentito prima, nell'estremo nord del Paese. Qui farà nuovi incontri, alcuni dei quali andranno oltre la sua stessa comprensione, mettendo a dura prova le sue più grandi paure. Le affronterà con coraggio o le lascerà vincere?
Una storia d'amore e di sangue, di destino e legami, avvolta nel gelo di un cielo plumbeo, cinta dalle braccia di una foresta, cullata dalla voce di un lupo.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eriol Hiiragizawa, Sakura, Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mondo di sofferenza


 
Non appena misi piede all’interno della casa in cui viveva la famiglia Li rimasi a bocca aperta.
A scapito di quel che mostrava l’esterno, l’arredamento richiamava la Cina in ogni sua parte: nei lampadari, negli antichi mobili in lacca su cui erano dipinti in oro fiori di loto, magnolie, farfalle, uccelli, alberi e paesaggi montuosi, nelle ceramiche che essi ospitavano, nei numerosi divanetti bassi, nei ricami dei tappeti e nei quadri affissi sui muri raffiguranti antiche bellezze e figure mitologiche.
Mi attardai soprattutto ad ammirare un’intera parete composta da grosse mattonelle di madreperla, sul cui lato destro erano stati dipinti pruni fioriti, mentre a sinistra c’era una qualche iscrizione che non riuscivo ad identificare. Tutt’attorno v’era una specie di cornice in legno e alle due estremità laterali una sottile parte del muro sembrava emettere una luce dorata, come se fosse trasparente e dietro vi fossero lampadine ad accenderla. Forse si trattava di carta di riso, sulla quale erano incrociate sottili assi d’un marrone bruciato, tendente al rosso, che formavano nell’insieme una sorta di finestre traforate.
Per il resto le pareti erano dipinte d’un color crema, ad eccezione di quella di fronte alla porta, su cui erano rappresentati molteplici fiori che riconoscevo essere peonie, di diverse cromature, dal rosa più pallido al rosso più intenso.
Poi, altre tre cose mi meravigliavano: quelle che supponevo essere due porte ai lati erano separate dalla stanza principale soltanto da lunghi tendaggi che sembravano di seta, alla nostra sinistra in mezzo ad altre mensole con piantine, statue, incensi e divanetti sostava un pianoforte nero a coda, mentre giusto al centro di tutto questo, sul soffitto, vi era un’ampia cupola di vetro, che permetteva alla luce naturale di illuminare tutto l’ambiente. Potevo soltanto immaginare quanto fosse spettacolare ammirare le notti stellate, se soltanto non ci fossero state così tante nuvole a coprire il cielo.
Escludendo ciò, era come se si fossero portati la loro stessa casa, la loro madrepatria qui.
Tale impressione si acuì quando dalla tenda di sinistra emerse colei che supponevo essere la madre di Syaoran-kun. Era la prima vampira adulta che incontravo, ma non aveva perso nulla del suo splendore giovanile, anzi, sembrava che con gli anni il fascino non avesse fatto altro che accrescere, rendendola bella quanto un giglio.
Indossava abiti che mi sembravano di fattura cinese, erano molto belli, eleganti e con tutti quei decori avevano un che di regale. Ciò era accentuato dall’enorme fermaglio dorato appuntato nei suoi lunghi e lisci capelli d’ebano, il che in parte mi intimorì. In sua presenza mi sentivo piccola, come se fossi tornata bambina, impressione che mi rese ancora più nervosa, anche perché cosa poteva pensare di me? Che ero una disgrazia per suo figlio, che gli avevo apportato dolore, che fossi la sua nemesi. Lei avrebbe avuto tutte le buone ragioni del mondo per detestarmi.
Divenni una statua, sentendomi il cuore in gola e tutti gli arti tremarmi, nel timore che ciò che pensavo potesse essere vero.
Ella procedeva con un passo leggerissimo, pareva quasi che fluttuasse, e quando mi fu vicina notai quanto i suoi occhi fossero diversi da quelli di Syaoran-kun, più simili a quelli delle figlie: avevano un taglio sottile e affilato, ciglia lunghissime e le sue iridi erano nere come l’onice. Mi sentivo quasi sprofondare in esse, quasi fossero due buchi neri pronti a risucchiarmi per trasportarmi in un’altra dimensione. Rimasi incatenata al suo sguardo finché Syaoran-kun non mi riportò al presente, prendendo parola, con una riverenza che ancora mi era oscura in lui.
«Madre, lei è Kinomoto Sakura.»
«Kinomoto Sakura» ripeté. La sua voce era quasi un sussurro, ma era ferma e composta, celando perfettamente un antico dolore.
Mi inchinai presentandomi e lei fece lo stesso, prima di avvicinarsi a me, guardandomi dall’alto in basso. Chiuse gli occhi per qualche secondo e io rimasi ferma, col cuore che mi palpitava nelle orecchie, non sapendo come dovessi comportarmi; quando li riaprì, tuttavia, mi sembrava in pena.
Con meno indugio del figlio mi sfiorò una guancia – con la coda dell’occhio mi accorsi che lui aveva l’aria interdetta – e sorrise tristemente.
«Il tuo sangue è veramente speciale.»
Sbattei le ciglia, perplessa, sentendomi arrossire. Era un complimento?
Si rivolse poi al figlio alla mia destra, scuotendo la testa. «A quanto pare non sarà facile, Xiaolang.»
«Non mi importa» rispose prontamente, mostrandosi determinato. Era la prima volta che lo vedevo così, fiamme risolute rilucevano nelle sue iridi. «La proteggerò, con o senza il vostro sostegno.»
Sgranai gli occhi, impallidendo, sentendo il mio cuore saltare un battito. Lo guardai senza parole, ma lui era totalmente rivolto alla madre, la quale sospirò affranta.
«La proteggeremo anche noi, certamente, ma sai che richiederà una rinuncia.»
Lui annuì con consapevolezza, mentre io mi sentivo sempre più soffocare. Avevano parlato con Eriol-kun? Si erano messi tutti d’accordo per divenire miei difensori?
Volevo ribattere qualcosa, qualunque cosa, ma avevo perso la voce, quasi qualcuno mi avesse strappato le corde vocali. Anzi, sembravo aver perduto totalmente qualsiasi capacità di esprimermi, disimparando come si faceva.
«Sakura.»
Alzai la testa di scatto al richiamo della signora, consapevole di avere un aspetto intimorito. Era così: avevo paura, come con Eriol-kun e Tomoyo-chan, che loro potessero strafare e farsi del male. E soprattutto se erano costretti a rinunciare a qualcosa, non volevo assolutamente che accadesse. Non dovevano sacrificarsi per me.
«Ti ho già incontrata, in sogno.»
La guardai sorpresa, un po’ imbarazzata, ricordando solo allora la sua capacità di prevedere il futuro. Mi rimisi composta, prendendo un respiro profondo, attendendo un suo verdetto.
«Dalle mie visioni ho dedotto che dovrai affrontare parecchie difficoltà. Ci saranno diverse sfide ad attenderti.»
«Lei già sa cosa mi aspetta?» provai a chiedere maggiori dettagli, in tono quasi inudibile.
«Purtroppo no, non ho visto che tipo di avversari incontrerai, so soltanto che non sarà piacevole. Tuttavia…» Mi prese di nuovo il viso tra le mani, alzandomelo per renderlo parallelo al suo. Allora stese quelle labbra rosse come una camelia, mostrandomi un piccolo sorriso intriso di speranza. «L’importante è che tu resti sempre te stessa.»
Annuii, ricordando che fosse ciò che mi avevano detto anche le carte. Ed era quello che mi ripetevo sempre.
«Sakura!»
Sobbalzai al suono di quella voce squillante e tutti ci voltammo contemporaneamente a guardare verso l’altra tenda, quella sul celeste. Da lì vidi Meiling-chan correre nella mia direzione e non appena Yelan-san si staccò non perse tempo nel sostituirla, stringendomi tra le sue braccia.
«Evviva, ci sto riuscendo anche io!» esultò poi lasciandomi, facendo la linguaccia al cugino che era impallidito dinanzi al suo gesto. E quella era una cosa possibile solo per lui, in certi casi pareva che la sua pelle divenisse realmente di marmo traslucido.
«Che bello averti qui, Sakura! Vieni con me, ti faccio fare un tour per la casa. Vedrai, la mia stanza ti piacerà» assicurò ammiccante, trascinandomi via.
Mi congedai con la signora, che ci lasciò andare con un minuscolo sorriso, e dopo aver rivolto un’occhiata di scuse a Syaoran-kun – che non ci staccava per un attimo gli occhi di dosso, con aria impensierita – mi decisi a seguirla.
Dopo aver superato quella stessa tenda trovammo delle scale che conducevano al piano superiore, in cui vi era un corridoio con altre quattro tende di colori diversi. Meiling-chan mi istruì a riguardo, indicandole a mano a mano che passavamo: «Questa bianca porta alla stanza di zia, ma non ti conviene entrare visto che c’è un altarino dedicato allo zio e l’aria lì è piuttosto… deprimente». Convenivo con lei che fosse meglio evitare di invadere il suo piccolo spazio intimo, ove poteva sfogare il suo dolore. «Questa blu è di Feimei e Fanren, quella arancione è condivisa da Shiefa e Fuutie.» Mi accorsi che anche coi loro nomi aveva un modo diverso di pronunciarli, con una cadenza più musicale. «E questa è la mia» concluse, dinanzi a una tenda rossa.
Hoe? Non ne mancava una?
«E quella di Syaoran-kun?»
«Si trova al lato opposto della casa» spiegò, aprendo la tenda al centro per passare, rivelandone così due drappi. «Un po’ per garantirgli almeno un minimo di privacy, essendo l’unico maschio qui, e un po’ per… la sua doppia natura.»
«È un pericolo?» domandai stupidamente, entrando dietro di lei.
«Per noi no, ciononostante lui si ritiene tale. Ha scelto lui di stare separato da noi.»
Non mi sorpresi tanto del suo altruismo ormai così familiare, quanto invece per quello che mi si parava davanti agli occhi.
In questa piccola stanza dominavano il rosso e il giallo, sia sulle pareti che sui tessuti riccamente ricamati. Giusto al centro, alla destra di un armadio che si prendeva tutto il muro, c’era un basso divano-letto ricoperto di broccato con una miriade di cuscini frangiati, sparsi anche sul pavimento in legno – come avevo avuto modo di vedere, era così in tutta la casa –, mentre sulla sinistra vi era una scrivania con libri e penne alla rinfusa, lanterne di carta appese al soffitto, un telo rosso rappresentante il Tao affisso alla parete e accanto una grossa finestra circolare che affacciava sulla foresta.
Si accomodò sul letto, facendomi segno di affiancarla, rivelando: «Qui è dove dormo io.»
«Voi vampiri dormite, quindi?» formulai senza riflettere, pentendomene immediatamente, soprattutto per la risata fragorosa che ne derivò.
«Sakura, mettiti bene in testa questo: anche noi siamo esseri viventi. Certo, abbiamo orari e bisogni diversi da voi umani, ma anche noi dobbiamo “risparmiare e ricaricare energie”, sai?» mi istruì, saccente.
La guardai affascinata, scusandomi con lo sguardo, sedendomi alla sua sinistra.
«Allora, ti piace?»
«È una camera molto bella» confermai, annuendo colpita.
Lei si illuminò e si alzò di scatto, avvicinandosi tutta pimpante ad un mobiletto angolare. Ne aprì un cassetto, cacciandone dei biscotti imbustati, porgendomeli immediatamente.
«Condividiamo!» esclamò raggiante.
Ne scartai uno senza farmelo ripetere, guardandola però confusa. Ero strabiliata, soprattutto quando la vidi prenderne con avidità e gustarseli compiaciuta.
Mordicchiai il mio, scoprendo che fossero alla cannella. Erano ottimi!
«Provengono dall’Olanda, sono i migliori in circolazione» gioì, quasi in completa beatitudine.
«Ne senti il sapore?» domandai allora, dando voce al mio stupore.
«Solo di questi» confermò. «Ho assaggiato anche altre tipologie di biscotti secchi, ma erano insipidi e rivoltanti.»
Assunse un’espressione di disgusto, mentre io riflettevo a riguardo.
«Syaoran-kun li ha mai assaggiati?»
«No, si è sempre rifiutato di ascoltarmi» sbuffò rumorosamente, incrociando le braccia. Facendoci caso, nei suoi atteggiamenti Meiling-chan sembrava la più vicina a noi umani. «Non so se hai già capito quanto sia cocciuto» ridacchiò poi, facendo ridere anche me. «C’è però da riconoscere anche che sembrano piacere solo a me. Ciascuno di noi ha gusti diversi.»
Quella mi era nuova! Ma da un lato era anche ovvio che fosse così, era normale che ognuno avesse le proprie preferenze.
«Proprio come noi» sorrisi, rilassandomi.
«Esatto! Mi fa piacere vedere che tu non fai distinzioni.»
Mi guardò soddisfatta, piena di orgoglio, quasi fosse una madre fiera.
«Non avrei ragione di farne» replicai, assaggiandone un altro.
«Oh grazie!» esclamò con enfasi, domandandomi poi sarcastica: «Apri tu gli occhi a Xiaolang?»
La fissai confusa, chiedendomi a cosa si riferisse di preciso.
«Per mio cugino c’è una netta differenza tra lui e gli altri. Spero che con te possa capire che non è così» sospirò, fissando il soffitto piena di fiducia.
«Farò del mio meglio per farlo sentire a suo agio» promisi solennemente. «E anche io spero di riuscire a fargli capire che per me, tra noi, non c’è alcuna diversità. Anzi…»
Tacqui, pensando che invece fosse il contrario. Avevamo già scoperto di avere così tanto in comune.
«Sono contenta che abbia trovato te, Sakura.»
Guardai Meiling-chan, trovandola a sorridermi dolcemente. Mi si bloccò la saliva in gola, sentendomi stringere il petto. Riflettendoci, c’era una cosa che la riguardava che ancora non sapevo e mi chiesi se fosse lecito domandargliela.
Presi un respiro prima di porgere il quesito in tono basso, stringendo la plastica vuota tra le mani.
«Meiling-chan, se mi è concesso chiedertelo… Come mai anche tu ti sei trasferita qui?»
Lei fece un piccolo sorriso, rispondendo in maniera artificiosamente spensierata.
«Mia madre era la sorella gemella di zia Yelan. Erano molto legate, essendo praticamente cresciute insieme, per cui soffrì parecchio in seguito all’esilio di zia. Tentò invano di persuadere gli altri del nostro clan a riaccettarla in famiglia, ma loro rifiutarono di ascoltare le sue richieste e non importava quanto implorasse, alla fine le voltarono le spalle e la lasciarono sola. Si sentiva come se una parte di se stessa le fosse stata strappata via e né io né mio padre fummo in grado di fare nulla per arginare il suo dolore ed evitare che cadesse in depressione. Col trascorrere degli anni divenne una vera e propria patologia che non fece che peggiorare e noi non potemmo fare altro che restare a guardare nella nostra impotenza, standole affianco come potevamo. In parte divenne pericolosa anche per me, quindi papà doveva spesso proteggermi da lei. Cominciò infatti ad infrangere le regole del clan, nella speranza di essere uccisa, ma dato che ciò non avvenne raggiunse il limite della sopportazione e decise di pensarci da sola, suicidandosi.»
Rabbrividii fin dentro le ossa, sentendomi mancare, tanto che dovetti necessariamente appoggiarmi allo schienale del letto.
«Mio padre, pur facendo parte del clan, non accettava la loro noncuranza. Secondo i più anziani lei era impazzita, era inevitabile che facesse quella fine; ma noi continuavamo a vedere la lucidità nei suoi occhi, noi sapevamo che tutto quello che faceva lo faceva con consapevolezza. A nessuno sembrava essere importato della sua morte, per cui, avendo io allora soltanto nove anni, papà scappò portandomi in Giappone da zia Yelan, chiedendole se potesse prendersi cura di me. Lui non voleva che crescessi in un ambiente così egoista, quindi con quella decisione sperava di farmi ritrovare l’amore. Successivamente, dopo che si fu accertato che lei mi accettasse in famiglia, ci lasciò, onde evitare che mi ritrovassero. E ora non so dove si trova, forse da qualche parte in America. Almeno, glielo auguro.»
Dato che tacque il mio tirare su col naso suonò con forza, al che si voltò subito a guardarmi.
«Sakura, non piangere.»
Sorrise asciugandomi le lacrime e io mi gettai tra le sue braccia per nascondergliele, esattamente come feci con Tomoyo-chan ed Eriol-kun. Continuavo a non capacitarmene. Continuavo a trovare tutto ciò terribile, ingiusto, insopportabile.
«Forza, Sakura» tentò di confortarmi, prendendomi per le spalle, mostrandomi occhi risoluti, contrastanti al sorriso un po’ triste che mi rivolgeva. «La vita è costellata da disastri, addii, perdite e sofferenze. È difficile reagire a tutto questo, superare tutto questo, ma non è impossibile. Basta non perdere mai il sorriso, così l’oscurità non può vincere.»
Accettai quelle parole intrise di luce, rimuovendo ogni traccia di pianto, ricambiando il suo sorriso con uno dolorosamente luminoso.
Seppure su scie invisibili e inesistenti, riuscivo tuttavia a vedere che anche dai suoi occhi impassibili stavano sgorgando lacrime. E nonostante la forza che entrambe mostravamo, ciò si aggiungeva a quei cocci affilati che mi stavano già spezzando il cuore.
  
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