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Autore: MissAdler    03/11/2019    7 recensioni
Benedict e Martin hanno avuto una storia d'amore diversi anni fa, finita poco prima del matrimonio con Sophie. Dopo liti, parole pesanti e silenzi interminabili, un'intervista di Martin smuove definitivamente qualcosa nel cuore di Ben.
Perché, in fondo, loro quel filo non l'hanno mai reciso.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Benedict Cumberbatch, Martin Freeman
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Oggi voglio andare al mare

Anche se non è bello

Oggi sai che voglio fare

Fare come quando piove ed io mi scordo l’ombrello

 

Coez

 

 

Luglio 2019

 

I temporali estivi sono sempre stati i tuoi preferiti. Fin da bambino ti hanno affascinato i contrasti, il mettere insieme gli opposti, mescolarli e bearti di ciò che ne scaturiva.

Hai sempre amato i fiori che sbocciano tra i sassi, sul ciglio dei marciapiedi, tra i mattoni dei palazzi, gli spruzzi di vita che colorano il bianco e nero della città, le donne longilinee, quasi androgine, gli uomini con i capelli lunghi, i duri che si commuovono, le spose con le scarpe da ginnastica sotto i mille strati di tulle. Hai sempre amato cenare con il dolce e fare colazione con il salato, stare sveglio quando tutta Londra riposa, per fingere di essere il solo ad avere il privilegio di vedere le stelle. E poi dormire nudo in pieno inverno, Sophie ti ha sempre preso in giro per questa tua stranezza, eppure a te non è mai importato, continui tuttora ad avvolgerti nel piumone e a godere del tepore che t’intorpidisce il corpo, mentre fuori fanno due gradi e la testa ti si gela.

Hai sempre amato i fulmini a ciel sereno, anche se ti sconvolgono, anche se spesso ti colpiscono in pieno, devastandoti.

Così come quel messaggio inaspettato, insolente e opportuno come solo lui sa essere, come è sempre stato, soprattutto con te.

È stato un lampo che ha illuminato l’oscurità, quella notte in cui ti sentivi così lontano da lui, eppure così vicino al cielo, ad un passo dalla salvezza.

Ubriaco di gioia e ubriaco per davvero, al punto di essere quasi evaporato in una nube alcolica che ti aveva portato di nuovo sul ciglio di un precipizio, impalato, ad infradiciarti su quel balcone, preda di una tempesta impietosa, annegando e disperando.

Poi i suoi messaggi, l’incredulità, la sorpresa, l’esaltazione.

Hai trascorso la notte ad aspettare col telefono premuto contro il petto ed il cuore in gola, eccitato come un quindicenne, scosso dai dolci brividi di un amore mai svanito e appena riaffiorato, soffocando i sospiri nel cuscino profumato di shampoo e vita ritrovata.

Avevate scherzato, punzecchiandovi come due cretini, scambiandovi sms come nelle peggiori commedie romantiche, vi siete addormentati alle prime luci dell’alba, col telefono scarico, una dolce speranza taciuta e un sorriso stampato sulle labbra.

 

***

 

Settembre 2019

 

Ami la pioggia d’estate.

Riesce a sorprenderti ogni volta, ti porta sollievo dal languore d'inizio settembre e i contorni della città, così sfocata e bagnata, ti danno l’impressione che il mondo sia diverso, più giusto per te.

Lo osservi dalla finestra, quel quadro lucido e liquefatto, la tua Londra inzuppata di acqua e profumata di terra, i lampi che illuminano il cielo come se fosse mezzogiorno.

Sono passati mesi e non l’hai ancora rivisto, ti sei fatto sfuggire mille occasioni per chiederglielo, hai lasciato che quello spiraglio si richiudesse quasi del tutto, senza avere la prontezza d’infilarci in mezzo un mi dispiace.

Il vostro è un legame fragile, e non perché non sia profondo, quanto per le troppe crepe che avete creato voi stessi, sbagliando e fuggendo, innalzando muri dietro i quali vi siete rifugiati col cuore in pezzi e l’orgoglio a gonfiarvi il petto d’un coraggio effimero.

E l’avete rifatto anche stavolta, nonostante ti sia tornata la voglia di mangiare, nonostante tu riesca a sorridere anche lontano dalle telecamere, è bastato un velo di sarcasmo in un suo messaggio e tutto si è gelato di nuovo, e la distanza che ora vi separa è ancora più difficile da annullare.

Sai che spettava a te, che il più grande errore l’hai commesso tu e che non è una sua frecciata a ferirti così in profondità, quanto più la consapevolezza di avergli fatto male sul serio.

Lo senti anche ora, in questo cupo tardo pomeriggio, con la fronte premuta sul vetro della finestra e il ticchettio della pioggia che rompe il silenzio desolante di questa casa vuota, il senso di colpa che ti dilania.

Non sai nemmeno dove sia la tua famiglia, Sophie ti ha detto qualcosa prima di uscire ma non ricordi, osservi quel cielo squarciato dai fulmini e speri solo che non colpiscano casa tua. Non ora almeno. Non può crollarti addosso il soffitto, non adesso che hai finalmente preso la decisione più difficile della tua vita.

Prendi in mano il telefono e digiti velocemente un messaggio, con dita fredde e tremanti, trattenendo il respiro.

 

18,32

Tu Devo parlarti. Possiamo vederci? È importante.

 

Premi “invio” e lo getti sul letto con uno scatto, come se scottasse.

Poi ti volti a guardarti allo specchio, sfiorandoti le rughe attorno agli occhi, le borse violacee che contrastano con le sfumature marine dei tuoi occhi, ora tendenti al grigio, opachi, spenti.

“Una volta erano belli…”

Sussurri sovrappensiero, ripensando alle prime scene girate con Martin, a quegli sguardi che erano a metà tra realtà e finzione, a quei sorrisi che nascevano spontanei e puri sul volto di entrambi mentre Steven gridava “stop, questa era buona” ma i vostri occhi restavano agganciati ancora per qualche secondo, come se non l'aveste nemmeno sentito, come se tutto il resto non esistesse.

Ricordi quel giorno in cui pioveva e dovevate aspettare il sereno per girare una qualche scena insieme ad Andrew, a quel caffè caldo bevuto dallo stesso bicchiere di carta, continuando a scherzare e a sorridere come due ebeti.

“Cazzo, quegli occhi sono un’arma impropria, te ne rendi conto?”

Ti aveva detto ad un tratto, distogliendo lo sguardo, prima di mandar giù l’ultimo sorso di caffè.

Rivedi quel mezzo sorriso, un leggero imbarazzo a colorargli le guance, ripensi al calore della sua voce, daresti qualsiasi cosa per risentirla, perché lui ti parlasse ancora così, sussurrando piano, riservandoti quella tenue dolcezza.

Ti passi una mano fra i capelli, osservi i riccioli che stanno ricrescendo lentamente, ti chiedi se a lui piacciano ancora, mentre cerchi di scacciare dalla testa il ricordo di quando vi siete fronteggiati l’ultima volta, delle sue grida, delle sue parole rabbiose, della sua espressione delusa e amareggiata.

Poi sussulti e il cuore ti salta in gola, quando una forte vibrazione fa illuminare lo schermo capovolto del tuo telefono. Ti getti sul letto e lo recuperi avidamente.

 

18,50

Martin Freeman Domani mattina sono a Brighton per un’intervista.

 

Resti a fissare il telefono senza sapere bene cosa pensare, poi ti vibra nuovamente tra le mani.

 

18,51

Martin Freeman Se mi raggiungi appena finisco possiamo prenderci un caffè.

 

Sorridi e senti le ossa della faccia scricchiolare, tanto era il tempo che non lo facevi, come se ormai la tua felicità fosse arrugginita. Poi componi la risposta alla velocità della luce, trattenendo il fiato e tremando vistosamente dalla testa ai piedi.

 

Tu Dimmi solo dove e quando.

 

***

 

Hai sempre amato veder piovere al mare, le gocce che cadono lievi e silenziose sullo specchio dell’acqua, quella distesa sconfinata di azzurro che sfuma nel grigio e diviene cielo e nuvole anch'essa.

Quella mattina di settembre hai freddo, tremi e ti stringi nel giaccone blu scuro, gli occhiali da sole punteggiati di pioggia, inutili al loro scopo ma perfetti per renderti meno riconoscibile. E poi ti coprono le rughe, gli occhi affossati, le iridi spente, opache, scolorite.

Non vuoi che lui ti veda così, vorresti essere ancora il ragazzo di in tempo, vorresti essere ancora bello, saper sorridere e arrossire in quel modo che lui amava e che in fondo amavi anche tu.

Ora ti specchi nel finestrino di un’auto parcheggiata e ti vedi smunto e ingiallito come un fantasma, fradicio dalla testa ai piedi per la pioggia che cade a vento, violenta e spietata come un’entità cosciente che sembra volerti scoraggiare e ridurre peggio di quanto tu già non ti senta. Sei zuppo nonostante l’ombrello, nonostante potresti infilarti nel bar dove sai che ti sta aspettando, e prendi a fissare la pozzanghera nella quale ti ritrovi immerso fino a metà scarpa, sforzandoti di regolarizzare il respiro e di trovare il coraggio di entrare dentro quel maledetto bar.

E finalmente lo fai, un piede davanti all’altro, un passo alla volta, senza toglierti gli occhiali, lasciando l’ombrello alla porta, domandandoti nervosamente dove sia il dannato portaombrelli.

Ti guardi intorno e non vedi quasi nessuno, solamente due vecchietti occupati in una partita a carte. Martin deve aver scelto il bar meno frequentato della costa. E per un istante speri che non ci sia nemmeno lui, che arrivi in ritardo, che l’abbia dimenticato. Un istante che ha la durata di un respiro, perché immediatamente scorgi il suo profilo da Hobbit un paio di tavoli più in là, accanto al vetro lievemente appannato della vetrina, la sua sagoma perfetta e luminosa che si staglia su quello scenario grigio e agitato, su quel mare in tempesta che tuttavia non è agitato quanto te.

Non ti ha visto, sta leggendo il menù, mentre sgranocchia svogliatamente un grissino.

“Avanti, razza di idiota.”

Ti rimproveri tra i denti, muovendoti nella sua direzione, gocciolando copiosamente sul pavimento di legno.

Sono pochi metri che a te sembrano chilometri, la distanza di una vita, un cammino di speranza la cui meta potrebbe salvarti dal tuo nulla, dal vuoto della tua esistenza.

Osservi i capelli cortissimi, forse anche troppo, ormai quasi completamente bianchi, di un avorio setoso e morbido, che hai voglia di toccare, di respirare a pieni polmoni, così come il suo profumo che pare arrivarti alle narici anche ad un metro di distanza. Osservi la sua camicia verde, di una tonalità improponibile che per un momento ti fa venir voglia di prenderlo in giro e che poi ti ricorda quanto tu sia perdutamente innamorato anche del suo gusto stravagante nel vestire. E poi indugi sulle sue rughe profonde, più marcate di quanto sembrino in tv, come se anche lui avesse impressa sul viso la sua dose di sofferenza.

“Ehi.” esordisce con un sorriso appena accennato, alzando gli occhi su di te e sussultando impercettibilmente.

Il blu dei suoi occhi risalta sul tenue pallore della sua pelle e sussulti anche tu, a risentire quella voce da vicino, senza microfoni o registratori di mezzo.

Un lampo illumina il cielo e vi acceca entrambi, costringendovi a guardare in basso, mentre la pioggia prende a cadere più forte e il rombo di un tuono pare far tremare il mondo intero.

“Ehi…” gli fai eco timidamente, sentendo la voce venir meno.

Ti togli il giaccone e ti siedi di fronte a lui, nascondendo le mani sotto il tavolo, stringendole tra le cosce nel vano tentativo di scaldarle, nella speranza che lui non si accorga dei tuoi denti che battono ripetutamente.

Hai sempre amato i contrasti, ma ora quel gelo sulla pelle, contrapposto al tepore crescente che si fa strada nel tuo cuore, ti destabilizza. E per un attimo dimentichi tutto ciò che vorresti dirgli, quel discorso scarabocchiato su un fogliaccio che tieni ripiegato nella tasca dei jeans, e l’unica cosa che vorresti fare è allungarti su quel tavolo di legno, prendergli il viso tra le mani e baciarlo come facevi una volta, dirgli che ti dispiace, che lo ami, che mollerai tutto per lui, che lo griderai al mondo, quell’amore, che ora non te ne frega più niente, che nulla è importante, se non quello che provi per lui.

 

 

 

ANGOLINO DELL’AUTRICE COSTERNATA CHE RISPUNTA CON QUESTA STORIA DOPO MESI E MESI, SENZA UNA SCUSA DECENTE

Perdonatemi, lo so, è passato un secolo, ma non volevo inventare di sana pianta delle vicende, senza avere come base dei gossip reali, così eccomi ricomparire dopo mesi, con un terzo capitolo a cui seguirà prestissimo anche il quarto, perché ce l’ho già in testa e non ci metterò molto a buttarlo giù. Prima erano le idee a mancare, ora finalmente il materiale c’è, quindi beccatevi questo ritorno di Martin, che finalmente appare in carne ed ossa.

Se vi va lasciatemi qualche parola mi farebbe davvero piacere e ve ne sarei infinitamente grata.

Bacioni

MissAdler 

   
 
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