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Autore: HikariMoon    04/11/2019    1 recensioni
Temporaneamente al sicuro nel Regno di Smeraldo, manca solo il Guerriero Giallo per rendere ancora una volta completo il gruppo dei Maestri della Luce. Mentre Yuuki torna sulla Terra alla sua ricerca, e con un altro compito che sente di doversi assumere, Mai, Hideto, Kenzo e Dan hanno una diversa missione. Per avere un vantaggio sui propri nemici, varcheranno il portale per il futuro in cerca dei Brave. E un’unica domanda rimane fissa nella loro mente: cos’è diventato il futuro del Guerriero Giallo?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clackey/Clarky Ray, Dan Bashin, Moonlight Barone/Barone Chiaro di Luna, Yuuki Momose
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Battle Spirits Resurgence - I Guerrieri della Luce'
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CAPITOLO 3

Yuuki era rimasto in disparte a guardare gli amici attraversare il varco per il futuro.

“Puoi venire con noi, lo sai? Così scopriresti perché è divertente immaginarti nel futuro.”

Ridendo, Hideto glielo aveva chiesto ancora una volta, anche se sapevano entrambi che lui si era già preso un’altra missione. Con un po’ di fortuna, mentre loro erano via, avrebbe trovato sulla Terra e portato a Gran RoRo il Maestro della Luce percepito da Aileen. Una precauzione necessaria considerando soprattutto che né Mai, né Hideto, né Kenzo si aspettavano davvero che Clarky tornasse dal futuro con loro.

Era tutto già stato deciso, ma per un fugace istante era stato tentato. Vedere la nuova era, rivedere Clarky, rivedere Kazan, scoprire i Brave di cui tanto loro parlavano. Ma doveva fare la sua parte.

Aileen abbassò le mani e l’aura iridescente smise di avvolgerla.

Nella radura erano rimasti solo in tre: lui e le due granroriane. Ora che anche il varco era chiuso, si riusciva di nuovo a sentire il fruscio delle foglie e il ronzio degli insetti.

Il Guerriero Bianco scrutò un’ultima volta attorno a sé, augurandosi che la folta vegetazione fosse sufficiente a nascondere la Limoviole finché non fossero tornati. Serjou aveva promesso che lui e M.A.I.A. avrebbero ripristinato lo scudo protettivo al massimo delle sue funzionalità nel minor tempo possibile. Non potevano che sperare fosse sufficiente.

“Aileen conosce il luogo dove c’è il passaggio per la Terra. Dovresti essere in grado di aprirlo con il tuo simbolo bianco.”

Yuuki annuì e riaccese il cellulare, rimasto spento da quando erano arrivati a Gran RoRo. Non prevedeva di mettersi in contatto con nessuno, ma era meglio essere pronto a ogni evenienza.

“Sei sicura che non sia meglio venga anche io? Al ritorno-”

“Il passaggio è a pochi minuti da qui”, replicò con tono esasperato la Guerriera Verde. “Magisa, per favore. Penso di riuscire a cavarmela nelle foreste della mia infanzia.”

La Maga scoppiò a ridere, scambiando un veloce sguardo rassegnato con lui. Avrebbe preferito anche lui che la temporanea Maestra del Nucleo Progenitore non girovagasse da sola, ma se avessero voluto attaccarli avrebbero avuto già mille occasioni. M.A.I.A. aveva assicurato che non si registravano attività sospette nell’arco di chilometri. E non che la sua presenza avesse fatto una grande differenza con Kajitsu. Yuuki infilò in tasca il telefono.

“Pronto?” esclamò Aileen con entusiasmo. Forse un po’ troppo.

Nessuno dei due aveva ancora ben capito come comportarsi con l’altro e, obbiettivamente, non c’era stato neppure granché tempo per farlo. Ma Yuuki aveva promesso e, anche se ancora si chiedeva se non fosse meglio che lei stesse il più lontano possibile da lui, avrebbe provato.

“Pronto. Se tutto va bene, spero di essere qui prima del ritorno degli altri.”

Magisa sorrise. “Buona fortuna.”

Yuuki annuì brevemente e si mise alle spalle di Aileen, che già si stavano avviando verso il folto della foresta.

Magisa seguì con lo sguardo le figure di Yuuki e Aileen che si infilarono tra la vegetazione, seguendo un sentierino di terra appena visibile nell’erba fitta.

La radura era così tranquilla, ora che tutti i Maestri della Luce erano impegnati nelle loro missioni, che quasi riusciva a illudersi che la calma di quella foresta fosse reale.

Ma sentiva la trama che si stava diffondendo sulla sua pelle, anche se nascosta ai suoi occhi.

Si voltò verso la rampa della Limoviole, controllando che Serjou fosse ancora all’interno insieme a M.A.I.A.

Con dita tremanti, sollevò il lembo di stoffa dalla spalla. Non le servì spostarlo molto: le sottili linee che partivano dal suo cuore avevano quasi raggiunto la sua spalla.

“Maga Magisa.”

La granroriana trasalì, rialzando di scatto la testa e lasciando il bordo dell’abito come se scottasse.

“Posso parlarvi un attimo?”

Magisa ruotò velocemente, una risata nervosa sulle labbra. “Certo. Qual è il problema Serjou?”

Il granroriano era a pochi passi da lei, le braccia incrociate dietro la schiena, la postura dritta e il volto impassibile. Per un attimo, sembrò scrutarla attentamente e lei si sforzò di restare ferma.

“Mentre controllavo i sistemi insieme a M.A.I.A., ho notato la presenza di alcune lacune nella sua memoria.”

Magisa inspirò rumorosamente, il cuore che cominciava a battere forsennatamente nel petto, e incrociò le braccia. Doveva essere solo un caso, non poteva averla scoperta: era stata attenta. Abbozzò una risata, stridula e davvero poco convincente. Si fermò subito.

“Forse dovresti provare a parlarne con Mai e Kenzo quando tornano. Sono sicura che loro-”

“Non avete eliminato i dati dal backup centrale.”

Magisa abbassò lo sguardo. In un certo senso, se l’era aspettato. Non che avrebbe potuto nasconderlo ancora a lungo. “Cosa hai visto?”

Il granroriano avanzò ancora sulle erba bassa della radura.

“Le sue condizioni sono preoccupanti. Perché non avete detto nulla ai Maestri della Luce?”

La Maga sospirò e alzò lo sguardo verso l’alto, verso gli squarci di cielo azzurro che si intravedevano tra le fronde.

“Non voglio che si sentano in obbligo di fare altre deviazioni. La situazione di Gran RoRo è più importante.”

Magisa avrebbe preferito che quel discorso finisse lì, che le sue mancanze come protettrice di Gran RoRo non continuassero a venire portate a galla.

“Quando è iniziato?”

La voce di Serjou era pacata, priva di alcun giudizio nei suoi confronti, quasi comprensiva. La sua coscienza la faceva continuamente sentire peggio.

“Non ne sono sicura, ma l’ho notato poco dopo che mi è stato portato via il mio bastone.”

Magisa raggiunse la rampa e vi si posò contro, lasciando vagare lo sguardo sulla foresta. Serjou si avvicinò di un paio di passi, ma rimase a una distanza confortevole. E per quello gli era grata.

“Forse è il motivo per cui non mi è stato possibile riprendere il Nucleo.”

E, se doveva essere sincera, parlarne finalmente con qualcuno era liberatorio. Non sarebbe stato sufficiente a risolvere la sua situazione, non aveva idea neppure se potesse essere risolta o quale ne fosse la causa, ma la faceva stare meglio.

“Non credete, allora, che possa essere tutto collegato? Forse qualcuno voleva che quei poteri fossero in mano di qualcuno di meno potente. O più inesperto.”

Magisa sgranò gli occhi e sentì il sangue gelarle nelle vene. Le parole di Serjou rimbombarono nella sua mente. Mai aveva avuto il coraggio di contemplare una simile eventualità per più di un fugace istante. Aveva voluto sempre credere che fossero coincidenze ma, se anche Serjou le aveva notate, non poteva più mentire a sé stessa. Anche se era difficile non essere soffocata dalle recriminazioni.

“Pensi che qualcuno abbia volutamente fatto in modo che succedesse? Ma chi? Come? Ero la Maestra del Nucleo Progenitore! Sono la Strega del Mondo Altrove! Come è possibile che non me ne sia resa conto?”

“Riflettete, Maga Magisa. Ancor prima di cedere il Nucleo ad Aileen, non eravate più in grado di mantenere una forma non fisica. E se non sbaglio, i cambiamenti nei mondi sono iniziati attorno allo stesso periodo.”

La granroriana si staccò dalla rampa e si voltò di scatto verso Serjou. Per quanto aveva avuto quei sospetti? Da quanto aspettava di chiederle spiegazioni?

“Perché non ne hai parlato prima?”

“Perché la speravo una coincidenza, o che la vostra situazione fosse una semplice conseguenza del deterioramento dei sei mondi. Ma, forse, qualcuno voleva che succedesse.”

“Qualcuno che voleva i Maestri della Luce a Gran RoRo.”

Il solo pensiero che i suoi ragazzi fossero ancora più in pericolo di quanto avessero potuto pensare, che qualcuno li volesse come mezzo per i suoi piani, fu sufficiente a farla riemergere dall’abisso di autocommiserazione in cui era sprofondata.

“Se la tua ipotesi è corretta, la situazione è più preoccupante di quanto credessimo.” Non avrebbe permesso a nessuno di far loro del male. “D’ora in avanti dovremmo indagare.”

Yuuki e Aileen avanzarono tra la vegetazione in silenzio, l’unico rumore i loro passi che arrancavano sulla terra bagnata e le mille radici che sporgevano dal terreno, il frusciare delle foglie e degli arbusti che spostavano con il loro passaggio.

La granroriana svoltò su un terreno in leggera pendenza, che si insinuava in una vegetazione ancora più fitta. La luce faticava a infiltrarsi tra le foglie e l’aria umida era piena del ronzio degli insetti.

Si fermò in uno slargo nel verde, dove i tronchi si intrecciavano a formare quasi una cupola, e un rivolo d’acqua sgorgava tra rocce ricoperte di muschio, disperdendosi poi nel terreno. I loro piedi affondavano nel fango.

“È qui uno dei passaggi verso la Terra.”

Il Guerriero Bianco annuì e la superò, fermandosi a pochi passi da lei. Inspirò e lasciò che il simbolo bianco apparisse davanti al suo petto, lasciando che il desiderio di tornare sulla Terra fluisse nell’energia.

Gli insetti ronzarono inquieti, disturbati dalla loro presenza, disturbati dal varco luminoso che apparì davanti a lui.

Aileen lo affiancò, una mano protesa in avanti e una farfalla verde adagiata sul suo palmo.

“Indirizzerò il varco verso il luogo in cui ho sentito il Maestro della Luce. Pensi di riuscire a trovarlo?”

La farfalla si sollevò e volteggiò contro il portale, dissolvendosi in esso.

Yuuki sorrise. “Non è la prima volta che lo faccio. Tu, piuttosto, sei sicura di spedirmi nel posto giusto?”

La granroriana sbuffò e posò un braccio sul fianco. “L’ho percepito di nuovo. E se non è lo stesso dell’altra volta, avrai di che preoccuparti.”

“Speriamo. La Limoviole sta diventando affollata.”

Il Guerriero Bianco avanzò. Aileen si guardò attorno, indecisa. Strinse le braccia al busto. Lui stava per varcare il portale.

“Yuuki, aspetta.”

Il brusio degli insetti e la tenue vibrazione del portale erano gli unici suoni, quasi quella radura fosse completamente separata dal mondo, ma lui si voltò e scrutò tra i tronchi quasi si aspettasse che una minaccia fosse piombata su di loro dal nulla. Aileen roteò gli occhi.

“Ho bisogno di farti una domanda.”

Yuuki le fece cenno di proseguire. Lei inspirò, già pentendosi di non essere stata zitta.

“Quando Mai è andata a salvare Dan, perché non hai chiesto di poter salvare tua sorella?” Deglutì. “È a causa mia? Perché ho i suoi ricordi?”

Il Guerriero Bianco si irrigidì, tornandosi a voltare bruscamente verso il portale, lasciandola fissare il suo profilo scuro contro la luce dietro di lui.

“No.”

Aileen si morse un labbro. Non aveva mai frugato tra tutte le memorie che riaffioravano senza che lei lo chiedesse, che le riempivano la testa di scene di cui non aveva mai fatto parte quando abbassava le difesa. Ma se c’era qualcosa che era riuscito a filtrare, incurante dei suoi sforzi, era il dolore. Il senso di rimpianto. Il senso di nostalgia.

“Perché no allora?”

Gli insetti e il debole sciabordio dell’acqua contro le rocce riempirono il silenzio tra loro due. L’aria pesante intrappolata tra le fronde intrecciate dagli alberi era resa ancora più soffocante dalla tensione che si emanava da loro.

“Era già una missione impossibile così com’era. Non volevo costringerli a fare una scelta.”

Avanzò e svanì subito dopo, il varco che si chiuse alle sue spalle.

Aileen rimase immobile a fissare nella penombra che era tornata ad avvolgere la conca. Gli insetti ripresero a volare con più audacia, allontanandosi dai tronchi e sciamando in nugoli sopra all’acqua. Un grosso scarabeo dal guscio lucido, nero e verde, uno smeraldo incastonato sul dorso, volò attorno a lei e si posò sulla sua mano protesa. Le piccole zampette le solleticarono la pelle.

Sorrise senza convinzione, mille pensieri che si creavano e disfacevano nella sua mente, intrecciandosi all’eco di nostalgia e dolore di vite passate, all’impulso vitale che saliva dal terreno umido sotto i suoi piedi e dalle foglie pesanti attorno a lei.

Lo scarabeo sembrò guardarla per un fugace battito di ciglia. E volò via, confondendosi tra tanti altri.

La Guerriera Verde abbassò la mano e ruotò su sé stessa, sforzandosi di ripercorrere i passi che li avevano condotti lì prima che i suoi pensieri spiraleggiassero fuori dal suo controllo.

Non avrebbe dovuto essere costretto a farla neppure lui.

Il bagliore del varco scomparve, sostituito da un parquet di legno ambrato sempre più vicino. Yuuki riuscì appena in tempo ad allungare le braccia e a recuperare sufficiente equilibrio per non finire con la faccia contro il pavimento.

Il gelo con cui la semplice domanda di Aileen aveva avvolto il suo cuore, domanda che si sorprendeva nessuno gli avesse ancora fatto, si sciolse fin troppo lentamente. Yuuki spinse tutto in un angolo della sua mente. Non era quello il momento: aveva una missione.

Ancora inginocchiato e le mani posate a terra, alzò lo sguardo e sgranò gli occhi.

Era il salotto-biblioteca della casa di Elisabeth, primo piano, due porte oltre la sua camera.

Faticò a trattenere una risata. Il destino era sadico.

La porta si aprì e lui scattò in piedi. Si ritrovò davanti il nonno di Elisabeth, bastone e libro stretto tra le dita. Reduce della guerra, ci voleva ben più di un’inaspettata apparizione per farlo sobbalzare. L’anziano lo scrutò e assottigliò gli occhi, sul volto evidente rimprovero.

“Mia nipote mi aveva detto saresti stato via per diverso tempo, in quel mondo apparso anni fa. Voi giovani siete così melodrammatici.”

“Sono qui soltanto per un tempo limitato. Dov’è-”

L’anziano, già di spalle, posò il libro sul tavolino accanto al divano e si mise a scorrere i dorsi dei libri sulle mensole.

“In camera sua. Oggi è ritornata di cattivo umore. Chiedi a mia moglie.”

Il Guerriero Bianco annuì e uscì dalla stanza. La familiarità di quel corridoio, di quelle porte, le aiuole che si intravedevano tra le tende e le voci della nonna di Elisabeth e della cuoca che salivano dal piano inferiore erano stranianti; familiari, ma già così lontani.

Raggiunse la porta di Elisabeth e si fermò, indeciso se bussare. Da oltre la porta si sentiva qualcuno tirare su con il naso.

Bussò.

Ci furono un grido strozzato di sorpresa, il rumore di un corpo che gattonava sul letto e il calpestio di piedi nudi sul pavimento.

“Nonna! Sto bene. Te l’ho già detto-”

La porta si aprì e la ragazza di fronte a lui imbastì il suo miglior sorriso. Un triste contrasto con gli occhi arrossati. Elisabeth trasalì.

“Yuuki?”

La sua voce tremò, incredula e speranzosa, e gli occhi le si inumidirono. Lui fece appena in tempo ad allargare le braccia; la ragazza si fiondò contro di lui, stringendo le dita sulla maglia e affondando il volto nella sua spalla.

“Nozomi mi ha lasciato.”

Il Guerriero Bianco ricambiò la stretta e la guidò di nuovo nella stanza, facendola sedere sul letto e affiancandola. Sulle lenzuola lo schermo del cellulare era attivo, una foto delle due ragazze che ridevano in spiaggia.

“Ti va di parlarne?”

“Ha detto che i suoi genitori cominciavano a sospettare,” sussurrò ancora stretta a lui. Yuuki sentì il tessuto inumidirsi. “Non ha avuto il coraggio di affrontarli. E il suo nuovo lavoro…”

Elisabeth singhiozzò e tirò su con il naso. “Non riesco ad avercela con lei,” si lamentò tra le lacrime, scuotendo piano la testa.

Il ragazzo sorrise tristemente e staccò delicatamente la ragazza da lui. Lei teneva gli occhi bassi, le mani ora strette sui pantaloni.

“Mi dispiace.”

“Vorrei solo non finisca ogni volta così.”

Yuuki le posò una mano sul pugno e lei alzò lo sguardo, i rivoli di lacrime che stavano appicciando le ciglia in forme strane.

“Troverai una persona speciale, vedrai.”

Elisabeth abbozzò un sorriso, non molto convincente con gli occhi gonfi e rossi, ma sciolse il pugno e ricambiò la stretta.

“Come fai a essere così comprensivo, Yuuki? Non hai battuto ciglio, neanche quando l’hai scoperto. Avevo paura di perderti e tu-”

“Ho imparato che l’amore non ha etichette.”

La ragazza scoppiò a ridere e si gettò di schiena sul materasso, le mani sul viso e sui capelli arruffati, gli occhi chiusi.

“C’era un motivo se mi ero presa una cotta per te! Posto giusto, momento giusto: un altro dei superpoteri di voi Maestri della Luce?”

“Ci proviamo.”

Un battito di ciglia dopo, Elisabeth si rizzò sui gomiti.

“Aspetta un secondo,” esordì lanciandogli uno sguardo accusatorio. “Che diamine ci fai qui? Dovresti essere a Gran RoRo!”

Yuuki nascose il proprio divertimento, per non essersi accorta di quel dettaglio fino a quel momento doveva essere veramente addolorata per la storia con Nozomi. Ma avrebbe dovuto aver letto l’e-mail.

“Sono venuto a cercare un Maestro della Luce. Sappiamo che è qui.”

Elisabeth balzò seduta, il dorso di una mano ad asciugare gli occhi e l’altra mano a cercare di districare la treccia.

“Cosa stiamo aspettando? Ti do una mano,” proseguì mettendosi in piedi e sistemandosi i vestiti. Si guardò attorno e afferrò il cellulare, chiudendo lo schermo dopo un attimo di esitazione. “In due faremo di sicuro prima. Anche se non ho la minima idea… come si cerca un Maestro della Luce?”

La ragazza cominciò ad avviarsi verso la porta, concedendosi una smorfia nel vedere il proprio stato nello specchio dell’armadio.

“Elisabeth,” la fermò afferrandole la mano. “L’ho già trovata.”

I loro sguardi si incrociarono. Lei aggrottò la fronte e inclinò la testa. Poi arretrò di scatto.

“Mi stai prendendo in giro!” sbottò con gli occhi sgranati e sciogliendosi dalla sua presa bruscamente. “Mi rimangio tutto quello che ho detto poco fa.”

Il Guerriero Bianco si limitò ad alzare un sopracciglio, ben abituato ai primi scatti di confusione. E il ricordo di Kajitsu riaffiorò.

I lunghi momenti di silenzio si protrassero, con Elisabeth con lo guardava in attesa che smentisse, che rivelasse fosse tutto uno scherzo per tirarla su di morale.

La smentita non arrivò.

“Sei serio? Dei del cielo, sei serio! Io? Una Maestra della Luce?”

La ragazza prese a camminare per la stanza, agitando le mani tutto attorno a sé.

“Per la miseria, la farfalla verde che parlava! Cioè, quando mi è arrivata la tua e-mail… c’era una farfalla che brillava e si dibatteva e ha iniziato a parlare con la voce di una ragazza.”

Si fermò in mezzo alla stanza, voltandosi verso Yuuki, rimasto in attesa che lei si sfogasse, e incrociò il suo sguardo con gli occhi sgranati, come quelli di un animale spaventato. Un giorno sarebbe stata grata, quando avrebbe saputo il modo con cui aveva portato Dan.

“Credevo volesse avvertirmi che ve ne eravate andati,” il suo sguardo si mosse verso lo specchio. “Che idiota.”

Sbuffò, soffiando via un ciuffo dal viso. “Sono una Maestra della Luce.”

Elisabeth emise un gridolino e si portò le mani alla bocca, non ben chiaro se fosse per gioia o per terrore. “Sono una Maestra della Luce!”

Poi tornò a voltarsi verso il Guerriero Bianco, il sorriso sostituito da un’espressione seria e vagamente preoccupata.

“Non ho la più pallida idea di che cosa vi aspettiate da me.”

Fino a sei anni prima, non si sarebbe fatto grandi scrupoli. Avrebbe fatto leva sulle debolezze di Elisabeth, l’avrebbe spinta ad accettare nonostante i dubbi, illudendola che Gran RoRo le avrebbe dato la possibilità di ottenere tutto ciò che desiderava.

A posteriori, non uno dei momenti di cui era più orgoglioso.

Yuuki le fece cenno di tornare a sedersi accanto a lui. Elisabeth lo raggiunse senza farselo ripetere.

“Per prima cosa, devi capire che è pericoloso. Certo ricordi tutto quello che è successo qui sulla Terra dopo la nostra vittoria, ma combattere a Gran RoRo ti mette in prima linea.”

Lei annuì lentamente.

“Nei pochi giorni che siamo stati a Gran RoRo, ci siamo infiltrati in una base da cui siamo scappati lanciandoci da un finestra e siamo stati inseguiti dentro un canyon.”

Elisabeth sgranò gli occhi. “Come fate a essere ancora vivi?”

Yuuki le posò le mani sulle spalle. “Non è come nelle storie, dove l’eroe parte e sai che salverà il mondo. Ci siamo riusciti una volta, ma essere un Maestro della Luce è pericoloso. Non pensare neppure per un attimo di essere obbligata.”

Yuuki era immobile in un angolo, la schiena contro il vetro della metropolitana, la mano stretta a un passamano. Da dietro agli occhiali da sole scrutava ogni movimento di coloro che lo circondavano. Il vagone non era molto affollato, gran parte delle persone ancora sul posto di lavoro o seduta dietro un banco di scuola. Ma era un’abitudine che non era più riuscito a scrollarsi d’addosso.

Ma nessuno lo guardava, nessuno sembrava vedere in lui niente di più di un altro passeggero come gli altri. Si meravigliava ancora di come il passaggio del tempo modificasse la percezione umana. Chi avrebbe riconosciuto tra la folla una persona ritenuta morta? La gente vedeva solo quello che voleva.

Il cellulare, in tasca da quando aveva lasciato la Limoviole, vibrò contro la sua gamba. Yuuki aggrottò appena la fronte e lo estrasse. C’erano un messaggio e l’avviso di una chiamata persa.

Siete ancora qui? Perché Mai non risulta raggiungibile? È successo qualcosa???

Il mittente era Shinomiya Kaoru. Fissò a lungo quelle parole, non trascurando la possibilità che fosse una trappola. Mai aveva detto che Kaoru e Andrew erano in America, il loro ritorno atteso solo per le festività dell’anno nuovo.

Solito posto tra due ore.

Infilò nuovamente il cellulare nella tasca e si avvicinò alle porte, la sua fermata appena annunciata sul display. Fu l’unico a scendere. Attraversò la stazione con lo sguardo basso e scrutando ciò che lo circondava con la coda dell’occhio, rilassandosi soltanto una volta raggiunti i vicoli più deserti che si diramavano tra casette e muri divisori.

Non era una buona idea la sua, ma era stata una a cui non si era potuto sottrarre.

Si fermò a diversi metri di distanza, ma sufficientemente vicino per vedere il cancelletto d’entrata e, oltre esso, il piccolo giardino che precedeva la casa. Non era del tutto sicuro che i suoi abitanti fossero lì, ma doveva almeno fare un tentativo. Avevano diritto di sapere.

Anche se rischiava di instillare in loro speranze senza futuro, di costringerli a soffrire ancora.

Yuuki superò la strada e si fermò al cancello.

Bashin.

Era sempre stato strano tornare in quel luogo, soprattutto dopo il suo risveglio. Erano stati loro a volerlo incontrare, dopo che Mai si era lasciata involontariamente sfuggire la verità su di lui. C’era stato il panico tra di loro, finché lui aveva deciso di accettare.

“Dan avrebbe voluto che tu vivessi con noi.”

“Ricordarti che qui avrai sempre una famiglia. È il minimo che possiamo fare.”

Yuuki suonò il campanello. Se Elisabeth aveva mandato l’e-mail come promesso, ci sarebbe stata più di qualche domanda a cui rispondere.

Non dovette aspettare a lungo. Il citofono gracchiò e si sentì una voce di donna.

“Chi è?”

“Yuuki.”

La donna inspirò rumorosamente dall’altra parte della cornetta. Il cancello si aprì immediatamente.

Il Guerriero Bianco entrò e raggiunse la porta in un paio di falcate. La porta d’entrata si spalancò prima che lui la raggiungesse. Sull’uscio c’erano entrambi i genitori di Dan.

“Entra.” Akane si spostò per lasciarlo passare. Takuto chiuse la porta alle sue spalle.

I tre raggiunsero il soggiorno in silenzio e la donna si diresse subito a chiudere il fornello su cui una teiera stava bollendo.

“Abbiamo ricevuto l’e-mail. Non ci aspettavamo di vederti.”

“Sono tornato per contattare un nuovo Maestro della Luce.”

Takuto sbiancò. Akane si lasciò sfuggire la teiera, con tanto di acqua bollente che si rovesciò sui fornelli. La donna agitò un mano e ruotò con gli occhi dilatati dalla paura.

“Né Hinata né Hiroki,” si affrettò ad aggiungere, comprendendo quale fosse il loro timore.

Il terrore scivolò via dai due come neve che si scoglie e si aggrapparono l’uno all’altra.

“Non volevo darvi questa impressione, mi dispiace.”

Akane scoppiò a ridere, una risata forzata e nervosa, e si staccò dal marito sedendosi al tavolo.

“Kenzo aveva nove anni. Non era insensato fare il collegamento.”

“E anche lei usa il rosso,” aggiunse con un misto di rassegnazione e sollievo Takuto. “E gli assomiglia così tanto.”

Il Guerriero Bianco si era sempre sorpreso di quanto Hinata riuscisse ad assomigliare al fratello che quasi non ricordava più: nel modo di duellare, nell’atteggiamento di fronte alle difficoltà.

“Ma se non è per portare a Gran RoRo uno di loro due, perché sei qui?”

La porta d’entrata si aprì e i tre adulti si immobilizzarono.

“Sono arrivato prima io!”

“Solo perché hai imbrogliato!”

“Colpa tua che ti sei distratta.”

Tonfi di scarpe e zaini posati a terra. La porta venne chiusa. “Siamo a casa!”

I due Bashin incrociarono lo sguardo di Yuuki che annuì. Takuto inspirò. “Siamo in soggiorno.”

Passi di corsa e risate nel corridoio. Akane strinse la mano del marito. Yuuki si voltò verso la porta e il suo sguardo incrociò quello limpido e divertito di una bambina, che si arrestò di botto nel vederlo, gli occhi che si spalancarono e la risata che tramutò in una silenziosa espressione di sorpresa. Il bambino dietro di lei impatto contro la sua schiena, colto alla sprovvista dall’azione della sorella. Si portò le mani alla faccia e mugolò.

“Perché ti sei fermata!”

Hinata gridò di gioia e si lanciò contro di lui, un enorme sorriso che brillò sul suo volto. Yuuki la prese tra le braccia con la facilità nata dall’abitudine.

“Yuuki!”

“Tra un po’ non riuscirò più a prenderti in braccio.”

Il fratello zittì le proprie lamentele e si rese conto solo allora della sua presenza. Anche lui si lanciò contro di lui con espressione adorante.

“Finché sarò più bassa di te, sì!”

“Forse non sarai mai più alta di me.”

Hinata scoppiò a ridere. “Meglio per me!”

“Smettila di tenertelo tutto per te!” protestò Hiroki strattonando la gamba penzolante della sorella. Yuuki sorrise e gli scompigliò i capelli, piegandosi per far scendere la bambina.

Hiroki gli saltò in braccio trionfante mentre Hinata sbuffò, l’aria che andò a scompigliare i già spettinati capelli tenuti appena in ordine in due codini. Poi si voltò imbarazzata verso i genitori che stavano cercando di trattenere le risate.

“Ciao, mamma. Ciao, papà.”

Anche Hiroki saltò giù dalle braccia di Yuuki e corse a salutare i genitori. Akane sfiorò le guance dei figli con un bacio.

“Perché non andate a sistemare le vostre cose?”

Sui volti di Hinata e Hiroki apparvero espressioni gemelle di disappunto.

“Ma c’è Yuuki!”

Takuto alzò gli occhi al cielo. “E non se ne andrà prima di salutarvi. Ma ora dobbiamo parlare di cose da grandi.”

Hinata sbuffò e afferrò la mano del fratello. “Va bene.”

“Ma c’è Yuuki,” ripeté con tono petulante Hiroki.

“E io sono la sorella maggiore. Quindi mi devi ascoltare!”

I due bambini svanirono in corridoio. Un attimo dopo passarono di nuovo davanti al vano della porta, questa volta zaini in spalla. Le loro voci e i loro passi si affievolirono dietro una porta che si chiudeva.

Yuuki tornò a voltarsi verso i due coniugi Bashin, che lo guardavano in attesa.

“Quindi siete tornati a Gran RoRo?”

La voce dell’uomo era neutra, mal riuscendo a nascondere l’incertezza. Yuuki non li poteva biasimare, vedeva nei loro occhi la confusione e la paura che, in fondo, fosse davvero venuto per uno dei loro due figli. In un certo senso, invidiava di non aver avuto genitori del genere. Anche se avevano fatto difficoltà ad appoggiare Dan dopo Gran RoRo, anche se per lungo tempo non erano riusciti a capirlo. Ma, alla fine, c’erano stati.

Yuuki ricordava i suoi genitori, ma faceva fatica a ricordare qualunque cosa avvenuta prima del giorno in cui Kajitsu aveva mostrato di essere diversa. Amore, affetto, preoccupazione c’erano stati, ma erano sentimenti avvizzite da tutto quello che era successo dopo. Ricordava la paura nei loro occhi nel vedere la loro figlia anormale, i movimenti bruschi con cui lo separavano da lei per paura che la sua stranezza fosse contagiosa, il timoroso sospetto nei loro sguardi che osservavano i suoi movimenti. I suoi genitori forse li avevano amati, ma non abbastanza da accettarli così com’erano.

Qualche volta, avrebbe voluto dimenticare anche i ricordi belli, le risate, gli abbracci, perché rendevano ancora più difficile il capire come i suoi genitori avessero potuto comportarsi in quel modo.

E Dan, invece, rischiava di non ricordare mai più la famiglia che lo amava.

Avrebbe scambiato in un battito di ciglia quei pochi ricordi felici con la possibilità che Dan ricordasse. Perché anche i Bashin avevano sbagliato, avevano lasciato che la paura rischiasse di logorare inesorabilmente il legame con Dan, ma lo avevano realizzato in tempo. Avevano cercato di rimediare, di recuperare pezzo per pezzo l’affetto e la fiducia.

Aveva fatto bene a venire.

Se alla fine di tutto Dan non avrebbe ricordato, la sua famiglia lo avrebbe accettato comunque. Avrebbero ricostruito tutto.

“Yuuki?”

Il Guerriero Bianco tornò a focalizzare i volti dei due Bashin. Confusione, curiosità e forse una punta di preoccupazione sui loro volti.

“È successo qualcosa, poco dopo il nostro arrivo a Gran RoRo.”

“Voi state tutti bene, vero?” domandò la donna con trepidazione.

Yuuki annuì.

“Abbiamo riportato Dan tra di noi.”

I due continuarono a guardarlo come se non lo avessero sentito. Poi, lentamente, sbatterono le palpebre e realizzazione il significato delle sue parole.

“Il nostro bambino.”

“Il nostro Dan è vivo?”

Avevano le voci tremanti e gli occhi lucidi, brillanti non solo di lacrime ma di quella speranza che spazzava via il dolore di quattro anni, il dolore di una famiglia che aveva perso un figlio senza poter far nulla, senza saperlo.

“Gli altri non sanno che sono venuto a dirvelo, ma ritengo che sia giusto che voi lo sappiate.”

Akane scoppiò a piangere, subito stretta tra le braccia del marito che iniziò a sussurrarle nell’orecchio parole di conforto senza forma. Poi l’uomo si voltò verso di lui, deglutendo a fatica.

“Perché non è qui con te?”

La donna trasalì e gli rivolse uno sguardo terrorizzato, artigliando una mano sul bordo del tavolo. “Non sta bene? Non ci ha ancora perdonato?”

Yuuki si protese in avanti e posò una mano su quella di Akane, che subito gliela strinse con forza.

“Dan non ricorda nulla. Solo il suo nome. Solo di essere il Guerriero Rosso. Se avesse ricordato, non credo avremmo potuto fare nulla per impedirgli di tornare da voi.”

Akane annuì lentamente e ritrasse la mano, che aggrappò alla maglia del marito, contro la cui spalla era ancora posata.

“Il nostro bambino”, sussurrò con voce spezzata.

Yuuki rimase in silenzio. Aveva previsto che quella notizia sarebbe stato un duro colpo per loro, ma non poteva illuderli. Ed era meglio che far loro credere che Dan li odiasse.

Takuto tornò a voltarsi verso di lui.

“Grazie, Yuuki. Non pensare che non siamo grati per avercelo voluto dire.” Rise sommessamente scuotendo la testa. “Ma è tanto da assorbire.”

“Lo so. Sappiate che farò di tutto per riportarvelo sano e salvo.”

Akane gli rivolse un flebile sorriso. “Vi rivogliamo entrambi a casa sani e salvi.”

Il Guerriero Bianco si limitò ad annuire, rialzandosi e rimettendo la sedia al suo posto. Dopo un veloce scambio di saluti, lasciò i due Bashin da soli e uscì dalla stanza. Nella camera dei bambini sentì rumori di passi affrettati, qualcosa che cadeva e qualcuno che si gettava contro un tavolo. La porta dondolò sui cardini.

Sorrise e scosse la testa, superando il corridoio ed entrando nella stanza.

Hiroki stava giocando con foga con una console di giochi, disteso sul letto con le braccia tese in alto. Hinata, invece, era seduta sulla scrivania e girava rumorosamente le pagine di un quaderno.

“Hinata?”

La ragazzina saltò sulla sedia e si voltò, un enorme e sospetto sorriso stampato in volto. “Hai finito di parlare con mamma e papà?”

Il Guerriero Bianco sollevò un sopracciglio e si avvicinò. Hinata tornò a voltarsi verso il quaderno.

“È al contrario.”

La ragazzina emise un grido strozzato e lo girò, arrossendo di botto.

“L’avevo detto che ti scopriva.”

“Zitto tu! Non avresti fatto meglio!” ribatté Hinata mostrandogli la lingua.

“Hinata, cos’hai sentito?”

La ragazzina posò la matita e abbassò lo sguardo, stringendo le mani in grembo. Poi, alzò la testa, gli occhi lucidi.

“Lo sapevo che Dan non poteva essere morto. Come te.”

E gli gettò le braccia al collo, affondando il viso contro la sua spalla. “Grazie.”

Lui ricambiò l’abbraccio, dimenticandosi per un momento che quella non era davvero la sua famiglia. Ma quanto avrebbe voluto che lo fosse.

“Ti riporterò tuo fratello.”

“Lo so. Ti voglio bene, Yuuki.”

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti! E anche con questo terzo capitolo sono in ordine con la tabella di marcia. Molto probabilmente me ne pentirò quando l’episodio sarà finito e mi ritroverò ancora in alto mare con il prossimo costringendovi, ad aspettare di nuovo… ma si fa quel che si può! (e se anche il team di Battle Spirits ci fa aspettare per gli OVA, penso di non aver troppo da recriminare dato che noi siamo solo in due XD)

Comunque, per questo capitolo abbiamo temporaneamente lasciato il futuro per vedere come se la cava Yuuki con la sua missione. E l’identità del possibile nuovo Maestro della Luce è stata rivelata: Elisabeth Reiko Nakano. Accetterà di entrare nella gabbia di matti? Probabilmente più di qualcuno di voi aveva intuito che potesse essere lei. Non è che abbia cercato di nasconderlo così tanto. Dopotutto, è bello spargere indizi qua e là e poi vedere che i lettori gli uniscono!

Abbiamo anche cominciato a svelare qualche dettaglio sulla situazione di Magisa, entrata ovviamente in modalità mamma orso.

E abbiamo rivisto la famiglia Bashin! Con tanto di piccini cresciuti (Hinata ha 10 anni e Hiroki 7), che anche se Yuuki non ne è consapevole del tutto, l’hanno ormai adottato come membro della famiglia. Con i Bashin può succedere questo e altro… Ma sono riuscita a farvi commuovere almeno un po’?

Non penso di aver altro da aggiungere. Per qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete lasciarmi una recensione per dirmi cosa ne pensate.

A presto,

HikariMoon

  
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