CAPITOLO
3
Yuuki
era rimasto in disparte a
guardare gli amici attraversare il varco per il futuro.
“Puoi
venire con noi, lo sai? Così
scopriresti perché è divertente immaginarti nel
futuro.”
Ridendo,
Hideto glielo aveva
chiesto ancora una volta, anche se sapevano entrambi che lui si era
già preso
un’altra missione. Con un po’ di fortuna, mentre
loro erano via, avrebbe
trovato sulla Terra e portato a Gran RoRo il Maestro della Luce
percepito da
Aileen. Una precauzione necessaria considerando soprattutto che
né Mai, né
Hideto, né Kenzo si aspettavano davvero che Clarky tornasse
dal futuro con
loro.
Era
tutto già stato deciso, ma per
un fugace istante era stato tentato. Vedere la nuova era, rivedere
Clarky,
rivedere Kazan, scoprire i Brave di cui tanto loro
parlavano. Ma doveva
fare la sua parte.
Aileen
abbassò le mani e l’aura
iridescente smise di avvolgerla.
Nella
radura erano rimasti solo in
tre: lui e le due granroriane. Ora che anche il varco era chiuso, si
riusciva
di nuovo a sentire il fruscio delle foglie e il ronzio degli insetti.
Il
Guerriero Bianco scrutò
un’ultima volta attorno a sé, augurandosi che la
folta vegetazione fosse
sufficiente a nascondere la Limoviole
finché non fossero tornati. Serjou
aveva promesso che lui e M.A.I.A. avrebbero ripristinato lo scudo
protettivo al
massimo delle sue funzionalità nel minor tempo possibile.
Non potevano che
sperare fosse sufficiente.
“Aileen
conosce il luogo dove c’è
il passaggio per la Terra. Dovresti essere in grado di aprirlo con il
tuo
simbolo bianco.”
Yuuki
annuì e riaccese il
cellulare, rimasto spento da quando erano arrivati a Gran RoRo. Non
prevedeva
di mettersi in contatto con nessuno, ma era meglio essere pronto a ogni
evenienza.
“Sei
sicura che non sia meglio
venga anche io? Al ritorno-”
“Il
passaggio è a pochi minuti da
qui”, replicò con tono esasperato la Guerriera
Verde. “Magisa, per favore.
Penso di riuscire a cavarmela nelle foreste della mia
infanzia.”
La
Maga scoppiò a ridere,
scambiando un veloce sguardo rassegnato con lui. Avrebbe preferito
anche lui
che la temporanea Maestra del Nucleo Progenitore non girovagasse da
sola, ma se
avessero voluto attaccarli avrebbero avuto già mille
occasioni. M.A.I.A. aveva
assicurato che non si registravano attività sospette
nell’arco di chilometri. E
non che la sua presenza avesse fatto una grande differenza con Kajitsu.
Yuuki
infilò in tasca il telefono.
“Pronto?”
esclamò Aileen con
entusiasmo. Forse un po’ troppo.
Nessuno
dei due aveva ancora ben
capito come comportarsi con l’altro e, obbiettivamente, non
c’era stato neppure
granché tempo per farlo. Ma Yuuki aveva promesso e, anche se
ancora si chiedeva
se non fosse meglio che lei stesse il più lontano possibile
da lui, avrebbe
provato.
“Pronto.
Se tutto va bene, spero
di essere qui prima del ritorno degli altri.”
Magisa
sorrise. “Buona fortuna.”
Yuuki
annuì brevemente e si mise
alle spalle di Aileen, che già si stavano avviando verso il
folto della
foresta.
Magisa
seguì con lo sguardo le figure di Yuuki e Aileen che si
infilarono tra
la vegetazione, seguendo un sentierino di terra appena visibile
nell’erba fitta.
La
radura era così tranquilla,
ora che tutti i Maestri della Luce erano impegnati nelle loro missioni,
che
quasi riusciva a illudersi che la calma di quella foresta fosse reale.
Ma
sentiva la trama che si
stava diffondendo sulla sua pelle, anche se nascosta ai suoi occhi.
Si
voltò verso la rampa della Limoviole,
controllando che Serjou fosse ancora all’interno insieme a
M.A.I.A.
Con
dita tremanti, sollevò il
lembo di stoffa dalla spalla. Non le servì spostarlo molto:
le sottili linee
che partivano dal suo cuore avevano quasi raggiunto la sua spalla.
“Maga
Magisa.”
La
granroriana trasalì,
rialzando di scatto la testa e lasciando il bordo dell’abito
come se scottasse.
“Posso
parlarvi un attimo?”
Magisa
ruotò velocemente, una
risata nervosa sulle labbra. “Certo. Qual è il
problema Serjou?”
Il
granroriano era a pochi
passi da lei, le braccia incrociate dietro la schiena, la postura
dritta e il
volto impassibile. Per un attimo, sembrò scrutarla
attentamente e lei si sforzò
di restare ferma.
“Mentre
controllavo i sistemi
insieme a M.A.I.A., ho notato la presenza di alcune lacune nella sua
memoria.”
Magisa
inspirò rumorosamente, il
cuore che cominciava a battere forsennatamente nel petto, e
incrociò le
braccia. Doveva essere solo un caso, non poteva averla scoperta: era
stata
attenta. Abbozzò una risata, stridula e davvero poco
convincente. Si fermò
subito.
“Forse
dovresti provare a
parlarne con Mai e Kenzo quando tornano. Sono sicura che
loro-”
“Non
avete eliminato i dati
dal backup centrale.”
Magisa
abbassò lo sguardo. In
un certo senso, se l’era aspettato. Non che avrebbe potuto
nasconderlo ancora a
lungo. “Cosa hai visto?”
Il
granroriano avanzò ancora
sulle erba bassa della radura.
“Le
sue condizioni sono
preoccupanti. Perché non avete detto nulla ai Maestri della
Luce?”
La
Maga sospirò e alzò lo sguardo
verso l’alto, verso gli squarci di cielo azzurro che si
intravedevano tra le
fronde.
“Non
voglio che si sentano in
obbligo di fare altre deviazioni. La situazione di Gran RoRo
è più importante.”
Magisa
avrebbe preferito che
quel discorso finisse lì, che le sue mancanze come
protettrice di Gran RoRo non
continuassero a venire portate a galla.
“Quando
è iniziato?”
La
voce di Serjou era pacata,
priva di alcun giudizio nei suoi confronti, quasi comprensiva. La sua
coscienza
la faceva continuamente sentire peggio.
“Non
ne sono sicura, ma l’ho
notato poco dopo che mi è stato portato via il mio
bastone.”
Magisa
raggiunse la rampa e vi
si posò contro, lasciando vagare lo sguardo sulla foresta.
Serjou si avvicinò
di un paio di passi, ma rimase a una distanza confortevole. E per
quello gli
era grata.
“Forse
è il motivo per cui non
mi è stato possibile riprendere il Nucleo.”
E, se
doveva essere sincera,
parlarne finalmente con qualcuno era liberatorio. Non sarebbe stato
sufficiente
a risolvere la sua situazione, non aveva idea neppure se potesse essere
risolta
o quale ne fosse la causa, ma la faceva stare meglio.
“Non
credete, allora, che
possa essere tutto collegato? Forse qualcuno voleva che quei poteri
fossero in
mano di qualcuno di meno potente. O più inesperto.”
Magisa
sgranò gli occhi e
sentì il sangue gelarle nelle vene. Le parole di Serjou
rimbombarono nella sua
mente. Mai aveva avuto il coraggio di contemplare una simile
eventualità per
più di un fugace istante. Aveva voluto sempre credere che
fossero coincidenze ma,
se anche Serjou le aveva notate, non poteva più mentire a
sé stessa. Anche se
era difficile non essere soffocata dalle recriminazioni.
“Pensi
che qualcuno abbia
volutamente fatto in modo che succedesse? Ma chi? Come? Ero la Maestra
del
Nucleo Progenitore! Sono la Strega del Mondo Altrove! Come è
possibile che non
me ne sia resa conto?”
“Riflettete,
Maga Magisa.
Ancor prima di cedere il Nucleo ad Aileen, non eravate più
in grado di
mantenere una forma non fisica. E se non sbaglio, i cambiamenti nei
mondi sono
iniziati attorno allo stesso periodo.”
La
granroriana si staccò dalla
rampa e si voltò di scatto verso Serjou. Per quanto aveva
avuto quei sospetti?
Da quanto aspettava di chiederle spiegazioni?
“Perché
non ne hai parlato
prima?”
“Perché
la speravo una
coincidenza, o che la vostra situazione fosse una semplice conseguenza
del
deterioramento dei sei mondi. Ma, forse, qualcuno voleva che
succedesse.”
“Qualcuno
che voleva i Maestri
della Luce a Gran RoRo.”
Il
solo pensiero che i suoi
ragazzi fossero ancora più in pericolo di quanto avessero
potuto pensare, che
qualcuno li volesse come mezzo per i suoi piani, fu sufficiente a farla
riemergere dall’abisso di autocommiserazione in cui era
sprofondata.
“Se
la tua ipotesi è corretta,
la situazione è più preoccupante di quanto
credessimo.” Non avrebbe permesso a
nessuno di far loro del male. “D’ora in avanti
dovremmo indagare.”
Yuuki
e Aileen avanzarono tra la
vegetazione in silenzio, l’unico rumore i loro passi che
arrancavano sulla
terra bagnata e le mille radici che sporgevano dal terreno, il
frusciare delle
foglie e degli arbusti che spostavano con il loro passaggio.
La
granroriana svoltò su un
terreno in leggera pendenza, che si insinuava in una vegetazione ancora
più
fitta. La luce faticava a infiltrarsi tra le foglie e l’aria
umida era piena
del ronzio degli insetti.
Si
fermò in uno slargo nel verde,
dove i tronchi si intrecciavano a formare quasi una cupola, e un rivolo
d’acqua
sgorgava tra rocce ricoperte di muschio, disperdendosi poi nel terreno.
I loro
piedi affondavano nel fango.
“È
qui uno dei passaggi verso la
Terra.”
Il
Guerriero Bianco annuì e la
superò, fermandosi a pochi passi da lei. Inspirò
e lasciò che il simbolo bianco
apparisse davanti al suo petto, lasciando che il desiderio di tornare
sulla
Terra fluisse nell’energia.
Gli
insetti ronzarono inquieti,
disturbati dalla loro presenza, disturbati dal varco luminoso che
apparì
davanti a lui.
Aileen
lo affiancò, una mano
protesa in avanti e una farfalla verde adagiata sul suo palmo.
“Indirizzerò
il varco verso il
luogo in cui ho sentito il Maestro della Luce. Pensi di riuscire a
trovarlo?”
La
farfalla si sollevò e volteggiò
contro il portale, dissolvendosi in esso.
Yuuki
sorrise. “Non è la prima
volta che lo faccio. Tu, piuttosto, sei sicura di spedirmi nel posto
giusto?”
La
granroriana sbuffò e posò un
braccio sul fianco. “L’ho percepito di nuovo. E se
non è lo stesso dell’altra
volta, avrai di che preoccuparti.”
“Speriamo.
La Limoviole sta
diventando affollata.”
Il
Guerriero Bianco avanzò. Aileen
si guardò attorno, indecisa. Strinse le braccia al busto.
Lui stava per varcare
il portale.
“Yuuki,
aspetta.”
Il
brusio degli insetti e la tenue
vibrazione del portale erano gli unici suoni, quasi quella radura fosse
completamente separata dal mondo, ma lui si voltò e
scrutò tra i tronchi quasi
si aspettasse che una minaccia fosse piombata su di loro dal nulla.
Aileen
roteò gli occhi.
“Ho
bisogno di farti una domanda.”
Yuuki
le fece cenno di proseguire.
Lei inspirò, già pentendosi di non essere stata
zitta.
“Quando
Mai è andata a salvare
Dan, perché non hai chiesto di poter salvare tua
sorella?” Deglutì. “È a causa
mia? Perché ho i suoi ricordi?”
Il
Guerriero Bianco si irrigidì,
tornandosi a voltare bruscamente verso il portale, lasciandola fissare
il suo
profilo scuro contro la luce dietro di lui.
“No.”
Aileen
si morse un labbro. Non
aveva mai frugato tra tutte le memorie che riaffioravano senza che lei
lo
chiedesse, che le riempivano la testa di scene di cui non aveva mai
fatto parte
quando abbassava le difesa. Ma se c’era qualcosa che era
riuscito a filtrare,
incurante dei suoi sforzi, era il dolore. Il senso di rimpianto. Il
senso di nostalgia.
“Perché
no allora?”
Gli
insetti e il debole sciabordio
dell’acqua contro le rocce riempirono il silenzio tra loro
due. L’aria pesante
intrappolata tra le fronde intrecciate dagli alberi era resa ancora
più
soffocante dalla tensione che si emanava da loro.
“Era
già una missione impossibile
così com’era. Non volevo costringerli a fare una
scelta.”
Avanzò
e svanì subito dopo, il
varco che si chiuse alle sue spalle.
Aileen
rimase immobile a fissare
nella penombra che era tornata ad avvolgere la conca. Gli insetti
ripresero a
volare con più audacia, allontanandosi dai tronchi e
sciamando in nugoli sopra
all’acqua. Un grosso scarabeo dal guscio lucido, nero e
verde, uno smeraldo
incastonato sul dorso, volò attorno a lei e si
posò sulla sua mano protesa. Le
piccole zampette le solleticarono la pelle.
Sorrise
senza convinzione, mille
pensieri che si creavano e disfacevano nella sua mente, intrecciandosi
all’eco
di nostalgia e dolore di vite passate, all’impulso vitale che
saliva dal
terreno umido sotto i suoi piedi e dalle foglie pesanti attorno a lei.
Lo
scarabeo sembrò guardarla per
un fugace battito di ciglia. E volò via, confondendosi tra
tanti altri.
La
Guerriera Verde abbassò la mano
e ruotò su sé stessa, sforzandosi di ripercorrere
i passi che li avevano
condotti lì prima che i suoi pensieri spiraleggiassero fuori
dal suo controllo.
Non
avrebbe dovuto essere costretto a farla neppure lui.
Il
bagliore del varco scomparve,
sostituito da un parquet di legno ambrato sempre più vicino.
Yuuki riuscì
appena in tempo ad allungare le braccia e a recuperare sufficiente
equilibrio
per non finire con la faccia contro il pavimento.
Il
gelo con cui la semplice
domanda di Aileen aveva avvolto il suo cuore, domanda che si
sorprendeva
nessuno gli avesse ancora fatto, si sciolse fin troppo lentamente.
Yuuki spinse
tutto in un angolo della sua mente. Non era quello il momento: aveva
una
missione.
Ancora
inginocchiato e le mani
posate a terra, alzò lo sguardo e sgranò gli
occhi.
Era
il salotto-biblioteca della
casa di Elisabeth, primo piano, due porte oltre la sua camera.
Faticò
a trattenere una risata. Il
destino era sadico.
La
porta si aprì e lui scattò in
piedi. Si ritrovò davanti il nonno di Elisabeth, bastone e
libro stretto tra le
dita. Reduce della guerra, ci voleva ben più di
un’inaspettata apparizione per
farlo sobbalzare. L’anziano lo scrutò e
assottigliò gli occhi, sul volto
evidente rimprovero.
“Mia
nipote mi aveva detto saresti
stato via per diverso tempo, in quel mondo apparso anni fa. Voi giovani
siete
così melodrammatici.”
“Sono
qui soltanto per un tempo
limitato. Dov’è-”
L’anziano,
già di spalle, posò il
libro sul tavolino accanto al divano e si mise a scorrere i dorsi dei
libri
sulle mensole.
“In
camera sua. Oggi è ritornata
di cattivo umore. Chiedi a mia moglie.”
Il
Guerriero Bianco annuì e uscì
dalla stanza. La familiarità di quel corridoio, di quelle
porte, le aiuole che
si intravedevano tra le tende e le voci della nonna di Elisabeth e
della cuoca
che salivano dal piano inferiore erano stranianti; familiari, ma
già così
lontani.
Raggiunse
la porta di Elisabeth e
si fermò, indeciso se bussare. Da oltre la porta si sentiva
qualcuno tirare su
con il naso.
Bussò.
Ci
furono un grido strozzato di
sorpresa, il rumore di un corpo che gattonava sul letto e il calpestio
di piedi
nudi sul pavimento.
“Nonna!
Sto bene. Te l’ho già
detto-”
La
porta si aprì e la ragazza di
fronte a lui imbastì il suo miglior sorriso. Un triste
contrasto con gli occhi
arrossati. Elisabeth trasalì.
“Yuuki?”
La
sua voce tremò, incredula e
speranzosa, e gli occhi le si inumidirono. Lui fece appena in tempo ad
allargare le braccia; la ragazza si fiondò contro di lui,
stringendo le dita
sulla maglia e affondando il volto nella sua spalla.
“Nozomi
mi ha lasciato.”
Il
Guerriero Bianco ricambiò la
stretta e la guidò di nuovo nella stanza, facendola sedere
sul letto e
affiancandola. Sulle lenzuola lo schermo del cellulare era attivo, una
foto
delle due ragazze che ridevano in spiaggia.
“Ti
va di parlarne?”
“Ha
detto che i suoi genitori
cominciavano a sospettare,” sussurrò ancora
stretta a lui. Yuuki sentì il
tessuto inumidirsi. “Non ha avuto il coraggio di affrontarli.
E il suo nuovo
lavoro…”
Elisabeth
singhiozzò e tirò su con
il naso. “Non riesco ad avercela con lei,” si
lamentò tra le lacrime, scuotendo
piano la testa.
Il
ragazzo sorrise tristemente e
staccò delicatamente la ragazza da lui. Lei teneva gli occhi
bassi, le mani ora
strette sui pantaloni.
“Mi
dispiace.”
“Vorrei
solo non finisca ogni
volta così.”
Yuuki
le posò una mano sul pugno e
lei alzò lo sguardo, i rivoli di lacrime che stavano
appicciando le ciglia in
forme strane.
“Troverai
una persona speciale,
vedrai.”
Elisabeth
abbozzò un sorriso, non
molto convincente con gli occhi gonfi e rossi, ma sciolse il pugno e
ricambiò
la stretta.
“Come
fai a essere così
comprensivo, Yuuki? Non hai battuto ciglio, neanche quando
l’hai scoperto.
Avevo paura di perderti e tu-”
“Ho
imparato che l’amore non ha
etichette.”
La
ragazza scoppiò a ridere e si
gettò di schiena sul materasso, le mani sul viso e sui
capelli arruffati, gli
occhi chiusi.
“C’era
un motivo se mi ero presa
una cotta per te! Posto giusto, momento giusto: un altro dei
superpoteri di voi
Maestri della Luce?”
“Ci
proviamo.”
Un
battito di ciglia dopo,
Elisabeth si rizzò sui gomiti.
“Aspetta
un secondo,” esordì
lanciandogli uno sguardo accusatorio. “Che diamine ci fai qui? Dovresti essere a Gran
RoRo!”
Yuuki
nascose il proprio divertimento,
per non essersi accorta di quel dettaglio fino a quel momento doveva
essere
veramente addolorata per la storia con Nozomi. Ma avrebbe dovuto aver
letto
l’e-mail.
“Sono
venuto a cercare un Maestro
della Luce. Sappiamo che è qui.”
Elisabeth
balzò seduta, il dorso
di una mano ad asciugare gli occhi e l’altra mano a cercare
di districare la
treccia.
“Cosa
stiamo aspettando? Ti do una
mano,” proseguì mettendosi in piedi e sistemandosi
i vestiti. Si guardò attorno
e afferrò il cellulare, chiudendo lo schermo dopo un attimo
di esitazione. “In
due faremo di sicuro prima. Anche se non ho la minima idea…
come si cerca un
Maestro della Luce?”
La
ragazza cominciò ad avviarsi
verso la porta, concedendosi una smorfia nel vedere il proprio stato
nello
specchio dell’armadio.
“Elisabeth,”
la fermò afferrandole
la mano. “L’ho già trovata.”
I
loro sguardi si incrociarono.
Lei aggrottò la fronte e inclinò la testa. Poi
arretrò di scatto.
“Mi
stai prendendo in giro!”
sbottò con gli occhi sgranati e sciogliendosi dalla sua
presa bruscamente. “Mi
rimangio tutto quello che ho detto poco fa.”
Il
Guerriero Bianco si limitò ad
alzare un sopracciglio, ben abituato ai primi scatti di confusione. E
il
ricordo di Kajitsu riaffiorò.
I
lunghi momenti di silenzio si
protrassero, con Elisabeth con lo guardava in attesa che smentisse, che
rivelasse fosse tutto uno scherzo per tirarla su di morale.
La
smentita non arrivò.
“Sei
serio? Dei del cielo, sei
serio! Io? Una Maestra della Luce?”
La
ragazza prese a camminare per
la stanza, agitando le mani tutto attorno a sé.
“Per
la miseria, la farfalla verde
che parlava! Cioè, quando mi è arrivata la tua
e-mail… c’era una farfalla che
brillava e si dibatteva e ha iniziato a parlare con la voce di una
ragazza.”
Si
fermò in mezzo alla stanza,
voltandosi verso Yuuki, rimasto in attesa che lei si sfogasse, e
incrociò il
suo sguardo con gli occhi sgranati, come quelli di un animale
spaventato. Un
giorno sarebbe stata grata, quando avrebbe saputo il modo con cui aveva
portato
Dan.
“Credevo
volesse avvertirmi che ve
ne eravate andati,” il suo sguardo si mosse verso lo
specchio. “Che idiota.”
Sbuffò,
soffiando via un ciuffo
dal viso. “Sono una Maestra della Luce.”
Elisabeth
emise un gridolino e si
portò le mani alla bocca, non ben chiaro se fosse per gioia
o per terrore.
“Sono una Maestra della Luce!”
Poi
tornò a voltarsi verso il
Guerriero Bianco, il sorriso sostituito da un’espressione
seria e vagamente
preoccupata.
“Non
ho la più pallida idea di che
cosa vi aspettiate da me.”
Fino a sei anni prima, non si sarebbe
fatto grandi scrupoli. Avrebbe fatto leva sulle debolezze di Elisabeth,
l’avrebbe spinta ad accettare nonostante i dubbi, illudendola
che Gran RoRo le
avrebbe dato la possibilità di ottenere tutto ciò
che desiderava.
A posteriori, non uno dei momenti di
cui era più orgoglioso.
Yuuki le fece cenno di tornare a
sedersi accanto a lui. Elisabeth lo raggiunse senza farselo ripetere.
“Per prima cosa, devi capire che
è
pericoloso. Certo ricordi tutto quello che è successo qui
sulla Terra dopo la
nostra vittoria, ma combattere a Gran RoRo ti mette in prima
linea.”
Lei annuì lentamente.
“Nei pochi giorni che siamo stati a
Gran RoRo, ci siamo infiltrati in una base da cui siamo scappati
lanciandoci da
un finestra e siamo stati inseguiti dentro un canyon.”
Elisabeth sgranò gli occhi.
“Come fate
a essere ancora vivi?”
Yuuki le
posò le mani sulle spalle. “Non è come
nelle storie, dove l’eroe parte e sai
che salverà il mondo. Ci siamo riusciti una volta, ma essere
un Maestro della
Luce è pericoloso. Non pensare neppure per un attimo di
essere obbligata.”
Yuuki
era immobile in un angolo,
la schiena contro il vetro della metropolitana, la mano stretta a un
passamano.
Da dietro agli occhiali da sole scrutava ogni movimento di coloro che
lo
circondavano. Il vagone non era molto affollato, gran parte delle
persone
ancora sul posto di lavoro o seduta dietro un banco di scuola. Ma era
un’abitudine che non era più riuscito a scrollarsi
d’addosso.
Ma
nessuno lo guardava, nessuno
sembrava vedere in lui niente di più di un altro passeggero
come gli altri. Si
meravigliava ancora di come il passaggio del tempo modificasse la
percezione
umana. Chi avrebbe riconosciuto tra la folla una persona ritenuta
morta? La
gente vedeva solo quello che voleva.
Il
cellulare, in tasca da quando
aveva lasciato la Limoviole,
vibrò
contro la sua gamba. Yuuki aggrottò appena la fronte e lo
estrasse. C’erano un
messaggio e l’avviso di una chiamata persa.
Siete ancora qui? Perché Mai non risulta
raggiungibile? È successo
qualcosa???
Il
mittente era Shinomiya Kaoru.
Fissò a lungo quelle parole, non trascurando la
possibilità che fosse una
trappola. Mai aveva detto che Kaoru e Andrew erano in America, il loro
ritorno
atteso solo per le festività dell’anno nuovo.
Solito posto tra due ore.
Infilò
nuovamente il cellulare
nella tasca e si avvicinò alle porte, la sua fermata appena
annunciata sul
display. Fu l’unico a scendere. Attraversò la
stazione con lo sguardo basso e scrutando
ciò che lo circondava con la coda dell’occhio,
rilassandosi soltanto una volta
raggiunti i vicoli più deserti che si diramavano tra casette
e muri divisori.
Non
era una buona idea la sua, ma
era stata una a cui non si era potuto sottrarre.
Si
fermò a diversi metri di
distanza, ma sufficientemente vicino per vedere il cancelletto
d’entrata e,
oltre esso, il piccolo giardino che precedeva la casa. Non era del
tutto sicuro
che i suoi abitanti fossero lì, ma doveva almeno fare un
tentativo. Avevano
diritto di sapere.
Anche
se rischiava di instillare
in loro speranze senza futuro, di costringerli a soffrire ancora.
Yuuki
superò la strada e si fermò
al cancello.
Bashin.
Era
sempre stato strano tornare in
quel luogo, soprattutto dopo il suo risveglio. Erano stati loro a
volerlo
incontrare, dopo che Mai si era lasciata involontariamente sfuggire la
verità
su di lui. C’era stato il panico tra di loro,
finché lui aveva deciso di
accettare.
“Dan
avrebbe voluto che tu
vivessi con noi.”
“Ricordarti
che qui avrai
sempre una famiglia. È il minimo che possiamo
fare.”
Yuuki
suonò il campanello. Se
Elisabeth aveva mandato l’e-mail come promesso, ci sarebbe
stata più di qualche
domanda a cui rispondere.
Non
dovette aspettare a lungo. Il
citofono gracchiò e si sentì una voce di donna.
“Chi
è?”
“Yuuki.”
La
donna inspirò rumorosamente
dall’altra parte della cornetta. Il cancello si
aprì immediatamente.
Il
Guerriero Bianco entrò e
raggiunse la porta in un paio di falcate. La porta d’entrata
si spalancò prima
che lui la raggiungesse. Sull’uscio c’erano
entrambi i genitori di Dan.
“Entra.”
Akane si spostò per
lasciarlo passare. Takuto chiuse la porta alle sue spalle.
I
tre raggiunsero il soggiorno in
silenzio e la donna si diresse subito a chiudere il fornello su cui una
teiera
stava bollendo.
“Abbiamo
ricevuto l’e-mail. Non ci
aspettavamo di vederti.”
“Sono
tornato per contattare un
nuovo Maestro della Luce.”
Takuto
sbiancò. Akane si lasciò
sfuggire la teiera, con tanto di acqua bollente che si
rovesciò sui fornelli.
La donna agitò un mano e ruotò con gli occhi
dilatati dalla paura.
“Né
Hinata né Hiroki,” si affrettò
ad aggiungere, comprendendo quale fosse il loro timore.
Il
terrore scivolò via dai due
come neve che si scoglie e si aggrapparono l’uno
all’altra.
“Non
volevo darvi questa
impressione, mi dispiace.”
Akane
scoppiò a ridere, una risata
forzata e nervosa, e si staccò dal marito sedendosi al
tavolo.
“Kenzo
aveva nove anni. Non era
insensato fare il collegamento.”
“E
anche lei usa il rosso,”
aggiunse con un misto di rassegnazione e sollievo Takuto. “E
gli assomiglia
così tanto.”
Il
Guerriero Bianco si era sempre
sorpreso di quanto Hinata riuscisse ad assomigliare al fratello che
quasi non
ricordava più: nel modo di duellare,
nell’atteggiamento di fronte alle difficoltà.
“Ma
se non è per portare a Gran
RoRo uno di loro due, perché sei qui?”
La
porta d’entrata si aprì e i tre
adulti si immobilizzarono.
“Sono
arrivato prima io!”
“Solo
perché hai imbrogliato!”
“Colpa
tua che ti sei distratta.”
Tonfi
di scarpe e zaini posati a
terra. La porta venne chiusa. “Siamo a casa!”
I
due Bashin incrociarono lo
sguardo di Yuuki che annuì. Takuto inspirò.
“Siamo in soggiorno.”
Passi
di corsa e risate nel
corridoio. Akane strinse la mano del marito. Yuuki si voltò
verso la porta e il
suo sguardo incrociò quello limpido e divertito di una
bambina, che si arrestò
di botto nel vederlo, gli occhi che si spalancarono e la risata che
tramutò in
una silenziosa espressione di sorpresa. Il bambino dietro di lei
impatto contro
la sua schiena, colto alla sprovvista dall’azione della
sorella. Si portò le
mani alla faccia e mugolò.
“Perché
ti sei fermata!”
Hinata
gridò di gioia e si lanciò
contro di lui, un enorme sorriso che brillò sul suo volto.
Yuuki la prese tra
le braccia con la facilità nata dall’abitudine.
“Yuuki!”
“Tra
un po’ non riuscirò più a
prenderti in braccio.”
Il
fratello zittì le proprie
lamentele e si rese conto solo allora della sua presenza. Anche lui si
lanciò
contro di lui con espressione adorante.
“Finché
sarò più bassa di te, sì!”
“Forse
non sarai mai più alta di
me.”
Hinata
scoppiò a ridere. “Meglio
per me!”
“Smettila
di tenertelo tutto per
te!” protestò Hiroki strattonando la gamba
penzolante della sorella. Yuuki
sorrise e gli scompigliò i capelli, piegandosi per far
scendere la bambina.
Hiroki
gli saltò in braccio
trionfante mentre Hinata sbuffò, l’aria che
andò a scompigliare i già
spettinati capelli tenuti appena in ordine in due codini. Poi si
voltò
imbarazzata verso i genitori che stavano cercando di trattenere le
risate.
“Ciao,
mamma. Ciao, papà.”
Anche
Hiroki saltò giù dalle
braccia di Yuuki e corse a salutare i genitori. Akane sfiorò
le guance dei
figli con un bacio.
“Perché
non andate a sistemare le
vostre cose?”
Sui
volti di Hinata e Hiroki
apparvero espressioni gemelle di disappunto.
“Ma
c’è Yuuki!”
Takuto
alzò gli occhi al cielo. “E
non se ne andrà prima di salutarvi. Ma ora dobbiamo parlare
di cose da grandi.”
Hinata
sbuffò e afferrò la mano
del fratello. “Va bene.”
“Ma
c’è Yuuki,” ripeté con tono
petulante Hiroki.
“E
io sono la sorella maggiore.
Quindi mi devi ascoltare!”
I
due bambini svanirono in
corridoio. Un attimo dopo passarono di nuovo davanti al vano della
porta,
questa volta zaini in spalla. Le loro voci e i loro passi si
affievolirono
dietro una porta che si chiudeva.
Yuuki
tornò a voltarsi verso i due
coniugi Bashin, che lo guardavano in attesa.
“Quindi
siete tornati a Gran
RoRo?”
La
voce dell’uomo era neutra, mal
riuscendo a nascondere l’incertezza. Yuuki non li poteva
biasimare, vedeva nei
loro occhi la confusione e la paura che, in fondo, fosse davvero venuto
per uno
dei loro due figli. In un certo senso, invidiava di non aver avuto
genitori del
genere. Anche se avevano fatto difficoltà ad appoggiare Dan
dopo Gran RoRo,
anche se per lungo tempo non erano riusciti a capirlo. Ma, alla fine,
c’erano
stati.
Yuuki
ricordava i suoi genitori,
ma faceva fatica a ricordare qualunque cosa avvenuta prima del giorno
in cui
Kajitsu aveva mostrato di essere diversa. Amore, affetto,
preoccupazione
c’erano stati, ma erano sentimenti avvizzite da tutto quello
che era successo
dopo. Ricordava la paura nei loro occhi nel vedere la loro figlia
anormale, i
movimenti bruschi con cui lo separavano da lei per paura che la sua
stranezza
fosse contagiosa, il timoroso sospetto nei loro sguardi che osservavano
i suoi
movimenti. I suoi genitori forse li avevano amati, ma non abbastanza da
accettarli così com’erano.
Qualche
volta, avrebbe voluto
dimenticare anche i ricordi belli, le risate, gli abbracci,
perché rendevano
ancora più difficile il capire come i suoi genitori avessero
potuto comportarsi
in quel modo.
E
Dan, invece, rischiava di non
ricordare mai più la famiglia che lo amava.
Avrebbe
scambiato in un battito di
ciglia quei pochi ricordi felici con la possibilità che Dan
ricordasse. Perché
anche i Bashin avevano sbagliato, avevano lasciato che la paura
rischiasse di
logorare inesorabilmente il legame con Dan, ma lo avevano realizzato in
tempo.
Avevano cercato di rimediare, di recuperare pezzo per pezzo
l’affetto e la
fiducia.
Aveva
fatto bene a venire.
Se
alla fine di tutto Dan non
avrebbe ricordato, la sua famiglia lo avrebbe accettato comunque.
Avrebbero
ricostruito tutto.
“Yuuki?”
Il
Guerriero Bianco tornò a
focalizzare i volti dei due Bashin. Confusione, curiosità e
forse una punta di
preoccupazione sui loro volti.
“È
successo qualcosa, poco dopo il
nostro arrivo a Gran RoRo.”
“Voi
state tutti bene, vero?”
domandò la donna con trepidazione.
Yuuki
annuì.
“Abbiamo
riportato Dan tra di
noi.”
I
due continuarono a guardarlo
come se non lo avessero sentito. Poi, lentamente, sbatterono le
palpebre e
realizzazione il significato delle sue parole.
“Il
nostro bambino.”
“Il
nostro Dan è vivo?”
Avevano
le voci tremanti e gli
occhi lucidi, brillanti non solo di lacrime ma di quella speranza che
spazzava
via il dolore di quattro anni, il dolore di una famiglia che aveva
perso un
figlio senza poter far nulla, senza saperlo.
“Gli
altri non sanno che sono
venuto a dirvelo, ma ritengo che sia giusto che voi lo
sappiate.”
Akane
scoppiò a piangere, subito
stretta tra le braccia del marito che iniziò a sussurrarle
nell’orecchio parole
di conforto senza forma. Poi l’uomo si voltò verso
di lui, deglutendo a fatica.
“Perché
non è qui con te?”
La
donna trasalì e gli rivolse uno
sguardo terrorizzato, artigliando una mano sul bordo del tavolo.
“Non sta bene?
Non ci ha ancora perdonato?”
Yuuki
si protese in avanti e posò
una mano su quella di Akane, che subito gliela strinse con forza.
“Dan
non ricorda nulla. Solo il
suo nome. Solo di essere il Guerriero Rosso. Se avesse ricordato, non
credo
avremmo potuto fare nulla per impedirgli di tornare da voi.”
Akane
annuì lentamente e ritrasse
la mano, che aggrappò alla maglia del marito, contro la cui
spalla era ancora
posata.
“Il
nostro bambino”, sussurrò con
voce spezzata.
Yuuki
rimase in silenzio. Aveva
previsto che quella notizia sarebbe stato un duro colpo per loro, ma
non poteva
illuderli. Ed era meglio che far loro credere che Dan li odiasse.
Takuto
tornò a voltarsi verso di
lui.
“Grazie,
Yuuki. Non pensare che
non siamo grati per avercelo voluto dire.” Rise sommessamente
scuotendo la
testa. “Ma è tanto da assorbire.”
“Lo
so. Sappiate che farò di tutto
per riportarvelo sano e salvo.”
Akane
gli rivolse un flebile
sorriso. “Vi rivogliamo entrambi a casa sani e
salvi.”
Il
Guerriero Bianco si limitò ad
annuire, rialzandosi e rimettendo la sedia al suo posto. Dopo un veloce
scambio
di saluti, lasciò i due Bashin da soli e uscì
dalla stanza. Nella camera dei bambini
sentì rumori di passi affrettati, qualcosa che cadeva e
qualcuno che si gettava
contro un tavolo. La porta dondolò sui cardini.
Sorrise
e scosse la testa,
superando il corridoio ed entrando nella stanza.
Hiroki
stava giocando con foga con
una console di giochi, disteso sul letto con le braccia tese in alto.
Hinata,
invece, era seduta sulla scrivania e girava rumorosamente le pagine di
un
quaderno.
“Hinata?”
La
ragazzina saltò sulla sedia e
si voltò, un enorme e sospetto sorriso stampato in volto.
“Hai finito di
parlare con mamma e papà?”
Il
Guerriero Bianco sollevò un
sopracciglio e si avvicinò. Hinata tornò a
voltarsi verso il quaderno.
“È
al contrario.”
La
ragazzina emise un grido
strozzato e lo girò, arrossendo di botto.
“L’avevo
detto che ti scopriva.”
“Zitto
tu! Non avresti fatto
meglio!” ribatté Hinata mostrandogli la lingua.
“Hinata,
cos’hai sentito?”
La
ragazzina posò la matita e
abbassò lo sguardo, stringendo le mani in grembo. Poi,
alzò la testa, gli occhi
lucidi.
“Lo
sapevo che Dan non poteva
essere morto. Come te.”
E
gli gettò le braccia al collo,
affondando il viso contro la sua spalla. “Grazie.”
Lui
ricambiò l’abbraccio,
dimenticandosi per un momento che quella non era davvero la sua
famiglia. Ma
quanto avrebbe voluto che lo fosse.
“Ti
riporterò tuo fratello.”
“Lo
so. Ti voglio bene, Yuuki.”
SPAZIO
AUTRICE:
Salve a tutti! E anche con
questo terzo
capitolo sono in ordine con la tabella di marcia. Molto probabilmente
me ne
pentirò quando l’episodio sarà finito e
mi ritroverò ancora in alto mare con il
prossimo costringendovi, ad aspettare di nuovo… ma si fa
quel che si può! (e se
anche il team di Battle Spirits ci fa aspettare per gli OVA, penso di
non aver
troppo da recriminare dato che noi siamo solo in due XD)
Comunque, per questo
capitolo abbiamo
temporaneamente lasciato il futuro per vedere come se la cava Yuuki con
la sua
missione. E l’identità del possibile nuovo Maestro
della Luce è stata rivelata:
Elisabeth Reiko Nakano. Accetterà di entrare nella gabbia di
matti?
Probabilmente più di qualcuno di voi aveva intuito che
potesse essere lei. Non
è che abbia cercato di nasconderlo così tanto.
Dopotutto, è bello spargere
indizi qua e là e poi vedere che i lettori gli uniscono!
Abbiamo anche cominciato a
svelare qualche
dettaglio sulla situazione di Magisa, entrata ovviamente in
modalità mamma
orso.
E abbiamo rivisto la
famiglia Bashin!
Con tanto di piccini cresciuti (Hinata ha 10 anni e Hiroki 7), che
anche se
Yuuki non ne è consapevole del tutto, l’hanno
ormai adottato come membro della
famiglia. Con i Bashin può succedere questo e
altro… Ma sono riuscita a farvi
commuovere almeno un po’?
Non penso di aver altro da
aggiungere. Per
qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete
lasciarmi una
recensione per dirmi cosa ne pensate.
A presto,
HikariMoon