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Autore: Ofeliet    05/11/2019    1 recensioni
Tutto sommato quando viene trasferito all'ambasciata di Roma Ludwig si scopre a non protestare in alcuna maniera, e dopo una settimana ha già il biglietto aereo in mano. Una nuova vita lontano da casa in un condominio forse un po' troppo fuori dalle righe, un ambiente completamente diverso, tutto stravolgeva i suoi piani.
Ma, nonostante tutto, si era innamorato.
{ GerIta | HumanAU }
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Una volta giunto il sabato il suo umore non si è per niente risollevato. La sua mente tornava alla sua casa in Germania e sul come avrebbe dovuto farci ritorno al più presto. Non riusciva a trovare niente che potesse fargli tornare il buonumore, e per un momento aveva pure considerato di disdire l’appuntamento con Feliciano, pentendosi subito dopo di un simile pensiero. Aveva preso quell’impegno e doveva portarlo a compimento.
Feliciano comunque continuava a mantenere il segreto sulla loro meta, stuzzicando almeno un po’ il suo interesse. Non passava giorno che non lasciasse qualche piccolo indizio che coglieva la sua curiosità, ma non abbastanza da farlo giungere a qualsiasi tipo di conclusione. Era stato tentato di parlargli del proprio lutto ma aveva desistito, non voleva appesantire altre persone con un suo problema personale.
Non aveva incrociato Feliciano quella mattina, e ora che era arrivata la sera non aveva idea di cosa mettersi. Certo non aveva chissà quale scelta, ma voleva comunque dare una buona impressione. Alla porta bussano, spingendolo ad andare ad aprirla. Era Feliciano, che in un attimo l’aveva squadrato da capo a piedi. Si sente improvvisamente nudo.
« Certo la scelta è audace, ma credo potrebbe ugualmente andare. » commenta, facendolo arrossire.
« No, non sono ancora pronto! Sono ancora le sette. » esclama. Feliciano allora sgrana gli occhi, indietreggiando di un passo.
« Scusa. » sussurra, imbarazzato. « É  che sono tanto contento di uscire, poi il posto dove andiamo è un sacco particolare, me l’ha consigliato un mio amico, e dobbiamo andarci in metro quindi- » lui alza una mano per bloccare il fiume di parole, scostandosi per invitarlo a entrare.
« Non ti preoccupare. » replica, vedendo l’altro tremare, probabilmente dal nervoso. « Anzi, apprezzo che tu sia in anticipo. » Feliciano si volta verso di lui, ancora visibilmente nervoso. Con un gesto lo invita ad accomodarsi, nella speranza di cavargli il genere di locale in cui sarebbero andati. Doveva anche controllare di avere abbastanza soldi nel portafoglio.
« Io vado a cambiarmi. » gli dice, per poi prendere la strada verso la propria stanza e chiudere la porta dietro di sè. Si sentiva improvvisamente agitato all’idea di spogliarsi con un altro uomo a pochi metri di distanza da lui. Non era certo la prima volta che gli succedeva, anche con un uomo nella sua stessa stanza, ma sembrava aver completamente dimenticato quella sensazione di imbarazzo e tensione che faceva tendere ogni cellula del suo corpo.
Il suo armadio ora gli appariva come un temibile avversario, e qualsiasi capo d’abbigliamento che possedeva gli sembrava inadatto.
Dopo diverse prove aveva optato per un vestiario semplice, non troppo formale e possibilmente comodo. La serata per lui sarebbe stata lunga.
Una volta riaperta la porta cerca con lo sguardo Feliciano, che si trovava davanti al ripiano dove teneva le sue foto di famiglia. O meglio, le fotografie di Gilbert e dei loro cani. L’altro uomo sembrava molto preso dalla sua osservazione, tanto che fa un balzo sorpreso quando lo sente avvicinarsi.
« É  tuo fratello? » gli chiede, indicando l’unico essere umano presente in tutte quelle fotografie.
« Sì. »
« E tutti questi cani? »
« Sono quelli che abbiamo adottato o che abbiamo avuto in affidamento. »
« Sono tanti. » ora che le guardava, la figura di Axel spiccava tra gli altri. Probabilmente perché gli mancava. Entrambi rimangono in silenzio, almeno finché Feliciano non gli tira la manica.
« Sei pronto ad andare? » chiede, sorridendo.
« Mi metto le scarpe e lo sono. » l’altro sembra compiaciuto dalla sua risposta e lo precede all’entrata. Ludwig lo segue, si assicura di chiudere la porta e si affida completamente alla sua guida. Era strano prendere i mezzi senza avere una meta specifica, e non aveva mai dimenticato la sensazione di smarrimento provata quando per la prima volta il suo autobus aveva preso una deviazione senza alcun tipo di avviso. Ora che aveva Feliciano vicino, però, temeva un simile risvolto un po’ di meno.
La sua mente durante tutto il tragitto era stata distratta da Feliciano, che aveva ripreso a parlare, tanto che era sicuro che non sarebbe mai stato in grado di ripercorrere quella strada alla stessa maniera. L’altro però sembrava così sicuro di quello che stava facendo da trasmettergli un vago senso di sicurezza.
Una volta fuori dalla metro e dopo due autobus il percorso si era fatto più tortuoso tra le vie del centro, almeno finché non erano giunti ad una piccola piazza nel centro storico che sembrava sfuggire all’occhio comune. Era tentato di cercare quel posto sulla mappa ed era certo che non sarebbe stato in grado di trovarlo.
C’era una piccola fontana su uno dei lati della piazza, circondata da un qualche tipo di pianta rampicante che sembrava emettere un lieve bagliore alla luce fioca dei lampioni. C’erano poche persone, e la maggior parte di loro si stava dirigendo verso la loro stessa meta. Una piccola e discreta enoteca.
« Certo, so che preferisci la birra, ma hai detto che ti piace anche il vino quindi credo il posto che ti piacerà. »
« Mi fido. » gli risponde, ottenendo un sorriso raggiante. Una volta entrati Feliciano si dirige subito verso un cameriere, che non tarda a farli accomodare al più presto.
« Ho fatto bene a prenotare. » gli dice, indicando con un cenno del capo la breve fila di persone a cui era stato detto di attendere. « Sarebbe stato imbarazzante portarti qui e farti rimanere in piedi. »
Si sentiva riempito di premura, e non riesce a smettere di sorridere debolmente nemmeno quando il cameriere porta loro il menù. Feliciano ci impiega un’infinità a scegliere cosa mangiare, ma entrambi optano per la stessa bottiglia di vino e la loro cena può finalmente iniziare.
« Sono contento che il posto ti piaccia. » dice allora Feliciano, appoggiandosi su una mano e piegando la testa di lato.
« É  molto… caratteristico. » dice, dopo una ricerca della parola più adatta. La posizione appartata del tavolo, la loro sistemazione uno di fronte all’altro, la luce soffusa. Tutto lo faceva pensare a un appuntamento in piena regola. Probabilmente era quello che desiderava.
« Nemmeno io ci sono mai stato. » ammette l’altro, sorridendo. « Ho passato l’intera serata a leggermi le recensioni di questo posto. »
« Ne è valsa la pena? »
« Lo sapremo una volta aperto il vino. » a quelle parole arriva il cameriere, portando loro la loro scelta, aprendola e elogiandone le qualità. In effetti, mentre lo sorseggiava, Ludwig ammetteva che fosse piuttosto buono. Feliciano fa lo stesso, rivolgendosi al cameriere e facendosi lasciare la bottiglia.
Erano nuovamente soli.
« É  un po’ che non ci vediamo. » esordisce Feliciano, sorridendo. « É  successo qualcosa? » la sua mente va subito alla chiamata avuta col fratello, ma scaccia quel pensiero. Non doveva appesantire la serata.
« Roderich ha cambiato repertorio, è passato a suonare Haydn alle due di notte. »
« Ed è un bene? »
« Per quanto ne so è il preferito di Elizaveta. »
« É  molto romantico. » dice Feliciano. « Intendo, che lui suoni simili pezzi per lei. » Ludwig torna a respirare, annuendo. Si sentiva messo sotto esame per ogni parola o movimento.
« Quelli che abitano sopra di te non sembrano apprezzare. Una volta ho sentito Francis urlare di suonare almeno Debussy. » Feliciano sorride, divertito.
« Lo ha fatto? »
« Elizaveta ha replicato che il marito non accettava commissioni. »
« Non sono sorpreso. Sembrano molto affiatati. »
« Lo sono. » vede l’altro assottigliare lo sguardo, prima di assumere un’aria più curiosa.
« Come fai a dirlo? »
« Non lo so. É  una sensazione. » Feliciano davanti a lui torna a rilassarsi, e sorride al cameriere che appoggia gli antipasti e li lascia nuovamente da soli. « Un matrimonio così mi da l’impressione di essere felice. »
« Non tutti hanno questa fortuna. » dice allora Feliciano, guardando nel suo calice di vino e prendendone un sorso.
« Lo penso anch’io. » dice, imitandolo. « Pensavo fossi un tipo più romantico. »
« Lo sono! » esclama Feliciano. « Sono un vero esperto dell’amore. Se hai problemi con la tua fidanzata puoi rivolgerti a me! » Ludwig sorride, e prende un sorso di vino. Era improbabile che si sarebbe mai rivolto a Feliciano per problemi di cuore con le donne, ma non era certo di volerglielo dire. Apprezzava però la buona volontà.
« Per ora non credo ce ne sia alcun bisogno. » replica. « Non sono fidanzato. »
« Come no? Credevo che per come sei fatto fossi già prossimo al metterti l’anello al dito. »
« Hai una tale pessima immagine di me? » Feliciano emette una risatina. « Comunque sono sempre stato troppo focalizzato sul mio lavoro. »
« Ti capisco. Quando lavoro non sento nemmeno quando qualcuno mi rivolge la parola. » lo vede arrossire. « Forse sto esagerando. »
« No, lo capisco. » l’altro uomo appare più sereno. « Quello che fai richiede certamente tanta passione e anche più concentrazione. »
« Mi lusinghi. Lovino non fa altro che ripetere che il mio lavoro è inutile. »
« Restaurare opere d’arte è un lavoro fondamentale. Senza l’arte non saremmo diversi dagli animali. »
« É  un concetto piuttosto severo. »
« Forse lo è. Ma voleva essere un complimento. »
« L’avevo capito. »
Feliciano continuava a stupirlo, a coglierlo di sorpresa. Se fino a poco prima lo aveva sempre pensato come un vicino di casa spensierato e rilassato, la luce di quella sera glielo presentava come un uomo completamente diverso. Appassionato del suo lavoro e consapevole di ciò che amava.
« Comunque è ammirevole che sei riuscito a trovare lavoro subito dopo l’università. » dice, cercando di darsi una calmata.
« Che intendi? »
« Insomma, sei molto giovane e già ti dedichi a lavori importanti. Qualcuno avrà notato il tuo talento. » a quel punto Feliciano scoppia a ridere, e cerca di coprirsi la bocca per non alzare la voce e non farsi notare. Ludwig lo osserva per un po’, chiedendosi cosa avesse detto di sbagliato.
« Se non sapessi come sei fatto penserei che ci stai provando con me. »
« Che intendi? »
« Ludwig, io ho passato la trentina d’anni da un po’. » il vino che stava bevendo per poco non gli va di traverso.
« Stai scherzando. » dice, cercando di non tossire.
« No. »
« Mi stai davvero dicendo che sei più grande di me? » Feliciano inarca un sopracciglio, cercando di trattenere un’altra risata.
« A quanto pare sì. » una simile rivelazione lo aveva colto di sorpresa. Feliciano sembrava essere nel pieno dei vent’anni eppure ora scopriva che aveva una decade in più. Certamente non li dimostrava. Certamente non sembrava essere più grande di lui, eppure era così. « Mi sembri sconvolto. »
« Solo, mi sembri così giovane. »
« É  di famiglia. Persino nonno è arrivato fino ai sessant’anni senza un capello bianco. Spero di avere la stessa fortuna. »
« Sono sicuro di sì. » è nuovamente il turno del cameriere di interromperli, l’uomo appoggia i loro piatti e dopo una breve presentazioni li lascia di nuovo da soli. La sua scelta si era rivelata molto buona, tanto da destare persino la curiosità di Feliciano.
« Me lo fai assaggiare? » lui annuisce, allungandogli la forchetta quasi senza pensare. Vede Feliciano arrossire, il che lo fa irrigidire. Aveva agito d’impulso, come se fosse stato a casa con Gilbert, e ora non sapeva se proseguire o ritrattare la sua azione. Feliciano, comunque, allunga il suo corpo in direzione della posata e assaggia il contenuto, per poi ritirarsi.
« É  buono. Vuoi sentire il mio? » non aveva idea di cosa rispondere, e l’altro sembra intuire il suo disagio, prendendo l’iniziativa e mettendo una piccola parte sul suo piatto. Gli sorride, ancora pieno di imbarazzo, e lo assaggia. Rimangono in silenzio fino al termine della pietanza, e lui inizia a percepire nuovamente il disagio del silenzio.
« Mi avevi detto che tu e tuo fratello avevate dei cani. »
« Sì, un paio. »
« Mi è sembrata più una dozzina dalle foto. »
« Facevo volontariato in un canile, mio fratello lo fa ancora. »
« Deve essere stato bello. » commenta Feliciano.
« Non quando Gilbert, la mattina presto, li sguinzaglia in giardino al ritmo di “who let the dogs out”. Non ridere, il vicinato ci odia abbastanza per questo motivo. » Feliciano si copre la bocca, ma è visibilmente divertito.
« Non ti sarai mai annoiato. »
« Con mio fratello? Credo che sia impossibile, ovunque vada succede qualcosa. É l’unico che ha mai avuto il coraggio di infastidire Elizaveta, e pure quello che è finito per ben due volte in pronto soccorso a causa di concussione da padellata. Ha persino battuto il record di Francis, lui si era fermato a una. »
« Mio nonno mi aveva accennato di questo, ma ho sempre pensato che avesse esagerato. Ora inizierò a pensare che pure la storia del pony nell’ascensore sia vera. »
« No, quella penso sia davvero la storia romanzata dell’ascensore rotto. Non ci ho mai creduto. »
« Sì, in effetti dubito che nell’ascensore del condominio potesse davvero trovarsi un pony maritato con una senatrice. » entrambi sospirano, vittime del racconti di Romolo. Quell’uomo ne aveva sempre una da raccontare. « Sarebbe davvero assurdo. »
« Il signor Romolo aveva tanta fantasia. »
« Dillo a me. Da bambino ha convinto Lovino che fossero gli scoiattoli a fare la pipì nel letto, e lui ci ha creduto fino alle elementari. Magari questo non dirgli che te l’ho detto. » Ludwig si passa il pollice e l’indice sulle labbra, per fargli capire che il suo segreto era al sicuro con lui.
La serata stava andando piuttosto bene, nonostante le sue ansie. La bottiglia di vino stava finendo e avevano iniziato a consumare il secondo.
« Ora che ci ripenso, ogni giorno con mio nonno era un’avventura. Non ho mai avuto la percezione che fosse un uomo anziano. » Feliciano sembrava parlare più a se stesso che a lui, ma poi lo vede sollevare il viso e sorridergli. « Di certo non posso dire di essermi annoiato quando ero bambino. »
« Sono sicuro che hai dei ottimi ricordi di lui. » il sorriso di Feliciano si trasforma, diventa un po’ più malinconico.
« Sì, è così, ma preferisco pensare a questa cena e fare in modo che anche questa sera diventi un bellissimo ricordo. » ormai non riusciva a capire se era sincero imbarazzo a farlo arrossire oppure era il vino, ma arrivato a quel punto della cena non gli importava più di tanto. Era consapevole del fatto che ogni volta che Feliciano piegava la testa, o si aggiustava i capelli, o incurvava le labbra all’angolo destro la sua mente li percepiva come flirt. Non gli rimaneva altro da capire se non che fossero volontari o meno.
« Sono sicuro che lo sarà. » Feliciano apre bocca, appare confuso, ma riprende la sua aria spensierata e allunga la mano verso il calice, portandolo accanto al suo bicchiere e picchiettandolo leggermente contro il suo.
« A questa serata allora. » si trova ad annuire e finisce di bere la sua parte, sentendosi più rilassato. Seguono racconti d’infanzia, quei pochi che Feliciano ammetteva di ricordare insieme al fratello, lui aggiunge i propri insieme a Gilbert, ridono della propria ingenuità infantile.
Le risate terminano quando si tratta di pagare il conto, che per una volta riesce a vincere lui nonostante le proteste di Feliciano a riguardo.
« Allora io offro il gelato. » esclama, aggrappandosi al suo braccio una volta che sono usciti all’aria. Nonostante fosse notte inoltrata nell’aria si sentiva ancora il calore estivo che permeava la città. Era certo che per tornare indietro avrebbero dovuto prendere un taxi.
« D’accordo. » si trova a dargli retta, convincendosi che ormai tanto valeva farlo. Feliciano lo porta in un luogo che sembra conoscere bene. Anche in quel caso l’altro impiega tanto tempo per scegliere i sapori che gli piacciono di più, ma alla fine riescono ad uscire dalla gelateria, sistemandosi seduti su un muretto lungo la strada.
« Mamma mia, il gelato di qui mi era mancato così tanto. »
« Come mai? »
« Non lo so. Quando sono al nord non ne ho mai trovato di così buono. Forse è perché ha lo stesso sapore della mia infanzia. »
« Cioè? » gli chiede lui, abbozzando una risata.
« Non so come spiegarlo. » risponde Feliciano, prendendo un’altra leccata dal suo cono. « É  più buono. »
Lui non inquisisce oltre, cercando di non guardarlo in maniera troppo avida. La luce del lampione illuminava Feliciano in maniera particolare, rendendolo come una figura immortalata in una fotografia. Non sembrava nemmeno un essere umano.
Era rimasto comunque a fissarlo più del dovuto. « …vevo detto che dovevi prendere la nocciola. » lo sente dire, e batte un paio di volte le ciglia. Feliciano allunga il cono nella sua direzione. « Avanti, assaggia. » un simile gesto lo coglie di sorpresa, se fosse nelle sue condizioni normali avrebbe gentilmente declinato, ma ormai aveva trascorso la serata con Feliciano, avevano già condiviso il cibo, e mettere bocca dove fino a poco c’era stata la sua non gli sembrava più così inadeguato.
Con calma lecca uno strato del gelato, portandosi una mano sulla bocca. « É  buono. » risponde, facendolo sorridere. Feliciano riavvicina il gelato a sé, riprendendo a mangiarlo proprio dal punto in cui lui l’aveva toccato. Aveva un qualcosa di erotico con quel gesto. Non se lo spiegava.
Non si dicono più niente, nonostante riesca a percepire lo sguardo dell’altro su di sé, ma non si sente a disagio. Era da tanto tempo che non riusciva a godersi serenamente una serata estiva, e finalmente grazie a Feliciano ci stava riuscendo. L’aria calda della notte lo faceva sentire bene, e così anche la presenza di Feliciano al suo fianco.
Finiscono il gelato, e con calma si avviano verso la strada principale alla ricerca di un taxi. Feliciano estrae il telefono dalla tasca, impallidendo. « Tutto ok? » lui annuisce, nonostante il visibile nervosismo.
« É Lovino. Mi sono scordato di dirgli quando tornavo. » lo osserva armeggiare con il cellulare, concentrandosi sulle sue dita sottili. Non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. E non era certo colpa del vino. Doveva concentrarsi per cercare un taxi, più che altro.
Per fortuna non ci impiegano così tanto come avevano temuto, e il viaggio di ritorno trascorre in completo silenzio. Nemmeno il tassista era di troppe parole. Una volta arrivati Feliciano insiste a pagare, e lui si sente improvvisamente troppo stanco per mettersi a discutere con lui. Con calma apre il cancello, facendo passare l’altro. C’era odore di bagnato, probabilmente Antonio aveva innaffiato la siepe. Feliciano si trascina fino al portone del palazzo, aspettando che sia lui ad aprire anche quella porta. La serratura scatta, permettendo loro di entrare nell’atrio. Erano ormai le tre di notte, quindi tentando di fare il meno rumore possibile salgono le scale, Feliciano inciampa costringendolo a sorreggerlo per il resto della salita. Sembrava improvvisamente più stanco di lui.
« Lasciami qui, Lud. Posso dormire sul pavimento. » roteando gli occhi passa una mano sul suo fianco, spingendolo a camminare insieme a lui. «Davvero, in questo momento mi sembra tanto comodo. »
« Credo che il tuo letto in questo caso lo sia di più. »
« Lo sarebbe se ci fossi dentro anche tu. »
« Non scherzare. »
« Non scherzo. Mi dai l’idea di essere un enorme, caldo peluche. »
« Fa già caldo di suo, che ti servo io? » Feliciano lo fissa con lo sguardo annebbiato, come se cercasse una risposta senza trovarla.
« Soffro di freddo. » dice, assumendo un tono fintamente serio.
« E io soffrirò le urla di tuo fratello domattina se non ti riporto a casa. » Feliciano corruccia le labbra, con contento di simile risposta, ma non protesta più, facendosi accompagnare per le scale. Quando raggiungono il loro piano sembra passata un’eternità e gli sembra di aver svegliato tutto il condominio facendo rumore. Feliciano è ancora appoggiato al suo fianco, ma sembra più lucido rispetto a quando stavano salendo.
« Hai le chiavi? » l’altro le prende dalla tasca, sventolandole.
« Ovvio. »
« Allora buonanotte. » Feliciano sembra sul punto di dire qualcosa, ma finisce con l’avvicinarsi e lo abbraccia con improvviso trasporto. Lui si irrigidisce, non sapendo come rispondere a quell’inaspettata manifestazione d’affetto.
« É  stata una bella serata. Mi sono divertito tanto. » Ludwig si sente felice, e riesce a ricambiare la sua stretta. Feliciano emette una lieve risata, ma non da alcun cenno di volersi togliere. Lui si sente bene, per la prima volta in quei giorni. Feliciano era riuscito a fargli dimenticare le sue preoccupazioni e i suoi problemi, anche se solo per una serata. Aveva un dono.
« Feliciano? »
« Sì? »
« Credo sia meglio che tu torni a casa. »
« Perché? »
« Ho l’impressione che se continui così ti addormenterai in piedi. » l’altro uomo emette uno sbuffo, apparentemente divertito.
« Non è colpa mia se sei comodo. » non trova niente da replicare, ma lo accompagna comunque fino alla sua porta, guardandolo maneggiare le chiavi e infilarle nella toppa, per poi girare il chiavistello. Questa fa un suono meccanico, e finalmente la porta si apre.
« Allora buonanotte. » gli dice, togliendo l’ultimo contatto fisico che avevano. Lui sente improvvisamente freddo, ma non se ne lamenta, guardando Feliciano fino all’ultimo istante e solo dopo che la porta si è chiusa si dirige verso la propria.
Una volta dentro prende dei lunghi respiri, infilandosi sotto la doccia e cercando di mettere in ordine i pensieri. Era stata una bella serata, forse addirittura un po’ troppo per lui. Feliciano era stato affascinante, ammaliante, piuttosto seducente nei suoi confronti. Non sapeva dire se fosse un qualcosa di naturale o volontariamente diretto a lui.
Doveva solo chiedersi se fosse quello ciò che voleva. Dentro di sé sapeva la risposta. Lui voleva che Feliciano fosse interessato a lui. Era un qualcosa che la sua razionalità aveva tentato di reprimere, ma arrivato a quel punto doveva ammettere a se stesso che l’interesse che provava non era per niente amichevole.
Avrebbe dovuto fare un passo in avanti, ma un vago timore di aver frainteso la situazione si annidava in un angolo della sua mente. D’altronde lui aveva una maniera di approcciarsi completamente diversa, forse per l’altro era la normalità.
Getta la testa sotto il getto d’acqua, cercando di rifletterci in maniera più chiara possibile. Voleva capire cosa fare, ma ormai dovevano essere le quattro di mattina e lui sapeva che non avrebbe cavato fuori nessuna buona idea. Sapeva solo che doveva fare un tentativo, il come e il dove erano ancora una grande incognita.
Una volta uscito dalla doccia si infila a letto, prendendo in mano il libro nella disperata ricerca del sonno, ma non riesce nemmeno a vedere il testo davanti a sé. La sua mente ripercorre la serata, analizza ogni dettaglio, maledice di essere stata deviata con del buon vino. Non poteva pensare in maniera lucida.
Sentendosi stanco appoggia il libro sul comodino e spegne la luce, infilandosi sotto le lenzuola. Dalla finestra proveniva una lieve brezza, ma nemmeno quella riusciva a togliere la sua attenzione dalla serata e da Feliciano. Continua a pensare al suo sorriso, alle sue dita sottili, a quel gelato condiviso e ai loro ultimi istanti insieme. No, non c’era niente di fraintendibile in quello.
Non poteva rimanere passivo di fronte a tali provocazioni. Doveva provare, vincere o fallire nel tentativo. Rimanere fermo non l’avrebbe portato da nessuna parte, se rimanere così non avrebbe mai saputo come sarebbe stato baciare l’altro. Simile pensiero lo fa arrossire, facendolo tornare come quando aveva dato il suo primo bacio, ed è allora che finalmente riesce a sprofondare in un breve e disturbato sonno.

   
 
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