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Autore: Crudelia 2_0    05/11/2019    3 recensioni
Bussa alla tua porta dopo quelli che ti sono sembrati secondi troppo, troppo brevi.
Vi scambiate saluti e formalità privi di importanza, inudibili sotto il rombo nelle tue orecchie. Poi un’affermazione infrange quel vetro, l’ultima tua protezione.
“Dovreste togliervi la veste.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Ristori, Antonio Ceppi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 


Il giorno seguente l’hai passato in attesa, perennemente distratta. Questa mattina il sole ti ha trovata già sveglia e hai ricominciato- non hai mai smesso- ad aspettare. Quando senti il calesse schiacciare la ghiaia del cortile il cuore ti batte ad un ritmo così forsennato che temi possa uscirti dal petto.

Bussa alla tua porta dopo quelli che ti sono sembrati secondi troppo, troppo brevi.

Vi scambiate saluti e formalità privi di importanza, inudibili sotto il rombo nelle tue orecchie. Poi un’affermazione infrange quel vetro, l’ultima tua protezione.

“Dovreste togliervi la veste.”

Deglutisci, prima di annuire. Le mani incontrano i primi lacci e tremano, speri lui non se ne accorga, ma i suoi occhi su di te bruciano. Lo guardi di sfuggita e ti sembra di cogliere un lampo, nelle iridi chiare, un lampo che sembra desiderio. Solo una volta ti ha guardato così, prima.
 


Dal balcone i rumori della festa arrivano ovattati. Ti stai rifugiando un momento nell’angolo più buio, non raggiunto da aloni di candele coraggiose. Solo per un po’, pensi, il tempo di allentare quel corsetto troppo stretto e respirare. Una sagoma ti si avvicina mentre il primo laccio ti scivola tra le dita, sussulti.

“Non volevo spaventarvi, Contessa. Perdonatemi.” Fa un lieve cenno con il capo, ma i denti biancheggiano in un sorriso beffardo.

“Non mi avete spaventata, Conte.” Menti con disinvoltura, una mano inizia a giocare con il pendente della collana per dissimulare l’intento di poco prima.

“Vi stavo cercando.”

“E mi avete trovata, siete un ottimo cercatore.” Sorridi, assecondandolo.


“Oppure voi una pessima occultatrice.”

“Così mi offendete.” Affermi, senza riuscire a smettere di sorridere.

“Permettetemi di farmi perdonare, allora.” Ti porge un braccio, che accetti di buon grado. Iniziate a camminare verso i giardini, in silenzio. La musica ancora non troppo lontana fa da sfondo ai vostri passi. Vi fermate in prossimità di un piccolo piazzale, una fontana zampilla allegra al centro del cerchio delimitato da panchine e cespugli di rosa.

Vi allontanate mentre tu ti accomodi sulla fredda  pietra e lui si avvicina alla fontana.

“Così tanto lusso, così tanti sprechi.” Lo senti sospirare, pare rivolgersi più a se stesso che a te.

“Suvvia, non adombratevi.” Cerchi di consolarlo. “È una festa, dopotutto.”

Si volta e, per un attimo, i suoi occhi tanto profondi ti fanno mancare il fiato. Sembrano blu in quella notte senza luna. Sono illuminati da un breve lampo, poi in due rapide falcate ti raggiunge e ti prende le mani. È seduto accanto a te, ora. Molto vicino, troppo vicino. Non riesci a smettere di guardarlo mentre si avvicina. Senti la sua mano sulla guancia- è calda- e il suo pollice leggero sulle tue labbra. Socchiudi gli occhi, reclinando  la testa all’indietro.

“Anna.” È un sussurro sulla tua bocca. Hai il tempo di sentire il suo fiato fresco prima che annulli la distanza tra voi e faccia incontrare le vostre labbra. È morbido e gentile, e subito il cuore inizia a correrti nel petto. Lo senti battere sulle costole e dei sicura che lo senta anche lui, la mano appoggiata sulla tua vita.

Quando ti cattura il labbro inferiore senti di non avere più certezze, quando incontri la sua lingua sei sicura di non aver mai saputo niente. Della vita, dell’amore, di te, di lui.

E mentre la sua mano si sposta dai tuoi capelli ai fianchi e ti aggrappi alle sue spalle senti un calore nascerti dentro. Sono i suoi baci a provocarlo, le sue mani che ti accarezzano, che senti scottare anche attraverso i vestiti. Ansimi, quando la sua bocca scende sul mento e sulla gola. Il calore cresce, si diffonde nel petto, sulle guance e alle gambe, che tremano.

Posi una mano sulla sua nuca, tra suoi capelli neri, lo avvicini a te. Ti sembra ancora troppo distante, nonostante il tuo seno sia premuto sulla sua camicia.

“Ti desidero, Anna, ti desidero.” Sussurra al tuo orecchio mentre le mani si fanno più audaci,ardite.


 
“Volete che chiami qualcuno per aiutarvi?”

Sbatti le palpebre, riportata bruscamente alla realtà. Scuoti la testa e ti volti, dandogli le spalle. Ti vedrà comunque, dopo, ma se non è lui a mostrare la giusta dose di pudore lo farai tu. Non puoi permettere che rimanga a guardarti, sfacciato.

Quando la veste cade a terra, tuttavia, non hai più nulla a cui appigliarti. Ti volti a testa alta e decisa, trovandolo più vicino di un passo.     

Ti porge la mano, che ignori, e con due passi scavalchi la pozza di stoffa scura ai tuoi piedi. Vedi la sua mano indicarti la poltroncina a lato del letto e ti dirigi con passo spedito e fiero. Se è toccato dalla tua scontrosità non lo da’a vedere, anzi, sei sicura che sia passato un sorriso sulle labbra sottili prima che la maschera da dottore calasse a rendere il volto inespressivo.
Ti accomodi sul bordo, rigida e composta. Non puoi evitare di rabbrividire nonostante l’inizio di primavera piuttosto mite. 
“Avete freddo?” Ti chiede prima di voltarsi e aprire la sua borsa.

Scuoti la testa prima di accorgerti che non può vederti e decidi di parlare. “No.” Ti esce soltanto. Stringi le labbra sentendo la tua voce leggermente tremante  e velata di timore.

Quando ti si avvicina fai un grosso respiro, cercando di controllare il cuore che, traditore, ha deciso di battere più in fretta. Si siede accanto a te e avvicina le mani alle tue spalle. Abbassi lo sguardo e ti ritrovi ad osservare i suoi avambracci pallidi e tonici lasciati scoperti dalle maniche arrotolate ai gomiti. C’è una piccola cicatrice, sul braccio sinistro, lunga pochi centimetri. Sei sicura di non averla mai vista, prima, e ti chiedi se abbia sofferto. Le dita quasi tremano mentre senti l’impulso di accarezzarlo in quel punto.

Fa scendere di qualche centimetro la tua sottoveste e le spalle scoperte, toccate dalla fresca brezza, ti fanno nuovamente rabbrividire. Ti manca un battito quando si avvicina e posa il capo sul tuo petto, una mano sulla tua schiena a fermare la tua spontanea reazione a retrocedere.  Sei sicura se ne sia accorto, quindi ti impegni a regolarizzare il respiro. Non sarebbe così difficile se ad ogni tuo inspiro i seni non sfiorassero la sua bocca.

Quando si stacca ti sembra di emergere alla superficie come un annegato, rischiavi di soffocare.

“Voltatevi.” La sua voce ti sembra leggermente più roca, ma poi si schiarisce la voce.

Mentre ubbidisci non manchi di notare come la sua mano, prima appoggiata sulla tua schiena, rimanga immobile, lasciando che il tuo busto, voltandosi, la accarezzi. Trovi così le sue dita aperte contro lo stomaco, il pollice alla fine dello sterno.

La veste scende ancora, scoprendoti la schiena e ogni vertebra. Non fosse per la sua mano saresti nuda fino alla vita.

Senti i suoi capelli solleticarti in mezzo alle scapole e stringi le mani sulle ginocchia. Questa volta controllarti è meno difficoltoso, forse perché non lo vedi.

“Come vi siete procurata questo?” Sussulti alla breve fitta di dolore. Pur essendo stato delicato il livido bluastro sul tuo fianco protesta a gran voce. Potresti dirgli che è il corsetto, troppo stretto, sarebbe facile, mentirgli.  Ma c’è una voce, dentro di te, che grida di non farlo, di mostrargli come sia sofferta la tua vita, quanto le sue scelte continuino a ripercuotersi su di te ancora oggi.

Deglutisci, cercando le giuste parole. “Mio marito è un amante… appassionato.”

E lasci che il sospiro sull’ultima parola renda chiaro che intendi bramoso, pretenzioso, violento. Quello in particolare te l’ha causato sbattendoti con troppa foga su un tavolo.

Ci sono state volte peggiori. Volte in cui doleva respirare, volte in cui le costole premevano contro le stecche del corsetto e parlare era un’agonia, volte in cui arrivavi a metà giornata costretta a nascondere le lacrime.

Non dici niente di tutto questo, lasci che lo immagini. Che immagini come hai dovuto passare le tue notti mentre sua moglie stava accucciata sul suo petto, tra le sue braccia. Al solo pensiero senti la rabbia invaderti.

Ti alzi di scatto, coprendoti con gesti secchi e rapidi. Inizi a rivestirti in modo affettato, senza degnarlo di uno sguardo, come se fossi sola.

È la sua voce, ancora una volta, a rendere chiara e forte la sua presenza. “Avete altri segni, piaghe?”

“No.” Rispondi brusca.

“Vorrei tornare a controllarvi fra una settimana, spesso queste malattie si manifestano dopo giorni.” Continua imperterrito.

“Sarò a Torino, chiederò ad altri medici.” Tiri i laccetti del corpetto con troppa forza, ma è l’unico modo per stringerlo quando le dite continuano, testarde, a tremare.

“Se dovesse venirvi febbre, o mancamenti, vorrei che mi chiamaste.”

“Non sarà necessario, starò bene.”

“Ma se-“

“No.” Lo interrompi. Possibile che non capisca quanto ogni sua azione, sua parola si ripercuote su di te per giorni? Le sue carezze ti tormenteranno, già ti mancano e ancora è nella tua stessa stanza.

Sospira. “Anna…”

“Il denaro è sul comodino.” Lo interrompi nuovamente. Impieghi più tempo del necessario con l’ultimo nodo pur di non voltarti. Indugi per la terza volta sulle pieghe impeccabili della gonna per nascondere l’affanno che il tuo nome, sulle sue labbra, ti ha procurato.

“Non ce n’è-“

“Grazie per essere venuto, dottore.” Ti avvicini alla porta e la spalanchi in un chiaro e sgarbato invito ad andarsene.  Tieni gli occhi puntati sul muro di fronte.

Mentre ti passa davanti, accennando un inchino, fingi un interesse smisurato per il vaso ornato sul tavolino che ti sta di fronte. Vaso, probabilmente, che occupa quella posizione da quando sei nata, ma può forse impedirti di trovarlo interessante proprio ora?

Senti già un sospiro di sollievo tremarti sulle labbra quando fai un passo per chiudere la porta alle sue spalle. Intento sgarbato e maleducato, da pessima padrona di casa, e speri che lo colga al pieno.

Saresti soddisfatta di quella tua uscita di scena se una voce non ti bloccasse, trasformando il sollievo in ansia. Chiudi gli occhi, esasperata.

Tra lo stipite della porta e la spalla di Antonio si concretizza il corpo di tuo fratello, le sopracciglia aggrottate come segno della sua confusione.

“Antonio?” I suoi occhi si abbassano sulla tua figura e ti scrutano, attenti. “Anna, stai male?”

Riesci solo a scuotere la testa, forse un po’ troppo vigorosamente perché vedi la sua espressione scurirsi ancora, il solco tra gli occhi più pronunciato.

“Solo una visita di controllo, Fabrizio, nulla di grave.” La voce mite di Antonio ti salva, al momento, ma sai che arriveranno altre domande. Ne hai la certezza dal lampo malizioso che attraversa gli occhi di tuo fratello.

Quasi avresti preferito fosse rimasto zitto. Stringi le labbra, contrariata.

“Perfetto.” Fabrizio sorride, strofinandosi le mani, e senti lo stomaco stringersi in un presagio. “Allora puoi cenare con noi.”
   
 
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