Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: laisaxrem    06/11/2019    1 recensioni
Gai, gravemente ferito dallo scontro con Madara, riprende conoscenza in una camera d'ospedale di Konoha e deve fare i conti con i limiti dettati dalla sua nuova condizione fisica. Un amico sarà lì ad aiutarlo a raccogliere i pezzi.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gai Maito, Kakashi Hatake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'This Is Us'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
DATA: 25, 30 ottobre, 6 novembre - anno 1
TITOLO: This Is Me - “The Greatest Showman” Cast

-----------------------------------------------------------------------------------------------------

Gai galleggiava nel buio.
Per tutta la sua vita era stato consapevole di ogni suo muscolo, ogni suo osso, ogni brandello di pelle; ed ora sentiva come se la sua mente fosse staccata dal corpo. In effetti non sentiva il suo corpo, ma stranamente non ne era particolarmente preoccupato perché ricordava. Ricordava la guerra, ricordava i Bijū, ricordava Obito, ricordava Kakashi, ricordava i suoi studenti – Lee così valoroso, Tenten così combattiva, e il povero Neji e il suo coraggio. Ma soprattutto ricordava Madara; Madara che diventava il jinchūriki del Jūbi e lui che si faceva avanti ed utilizzava l’Hachimon Tonkō no Jin, e il dolore devastante causato dal Sekizō e quello ancor peggiore del Yagai, quando aveva sentito la pelle bruciare e le ossa della gamba disintegrarsi.
Non si pentiva della sua scelta: in quel momento era necessario e se aveva permesso ai suoi compagni di sopravvivere alla battaglia allora era soddisfatto. Ciò che gli dispiaceva era non poter vedere Lee e Tenten diventare adulti, non poter prendere un’altra birra con Ebisu e gli altri, non poter più sfidare Kakashi. Ma se il suo sacrificio voleva dire che loro avrebbero potuto vivere un giorno in più, chi era lui per lamentarsi?
Era però un pochino deluso, doveva ammetterlo. Era dunque quello che li aspettava dopo la morte? Un eterno galleggiamento nel buio, la mente che ripercorreva continuamente i ricordi di una vita? Non era molto invitante, come prospettiva. Non che potesse fare qualcosa per cambiare la situazione, ovviamente, ma insomma.
***
Gai sentiva delle voci. Era la prima volta, da quando si era svegliato in quell’oscurità che sentiva qualcosa all’infuori dai suoi pensieri. Non sapeva se rallegrarsene o esserne preoccupato, soprattutto perché erano voci che conosceva: Tsunade-sama, Shizune e Sakura-san che parlavano di medicina, e di ossa rotte, e di dosaggi di antidolorifici. E poi ancora Kakashi e Kurenai e i suoi amici che parlavano di come Konoha stesse lentamente rinascendo, di come l’Alleanza stesse funzionando. E soprattutto i suoi adorati studenti, Lee e Tenten.
Forse era questa la vita dopo la morte. Forse non era solo oscurità e vuoto ma era sentire le persone che si erano amate in vita, sentire che erano vive e stavano andando avanti. O almeno sperava che non fosse tutto un parto della sua immaginazione.
In ogni caso era grato.
***
Gai aprì gli occhi e vide.
L’oscurità in cui aveva galleggiato fino a quel momento aveva lasciato il posto ad una stanza d’ospedale buia,  le mani di qualcuno che gli tastavano la gola.
Aspetta. Poteva percepire delle mani tastargli la gola. Poteva vedere la stanza. Poteva sentire le persone muoversi. E soprattutto poteva sentire il suo corpo. Poteva sentire il dolore in ogni cellula della gamba destra, e il fastidio della pelle, e il mal di testa che gli martellava le tempie, e la bocca secca, e lo stomaco indolenzito. Non era sicuro che questo fosse un miglioramento nella sua condizione. Era contento di poter provare ancora qualcosa, ovviamente, ma doveva proprio essere tutto negativo?
Spossato, cercò di girare la testa verso le voci (era Kakashi quello che discuteva a bassa voce con Tsunade?) e una fitta terribile lo costrinse a serrare di nuovo le palpebre. Sentì delle dita calde sfiorargli le tempie e le sensazioni che stava provando gli scivolarono via lentamente.
***
Quando aprì gli occhi di nuovo non era cambiato granché: il suo corpo era ancora una pozza di dolore e la stanza d’ospedale era ancora la stessa anche se ora era immersa nella luce e Gai riusciva a vedere Konoha che si stendeva fuori dalla finestra. Ad essere cambiato era la quantità di persone attorno a lui. Sentiva solamente due respiri, uno profondo, evidentemente addormentato, l’altro più leggero e più vicino.
Voleva vedere. Voleva vedere di chi si trattava. Aveva bisogno di capire cosa stava succedendo. Sentiva qualcosa in gola che gli dava fastidio e istintivamente cercò di sollevare una mano per togliere ciò che gli impediva di respirare. Immediatamente una mano gli bloccò il polso mentre un’altra gli si posava sul suo petto e lo immobilizzava. Un volto che conosceva, con occhi verdi e capelli rosa, gli entrò nel campo visivo.
«Gai-sensei, sono Sakura», disse la ragazza. «Non muoverti».
E lui ubbidì. Non che riuscisse a muoversi comunque, con le sue mani piccole ma forti che lo inchiodavano al letto. Ma forse la fortuna gli stava sorridendo. Sakura era un medico eccezionale, l’apprendista di Tsunade-sama, e forse non c’era nessuno più qualificato di lei per spiegargli che cazzo stava succedendo. Perché sì, ormai aveva capito di essere vivo e la cosa non aveva alcun senso. Doveva solo riuscire ad aprire la bocca e iniziare a dar voce alle mille domande, e alle mille paure, che gli assiepavano la mente. Peccato che quella cosa che gli irritava la gola gli impediva anche di parlare.
«Shh, non cercare di parlare», lo rimproverò la giovane, come leggendogli nella mente. «Sei intubato. Controllo un paio di cose e, se tutto va bene, procedo all’estubazione, ok? Capisci quello che sto dicendo?»
Gai annuì appena e guadagnò un sorriso mentre lei iniziava ad affaccendarsi accanto a lui, le mani che gli sfioravano la gola mentre usava il suo chakra curativo, per poi scendere al petto ed infine andare alla testa.
«Ok, è tutto in ordine», comunicò infine, sorridendo ancora. «Sarà fastidioso e potresti avere dei conati di vomito: cerca di trattenerti, ok? Bene, quando te lo dico, espira il più profondamente possibile».
Quando il lungo tubo che aveva nella trachea gli venne tolto del tutto, Gai non riuscì a trattenere un paio di colpi di tosse che gli mandarono fitte di dolore a tutto il corpo.
«Bene, è un buon segno, Gai-sensei», l’incoraggiò Sakura, sedendosi accanto al letto dopo aver portato via tubo e apparecchiatura. «Pensavamo che non ti saresti svegliato ancora per un’altra settimana almeno».
Gai sgranò gli occhi. “Un’altra settimana”. Per quanto tempo era rimasto in quel letto? Doveva sapere. Aprì la bocca per chiedere ma la sua gola non pareva voler collaborare.
«Tutto ok, per un po’ sarà difficile parlare. Cerca di non sforzarti», disse la kunoichi. «Vuoi che ti racconti cos’è successo o preferisci aspettare che Lee-san si svegli?»
Lee? Allora quel respiro pesante era del suo allievo. Gai sentì gli occhi riempirsi di lacrime e la cosa parve preoccupare Sakura.
«Oh, Kami-sama, che ho detto di sbagliato? Gai-sensei, scusami, io…»
«Stai tranquilla, Sakura», intervenne una voce maschile che conosceva perfettamente. «Quelle sono lacrime di gioia».
«Kakashi-sensei», lo salutò lei con un sorriso.
«Suvvia, Sakura-chan, cosa abbiamo detto del “sensei”?»
«Giusto. Scusa, Kakashi».
Il suo rivale si avvicinò fino a trovarsi accanto al letto e nel suo campo visivo. Gai sentì il cuore alleggerirsi nel vedere che era ancora tutto intero e che pareva essere immutato. No, un momento, non immutato perché ora Gai poteva vedere non uno ma due occhi scuri. Com’era possibile?
«Mmm? Oh, l’occhio», disse Kakashi, interpretando correttamente i suoi occhi spalancati. «È una storia tremendamente avvincente ma ne parleremo un’altra volta. Come sta?» chiese evidentemente rivolto alla kunoichi.
«Bene, viste le circostanze. Respira autonomamente e le sue condizioni generali stanno migliorando significativamente. Ma mi preoccupa il chakra. C’è qualcosa che gli impedisce di accumularlo propriamente e non so se siano i sedativi o gli effetti dell’utilizzo dell’Hachimon Tonkō no Jin. E ovviamente c’è la gamba…»
«Sì, capisco», annuì Kakashi, gli occhi pensierosi. E Gai iniziò a preoccuparsi seriamente. Ma poi il suo vecchio amico sorrise. «Allora, Gai, sei pronto per rivedere un po’ di persone?»
Era pronto? Insomma, era bloccato in quel letto e non riusciva a muovere nemmeno le braccia; ogni parte del suo corpo pareva urlare di dolore e non poteva parlare. Perciò la risposta onesta alla domanda era no, non era pronto. Ma sapeva anche che doveva essere morto e, per qualche motivo, non lo era, ed ora aveva la possibilità di rivedere le persone che amava. Era un’occasione che suo padre non aveva avuto quando vent’anni prima aveva fatto la sua stessa scelta. Quindi no, non era pronto, ma voleva rivedere tutti.
Perciò annuì appena e cercò di sorridere, non sicuro di esserci riuscito davvero (il dolore stava aumentato e lui era così stanco e iniziava a perdere coscienza di sé).
Sakura sorrise e si allontanò. Dieci secondi dopo Gai sentì Lee balzare in piedi e un istante dopo era accanto a lui, gli occhi spalancati che rapidamente si riempivano di lacrime.
«Gai-sensei!»
Gai sorrise (forse). Voleva tremendamente alzarsi in piedi e stringere a sé il suo studente. E voleva andare a cercare Tenten e stringere anche lei.
Invece si sentì svenire e gli occhi si chiusero ributtandolo in un mondo d’oscurità.
***
«Non ho mai incontrato un ninja più cocciuto di te», borbottò Tsunade uscendo dalla porta seguita da Shizune.
Gai, seduto sul suo letto d’ospedale, sorrise ad entrambe e ringraziò per l’assistenza. Poi tornò a dedicarsi alle persone nella stanza.
Si era risvegliato quella mattina dopo una settimana di sonno. Non coma, sonno. Un bel traguardo per un uomo che doveva essere morto e che era rimasto in coma farmacologico per quasi tre settimane. Il dolore alla gamba destra era lievemente diminuito e la pelle bendata non formicolava quasi più. Sakura aveva detto che le sue riserve di chakra si stavano lentamente riformando e ciò era estremamente positivo. Ci sarebbero volute settimane, forse mesi, ma alla fine il suo sistema circolatorio del chakra sarebbe tornato normale.
Il vero problema era la gamba. Non solo le ossa di tibia e perone erano disintegrate, ma una buona parte del piede si era polverizzato dopo che aveva utilizzato lo Yagai. Tsunade aveva provato ad utilizzare le cellule di Hashirama-sama per ricostruirlo, esattamente come stava facendo per il braccio di Naruto, ma per qualche motivo – probabilmente per la natura della ferita, aveva detto Sakura – le cellule non erano riuscite ad integrarsi con le sue. Perciò Gai non avrebbe più camminato, non avrebbe più combattuto, non avrebbe più potuto essere un ninja.
La notizia era stata devastante.
Davanti ai suoi studenti aveva sorriso e dichiarato che ora l’estate della sua vita era iniziata. Lee aveva pianto e si era eccitato tutto, dichiarando che l’avrebbe aiutato a studiare un nuovo programma d’allenamento, quando fosse uscito dall’ospedale. Tenten aveva sollevato gli occhi al cielo al comportamento del compagno ma poi aveva sorriso ad entrambi e aveva dichiarato che si sarebbe occupata personalmente di rubare una sedia a rotelle dell’ospedale per trasformarla in una sedia-da-combattimento con ogni genere di arma nascosta al suo interno (e studiata per il confort, ovviamente). Gai aveva riso e li aveva incoraggiati a seguire la loro giovinezza. Sakura aveva scosso la testa e nascosto un sorriso mentre lanciava un’occhiata a Kakashi, seduto su una sedia in un angolo della stanza con la sua fedele copia di Icha Icha Tactics in mano. Forse i due si erano scambiati un qualche messaggio muto perché ad un tratto la kunoichi si era avvicinata ai suoi due studenti e con gentilezza li aveva sospinti verso la porta, offrendosi di mostrare a Tenten dove trovare le sedie a rotelle e dicendo a Lee che aveva bisogno di discutere con lui i dettagli della sua futura routine d’allenamento.
Gai aveva sorriso e salutato i tre giovani. Sakura aveva chinato la testa in direzione dei due uomini mentre chiudeva la porta e li lasciava nella quiete.
Ed ora erano lì solo loro due, Kakashi che leggeva tranquillo, Gai che continuava a sorridere al meglio delle sue capacità.
«Se ne sono andati, Gai, puoi smettere di fingere», disse Kakashi dopo qualche secondo, la voce bassa e pacata.
«Non capisco cosa stai –»
«Gai».
Lui chiuse la bocca mentre permetteva al suo sorriso di morirgli sul volto.
«Come fai», iniziò piano, «a sapere sempre cosa mi passa per la mente?»
Kakashi chiuse il libro e andò ad accomodarsi sulla sedia libera accanto all’amico.
«In realtà non capisco metà delle cose che ti passano per quella strana testa che hai attaccata al collo», disse con un sorriso. «Ma ti conosco da venticinque anni, Gai, e sarei un ben misero rivale per te se non capissi quando stai per crollare».
«Io non sto –»
«Sì, stai», lo interruppe di nuovo. Un brutto vizio di Kakashi che di solito lo faceva ridere ma ora lo stava solamente facendo innervosire. «È esattamente come quando è morto tuo padre».
Rabbia. Rabbia che gli guizzava nelle vene e gli fece serrare i pugni sulle coperte.
«A volte dovresti smettere di comportarti come se sapessi tutto, Kakashi», sibilò, lottando per controllare la rabbia. Perché quello non era lui, non era la persona che era diventata. Ma in quel momento si sentiva così frustrato e arrabbiato e triste e arrabbiato
«Gai, adesso siamo soli», disse l’altro, ignorando i lampi negli occhi di Gai. «Puoi lasciarti andare».
«Non c’è niente da lasciare andare».
«Non puoi fingere con me. Ti conosco».
«Non c’è niente da lasciare andare!»
Quasi urlò, ma Kakashi non si mosse e i suoi occhi rimasero sereni. Kami-sama, era una cosa che lo faceva impazzire.
«Sì invece. Se n’è accorta anche Sakura. Perché credi che abbia portato via i tuoi ragazzi?»
«Vattene, per favore», chiese, cercando di non essere brusco. Voleva porre fine a quella conversazione e lui non poteva andarsene perciò doveva convincere Kakashi a lasciarlo solo.
«No».
Ancora rabbia.
«Vattene», ripeté, più duro, lasciando fluire il fastidio e la frustrazione.
«No».
Irritante. Cocciuto. Indisponente.
Perché non poteva, per una volta, lasciarlo in pace? Quand’erano ragazzini l’aveva evitato come la peste ed ora che era lui a voler restare solo Kakashi tutt’a un tratto trovava in sé lo spirito di rivalità? Se quella era una qualche punizione karmica non voleva sapere quale fosse la sua colpa.
«Non sto scherzando, Kakashi. Vattene», minacciò, i pugni che si serravano ancora di più finché non sentì le unghie lacerargli la pelle sotto le bende.
«Costringimi».
«Cosa vuoi ottenere?»
«Voglio che tu smetta di fingere», ripeté di nuovo Kakashi.
«Io non –»
«Smettila. Tu fingi. Tutto questo…» disse indicando verso la porta da dove i tre giovani erano usciti pochi minuti prima, «è falso. E capisco perché ti sia nascosto da Lee e Tenten. Sono i tuoi ragazzi, vuoi proteggerli. Ma per proteggere loro rischi di distruggere te. Io lo so; sono un maestro in questo», aggiunse un po’ più dolcemente, abbandonando la sedia per avvicinarsi a Gai il quale iniziava a sentir la rabbia scemare e lasciar posto a qualcosa che non voleva. «Non farti questo, Gai».
«Non voglio».
«Lo so. Ma è ciò che ti serve. Quindi te lo dico per l’ultima volta. Lascia. Andare».
E, afferratogli il ginocchio destro, strinse un poco mandando una fitta di dolore alla gamba ferita e fin su allo stomaco, al petto e alla testa.
La realizzazione lo colpì forte assieme al dolore.
Non sarebbe più stato un ninja.
La cosa per cui aveva vissuto negli ultimi trent’anni gli era stata portata via.
Non sarebbe servito lottare, non sarebbe servito sforzarsi fino a superare i limiti del suo corpo, non sarebbe servito autoinfliggersi punizioni quando non avesse raggiunto un obiettivo prefissato. Non c’era numero sufficiente di giri attorno alle mura di Konoha, o piegamenti, o addominali, o qualunque altro esercizio gli venisse in mente. Per quanto impegno avesse messo ogni giorno della sua vita da quel momento in avanti, non sarebbe più stato un ninja.
E cos’era lui senza il suo essere shinobi? Cos’era se non poteva più proteggere le persone che amava, se non poteva più servire il Villaggio? Cosa ne sarebbe stato di lui? Come avrebbe fatto a svegliarsi ogni giorno sapendo che la persona che era stata era svanita?
Gai iniziò a tremare e gli occhi gli si riempirono di lacrime d’orrore e dolore e paura.
Kakashi lasciò la presa sul ginocchio per sfiorargli la spalla.
«Lascia andare», ripeté con più dolcezza. «Penseremo poi a raccogliere i pezzi».
E Gai si lasciò andare.

------------------------------------------------------------------------------------------------

Dopo aver letto i capitoli finali di Naruto non pensai molto alla questione che invece mi colpì quando vidi l'anime. Insomma, la mia domanda era: con le cellule di Hashirama riescono a creare un braccio nuovo per Naruto e non riescono ad aggiustare le ossa a Gai? Mi sembrava un buco terribile. Ecco, qui ho cercato di dare la mia spiegazione.
A parte questo, amo alla follia l'amicizia tra Gai e Kakashi. Sto scrivendo tante altre piccole e grandi storie su loro due per questo mondo. Li adoro.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: laisaxrem