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Autore: Mari_Criscuolo    07/11/2019    1 recensioni
Leila (Ella) ha 22 anni e vive a Napoli, ma, dopo la laurea triennale in psicologia, si trasferisce a Roma, per continuare il suo percorso di studi.
Sofia, sua amica da otto anni, ha deciso di seguirla.
Entrambe mosse dalla stessa chimera: lottare per la propria felicità.
Ella ha compiuto una scelta che ha fatto soffrire molte persone.
Nonostante non ne se ne sia mai pentita, sa che ogni decisione comporta delle conseguenze e lei sta ancora scontando la pena che le è stata imposta.
È convinta di essere in grado di affrontare ogni difficoltà la vita le metterà sul suo cammino, perché l'inferno lo ha vissuto, deve solo trovare il modo di non ritornarci.
Una ragazza con le sue piccole manie e le sue paure.
Una ragazza che usa il sarcasmo e l'ironia per comunicare il suo affetto e, allo stesso tempo, proteggersi da chi si aspetta, da lei, cose che non può e non vuole fare.
La sua famiglia, Sofia con suo fratello Lorenzo e, infine, un incontro inaspettato, la sosterranno nella sua scalata verso la tanto agognata libertà.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Si avrei ricambiato i tuoi sentimenti, ma no, probabilmente non saremmo mai diventati un noi. Primo perché ti saresti trasferito in ogni caso, secondo per lo stesso motivo che ti ha spinto a non dirmi nulla.»
 
Ella fece una piccola pausa, spostando lo sguardo verso le sue mani intrecciate che si torturavano a vicenda per scacciare il nervosismo. Il leggero venticello freddo, che trasportava a ogni folata il profumo della serata appena giunta, muoveva leggermente i suoi capelli, facendoli ricadere come un sipario tra lei e Gabriele.
 
Prima che lui potesse interrompere il discorso che stava elaborando nella sua mente, riprese laddove aveva interrotto.
 
«Ero fragile e sapevi che se me lo avessi detto mi sarei spezzata e ti avrei allontanato da me, così hai preferito farlo tu, evitando di farmi distruggere dai dubbi. Mi amavi e non potevi continuare a fingere che non fosse la realtà, ma al contempo non volevi farmi del male.»
 
Mentre pronunciava queste parole, Ella osservava il viso imperturbabile di Gabriele e il suo sguardo smarrito la indusse ad addolcire maggiormente il suo tono di voce.
 
«Non posso credere che tu fossi realmente così cieco da non vedere il mio sguardo illuminarsi ogni volta che ti vedevo. Sono convinta che, sebbene avessi dei sospetti, tu abbia sempre preferito ignorarli, altrimenti sarebbe stato solo più difficile lasciarmi andare. Un ragionamento contorto, forse a molti inconcepibile, ma non per me perché mi conosco e tu sapevi bene come avrei agito. Avrei avuto paura e sarei scappata, perché se non riuscivo ad amare me stessa, se non sapevo nemmeno chi fossi e cosa volessi dalla vita, come avrei potuto a lottare per te? Non saremmo durati niente e io non avrei mai rovinato la nostra amicizia.»
 
Ella era così immersa nel suo discorso da non essersi accorta che Gabriele aveva posato la mano sulle sue. Solo quando iniziò un movimento lento e circolare del pollice sul dorso della sinistra, prese consapevolezza di quel tocco caldo e delicato che le stava trasmettendo tranquillità, placando i suoi movimenti agitati.
 
«Avresti fatto lo stesso?»
 
Gabriele si sentì sopraffatto da un insieme sconnesso di emozioni e, se non avesse deciso dove orientare i suoi pensieri, si sarebbe frantumato in tanti pezzi quanti erano i sentimenti che lo stavano spingendo contemporaneamente in direzioni diverse.
 
Capiva cosa dovevano aver provato i condannati in età medioevale, quando venivano posti su una tavola e legati sia ai polsi che alle caviglie con corde, per poi essere tirati fino alla morte da parti opposte.
 
Nonostante la sua mente stesse subendo la stessa sorte di quei corpi dilaniati, era impossibile per lui non vedere che Ella stava sperimentando la medesima tortura.
 
«Si e mi fa ancora più arrabbiare, perché ciò significa che davvero tu mi conoscevi più di quanto potessi immaginare.»
 
Il contatto creato dall'unione delle loro mani aveva reso la loro connessione più intima e profonda di quanto si sarebbe mai spettata. Ella aveva deciso di lasciarsi andare, eppure aveva paura folle del significato nascosto in i loro sguardi.
 
Non potevano non essere nulla, le emozioni che stava provando non potevano essere ignorate e classificate come suggestione.
 
Parlavano al passato di qualcosa che era tutt'ora presente, che stavano volutamente ignorando per l'ennesima volta, ma che quelle mani lo avrebbero reso evidente anche al più distratto dei passanti.
 
«Pensi che non sappia più chi sei?»
 
Era difficile relegare tutte le domande che la stavano angustiando in un angolo remoto della sua mente, per concentrarsi su come avrebbe dovuto rispondere.
 
Le mani che nessuno dei due sembrava intenzionato ad allontanare, i respiri che si mischiavano, i brividi di freddo e di emozione che scuotevano i loro corpi caldi, la consapevolezza di aver ritrovato quel legame e quella profonda vicinanza che tanto avevano bramato rendeva impossibile a entrambi concentrarsi sulle parole e non sui propri sentimenti.
 
«Come ti ho abbondantemente urlato contro giovedì, cinque anni sono tanti e sono successe molte cose, penso tu lo abbia intuito che ho lavorato su molti aspetti della mia personalità. Prima ero insicura e timida, ma adesso, nonostante sia ancora introversa e diffidente, non ho paura di esprimere le mie emozioni e non mi importa ciò che pensano le persone di me, perché mi amo e sono fiera delle mie scelte sia giuste che sbagliate. Ogni esperienza bella o brutta mi ha fatto crescere e capire che il mondo se ne fotte di chi non riesce a parlare e a far sentire la propria voce, ma soprattutto so con certezza chi voglio nella mia vita e chi, invece, non deve nemmeno avvicinarsi.»
 
«Non era giusto ti incolpassi per cose che non avresti mai potuto controllare.»
 
Ella scosse leggermente la testa, incurvando le labbra in una smorfia che mostrava tutto il suo scetticismo per l'ultima affermazione di Gabriele.
 
«Ero troppo orgogliosa e immatura, tanto da vedere in me la causa di ogni comportamento altrui sbagliato o inspiegabile. Compreso il tuo» disse abbassando il capo.
 
Stava ammettendo una realtà che continuava, dopo molti anni, a crearle dei conflitti con la sua coscienza, sebbene non avessero motivo di esistere.
 
«Quale pensavi fosse stato il tuo errore?»
 
Ella fece una piccola smorfia, disgustata da tutte le incalcolabili volte in cui aveva passato in rassegna le sue azioni per provare a dare un senso a tutti quei pezzi che vedeva frantumarsi giorno dopo giorno.
 
«Essere rimasta in silenzio per due anni a negare e ad avere paura. Tu hai visto in me tutto questo e hai agito esattamente come ho fatto io, tacendo e seppellendo ciò che provavo per non ferire sia me che te. Credo tu sia stato fondamentale nell'innescare in me il desiderio di migliorare ed estremizzare il mio innato bisogno di controllo.»
 
Per quanto contorto potesse essere il suo ragionamento, alla fine si sarebbe ritrovata persino a ringraziarlo. Gabriele era stato un tassello importante per la sua crescita, perché se lui e persone come lui non l'avessero ferita, probabilmente non avrebbe mai ricevuto la spinta necessaria che l'avrebbe portata a essere la donna di cui adesso era fiera.
 
«Mi sento un'idiota. Se solo non fossi stato così codardo, non ti avrei ferita e non avremmo perso cinque anni a chiederci come sarebbero potute andare le cose tra noi.»
 
Gabriele riusciva a produrre frasi sempre più articolate, suscitando del sollievo in Ella perché, da quando aveva iniziato a confessargli i suoi sentimenti, aveva temuto di dover chiamare il pronto soccorso.
 
Riprendendosi dallo stato di shock, l'incredulità era stata sostituita dallo sconforto e la mano calda che prima riscaldava quella di Ella scivolò via, ritornando a essere fredda e vulnerabile.
 
«Se ti aspetti che possa negare questi sinceri complimenti, sappi che non lo farò, ma posso provare a diminuire il tuo senso di colpa» disse, rivolgendogli un sorriso.
 
«Come?»
 
«Se l'Ella che vedi in questo momento tornasse indietro rimarrebbe al tuo fianco, perché sei sempre stato il suo più grande rimpianto, ma se ritornasse l'Ella del passato, sono convinta che scapperebbe, nonostante la consapevolezza che in futuro se ne sarebbe pentita.»
 
«Immaginavo questa risposta. Sei sempre stata testarda.» Gabriele scosse la testa rassegnato.
 
«Non è questo, è solo che la vecchia Ella aveva paura anche della sua ombra e non avrebbe mai avuto il coraggio di iniziare una relazione. Alla fine credo che ci sia andata bene, se ci fossimo detti queste cose cinque anni fa, i nostri rimpianti non ci avrebbero mai spinto fino a questo momento.»
 
«Se mi avessi allontanato dopo il rifiuto, prima o poi il dolore sarebbe sparito, invece...»
 
«Invece il dubbio di qualcosa che avrebbe potuto essere, ma che non è mai stata, ha tenuto in vita i nostri ricordi» intervenne Ella, terminando la frase di Gabriele.
 
Dare un senso e un significato poetico a tutta quella strana e assurda situazione era l'unica cosa che potevano fare per affrontarla senza rischiare di impazzire e di farsi divorare dai rimpianti.
 
Dovevano guardare avanti sperando di imparare dai propri errori, anche se Ella immaginava non sarebbe stato facile ammettere presenti dei sentimenti di cui si parlava al passato.
 
Non voleva iniziare a creare castelli di carta che sarebbero potuti crollare in qualunque momento, eppure una sensazione prepotente e viscerale le aveva insinuato nella mente un'idea che non era ancora giusto prendesse vita nel mondo reale.
 
«Vista in questo modo, la mia scelta si è rivelata utile» commentò con un amaro sorriso
 
«Non credere di cavartela così facilmente. Solo perché ragioniamo allo stesso modo e ho capito le tue motivazioni, non significa che ti spianerò la strada.»
 
«Sarei deluso del contrario. In ogni caso non ci posso credere. Sentirti confessare queste parole, che avrei voluto mi dicessi al liceo, mi ha devastato. Credo di aver bisogno di un momento per elaborare e forse, se tu mi dicessi altre cose, riuscirei a realizzare più facilmente la situazione.»
 
Ella si rese conto che era ritornato dal mondo dei morti troppo in fretta, erano necessarie misure drastiche per fargli abbassare nuovamente la testa.
 
«Ella! Ma cosa?» esclamò, spostando bruscamente le gambe.
 
«Un pizzicotto è la soluzione migliore per dimostrare che non si sta sognando. Visto che sei sveglio e che al momento non ho più nulla da dirti, direi che è il tuo turno. Inizia a cantare fringuello» lo incitò, mentre ruotava il busto nella sua direzione, incrociando le braccia sotto il seno per rimarcare la sua impazienza.
 
«Sei tremenda.»
 
Nessuno sapeva esasperarlo come faceva lei senza nemmeno impegnarsi.
 
Lei era l'unica ad aver avuto in quegli anni l'effetto che si era spesso ritrovato a ricercare in altre ragazze, per avere la conferma che avrebbe potuto essere felice con qualcuno che non fosse lei, per non essere più perseguitato dall'angoscia di aver commesso l'errore più grande della sua vita.
 
Più lo faceva innervosire più lui si innamorava di lei.
 
«Smettila, tanto ormai lo sanno anche i muri che mi veneravi. Anzi, ripetimelo di nuovo perché l'ultima volta non ho potuto gustare appieno l'emozione, ero troppo arrabbiata.»
 
«Che ne dici di qualcosa di nuovo, ma altrettanto piacevole?» le chiese Gabriele, sorridendo di fronte alla ritrovata semplice sfrontatezza che tanto gli era mancata.
 
«Sono tutta orecchie» rispose Ella con profonda curiosità.
 
Non era certa di cosa le avrebbe detto, ma sentiva che le sarebbe piaciuto.
 
«In questi anni ti ho pensata molto spesso e mi tormentava l'idea di capire quale fosse stata la prima cosa che mi avesse fatto innamorare di te.»
 
La pausa dopo questa notizia la infastidì, non poteva lasciare un discorso così importante sospeso nel nulla di una piazza ormai buia.
 
«Lo hai scoperto?» domandò Ella impaziente
 
«Si, non ci ho impiegato molto a dire il vero. Mi è bastato ricordare la prima volta che ti ho vista reagire alle provocazioni di quell'idiota di Alessandro.»
 
Quel nome le ricordò immediatamente in primi anni di liceo, quando veniva ripetutamente presa di mira dal ragazzo con il quoziente intellettivo più basso che avesse mai conosciuto. Le motivazioni erano pressoché le stesse che affliggono gli adolescenti introversi di tutto il mondo e più Ella non reagiva più lui se ne approfittava.
 
«Ti riferisci a quando a ricreazione mi aveva esasperata così tanto che gli ho arpionato la mano con la penna?»
 
Era rimasta piuttosto perplessa dalla sua rivelazione, dal momento che non era proprio la situazione a cui si penserebbe quando si cercano aspetti affascinanti di una persona.
 
«Si e anche a quello che gli hai detto, qualcosa tipo: "ringrazia che sono una persona controllata che dosa la sua forza, ma la prossima volta ti assicuro che riuscirai a guardarci attraverso.»
 
Ella si ritrovò a ridere involontariamente. Non ripensava a quell'exploit da molto tempo, ma doveva ammettere che, se fosse stata una spettatrice, avrebbe sicuramente applaudito per quella performance.
 
«Non dimenticherò mai il suo sguardo terrorizzato fissare il punto in cui era affondata la punta. Ricordo che mi avvicinai e ti feci i complimenti per avergli dato una lezione che difficilmente avrebbe dimenticato.»
 
«E iniziò la nostra amicizia. Dall'esterno deve essere stata una scena tremendamente eccitante se ti ha colpito così tanto da farti innamorare.»
 
«Non è stata la tua reazione, ma il significato che le ho attribuito conoscendoti con il tempo. Parlavi poco e quando qualcuno ti infastidiva nascondevi la rabbia perché avevi paura che se avessi risposto avresti ferito con le tue parole, ma quando lo facevi, con la tua voce davi vita a delle frasi controllate e mirate da conficcarsi così in profondità da diventare indelebili. Emergeva la tua vera natura schietta e imprevedibile e io ho amato ogni secondo di quegli attimi.»
 
Le parole di Gabriele pizzicarono corde che erano state già sfregate in precedenza, ma che non avevano mai prodotto quella melodia tanto dolce che adesso risuonava in lei e che la faceva sorridere come una bambina.
 
Sentire l'amore che aveva provato per lei, sapere di essere stata ricambiata la faceva sentire completa, come se finalmente avesse potuto concludere una frase che era stata lasciata in sospeso molto tempo prima. Adesso poteva smettere di rigirarsi nel letto quando, aspettando che il sonno venisse a farle visita, pensieri invadenti e nostalgici provenienti dal passato si insinuavano nella sua mente.
 
«Saresti il primo a cui non dispiace l'idea di non potermi rinchiudere da qualche parte.»
 
Ella vedeva, nello spazio che li separava, l'incastro perfetto di due pezzi che dopo anni avevano trovato il posto a cui erano sempre appartenuti.
 
Non aveva mai provato quel sentimento per Matteo. Lo aveva amato, ma non aveva mai percepito un legame così forte da permetterle di immaginare con lui un futuro. Non era stato il ragazzo giusto per lei, lo avevano dimostrato le sue azioni e le emozioni che stava provando adesso, vicino a Gabriele, gliele stavano confermando.
 
«Chi ci ha provato, evidentemente, non aveva un carattere abbastanza forte che potesse stare al passo con il tuo. Potrebbe aver temuto che presto o tardi avresti preso il sopravvento e ha cercato di addomesticarti prima che ciò accadesse.»
 
«Penso sia facile parlare, ma avere costantemente a che fare con una persona che antepone la propria libertà a qualunque altra cosa, tanto da passare come egoista, non è semplice.»
 
«Ti ricordo che ho provato a farlo per due anni e andavamo piuttosto d'accordo, anche se volevi avere sempre l'ultima parola su ogni cosa. Tu ami e sai farlo con tutta te stessa, ma solo con chi se lo merita, quindi se lo mettevi al secondo posto voleva dire che non era degno di stare al primo.»
 
Gabriele riusciva a trovare sempre le parole giuste da dire al momento giusto, forse perché erano la verità o forse perché era un bravo oratore, ma qualunque fosse la motivazione non le importava perché era riuscito a spazzare via anni di tormenti in un solo istante.
 
Ella sapeva che aveva ragione, ma a volte ancora se ne dimenticava specialmente quando il passato ritornava con prepotenza a rovinarle il presente.
 
«Interessante sapere che la violenza ti eccita. Ti è piaciuto il mio pizzicotto, se non ti ha fatto male posso riprovare» disse Ella, avvicinando minacciosamente le sue mani al braccio sinistro di Gabriele.
 
Il sentiero intrapreso stava diventando pericoloso e molte delle cose che avrebbero trovato lungo il percorso non era ancora pronta a rivelarle, sia perché non si fidava del tutto sia perché il futuro del loro rapporto era incerto, per cui era necessario sviare l'argomento.
 
«Non ci pensare, tieni giù le mani. Sei esasperante, il mio è un discorso serio» rispose ritraendosi, per sfuggire alla sua presa.
 
«Anche il mio. Se mi dici che ti sei innamorato di me quando ho infilzato uno stoccafisso, mi faccio un paio di domande.»
 
«Ma la risposta non è quella, perché ciò che amo di te è il temperamento e il tuo adorabile modo di nascondere la vergogna di un complimento dietro del sarcasmo, come in questo momento. Prima non ti riusciva molto bene, ma, se adesso non ti conoscessi, mi risulterebbe difficile capirlo.»
 
«Sarei io quella insopportabile» commentò alzando un sopracciglio.
 
«Solo perché ho detto la verità» rispose Gabriele, scrollando le spalle.
 
Ella si ritrovò improvvisamente costretta a trattenere il respiro, rimanendo immobile con i suoi occhi puntati come fari nella notte sul marinaio che aveva appena scatenato in lei una tempesta.
 
«Hai usato il presente» mormorò con un flebile tono di voce.
 
«Lo so. Sei stata un chiodo fisso nella mia mente per anni e più il tuo ricordo sbiadiva più io lottavo per tenerlo in vita.»
 
Gabriele aveva appena ammesso di amare ancora le stesse cose che lo avevano fatto innamorare di lei cinque anni prima. Non poté fare a meno di sorridere di fronte all'espressione sconvolta di Ella che continuava a fissarlo come se gli fosse spuntata un'altra testa.
 
Era ciò che pensava e non lo avrebbe più nascosto né negato. Aveva imparato dal passato e non avrebbe commesso di nuovo lo stesso sbaglio lasciandosi sfuggire di nuovo la ragazza che aveva sognato di rivedere e di poter sfiorare.
 
Ella aveva le guance accaldate ed era grata all'oscurità per occultare il rossore che le imporporava. Non sapeva se Gabriele si aspettasse una dichiarazione da parte sua, ma, in ogni caso, non ci sarebbe stata, perché prima di dire o fare qualunque cosa avrebbe dovuto capire se avrebbe potuto ancora fidarsi di lui completamente.
 
«Penso di capire cosa intendi, perché è stato un sentimento, la cui intensità, mi ha fatto temere molte volte di non poter mai più provare qualcosa di lontanamente simile.»
 
Ella si stancava presto di tutto, aveva bisogno di una costante stimolazione ed era questo il motivo per cui legava con poche persone, erano tutti monotoni e scontati.
 
Per quanto i sentimenti che si provavano per due persone non potevano essere paragonati, Ella negli ultimi tempi della sua relazione con Matteo si era spesso chiesta il perché avrebbe dovuto accontentarsi di un amore che non la rendeva pienamente felice, che la stancasse più che emozionarla.
 
Gabriele le teneva testa con una facilità che le faceva credere che fosse stato creato per stare al suo fianco e così il contrario. Si completavano, si stimolavano e tra di loro nessuno sentiva il bisogno di prevalere sull'altro.
 
Sapeva come far emergere il lato di lei più dolce e vulnerabile, ma, sebbene questo l'avesse sempre spaventata, la rendeva felice perché entrambi si sentivano vivi stando insieme e, con questa consapevolezza, Ella diventava ogni giorno meno cinica.
 
«Quindi non ti sei più innamorata di nessuno da allora?»
 
«Adesso ti stai dando troppa importanza. Ho amato una sola persona dopo di te ed è per questo motivo che sono sicura di ciò che dico.»
 
Ella fu costretta a trattenere una risata di fronte agli occhi leggermente sgranati di Gabriele.
 
«Come dovrei interpretare questa tua espressione. Sembra che abbia appena visto un leone aggirarsi in pieno centro cittadino.»
 
«Sono solo sorpreso.»
 
Gabriele non riusciva a capire se era più felice di sapere che lo aveva amato in un modo unico e irripetibile o se essere sconvolto all'idea che Ella fosse stata fidanzata. Certo aveva ventidue anni e avrebbe dovuto aspettarselo, ma, per quanto lo negasse a lei e a sé stesso, davanti ai suoi occhi c'era ancora la sua piccola Ella.
 
Sapeva che fosse sbagliato, eppure non poteva fare a meno di chiedersi perché proprio quel ragazzo e non lui, anche se consapevolmente sapeva che non aveva nulla a che fare con loro quanto piuttosto con la crescita personale di Ella.
 
«Perché hai scoperto che il mio sentimento per te non è stato eguagliato o perché sono stata con un altro essere umano di sesso maschile? Ti capirei fosse quest'ultima, anche io mi sono stupita di questa ritrovata capacità di condividere intimamente emozioni e vita privata. No aspetta, forse è solo l'orgoglio maschile che sta cercando di uscire dalle tue sacche scrotali per diffondere testosterone nell'aria» commentò Ella divertita.
 
Per quanto potessero essere diversi gli uni dagli altri, in questo i ragazzi erano pressoché simili.
 
«Ma hai un quaderno in cui ti segni tutte queste frasi assurde o ti escono sul momento? No, perché hai davvero talento.»
 
«Non sviare il discorso.»
 
«Entrambe più una» ammise infine.
 
«Oh, ti prego. Non dirmi che è gelosia quella che vedo» rispose Ella con voce cantilenante, prendendosi gioco di lui.
 
«Me la puoi concedere?» Gabriele sbuffò, sotto lo sguardo attendo e divertito di quella ragazza vispa ed estremamente irritante.
 
«Cosa ti aspettavi? Che sarei rimasta sola e illibata fino alla morte?» chiese, nascondendo una risata dietro la mano.
 
«Chi è che usa più questi termini?»
 
«Ultimamente ho visto molte serie storiche ed è diventata la mia nuova parola preferita, è molto musicale, anche se civetta resterà sempre nel mio cuore. Comunque non è questo il punto.»
 
«Un conto è immaginarlo e un altro è sentirtelo dire. A te non darebbe fastidio?» chiese Gabriele come se la risposta potesse essere unicamente affermativa.
 
«Certo che no.»
 
Ella si sentì leggermente intenerita dalla sua ingenuità.
 
«Perché?» La domanda le fu posta troppo velocemente e portò Ella a pensare che in quel tono di voce ci fosse un po' troppa impazienza.
 
«Adesso ti dà fastidio che non mi dia fastidio?» domandò Ella divertita
 
«Potresti, per una volta, rispondere alla domanda senza irritarmi?»
 
«È semplice, ma voi uomini avete questa mania di protagonismo che vi fa diventare prime donne. Sei qui a dirmi che mi hai amata e che sono stata sempre nei tuoi pensieri. Nonostante siano trascorsi cinque anni, non mi hai dimenticata, quindi puoi aver avuto anche una schiera infinita di ragazze, ma ciò che conta è che tu sia ritornato da me. Non sto dicendo che è sbagliato, perché un po' brucia lo stomaco anche a me, ma il passato rimane passato.»
 
«Cosa ti fa pensare che io non sia fidanzato?»
 
«Se il mio ragazzo fosse andato dall'amore della sua adolescenza per confessare i suoi sentimenti, avrebbe vita molto breve, quindi non credo tu sia così stupido.»
 
«Dovrei smetterla di farti certe domande» ammise, scuotendo la testa rassegnato.
 
«Fino a quando il tuo cervello avrà residenza nelle tue mutande, dubito che ciò avverrà.»
 
«Hai la capacità di insultare con una finezza sconcertante» ribatté
 
«E tu di fare domande come se fossero le più intelligenti del mondo.»
 
«Hai per caso un pulsante di spegnimento?»
 
«Invece di lamentarti, dovresti ringraziarmi per averti concesso udienza e per averti ascoltato senza che il mio istinto omicida interferisse.»
 
Gabriele poteva fingersi esasperato tutte le volte che Ella gliene dava la possibilità, ma entrambi sapevano che gli erano mancati quei momenti, in cui il tempo sembrava fermarsi per permettergli di recuperare ciò che aveva perduto, almeno in parte.
 
I suoi occhi, all'ombra dei lampioni, trasmettevano la stessa gioia di quando Ella apriva i regali di natale la notte della vigilia. Quel luccichio non poteva mentire, al contrario delle sue parole che fingevano già di aver raggiunto il limite di sopportazione, ma, con Ella, Gabriele non si era mai posto un limite, perché era inutile arginare una forza che non poteva essere controllata, dal momento che la sua bellezza consisteva proprio nel vederla fluire libera sotto il suo sguardo, consapevole che a pochi era concessa quella possibilità.
 
«Come ti senti?»
 
La voce di Gabriele la scosse, facendole notare che lo stava fissando come una rincoglionita senza alcuna motivazione.
 
«Sollevata, ma ancora con la voglia di darti un pugno in faccia. Tu?»
 
Nel rispondere, Ella provò a mostrarsi disinvolta, come se il tumulto interno di emozioni non le stesse agitando le viscere.
 
Era arrivato il momento di tirare le somme di quel pomeriggio di confessioni e mettere un punto a quella storia durata fin troppo. Dovevano voltare pagine e andare avanti.
 
«Non sono ancora totalmente tranquillo.»
 
Il tono incerto usato da Gabriele trasmise a Ella la sua preoccupazione, la stessa che condividevano entrambi, ma che si ostinavano a non esprimere ad alta voce.
 
«C'è qualcos'altro che devi dirmi?» chiese Ella dolcemente.
 
«No, è solo che mi sei mancata così tanto che mi spaventa sapere cosa accadrà d'ora in poi.»
 
Ella gli aveva chiesto sincerità e Gabriele l'aveva accontentata, forse anche troppo. Era così trasparente nei suoi pensieri e nelle sue emozioni che Ella avrebbe potuto guardargli attraverso senza alcuna difficoltà
 
Lei, la paladina della verità sopra ogni cosa, capiva cosa provavano le sue vittime quando sbatteva loro in faccia la realtà. Non sapeva se fosse stato giusto sentirsi più lusingata o stupefatta per la spontaneità con cui affermava pensieri che normalmente si sarebbero tenuti gelosamente nascosti.
 
Gabriele era stanco, aveva accumulato e protetto tutti quei sentimenti inutilmente per troppo tempo e adesso, nell'incertezza di non sapere se avesse avuto un'altra occasione, aveva deciso di svuotarsi di tutto ciò che lo aveva riempito fino a farlo annegare.
 
Non aveva più paura, voleva solo condividere con Ella le emozioni che le erano sempre appartenute.
 
«Tu che cosa vorresti?»
 
«Ricordi quel gioco che facevamo sempre?»
 
La domanda di Gabriele colse Ella di sorpresa, dal momento che le sembrava fuori luogo rispetto alla loro discussione.
 
«Si, ci avevo pensato giusto la settimana scorsa. Sembra trascorsa una vita dall'ultima volta.»
 
«Sai perché per me quel vecchio gioco è molto importante? Per lo stesso motivo che ha spinto te a nasconderlo in un posto dove il mio ricordo non potesse farti più del male. Io ho fatto lo stesso. Era solo nostro, eravamo io e te uniti da un insieme incalcolabile di film. Ecco cosa vorrei, ma so che non basta desiderare qualcosa perché succeda.»
 
Ella sentì il peso angustiante di quella decisione precipitare rovinosamente sulle sue spalle. Sapeva che spettava a lei la scelta e che qualunque fosse stata Gabriele non avrebbe potuto obiettare, ma ciò le rendeva il compito solo più difficile.
 
Essere o non essere, instaurare una relazione o lasciare che le loro vite prendessero strade differenti?
 
«Tu davvero credi che potremmo riallacciare i rapporti?»
 
«Penso che abbiamo la possibilità di ricominciare da capo. Siamo cresciuti, quindi conosciamoci adesso per ciò che siamo e poi si vedrà.»
 
«Quel "poi si vedrà", cosa dovrebbe far intendere?»
 
I dubbi erano molti, ma a Ella bastava una sola certezza per far pendere l'ago della bilancia da un lato piuttosto che dall'altro ed era l'unica che era sicura di avere.
 
I suoi sentimenti erano ancora lì, li aveva repressi negli anni per non soffrire, ma adesso che erano emersi li avrebbe accolti, lasciando che fosse il tempo a illuminare il loro percorso.
 
Questa volta la certezza del cuore aveva placato i dubbi della ragione.
 
«Sarà solo ciò che tu vorrai. Ma ti prego di non mettermi ancora in attesa, ogni volta che mi chiedi tempo per riflettere perdo un anno di vita.»
 
Gabriele passò per la terza volta di seguito la mano tra i suoi capelli, tirandoli all'indietro come se fossero il suo antistress e di questo passo li avrebbe persi tutti entro fine giornata.
 
«Così poco? Pensavo fossi più importante.» Ella capì che era il momento di alleggerire la tensione e sdrammatizzare.
 
«Che ne dici di cinque?»
 
La risposta di Gabriele era stata un colpo basso, tanto da guadagnarsi le saette che fuoriuscivano dagli occhi di Ella con l'intenzione di fulminarlo sul posto.
 
«Non è tra i miei numeri preferiti, però può andare.»
 
Ella si alzò in piedi e, voltandosi verso la sua sinistra, si posizionò di fronte a Gabriele che era rimasto fermo a osservarla con sguardo rassegnato.
 
Pensò che fosse finito tutto anche se non era ancora iniziato nulla; pensò che se ne sarebbe andata e che l'avrebbe lasciato lì, su quella panchina fredda in quell'angolo vuoto a rimuginare sui propri errori; pensò che l'avrebbe persa di nuovo senza mai averla potuta stringere a sé, con i desideri ancora appesi sulle pareti ai quali avrebbe dovuto dire di rassegnarsi; pensò che fosse stato condannato ad amarla anche se lei avesse deciso di dimenticarlo.
 
«Comunque scherzavo, non sei obbligata a rispondermi subito, possiamo...»
 
«Ciao, mi chiamo Ella» lo interruppe, sorridendogli e allungando una mano verso di lui.
 
«È un piacere conoscerti, io sono Gabriele» rispose, restituendo la forte stretta in cui Ella aveva imprigionato la sua mano.
 
Quel gesto sanciva l'accordo silenzioso di due ragazzi che si promettevano fiducia e rispetto.
 
«Ti sembrerà sfacciato da parte mia, ma ho la macchina dal meccanico e non so come andare a lavoro. Se non hai nessun impegno, ti andrebbe di accompagnarmi?»
 
«Per tua fortuna ho la serata libera. Seguimi, dobbiamo camminare un po' prima di arrivare al parcheggio» disse alzandosi in piedi per incamminarsi verso l'uscita della piazza.
 
«Non so come ringraziarti, mi hai salvata da un ritardo assicurato.»
 
«Figurati, sarà piacevole stare in compagnia. Posso farti una domanda?» chiese, voltandosi a guardarla.
 
«Certo.»
 
«Ti capita spesso di chiedere passaggi a degli sconosciuti?»
 
«No, solo a chi sembra gentile. Sai ho un sesto senso nell'inquadrare le persone.»
 
Solo da qualche anno aveva iniziato a dare più ascolto alle sensazioni che gli altri le trasmettevano e non se ne era mai pentita.
 
«Cosa hai pensato di me a un primo sguardo?»
 
Nonostante gli avesse rivelato i suoi sentimenti, Ella non si era esposta come aveva fatto Gabriele nel dirle ciò che aveva amato e che amava ancora di lei. La sua curiosità la fece sorridere e sentiva che sarebbe stato giusto dire esattamente ciò che aveva sempre pensato di lui sin dalla prima volta che lo aveva visto, sin dalle prima parole scambiate e dai primi sguardi incrociati.
 
«Sei il tipo di persona che quando commette uno sbaglio chiede scusa anche se impiega molto tempo per trovare il coraggio. Trasmetti tranquillità e sicurezza, il solo guardarti potrebbe trasformare il più estremo dei pessimisti in un inguaribile ottimista. Sai essere molto paziente, anche con chi non lo meriterebbe, e difficilmente ti arrabbi. Direi sia meglio fermarsi qui, la previsione completa quando saremo in macchina.»
 
Ella aveva lo sguardo fisso sulla strada, mentre Gabriele era stato attratto dalle sue labbra che avevano pronunciato parole tanto dolci e inaspettate.
 
Non credeva che avrebbe risposto realmente, conoscendola aveva supposto che gli avrebbe rifilato una battuta sarcastica per svincolarsi dalla domanda evitando così di esporsi troppo, ma come sempre l'aveva stupito.
 
Preferiva godersi il momento e le sensazioni che ancora risuonavano in lui, piuttosto che crearsi aspettative che avrebbero potuto essere distrutte in ogni momento.
 
«Temi che possa cambiare idea?»
 
«No, ma adoro le uscite a effetto, come nei film.»
 
Ella si sforzava di lasciare un'impronta nella vita di chi incontrava, voleva che gli altri si ricordassero di lei e non le importava che fosse nel bene o nel male.
 
«Allora parliamo di altro. Che lavoro fai?»
 
«Cameriera in un pub e con lo stipendio pago le spese dell'appartamento. Sai, i miei già ricoprono le tasse universitarie, volevo contribuire in qualche modo.»
 
«Quindi non sei di Roma?» chiese, fingendo realmente di non conoscerla.
 
Due ragazzi sconosciuti che si incontravano per la prima volta, che ancora non sapevano nulla l'uno dell'altro, era un gioco che non sarebbe durato per sempre.
 
Non potevano e non volevano dimenticare il passato, perché li aveva uniti e li aveva resi ciò che adesso erano. Se lo avessero seppellito, probabilmente, avrebbero fatto lo stesso anche con i loro sentimenti, eppure Ella si chiese se ciò che provavano ancora non fosse per l'immagine che entrambi avevano alimentato con le loro fantasie.
 
Le spaventava l'idea di poter rimanere delusa nello scoprire che il Gabriele che aveva continuato ad amare, non era più lo stesso di colui che aveva al suo fianco.
 
Entrambi erano cresciuti e sperava profondamente che l'amore che li aveva uniti in passato, avrebbe trovato il modo di avvicinarli anche nel loro presente.
 
«No, di Napoli, ma ho deciso di continuare qui gli studi di psicologia.»
 
«Perché ti sei trasferita?»
 
«L'aria di casa iniziava a soffocarmi. Tu, invece? Raccontami qualcosa» lo incitò, incuriosita dalla piega che aveva preso la sua vita.
 
«Ho iniziato il corso magistrale in sceneggiatura al Dams.»
 
«Perché non in regia?»
 
«È vero che il regista è considerato l'autore effettivo di un film, perché dirige gli attori e coordina il set, controlla il lavoro dei collaboratori e imposta e dirige le riprese e le inquadrature, ma la sceneggiatura è il primo e fondamentale passo nella realizzazione di tutte le opere cinematografiche. Un film, una serie televisiva o qualunque altra cosa annessa potrà avere anche il migliore dei registi, ma senza un valido sceneggiatore che realizzi un testo ben strutturato il risultato sarà pessimo e crollerà su sé stesso, mentre se la sceneggiatura è buona difficilmente il risultato non sarà all'altezza.»
 
«Capisco ciò che intendi. Molto spesso l'importanza degli sceneggiatori viene oscurata dai registi che generalmente si attribuiscono ogni merito, ma, da appassionata di cinema, ho sempre pensato che i loro ruoli avessero un uguale importanza e che per l'ottima riuscita di un film dovessero essere equamente bilanciati. Conosco un aneddoto che riguarda il rapporto tra queste due figure. Se non sbaglio, negli anni trenta si parlava così tanto del Capra's Touch che Robert Riskin, lo sceneggiatore delle sue pellicole più famose, gli inviò una risma di 120 pagine tutte bianche, tranne il frontespizio dove aveva scritto qualcosa tipo: "Applica il tuo celebre touch a questo".»
 
«Hai fatto i compiti commentò» soddisfatto, ma non sorpreso dalla sua conoscenza sull'argomento.
 
«Non sarò laureata al Dams e non avrò una conoscenza specifica e approfondita della materia, ma sono piuttosto ferrata sull'argomento.»
 
«Siamo arrivati» disse fermandosi di fronte ad una Panda che, sotto la tenue luce dei lampioni, sembrava essere un color celestino sbiadito.
 
Ella vide Gabriele aprirle la portiera e, poggiandovi l'avambraccio con naturalezza, la invitò a entrare nell'abitacolo.
 
«Come siamo gentili.»
 
Il gesto non la sorprese, dal momento che ancora ricordava quando la faceva spostare nella parte interna del marciapiede, preferendo che fosse lui a camminare sul lato che affacciava sulla strada. Era sempre stato spontaneo in quel genere di cose e, anche se non era necessario, era lusinghiero ricevere piccole e semplici attenzioni.
 
«Diciamo che so come guadagnare punti.»
 
Quando anche la sua portiera fu chiusa, si ritrovarono rinchiusi in uno spazio circoscritto avvolti dal lieve rumore dei loro respiri.
 
Ella sapeva che Gabriele stava aspettando con pazienza ciò che lei gli aveva promesso, ma, nonostante immaginasse quanto potesse essere liberatorio esprimere ciò che era stato represso per anni, era faticoso essere sincera e trasparente fino al punto in cui l'altro avrebbe potuto vedere ogni pensiero ed emozione senza sforzo alcuno.
 
«Per quanto tempo ancora hai intenzione di tenermi sulle spine?»
 
Ella si voltò, immergendo il suo sguardo freddo nel castano caldo e accogliente di Gabriele e, in un moto di coraggio, diede vita a quella frase che aveva sempre desiderato ascoltasse.
 
«Avrei detto che nell'istante in cui i miei occhi si sono posati su di te, ho capito come, da quel momento, avrei potuto rappresentare un raggio di sole.»
 
 
   
 
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