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Autore: ClodiaSpirit_    07/11/2019    1 recensioni
- Si alzò in piedi, insieme all’onda del pubblico coinvolto dall’esibizione, applaudendo.                                                                                                                                     
[...]  Nonostante quello sguardo fosse lontano, Alec poté indovinare che erano diversi rispetto a quelli che aveva visto tante volte. -
Alec è un ragazzo intelligente, giovane, eppure gli manca qualcosa di fondamentale: vivere.
Ma cosa succede quando Alec comincia a fuggire e a rintanarsi a Panshanger Park, durante uno spettacolo dato dal circo? E soprattutto, chi è l'acrobata che si cela e cerca dietro tutti quei volti?
Cosa succede quando due mondi opposti ma simili per esperienze di vita si incontrano?
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Isabelle Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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L'immagine buia gli arrivò come un antro senza finestre, senza porte.
Riconobbe solo uno spiraglio colorato sopra di sé, i cui spicchi giravano su se stessi come se questo, fosse una girandola in continuo movimento. Non si accorse di stare correndo, senza precipitarsi a capire perché fosse da solo, perché Alec non fosse con lui. Stava correndo, non avvertendo nemmeno il minimo sforzo o contrazione, le gambe però sembravano assumere i brividi tipici della pelle d'oca. Eppure non c'erano finestre a parte lo spiraglio, il quale cominciò a diventare sempre più piccolo man mano che si allontanava da lì.
Ma da lì, dove esattamente?
Magnus correva senza avvertire un uscita, il respiro gli si accorciò come una miccia che si affievoliva al solo tremolio del fiato.
Davanti a sé apparì la figura dell'ultima persona desiderasse vedere.
Quella sorrise come un diavolo liberato dal suo castigo e cominciò ad avanzare. Magnus si girò correndo in senso opposto, dalla direzione da cui era venuto, senza perdere tempo.
Solo un rombo, era un lampo. Poi un altro.
Vide in lontananza il bagliore spegnersi e poi riaccendersi. La scossa luminosa, apparve dallo spiraglio di nuovo sopra la sua testa.
Il boato naturale e per quanto curioso però non lo distolse dal suo obiettivo: correre via.
Le gambe cominciarono a cedere, mentre Magnus cambiava direzione, trovandosi circondato di porte tutte serrate, tranne un buco scavato nel muro in quello strano posto buio.
S'intrufolò dentro, accovacciandosi a terra. Il respiro prese normalmente il suo corso nei polmoni.
Si sollevò che il suo sistema funzionasse ancora, visto le palpitazioni avute durante la corsa.
Magnus serrò gli occhi, volendo materializzare l'unica ancora che in quel momento necessitava. L'immagine cominciò a costruirsi nella sua mente, quando, una mano lo afferrò dalla maglia e il sorriso del capo circo brillò nel buio.

Individuò del sangue cadere a terra, gocciolava dal suo braccio, se lo strinse mentre degli occhi di ghiaccio gli graffiavano dentro.

Magnus urlò.

Le coperte si tirarono su con lui, il suo corpo si sollevò, le mani sul materasso e la testa indietro. La figura affianco a lui si mise di fronte a lui, un groviglio di ciuffi e nero.
 

« Magnus, che succede? » lo guardò, gli occhi in preoccupazione e ancora semi chiusi. Magnus quasi sembrò assicurarsi che l'altro fosse davvero affianco a lui, perché gli toccò due volte la mani e si tranquillizzò un po'.
« Era... è stato un incubo » mormorò, portandosi una mano a stropicciarsi gli occhi.
Alec lo osservò bene, annuiva.
« Hai sognato...? »
« Sì » rispose Magnus senza lasciarlo nemmeno finire.
Alec gli lasciò un bacio sulla fronte, avvicinandolo leggermente.
« È solo la tua immaginazione, lui non è qui »  fu protettivo e premuroso il modo in cui parlò che Magnus sembrò riprendersi molto prima.
« Lo so » sussurrò.
Alec pensò a quanto dovesse essere difficile pensare positivo in quel momento. Erano lì da tre giorni ormai e non sapeva fino a quanto ci sarebbero rimasti. Di una cosa era sicuro: mai avrebbe permesso che quell'uomo si fosse riavvicinato a Magnus, era l'ultima cosa che doveva accadere. Lo guardò, mentre osservava i suoi occhi riprendersi il colore intenso e scuro che amava.
« Che ne dici di uscire un po'? »
Magnus assunse una piccola smorfia.
« E dove andiamo questa volta? »
Alec guardò in giro per la stanza, poi posò i suoi occhi sulla sua valigia.
« Potremo andare un po' in città, comprare qualcosa, mangiare fuori » propose.
« Mmh » mormorò baciandolo sulla bocca « comprare e mangiare, adoro questi due verbi »
Alec rise dentro il bacio, portandolo a fiondarcisi contro.
« Sei riuscito a dormire stanotte? » gli chiese poi, scompigliandogli ancora di più i capelli morbidi e corvini.
« Sì, ma mi sono addormentato tardi »
« Non riuscivi a prendere sonno? »
« No, ho contemplato un po' l'arte »
Magnus corrugò la fronte, confuso, avvolse le sue braccia attorno al collo di Alec.
« Ti sei rimesso a leggere? Non capisco »
« No, molto meglio, » sussurrò, gli baciò una spalla e risalì fino alla guancia « Ho contemplato te, mentre dormivi » si beccò un occhiata tra il lusingato occhi che invece roteavano mentre si alzava per andarsi a fare una doccia.


 

  **

 

 

Erano in quella pensione da cinque giorni. Il cielo che circondava l'edificio era grigio e cupo, la pioggia era piombata a svegliarli di nuovo - entrambi assopitisi di nuovo - con il suo rumore dentro le orecchie e il suo odore di erba e di abete. Vicino alla pensione erano presenti altre case, di cui qualche pianta o qualche giardino esibiva chiome curate e rigogliose. Dalle finestre dell'area adibita ai pasti, si percepiva che da lì a poco si sarebbe buttato sicuramente qualche tuono o che comunque, il tempo sarebbe peggiorato. Caroline li accolse con un saluto, apparendo in tenuta altrettanto dettagliata. Quella mattina portava una veste rosa antico allacciata alla vita che le disegnava le forme in maniera graziosa, ai piedi portava delle scarpe comode e la sua testa era fasciata da un piccolo nastro. I suoi occhi azzurri colpivano maggiormente perché non si era ancora passata neanche un filo di ombretto.  Scesi al piano di sotto, presero posto al solito tavolino e meditando, rivolgevano entrambi lo sguardo al cielo incorniciato dalla finestra legnosa, battuta dall'acqua. L'aria terrosa e lo spirito vago.
« Sei triste per via del tempo?»
L'altro si girò a guardarlo, evidentemente stravolto per tanti di quei pensieri che gli passavano per la testa.
« No, non proprio » Magnus sospirò, una mano accarezzò le piccole orchidee dentro al vaso poggiato al centro della tavola « non mi piace però l'idea di rimanere bloccato qui »
Alec annuì, mentre Caroline si presentò con alcuni strumenti utili per la colazione: coltelli accompagnati da burro e marmellata, tovagliolini e una zuccheriera.
« Ragazzi, che lo vogliate o no, oggi si prevede una giornataccia » affermò con fare esperto la custode, che sorrise cordialmente ad entrambi.
« Spero vada tutto bene » continuò dopo, osservandoli accuratamente.
« Tutto bene Caroline, » rispose Alec mentre la aiutava a posare le cose « non c'è fretta stamattina davvero, » la guardò trovandola incuriosita « non dobbiamo uscire, non è vero Magnus? » chiese aiuto all'altro, vedendolo molto distante in quel momento. Nonostante quello però rispose, rivolgendo un accenno alla custode. Caroline allora annuì e ritornò in cucina.
« Magnus, » sussurrò Alec, sfiorò le dita che toccavano un petalo del fiore « stai ancora pensando al volantino?»
Magnus si lasciò catturare dalla pelle di Alec e smise di torturare il povero vegetale.
« Vorrei smettere, ma non ci riesco, ho come il presentimento che non possa rilassarmi... » replicò, il tono amaro, Alec stava per parlare ma lui lo fermò « e no, non intendo andarmene. Non ancora. »
Alec gli prese la mano, l'altro la intreccio di conseguenza.
« So che non posso farti cambiare idea, » disse riluttante « sei irremovibile su questo, ma vorrei che non pensassi al peggio » chiarì.
« Ci provo, non posso dire che ci riuscirò... » sorrise leggermente, mentre la voce si confondeva con la pioggia fuori, l'orologio sopra il bancone in cui Caroline accoglieva i nuovi ospiti che segnava a malapena le dieci.
Alec annuì e si portò le loro mani intrecciate alla bocca, baciandole.
Caroline se la prese comoda, così come i due gli avevano suggerito, mentre l'aria fuori si accumulava di nuvoloni densi. Non pioveva più eppure sembrava che il cielo non avesse completamente finito di scatenarsi sul suolo quella giornata.
Il rumore di qualcosa si levò per la strada, forse un furgone o un grande autoveicolo a più ruote. Magnus e Alec non si scomposero, però quello aveva distratto la custode, la quale si pulì subito le mani su un grembiule che si trovava addosso (forse perché si trovava già all'opera per la colazione) e facendo un cenno a Magnus e Alec, si era affrettata alla porta.
« Faccio subito ragazzi, » disse sbrigativa « saranno sicuramente i signori per le consegne oppure il postino con qualche bolletta da pagare » e si congedò uscendo fuori. 

 


 

Passarono dei minuti, Alec si ritrovò stranamente a controllare le lancette dell'orologio appeso alla parete, proprio di fronte al servizio di posate, brocche, bicchieri, roba appena sfornata dalla cucina e dei cestini con dentro marmellate. Caroline era fuori da quasi mezz'ora e la cosa che lo lasciava più sorpreso era che non avesse chiesto aiuto. Che strano, pensò.
Magnus sembrò leggerlo nel pensiero.
« Pensi che sia successo qualcosa...? » Magnus era visibilmente stranito, contando che, la custode se avesse dovuto portare qualche pacco o ritirare.
« Non andiamo nel panico, » mormorò mentre sfilacciava il suo pane tostato « potrebbe aver ricevuto qualcosa di pesante e magari non lo sappiamo »
Alec annuì distrattamente.
Della semplice posta avrebbe quanto meno impiegato meno tempo, ma qualcosa non quadrava.                                                         « È strano che ci metta tanto per delle consegne, » ticchettò sul tavolo « e poi con questo tempo non si può mai sapere, » mostrò uno sguardo tra il preoccupato e il confuso « forse è meglio andare a vedere » e si alzò dalla sedia, lo striidio che emise a contatto col pavimento in legno si percepì all'istante.
Magnus restò fermo, annuì soltanto mentre vedeva l'altro avviarsi alla porta.
Proprio quando Alec afferrò la maniglia, quella si aprì rivelando una Candace dal volto più bianco cupo e decisamente spento rispetto al suo umore giornaliero. La donna chiuse la porta dietro le sue spalle e lanciò uno sguardo a Magnus, lo incatenò ai suoi occhi chiarissimi.
Alec non mancò a notarlo.
« Caroline, cos'è successo? » guardò lei e poi Magnus, il quale guardò prima lei e poi lui.
Caroline sospirò pesantemente e frugò nella tasca del grembiule e ne uscì un pezzo di carta stropicciato e bagnato, quasi zuppo.
Magnus si alzò dalla sedia lentamente, Alec lo teneva già in mano.
Il pezzo di carta era rosso, una scritta, l'immagine di una sagoma di profilo. Alec deglutì visibilmente, Magnus invece non emise un fiato.
« C'è un signore qui fuori, » spiegò Caroline lentamente, e studiando le espressioni di entrambi « ha chiesto di un certo Magnus Bane, un circense. Mi ha detto che è stato catturato o comunque preso in ostaggio, » la donna si agganciò allo sguardo deciso dell'interessato «  ha chiesto se ne sapessi qualcosa o se lo avessi visto qui intorno...ha detto che mi avrebbe ripagato se gli avessi saputo dare notizia. » Caroline si passò un  capello scomposto dietro l'orecchio « Ho risposto di no, che non sapevo nulla né della ricerca né della ricompensa in palio... ha una faccia terribile, quell'uomo...» mormorò incupita, si fermò e guardò dritta negli occhi Magnus. « Non sei in ostaggio e non sei nemmeno stato catturato. »
« No » replicò Magnus sincero.
La donna annuì, prima che potesse chiedere altro, lui parlò « Sono stato io a scappare via, via da lui » continuò mentre l'altra stava ancora ancorata alla porta, le spalle leggermente curve « e non ha una bella faccia perché in realtà è un mostro, ecco cos'è, è ora della resa dei conti » sputò fuori.
Alec osservò dalla finestra che dava direttamente sulla strada, all'altezza dei servizi: un furgone bianco e dai vetri appannati, era fermo a pochi metri dalla pensione e al volante non c'era nessuno.
« È ancora qui fuori, non se ne andrà. Sarà meglio evitare di farci vedere » Alec prese il pezzetto di carta e lo stracciò completamente, poi lo buttò dentro il camino acceso poco in fondo alla loro zona.
« Non ho nessun problema a non farlo entrare o ad aiutarvi, » Caroline si armò di coraggio e determinazione, i pugni serrati « ho sentito dal primo istante che quell'uomo mi stesse mentendo... »
« E non fa solo quello, vedesse la mia schiena » ad Alec si raggelò il sangue per il modo in cui lo disse, in aria potente e priva di sentimento.
Conosceva molto bene quei segni sulla pelle dell'altro, ma le amava con ogni parte di se stesso, perché erano il segno della sua continua battaglia.
Caroline si portò una mano alla bocca e si affrettò a cercare la chiave, andando al bancone.
« No, non fermi nulla, non mi nasconderò ancora, » disse Magnus in modo più forte « è ora che affronti la mia paura »
Alec lo fermò per un braccio mentre quello si girava.
« Magnus, cos'hai intenzione di fare? » la sua voce risultò fin troppo seria e prepotente.
Magnus si limitò a guardarlo mentre sentiva la bile salirgli in gola.
Quell'uomo non meritava di averla vinta, così come non meritava la gloria, il successo, la stima. Niente di tutto quello era per lui. Non lo sarebbe stato, lui non lo avrebbe permesso ancora.
« Di uscire e farmi vedere, » si impuntò determinato « è una zona frequentata, non potrà farmi niente. »
« Almeno lasciami venire con te » non supplicò, ma lo disse con così tanta premura che Magnus sembrò ricordarsi per qualche secondo che esisteva anche qualcuno che non gli avvelenasse il pensiero.
Gli sembrava ancora presto, come quando erano stati svegliati dalla pioggia, avvolti ancora dalle lenzuola, mentre Alec gli leggeva qualche passo dell'Iliade che aveva comprato in uno dei tanti mercatini.  Il rumore fitto dell'acqua che accompagnava l'altro mentre leggeva e lui lo ascoltava, aveva annullato ogni cosa. In realtà non era il tempo ad averlo messo di malumore, ma una sensazione strana appena Caroline aveva piede fuori.
Il passo che gli aveva letto e tradotto a tratti, ancora tra il caldo delle coperte, riguardava il principe di Ftia e di un ragazzo di nome Patroclo.
Magnus ricordava di come avesse azzeccato minimamente qualche parola in latino, per la vaga e decisa memoria ed esclusione con le altre e lo sguardo soddisfatto dell'altro.
Forse fu solo quel pensiero tranquillo che era svanito così presto che lo invase e lo portò ad andare avanti in tutto quello.
Magnus annuì deciso verso Alec e l'altro allora fece un unico cenno alla donna al bancone che li guardava preoccupata e confusa, le chiavi tintinnanti finalmente trovare alla mano.
La custode sembrò immobilizzarsi, lasciando solo che quello strumento in ottone parlasse.
« Ci auguri buona fortuna » e detto così, Alec seguì dietro Magnus, che oltrepassava la porta.

 


 

 

« Bene, eccoli qui, » la schiena di Sanders era contro il piccolo furgone parcheggiato proprio davanti il la pensione « possiamo finire qui, questa storia? »
Magnus si piazzò leggermente più avanti, le braccia conserte e il viso duro. L’acqua gli cadeva come una qualche specie di incantesimo, che non gli permetteva nemmeno di avvertirla. Studiava quell'uomo, intento a fumare un mozzicone di sigaretta, le spire di fumo che salivano rapide, simili a frustate nell'aria.
« Non penso sarà finita, almeno fino a quando non la finirai di minacciarmi » tagliò affilato.
Sanders lo guardò accigliato, il mento si sollevò e i capelli completamente sciolti, e ricadenti sul viso, lo fecero sembrare molto più vecchio. I suoi occhi però, erano ghiaccio puro, impenetrabile.
« Andiamo, » la buttò lì, ispirò un'altra boccata di tabacco « non hai più un lavoro, non hai più gli applausi, » ridacchiò perfido « ti rimane solo quel moccioso » si passò la lingua sulle labbra beffardo.
Alec si mosse, ma Magnus lo fermò con un braccio.
« Ci sono, posso farcela, » mormorò guardandolo « sta tranquillo »
L'altro annuì, comunque preoccupato.  « Lui si chiama Alec! » alzò la voce, allargando le braccia « ed è migliore di quanto potresti mai esserlo tu. Né oggi, né domani, » prese tutto il coraggio che possedeva « mi pentirò di essermene andato. Quello, era sfruttamento, » affilò la lingua « non lavoro. Hai trasformato la passione di tante persone, in un obbligo, alla fatica continua. Hai ridotto me, » deglutì, preso da tutto quello che stava uscendo fuori dai suoi pensieri, dandogli la forma delle parole di quei sei mesi, intrappolate dentro « nel tuo misero burattino, ma non lo sarò più. Non sarò più niente per te! Non lo sono mai stato a prescindere » concluse.
Sanders lo scrutò attentamente, buttò il resto della sua sigaretta e la schiacciò con un piede. Con un gesto, si ravvivò i capelli e aprendo l'altro sportello del veicolo, ne costrinse a uscire fuori un'altra figura. Questa, si ribellò allo strattone che ricevette, che quasi urlò. Venbe trascinata fuori dal furgone: aveva un livido lungo il viso e un graffio sul collo, il quale era scoperto, per via di una maglia con un collo a v.
Magnus s'impietrì e sentì la furia ribollirgli dentro, riconobbe subito l'amica.
« Candace! » gridò, la ragazza alzò lo sguardo, mentre la mano del capo circo era conficcata nel suo braccio « Sei solo un bastardo, lasciala andare! Candace! » cominciò a muoversi quasi fino a percorrere tutto il viottolo fino all'inizio della strada, ma Alec lo bloccò.
« Vedi, Magnus, le cose sono due, » elencò con una schifosa padronanza di sé l'uomo « o ritorni e dimentichiamo questa faccenda, » la sua mano libera sfiorò i capelli della ragazza, la quale serrò gli occhi spaventata « oppure non mi resterà molto da fare, se non passare un po' di tempo con la tua amica qui presente » rise. Il sangue gli pompava dentro come non mai prima d'ora, non lo sentiva così ferroso sul palato nemmeno quando si ostinava a recuperare un allenamento andato male. Nemmeno quando era Sanders stesso a picchiarlo.
« Non dev'essere molto diverso, vero? » Sanders sganciò la presa dalla ragazza, la quale cominciò a massaggiarsi la pelle, delle lacrime le rigavano il viso « Quello che farò a questa ragazza, » continuò « non sarà molto simile al trattamento usavo riservarti, sono gusti, questo è certo, » Magnus pompò la sua rabbia al suo limite « ma capisci ugualmente, no? D'altra parte, è una zoccola, » sillabò « proprio come te »                                                                                                                                                                   
Questa volta, nulla fermò Magnus, il quale si staccò dalla presa del suo ragazzo e si schiantò contro l'uomo. Alec urlò il suo nome, ma sembrò come un eco sordo che non arrivava mai.
Forse era troppo lontano, ma riprovò. La prima, la seconda, la terza volta. La sua voce si alzò angosciata, così come si alzò la paura.
Magnus riuscì a stendere l'uomo, poiché arrivò colpendolo dritto e forte sui genitali e servendosi sempre delle sue gambe, lo colpì alle costole. Gli bastò vederlo a terra, mentre cercava di rialzarsi, per controllare che Candace stesse bene. La ragazza in pieno stato di choc, singhiozzava e tremava, la bocca aperta. Venne subito aiutata da Alec, il quale annuì a Magnus senza bisogno che parlasse e non esitò a portarla velocemente dentro. La tenne per un fianco, mentre lei si faceva piccola piccola contro la sua maglia appena inzuppata. Alla della soglia dell'edificio, vide affacciata la signora Caroline. Alec non capì da quanto tempo fosse rimasta lì a guardare, ma era sicuro che avesse avuto prova che le vite che quell'uomo aveva usato e sfruttato, andassero ripagate.
« Tu, » esalò fuori in modo acido e avvelenato «  ti credi un uomo, non è così? » lo prese in giro, Magnus, godendosi la vista dall'alto. Sanders stava lentamente risalendo appoggiandosi al furgone, ma le gambe non lo accompagnarono granché. « Un uomo senza valori, non è un uomo. Ti do questa notizia, » continuò avvicinandosi al suo viso « se solo riprovi ad avvicinarti a me, finirà male, Sanders. » sussurrò, il suo sguardo era pura cenere. L'uomo però, rise anche in quell'istante, si alzò dolorante e tirò svelto un coltellino affilato dalla tasca. Il rumore dell'arma appena sguainata squarciò l'aria. Magnus saettò indietro.
Qualcuno urlò in lontananza.
La signora Caroline avvertì in quel modo Alec, mentre lei prendeva con sé la ragazza.
A quel richiamo, i suoi occhi misero subito a fuoco le due figure sgranate, sul ciglio della strada.
« Credi davvero, che mi sarei arreso così? » sibilò, puntandogli l'arma contro. Magnus indietreggiò cautamente, ma non perse la sua tempra.
« Non adesso, ma lo farai, » mormorò « perché perderai tutto, » fu come una lettura di mano, una veggenza « e non potrai farci niente, non potrai ritornare indietro sui tuoi passi »
« Che sia tardi, allora » Sanders saettò in avanti, lo sguardo pazzo « poi potrò anche andare all'inferno »
Magnus schivò ancora una volta un altro possibile colpo, mentre Sanders si muoveva in cerchio, cercando di dimenticare il dolore all'addome che gli comprimeva quasi il fiato. Era come una danza: l'avvoltoio e il leone, l'uomo e il mostro dall'altra.
Magnus vedeva quanto quello fosse stanco, ma digrignava i denti, gli occhi sembravano uscirgli fuori dalle orbite. Soltanto che il colore, il colore del ghiaccio, sembrava solo con lo sguardo sciogliere qualsiasi ghiacciaio e rendere arido tutto ciò che veniva a contatto con lui, che passava sotto la sua mano.
L'uomo di avvicinò, la lama luccicò nella sua mano, il riverbero del suo indice che sfregava contro la base in legno duro.
Per un attimo, sembrò arrestarsi tutto, in un solo atto. 
Appena realizzò cosa stava succedendo, Alec cominciò a gridare, si sentivano le sue corde vocali al limite, mentre vedeva l'altro totalmente inerme.
La mano libera di Sanders si posizionò sul cavallo dei jeans del circense, come mosso da una strana idea appena piombatagli in testa.
« Potrei farlo io, se può servire a farti ritornare »                                                                                                                           Magnus sussultò, disgustato da dove la mano di quell'essere stesse calando su di lui. In un solo gesto, allontanò la presa, che si era fatta più interna e deglutì.
Non lo aveva mai toccato così. Il solo pensiero gli fece venire il volta stomaco, sentì la bile salirgli in gola, come se avesse potuto rigettare   con quel minuscolo preavviso.
« Se ti serve un piccolo anticipo, » farfugliò con voce astuta « devi solo chiedere » concluse, i suoi capelli erano fili di paglia sudati, talmente sottili, da somigliare a delle lunghe fruste.
« Prova a farlo e ti uccido! » ringhiò Magnus.
« Perché, non è questo che vuoi? » si insinuò di nuovo su di lui, il coltellino che riposava ancora nella sua presa salda.
Il suo fiato sul collo sapeva di tabacco e di sporco, di sudicio misto a petrolio.
Quando posò le sue labbra, Magnus fu al limite massimo della sopportazione. Con una sola mano e con l'adrenalina che pompava in corpo, lo spinse forte, mentre si strofinava quella parte sporca appena sfiorata, reprimendo l'impulso di fargli di peggio in quel momento.
« Mi fai schifo » sputò fuori urlandogli contro. Il viso ricoperto di acqua, come lacrime violente e consapevoli, il maglione che quel giorno Alec gli aveva prestato completamente fradicio.                                                                                                                  Ritornarono alle basi, mentre Sanders sembrava volerselo mangiare. Rincarò la presa sul coltello e cominciò di nuovo a girare.
« È davvero un peccato, potevamo divertirci »
« Non sai niente, non significa niente per te. È solo un altro dei tuoi trucchi, sei solo marcio dentro, » lo insultò « NON AVVICINARTI! »  Il coltello lo sfiorò impercettibile, di lato, sul braccio, lasciandogli un segno netto. Un rivolo di sangue non tardò a fuoriuscire e venne bagnato dalla pioggia, mentre non gli staccava gli occhi di dosso.               
Fu un colpo solo, uno soltanto.
Sembrò infinito, ma avvenne solo una volta. Lo avvertì all'improvviso, colto del tutto impreparato.
Alec prontamente bloccò Sanders prendendolo da dietro, le braccia schiacciate contro la schiena, lo fece piegare a terra mentre Magnus afferrò l'arma e gli portò la testa all'indietro.
« Prova a venire di nuovo a cercarmi, » mormorò Magnus affannato e visibilmente pronto « e non riceverai lo stesso benvenuto! » concluse.
Dopo di che la signora Caroline si avvicinò a una distanza abbastanza ben visibile per Sanders affinché la vedesse. Distinse un oggetto con lei, aveva un telefono in mano. Il sudore gli imperlava ancora di più la fronte, in stato di apprensione.
Magnus fece segno ad Alec e contemporaneamente lo lasciarono andare.
L'uomo continuò a lanciare sguardi a tutti i presenti, fino a trovarsi a una spanna dal viso del suo dipendente.
Alec gli si piazzò davanti.
« Vattene, adesso » disse. con forza. E più Sanders insisteva a scalfire Magnus guardandolo, più Alec lo incitò truce a andarsene « Vattene » sibilò ancora.
L'uomo non potendo fare nulla, salì sul furgone, non con poche difficoltà. Il suo corpo dolorante e stancato, inserì le chiavi per accendere il quadro, si sistemò lentamente sul posto del guidatore e lanciando un ultima occhiata ai due disse:
« Non è finita, fino a quando non lo dico io » mise in moto il veicolo e partì. Magnus lo guardò in lontananza, le ruote che scomparivano lungo la strada, diventando un ricordo sempre più lontano, invisibile. E poi inesistente.
Si sentì stranamente più leggero e sicuro dentro di sé, si era risvegliato, aveva ripreso possesso della propria vita. E quello, lo aveva fatto tutto da solo.
« Non se decido io come » sospirò, Alec lo tenne stretto, la sua fronte che si poggiava sulla spalla del circense, la preoccupazione ancora presente. « Ti denuncerò, se c'è davvero giustizia, » mormorò « la farò finita con te »
Baciò la fronte al suo ragazzo e quando rialzò lo sguardo su due occhi familiari e ancora coperti dalla paura, disse:  « Metteremo un punto a questa storia, » buttò fuori l'aria, che si condensò subito « insieme »
Alec capì, annuì rapidamente, ma si limitò soltanto a portare le mani a coppa su quel viso, con le loro fronti che si toccavano, ringraziando in silenzio che non fosse successo niente.




Clodia's space: Chiedo scusa per il ritardo, ma la vita da universitaria riempie. Come avrete capito, è successo. Non poteva essere altrimenti. Le cose si sono mosse e il colore con cui  mi sono presentata stavolta, non è stato scelto a caso. Se c’è una cosa che mi sta frullando in testa al momento, è se questa storia potrebbe continuare chiusosi questo “capitolo” intero. Ovviamente è solo un pensiero, dovrei averne anche il tempo e l’occasione.

Vi lascio come io mi sono immaginata la famosa pensione dove soggiornano - al momento - i due piccioncini.
 

 

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Alla prossima volta, tesori.

   
 
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