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Autore: Shily    09/11/2019    0 recensioni
Leanne Adams ha quindici anni, un equilibrio non invidiabile e una sorprendente tendenza al mettersi nei guai.
Alta un metro e sessanta raggiunto a fatica, con una famiglia esageratamente numerosa e invadente alle spalle e un'insolita quanto spiccata vena melodrammatica, Leanne non può fare a meno di invischiarsi in ogni situazione.
Sempre e comunque.
Sarà proprio a causa di questa sua abitudine che si troverà a fare da cupido insieme alla persona, per lei, più impensabile e si troverà incastrata, senza neanche sapere come, nelle conseguenze di questa sua decisione.
Ma soprattutto, sarà proprio per questo che finirà irrimediabilmente nei casini.
Se solo si fosse fatta gli affari suoi, almeno una volta nella sua vita.
Cosa ti aspetti che facciamo?" chiese lui passandosi una mano dietro la nuca con stanchezza. "Non possiamo mica entrare lì e fingere di essere innamorati ed essere tutti abbracci, baci  e parole dolci. Sarebbe ridicolo."
L'espressione di Noah a quelle parole fu inequivocabile.
"Tu sei pazzo," lo accusò Leanne. "Tu davvero non stai bene. Pensare che noi possiamo andare lì e fingere di... di... che schifo. È assurdo."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Quando meno te lo aspetti - una serie di inaspettati eventi
 
"Prima o poi, la peggiore combinazione possibile di 
circostanze è destinata a prodursi."
Seconda legge di Sodd, La legge di Murphy
 
00. Dalla fine, il principio.
 

Se questa fosse una giornata normale, Leanne Adams non avrebbe bisogno di centouno ragioni per uscire dal calore del letto e prepararsi. 

Se di lì a qualche ora non dovesse rendersi ridicola davanti a tutto il corpo docenti e gran parte della popolazione studentesca, sarebbe già in piedi e diretta verso l'aula mensa, avendo come unica preoccupazione se a colazione bere del latte o del succo.

Ma quello, ovviamente, non era un giorno normale e lei, quasi vomitò al pensiero, avrebbe dovuto giocare la sua prima (e sperava vivamente ultima) partita come alzatrice nella squadra di pallavolo del colleggio. 

Sopraffatta dalla disperazione si tuffò sotto le coperte, emettendo un verso di dolore: nel corso della notte aveva pensato ad almeno una ventina di scenari che la vedevano protagonista di incidenti imbarazzanti davanti a tutti, e ora le sembravano tutti troppo plausibili e vicini alla possibile verità.

Come succedeva da qualche mese a quella parte si trovò a maledire la sua incapacità a compiere qualsiasi attività che coinvolgesse un minimo di coordinazione occhio mano. Senza contare le colorite e quantomai originali imprecazioni che la sua immaginazione aveva fornito ai danni della vicepreside della scuola, colpevole di averla incastrata in quella situazione.

Insomma, lei di andare a giocare una partita davanti a tutti la scuola, rischiando di essere ricordata di lì in avanti come colei che aveva fatto perdere la squadra, proprio non ne aveva voglia. Senza contare che ancora faticava a tenere in mano la palla senza inciampare o farla cadere.

"Leanne, è tardi. Alzati!" 

Sbuffó sentendo la voce di Madison, la sua compagna di stanza, che la esortava ad alzarsi. Forse, se avesse finto un malessere, uno di quelli gravi da ospedale, l'avrebbe scampata.

"Così farà tardi," commentò con tono disinteressato Shailene, la seconda ragazza che dormiva con lei.

Forse non era una buona idea, avrebbero certamente allarmato i suoi genitori, costringendoli a farsi ore di macchina per una bugia. 

E sua madre fiutava le bugie a chilometri di distanza.

"Lo so, Shay, grazie per la partecipazione. Leanne, smettila di ignorarmi o..." la minaccia di Madison venne interrotta da un bussare alla porta. 

"Sono Annabeth, posso entrare?" senza aspettare risposta, la ragazza fuori la porta entrò e la raggiunse in poche falcate.

Ecco, si disse Leanne nascondendosi ancora di più sotto le coperte, è finita

Annabeth era la sua migliore amica e anche l'unica che forse l'eguagliava a testardaggine. 

Questo, unito a una notevole forza di volontà e una non sottovalutabile vena autoritaria, faceva sì che le volte in cui Leanne riuscisse a resistere all'amica fossero ben poche. 

Senza contare che quelle rare occasioni in cui Annabeth si arrabbiava, esternando quel lato di sé che solitamente teneva celato sotto strati di gentilezza e timidezza, faceva davvero paura

"Non mi sento bene," mormorò Leanne, rannicchiandosi su se stessa. 

"Non mi interessa," rispose Annabeth e con un colpo deciso le tolse le coperte di dosso. 

"Annabeth!"urlò lei, cercando di coprirsi con le mani dal freddo. 

"Adesso tu ti alzi, ti cambi, ti dai una sistema veloce e scendi con me a fare colazione. Sono stata chiara?"

"Farò la figura dell'idiota," si lamentò Leanne, "E poi devo farmi una doccia."

"Se volevi avere il tempo per la doccia ti alzavi prima, invece di fissare il nulla sotto le coperte. Hai dieci minuti, muoviti." Non urlava Annabeth, non usava neanche parole dure, ma nonostante il tono calmo e l'espressione all'apparenza rilassata, riusciva sempre ad incutere un certo timore impossibile da ignorare.

Con rassegnazione (e senza smettere di pensare a possibili vie di fuga),Leanne si alzò dal letto, infilò le pantofole a forma di topolino e si diresse al bagno con già la divisa sportiva in mano. 

Trattenendosi dallo sbattere la testa da qualche parte, si decise a cambiarsi e avviarsi a quello che aveva ribattezzato "il suo personale patibolo."

Dopotutto, Maria Antonietta la testa, lei una partita di pallavolo. A ognuno le proprie sofferenze. 

Buttò un'occhiata distratta al cespuglio informe sulla sua testa, solitamente andava abbastanza fiera dei suoi capelli: da quando li aveva lasciati crescere, le cadevano in ordinate onde fino a metà schiena, arricciandosi in alcuni punti e ammorbidendo i tratti del suo viso. 

Quel giorno però sembravano voler rappresentare a pieno il suo stato d'animo, motivo per cui legarli fu particolarmente difficile. In seguito l'avrebbe paragonata a una lotta uno contro uno, in cui non era sicura di essere la vincitrice. 

Scartò la divisa scolastica, che quel giorno avrebbe volentieri messo perché simbolo di una giornata come tante, indossando invece la divisa della squadra. 

Era rigorosamente verde e gialla, come i colori della scuola; e a lei il verde stava veramente male.

Si truccò leggermente, coprendo ( o per lo meno provandoci) le occhiaie dovute alla notte insonne e truccò lievemente gli occhi, giusto per perdere quell'aria da tossico dipendente che assumeva la mattina appena sveglia.

Si diede una sciacquata veloce e raggiunse l'amica: "Sono pronta alla mia morte sociale."

"Non essere esagerata, Leanne," rispose Annabeth, scortandola fuori il dormitorio, "Per andare incontro a una morte sociale, dovresti prima avere una vita sociale. Non credi?"

"Fantastico! Dall'essere nessuno a l'essere la ragazza che non sa neanche tenere una palla in mano. Fantastico!" ripeté, trascinandosi dietro l'amica.

"Parti troppo prevenuta, Len. Madison e Shailene ti fanno un in bocca al lupo, verranno a vederti hanno detto. Siamo tutti lì per te,"Annabeth sorrise incoraggiante, alzando i pollici in sua direzione.

"Tutti chi esattamente?" 

"Beh... io, i tuoi fratelli, i tuoi cugini, Shailene e Madison. Tutti per sostenerti."

Praticamente sarebbe stata presente tutta la sua famiglia, così che un resoconto dettagliato arrivasse, nel giro di qualche ore, ai restanti componenti non più in età scolastica.

Il vantaggio di frequentare la scuola con metà della tua famiglia era di poter sempre contare sull'aiuto e il sostegno di qualcuno.Quello, e la certezza che qualsiasi presa in giro ai suoi danni non sarebbe stata dimenticata tanto facilmente.

"Allora non sarete proprio tutti," si lasciò scappare Leanne, con un leggero risentimento nella voce.

Annabeth, accorgendosi del suo cambiamento d'umore, si affrettò a rimediare e a consolarla: "Oh Len, mi dispiace. Non intendevo quello. Sono sicura che sarà lì, solo che..."

"È tutto okay," la interruppe Leanne, con più forza del dovuto. "Non devi consolarmi, non è che passo il tempo a struggermi. Anzi, meglio così, quell'idiota è l'ultima persona che voglio vedere oggi. Ti dirò, preferirei che da oggi smettessimo di parlarne, come se non fosse mai esistito."

Lo disse credendoci davvero e cercando con tutta se stessa di convincere anche l'amica delle sue parole: erano tutti così convinti che fosse sul punto di crollare che ormai la trattavano come se rischiasse materialmente di rompersi.

E lei era altamente stufa di tutta quella situazione: no, non aveva pianto neanche una lacrima; no, non aveva intenzione di piangerne neanche una e no, assolutamente quell'idiota non era il suo pensiero fisso. Neanche un po'. 

Varcò la soglia dell'aula mensa con il pensiero della partita un po' lontano, sostituito dal rancore verso un certo individuo di sesso maschile particolarmente sottosviluppato da un punto di vista intellettuale e sociale. 

"Ci sono i ragazzi là," Annabeth la richiamò alla realtà, indicandole un tavolo in fondo alla sala dove sedevano i suoi fratelli e suo cugino, nonché migliore amico, Josh.

"Hanno preso due vassoi anche per noi, andiamo." 

Leanne si girò e, notando come l'amica sembrasse a disagio e indecisa su cosa fosse bene dirle e cosa no, forse a causa del suo scatto inaspettato di poco prima, decise di offrirle un'offerta di pace e passarle un braccio intorno alle spalle.

"Buongiorno ragazze, iniziavamo a pensare che non sareste scese," le accolse Noah, il secondo dei suoi fratelli. 

"Stavamo aprendo anche un giro di scommesse: mi avete fatto perdere cinque dollari, grazie," fu il saluto di James, il più grande.

Silenzioso e con un sorriso sulle labbra, Josh porse loro i due vassoi e continuò a mangiare. Doveva essere lui ad aver vinto, a giudicare dalla sua espressione. 

"In realtà stavamo pensando di aprire un giro di scommesse anche sulla tua performance di oggi," continuò James, scostandosi i capelli dal viso. Avevano decisamente bisogno di una tagliata, ma visto il successo che sembravano riscuotere tra le ragazze lui non ne sembrava minimamente intenzionato. 

Suo fratello intercettò un'occhiata particolarmente omicida da parte della sua amica e sembrò rimpicciolirsi, intimorito nonostante i tre anni a separarli: "Ovviamente scherzavo, sappiamo tutti che Len sarà fantastica oggi. Lei lo è sempre," ritrattò.

Noah, al suo fianco, alzò gli occhi al cielo e borbottò qualcosa sull'idiozia dell'altro: "Senza speranze," commentò rassegnato.

"Oh, scusami, Noah-ioso, hai detto qualcosa?" 

Leanne amava i suoi fratelli: li amava davvero e non lo diceva tanto per dire. Certo, magari non si esternavano affetto tutti i giorni, preferendo lasciare molto spazio alle cose non dette, ma ciò non voleva dire che non avrebbe dato la vita per loro.

Li amava tanto, ma quando iniziavano a discutere, il che capitava due volte su tre quando erano nella stessa stanza, avrebbe volentieri dato tutto pur di essere figlia unica.

Innanzitutto, questo avrebbe significato avere più giochi per sé durante l'infanzia, senza contare che quando James e Noah si mettevano di impegno, sapevano essere più capricciosi di due bambini di sei anni.

"Almeno io non passo il tempo davanti a uno specchio a vedere se mi cresce la barba" stava ribattendo con veemenza Noah a qualcosa che lei non aveva sentito, "E per la cronaca: no, niente barba James, rinuncia."

Leanne guardò Josh e Annabeth, entrambi avviliti come lei e decisi a ignorare la discussione nel migliore dei modi.

"Non è vero, non è assolutamente vero," si infervorò James, con una voce acuta che Leanne non gli sentiva da quando ormai aveva intrapreso la strada che lo conduceva dritto verso le grazie del mondo femminile. "Ecco, vedi!" si indicò il mento.

Noah, in risposta, strizzò gli occhi con notevole sarcasmo e si lasció scappare una risata.

"Ragazzi,"s' intromise Leanne, "Per favore, potreste evitare almeno oggi?"

Noah, che tra i due era quello che più facilmente si lasciava andare ai sensi di colpa e che realmente si imbarazzava per quei teatrini assurdi, abbassò la testa in segno di resa, scusandosi con lei.

"Scusaci Len, hai ragione. Come ti senti?"

"Terrorizzata, grazie per averlo chiesto."

"Hai ragione, Len," il tono di James invece, a differenza di quello sincero del fratello, non lasciava presagire niente di buono."Smettiamo di parlare di quanto sia sfigato Noah e concentriamoci su chi sta entrando in sala proprio ora."

Come fossero un solo uomo, tutti e cinque si voltarono contemporaneamente verso il portone d'ingresso: due ragazzi, che a vederli così vicini non potevano sembrare più diversi, si affiancavano cercando di distanziarsi l'uno dall'altro il più velocemente possibile,  neanche rischiassero che quella vicinanza forzata potesse essere infetta.

Leanne sospirò, guardandoli dirigersi verso i lati opposti della sala e ignorarla come se fosse invisibile, invece che proprio lì, davanti ai loro occhi. 

"Insomma, vedo che hai risolto i tuoi problemi e chiarito le cose, eh Len?"si lasciò scappare Josh, beccandosi una gomitata nello stomaco.

"Però, chi l'avrebbe mai detto che tra noi proprio tu avresti avuto una vita amorosa così movimentata."

A parlare, non c'era bisogno di distogliere lo sguardo dai due ragazzi per capirlo, era stato inequivocabilmente James.

Sarebbestato troppo teatrale alzarsi e lasciarli lì, senza una parola?

Non era mai stata una ragazza popolare, una di quelle per cui i ragazzi facevano la fila o che aveva sempre una festa a cui partecipare. Piuttosto era quella a cui cadevano le cose di mano e inciampava goffamente.

A dire la verità, prima dell'inizio di quell'anno non aveva neanche mai dato un vero bacio, figurarsi avere un ragazzo. O due tra cui scegliere.

Inutile dire che non aveva saputo gestire la situazione neanche un po' e ora si trovava a evitare tutti i posti in cui era possibile incontrare uno dei due: il che limitava di molto il suo raggio d'azione all'interno del collegio.

Ma esattamente, come ci si era trovata in quella situazione? Lei che non aveva né gambe lunghe né chilometrici capelli biondi.

Ebbene, per sapere questo bisogna tornare indietro di qualche mese, quando era ancora una giovane e innocente ragazza che prendeva decisioni totalmente sbagliate. Ma soprattutto, quando ancora non si metteva inmezzo ai problemi degli altri.

Precisamente,è bene tornare a metà Settembre.

🌼🌼🌼




 
Ho iniziato questa storia due anni fa, circa. 
ho avuto momento di stallo, pause infinite e crisi mistiche. 
Oggi, finalmente, mi decido a pubblicarla con un nuovo nome, una nuova veste e soprattutto una sicurezza diversa.
Non è certo la storia del secolo, ma ci ho messo tutta me stessa e credo meriti di vedere la luce.
I capitoli sono tutti scritti, per cui cercherò di aggiornare tutti i giorni.

















 
 
   
 
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