Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: JLuna_Diviner    09/11/2019    0 recensioni
Si guardò attorno, confusa, quando il ragazzo parlò.
– Io sono l’Amore. –
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Luka Couffaine, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Si richiuse silenziosamente la porta alle spalle, il cuore in tumulto, le guance arrossate e i pensieri che frullavano a mille.

Poteva lasciare quella vita, una volta per tutte; sapeva che non c’era via di ritorno una volta imboccata quella strada, ma almeno sarebbe stata una sua scelta.

Sorrise alla consapevolezza che per una volta il suo destino sarebbe stato tutto in mano sua, ma un attimo dopo brillò nel suo animo una scintilla di rimorso e preoccupazione per quello che tali scelte avrebbero causato alle persone che le volevano bene.

Cosa avrebbero fatto i suoi genitori? E Luka, sarebbe stato additato come il marito di una fuggitiva? Con chi avrebbe passato i pomeriggi Alya?

Appoggiò la schiena al muro e, alzando lo sguardo, incontrò il proprio sguardo nel grande specchio che le era di fronte, appeso all’ingresso: come poteva voltare le spalle a tutti quegli anni di vita?

Non si vive né si ama nel vuoto. Intorno a lei c’erano persone che le volevano bene e che sarebbero state ferite, se si fosse concessa di fare ciò che voleva.

Era una regola universale, che non valeva solo per lei, ma a Marinette parve, in quel momento, di essere l’unica a sentirne il peso.

E mentre era i balia di questi pensieri, udì il suo nome, pronunciato da Luka sopra le scale, con un velo di preoccupazione.

Marinette?

Lei deglutì.

Sono qui. –

Silenzio, poi un sospiro.

Ti spiace raggiungermi nel mio studio, cara? –

Stringeva convulsamente la tazza di tè caldo fra le mani, seduta di fronte a suo marito. Era una stanza accogliente, calda e ordinata; sgattaiolava spesso lì per leggere o anche solo sfogliare un libro preso a caso dagli altissimi e stipati scaffali in mogano.

Seduta davanti a lui, dopo avergli riferito della sua chiacchierata con la Morte, la ragazza aveva cominciato a temere che, usando le sue doti, lui avrebbe potuto convincerla a non accettare l’invito della creatura. Non che fosse nello stile di Luka, ma le persone sono imprevedibili.

Lui smise di tamburellare le dita sul bordo di un grosso tomo e alzò lo sguardo, incrociando così quello di Marinette.

Cosa aspetti? Perché sei ancora qui? – chiese.

Lei, stupita dalla semplicità della domanda, ci mise un po’ a rispondere, e quando lo fece scandì bene ogni parola dopo averla accuratamente scelta.

Io non posso permettermi il lusso di mettere tutto in una valigia e voltare le spalle a questa vita, anche se tutto quello che mi circonda non è una mia scelta. Tu hai fatto tanto per me, non mi hai mai forzata, non mi hai mai rinfacciato nulla, non posso andarmene senza ringraziarti. –

Fece una pausa per scrutare il viso del ragazzo, che con un cenno la incoraggiò ad andare avanti.

I miei genitori... loro non hanno colpa. Sono nata nel momento sbagliato, nell’epoca sbagliata; non biasimo le persone, forse non biasimo nemmeno la società. Le cose vanno così, punto. Forse non a causa dei singoli individui, o magari proprio per quelli che si distinguono ed erigono.

Perciò non me la sento di partire senza salutarli, senza dirgli quanto gli voglia bene, quanto sia loro grata per aver cercato di darmi sempre il meglio. Non posso semplicemente salire sulla groppa di un cavallo e annullare o dimenticare tutto questo tempo.

È quello che voglio, ma so per esperienza che, nel migliore dei casi, si deve trovare un punto d’incontro tra ciò che si vuole, ciò che si deve e ciò che si può. –

Lui annuì, poi abbassò lo sguardo; Marinette avvertì una stretta al cuore intuendone il motivo.

Non vorrei doverti lasciare. – disse lentamente. – Tu... tu hai fatto molto per me e vorrei riuscire a dirti quanto te ne sia grata. Vorrei che tu potessi venire con me, o quantomeno parlare con Adrien. Sono sicura che saprebbe mostrarti la strada. –

Luka sospirò.

Voglio solo una cosa, anzi tre. –

Tutto quello che vuoi. –

Promettimi che sarei felice, che lotterai per la tua felicità. Secondo, non dimenticarti mai della storia che hai alle spalle. Non nel senso che deve essere un peso, no, ma cerca di ricordare perché sei dove sarai. E terzo... –

Si interruppe, le guance accese violentemente di rosso.

Lei lo incoraggiò posando la sua piccola e affusolata mano sinistra sulla sua destra.

Promettimi che non ti dimenticherai di me. – disse tutto d’un fiato.

Lei sorrise mentre una lacrima luccicante le rigava una guancia.

Neanche se bevessi tutta l’acqua del fiume Lete potrei. –

Prese un respiro profondo e sollevò gli occhi dalla scrivania, mentre la sua mano indolenzita lasciava cadere dolcemente il pennino sul ripiano.

Erano due giorni che scriveva incessantemente; scriveva lettere per tutti coloro che avevano avuto un ruolo di rilievo nella sua vita: sua madre, suo padre, i parenti, le sue amiche.

Si passò il dorso della mano sulla fronte e guardò fuori dalla finestra.

A breve, Adrien, a breve ti raggiungerò...

Tutto bene? – giunse una voce dalla porta.

Con calma, prese in mano tutte le lettere e controllò che ci fosse il nome su ognuna, poi si alzò, andò verso il marito e gliele consegnò; lui le accettò con un cenno d’intesa.

Quando sarà il momento... – si limitò a dire lei.

Lui la tranquillizzò, ribadendo che avrebbe fatto tutto per bene al tempo giusto.

Rimasero in piedi, uno di fronte all’altra, per un po’, imbarazzati, poi lei lo abbracciò di slancio.

Grazie. Grazie di tutto. Vorrei che le cose fossero andate in modo diverso tra noi. Forse col tempo avrei potuto amarti come avresti voluto e meritato... –

No. – la interruppe lui con uno strano tono cupo. – Ad ognuno ciò che si merita quando lo merita. Ho preferito di gran lunga che le cose siano andate così; almeno ho avuto la fortuna di conoscerti. E chissà, magari un giorno questa mia azione di aver liberato una creatura pura dalle catene della società varrà qualcosa anche per la mia felicità. –

Lacrime scendevano dagli occhi di Marinette, lacrime che prontamente Luka asciugò.

Se ti fai vedere così, Adrien penserà male. Un bel sorriso, su. –

La ragazza sorrise e alzò il mento; negli ultimi giorni aveva acquisito una sicurezza finora a lei sconosciuta, che la faceva sentire in grado di fare tutto.

Si guardò attorno, cercando di assimilare ogni dettaglio di quella stupenda casa, che una piccola parte di lei sperava di rivedere, presto o tardi.

Pronta? – le chiese lui tendendole una mantellina.

Da tutta la vita. –

L’addio fu struggente: Luka le teneva una mano tra le sue, sorridendo mestamente, mentre lei lo ringraziava per la comprensione e la libertà che gli stava dando; il giovane si limitò a scuotere la testa e dirle che stava rendendo solo giustizia.

Dopo una serie di abbracci, lui le aprì la porta, facendo entrare un fascio di luce lunare nell’atrio, insieme ad una frizzante, quasi fredda, aria autunnale.

La guardò preoccupato.

Non avrai freddo? –

Sto per seguire verso l’ignoto un misterioso cavaliere a cavallo di una creatura parlante che dice di essere la Morte e tu ti preoccupi che io abbia freddo? – rise lei.

Effettivamente vista da questa prospettiva... –

Risero, per poi piombare nel silenzio.

Marinette alzò un braccio e tracciò il profilo delle labbra del ragazzo con un dito; lui le baciò i polpastrelli tenendo gli occhi chiusi.

Lasciò ricadere il braccio lungo il fianco e si voltò verso la porta aperta; Luka continuava a tenere le palpebre abbassate.

Arrivederci Luka. – bisbigliò la ragazza, e furono le ultime sue parole che risuonarono nella grande villa.

Quando il ragazzo riaprì gli occhi, molti minuti dopo, la porta era ancora aperta, e un senso di vuoto aveva pervaso la casa, ma non il suo cuore; che potè giurare di riconoscere in quell’esatto istante il sapore della pace.

Il percorso che l’avrebbe portata al limitare del bosco lo aveva pianificato per bene, in modo che nel percorrerlo non avrebbe incontrato nessuno e al tempo stesso avrebbe incontrato tutti: si fermò davanti alla cappella, per una breve ma intensa preghiera; passò davanti a tutti i negozi; sostò sotto casa di Alya, e quella fu la pausa più lunga e dolorosa. Sapeva bene che la ragazza era sola, molto probabilmente in camera da letto a cucire per non farsi vincere dal sonno: ci teneva ad andare ad accogliere quello scellerato del marito quando lui si degnava di tornare, a qualsiasi ora, con il puzzo di fumo e rum addosso.

Strinse i denti e contrasse la mandibola, augurandosi che presto anche per la sua amica arrivasse il giorno della liberazione. Con un sospiro, si costrinse a continuare.

L’ultima tappa fu la taverna. Grasse risate e urla si sentivano fin dall’altra parte della strada, dove si trovava lei. Era da lì che tutto era partito: gli uomini avevano avvistato cavallo e cavaliere, avevano sparso la voce, ne era nata una nenia. Dopo chissà quanti anni - molti più di quanti ne avrebbe potuti contare - quella nenia era arrivata a lei e l’aveva portata lì, in piedi nel silenzio di quella notte, con un uccellino imbizzarrito al posto del cuore.

Si concesse un attimo per ascoltare la cacofonia proveniente dal locale, poi drizzò la schiena e riprese a camminare, per fermarsi solo una volta arrivata davanti al masso che era stato spettatore dei suoi due precedenti incontri notturni.

Loro erano lì. Lui era lì.

Le dava le spalle; era in piedi davanti al cavallo, la testa dell’animale tra le mani, la fronte quasi poggiata sul suo muso. Stava sussurrando qualcosa, ma non riuscì a capire cosa.

Le dispiacque interrompere una scena di tale intimità, quindi si fermò a un paio di metri e restò in silenzio, cercando di non fare rumore neanche respirando; sperò che il tamburellare furioso del suo cuore non la facesse scoprire.

Ma i suoi tentativi furono vani: quasi subito Adrien si girò verso di lei, e la visione del suo viso le fece al tempo stesso perdere un battito e aumentare la frequenza cardiaca. Gli occhi azzurri accesi di una luce calda e familiare, il sorriso splendente, le guance arrossate, chissà se dal freddo o dall’emozione di vederla.

A quest’ultimo pensiero, anche lei arrossì.

Sei venuta. – la accolse lui.

Sono venuta. E tu sei qui. – rispose lei.

Io ci sono sempre stato. Tu piuttosto... –

Anche io ci sono sempre stata. – lo interruppe la giovane, senza foga ma con decisione.

Adrien sorrise, poi la scrutò da capo a piedi, le sopracciglia aggrottate; Marinette giurò di non aver mai visto nulla di più dolce e bello.

A quanto pare non sei preoccupata per il freddo. – constatò il ragazzo. A lei non sfuggì come, con assoluta e normale naturalezza, si stessero dando del tu. La cosa le piacque.

Suppongo che non avrò bisogno di vestiti caldi, non dopo che sarò... salita sul tuo destriero. Con te. –

Lui annuì, senza però allentare la tensione della fronte. Dopo un attimo di stasi da parte di entrambi, si tolse il mantello; la sua armatura scintillò lievemente. Le andò vicino e le cinse le spalle con il mantello, fissandolo bene con una spilla sotto il collo.

Non ritirò le mani; rimase fermo, indeciso, per qualche secondo, poi le accarezzò la gola con il pollice; vedendo che lei socchiudeva gli occhi e dischiudeva le labbra, prese coraggio e le posò una mano sulla guancia, mentre con l’altra seguiva il profilo della mascella.

Le punte dei loro piedi si toccavano, i loro respiri si univano. Gli occhi di lui erano fissi sul volto di lei, quelli di Marinette erano chiusi; le mani di lei rimasero per un po’ ferme, abbandonate lungo i fianchi, ma presto si mossero e andarono a posarsi sul petto di Adrien.

Nonostante la cotta di maglia, la ragazza potè giurare di percepire contro il palmo delle mani il battito furioso del cuore di lui.

Lo senti? – sussurrò Adrien. – Batte così per te. Non mi sono mai sentito così vivo. –

Lei rovesciò la testa all’indietro e rise. Lui la guardò, incerto, poi le sue labbra si distesero in un sorriso; la risata della ragazza echeggiava nella notte, cristallina, vera. Libera.

È tutto vero. – ripeteva lei, quando l’euforia glielo permetteva, tra una risata e l’altra.

Lui annuiva stringendola a sé, baciandole la testa, mandando giù nel profondo dei polmoni l’odore dei suoi capelli.

Sarebbero potuti restare così per l’eternità, ma, quando ormai il battito dei loro cuori si era regolarizzato, il cavallo nitrì.

Adrien sospirò e si girò a guardare l’animale, tenendo un braccio attorno alla vita di Marinette; lei sbirciò al di sopra della sua spalla il destriero del ragazzo.

È ora di andare. – la informò.

Marinette annuì e insieme si avvicinarono al cavallo, fermandosi al suo fianco; lei allungò una mano, senza alcuna titubanza, e ne accarezzò la schiena, avvertendo i muscoli possenti a riposo. Il pelo era liscio e morbido, corto.

Quando dici che dobbiamo andare... – fece. – Chi ce lo impone? –

Nessuno. Siamo liberi. Ma tenerci in movimento è sempre preferibile. – rispose lui con una scrollata di spalle. Le posò una mano sul gomito e lei si voltò a guardarlo; quegli occhi, Dio, quegli occhi...

Senza interrompere il contatto visivo, Adrien la prese per i fianchi e, come se lei non pesasse nulla, la issò in sella, delicatamente. Appena lei si sistemò, a ruota salì in groppa, dietro Marinette, e afferrò le redini. L’animale iniziò a muoversi, passi lenti, quasi come in una processione. Forse le stava dando il tempo per cambiare idea, o girarsi a dare un ultimo sguardo. Non fece nulla di tutto ciò; rimase dritta, con la schiena contro il petto del cavaliere, il suo cavaliere, beandosi delle braccia di lui che le sfioravano i fianchi mentre teneva le redini, del suo mento sulla sua testa.

Ormai erano arrivati ai primi alberi del bosco; la Morte si fermò. Le fronde ondeggiavano, e Marinette ringraziò mentalmente Adrien per il mantello. Si girò a guardarlo, per quanto la posizione di entrambi glielo permettesse.

Lui la stava fissando con espressione pacifica. Le sorrise.

Ricorda questa sera, perché sarà l’inizio dell’eternità. –

Poi diede un impercettibile colpo di redini, e l’animale partì al galoppo, lasciando profondi solchi nel terreno che sparivano con la stessa velocità con cui erano comparsi.

Angolo autrice:

Siamo arrivati alla fine.

Vi ho fatti aspettare, me ne scuso, ma sono un essere profondamente sfaticato, senza contare la mia ispirazione altalenante che va e viene troppo spesso
Sì insomma, mi dispiace, ma ora sono qui, questo conta, no?

Se vi sembra che il finale lasci qualcosa in sospeso sappiate che è altamente voluto. Ciò non toglie che nel caso di malcontento generale, sì, avete il diritto di prendermi a calci. Quando dico che è voluto non intendo affatto dire “mi ero rotta le palle di vedere la fic incompiuta nella cartella insieme ad altre trentordici mila e allora ho cercato di farla finita il prima possibile”. ASSOLUTAMENTE NO. Semplicemente mi sono detta che andare a scrivere di altri cavoli era inutile e sarebbe potuto risultare fuorviante. La storia è incentrata su Marinette, i suoi problemi e la leggenda del cavaliere. Il resto è una cornice.

Ho finito, credo. Boh. Non mi viene altro, quindi passo ai ringraziamenti:

alwais

hanon993

TalesOfAFairy

mippippippi

_Farye _

Grazie. Grazie delle attenzioni silenziose, della recensione, e della pazienza. Grazie di tutto!Fatemi sapere se vi è piaciuta, o cosa avreste preferito vedere da questa storia…

A presto,

JLuna
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: JLuna_Diviner