Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ In The Dark Of The Night Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ
C’erano
delle notti in cui
Tarn suo malgrado faticava a prendere sonno. Colpa di una sensazione di
inquietudine generale che poco c’entrava con qualsiasi
fattore esterno, essendo
rivolta più che altro a se stesso. Erano quei momenti in cui
si rendeva conto
di avere una personalità a dir poco contraddittoria, nel cui processore
ronzavano pensieri quali “Cosa sono? Cosa sto facendo?
Perché?”.
La
prima in particolare era una domanda da un milione di
shanix. A volte gli capitava di domandarsi quale fosse la sua vera
natura e
quale fosse la maschera -e no, non si riferiva a quella che
momentaneamente era
poggiata accanto alla cuccetta.
Era
un devoto Decepticon che tra libri, musica e pratiche
amministrative svolgeva quel suo “compito
particolare”, comunque parte
integrante della sua esistenza, o piuttosto era quel “compito
particolare” a
esserne il fulcro, e il resto erano solo interludi atti a fingere con
se stesso
di non essere una bestia sociopatica assassina assetata di energon
altrui?
Non
aveva una risposta da darsi, dunque tendeva ad
accantonare certi pensieri ripetendosi che tanto rispetto alla causa
non
contavano nulla, ma “accantonare” ed
“eliminare” erano due cose diverse. Ciò
che era accantonato poteva sempre tornare a fare capolino prima o poi,
ed era
quel che stava succedendo.
Odiava
certi processi del suo cervello artificiale, quei
processi che lo portavano a farsi domande, a dare ordine di torturare e
uccidere crudelmente qualcuno e poi a volte chiudere gli occhi, quei
processi
che lo portavano a cercare di essere un leader giusto e trovarsi poi a
volte a
“scattare” per mancanze minime -ma quello era il
meno, provare un po’di sano
terrore non faceva male ai suoi uomini, visto che tipi erano.
Quei
processi che nei giorni passati gli avevano impedito di
convincersi al cento per cento del fatto che riguardo Spectra non ci
fosse
nulla di che preoccuparsi.
Aveva
tenuto fede ai propri propositi: se prima non l’aveva
fatta stare nei propri appartamenti per evitare possibili chiacchiere,
ormai
quella prospettiva era passata completamente in secondo piano rispetto
al resto
a causa dell’imprevisto risalente
ormai a undici giorni prima.
C’erano
cose su cui voleva -e credeva di- avere totale
controllo, mentre il percorso che avevano preso gli eventi aveva
mandato fuori
strada i suoi progetti e le sue previsioni.
Spectra
in quei giorni non si era opposta al trasferimento,
non si era opposta all’idea di dover passare più
tempo sola con lui, non si era
opposta all’idea di dormire nella stessa stanza e di avere il
permesso di
uscire dai suoi appartamenti solo quando ne usciva lui stesso, non
aveva
mostrato particolare disagio in sua compagnia o in compagnia degli
altri, nulla
di tutto ciò. Le era stato tutto bene e si era comportata
come aveva sempre
fatto.
Gli
era passato più volte per la mente il pensiero
“Magari finge
e prima o poi si tradirà”, solo che non era stato
così e, se stava fingendo
davvero, doveva avere doti da attrice consumata incredibili per
riuscire a
ingannarlo; simili doti però sarebbero state troppo in
contrasto col suo
carattere quindi, seppur non fosse illogico, tutto quel rimuginare
risultava
comunque assurdo a Tarn.
Forse
Nickel aveva ragione, forse non bisognava farsi troppe
domande dal momento che anche in Spectra, come in tutti loro, non
c’era granché
di normale. Eppure…
Finse
di dormire quando sentì il rumore della porta del bagno
che si apriva. Lo aveva fatto anche quando aveva sentito Spectra
alzarsi dalla
cuccetta.
“Almeno
lei tornerà in ricarica”
pensò.
I
passi della giovane però presero una direzione
imprevista.
«Mi
spiace di averti disturbato».
Capendo
che ormai fingere di essere in ricarica era diventato
inutile, perché evidentemente non era stato abbastanza
svelto, Tarn aprì gli
occhi. «Tranquilla. Non dormivo».
A
dir la verità era quasi contento che lei fosse sveglia a
sua volta. Parlare con qualcuno, anche con una fonte di
“lavoro mentale” che
comunque era sempre più innocua rispetto ai pensieri su se
stesso, era meglio
di stare lì a macerare nel silenzio.
«No?
Perché?»
«Capita
che il leader di una squadra abbia varie cose e
pensieri per la testa».
Spectra
annuì. Per un attimo parve ponderare l’idea di
tornare alla propria cuccetta, poi però cambiò
idea.
«Io
sono uno di questi?»
Sentendo
ciò, Tarn si rese conto di essere appena stato sorpreso
per l’ennesima volta in quei trentuno giorni. Lei sembrava
avere un talento
particolare per coglierlo negli attimi in cui abbassava un
po’la guardia.
«Perché
lo pensi?»
«Undici
giorni fa mi hai chiesto se sono in grado di capire e
accettare quello che fate. Io ti ho detto di sì»
disse Spectra «Ho concluso che
siete le stesse persone che ho conosciuto e che se mi trovavo bene
prima di
sapere certe cose potevo continuare a trovarmi bene anche dopo. Magari
quel che
fate voi non è qualcosa che mi sentirei di fare io, non
credo che ci riuscirei
mai» ammise «Ma i compiti che mi hai dato non
prevedono che lo faccia. Ho
cercato di far capire a tutti che quando ti ho risposto di
sì ero seria, solo
che tu non sembri contento lo stesso e… io apprezzo la tua
compagnia, però mi
spiace che se adesso stiamo tanto insieme da soli è
perché non ti fidi più».
Se
il fatto che avesse dato inizio a quel discorso era
sorprendente, il modo in cui lo aveva articolato lo era anche di
più. Il
Decepticon iniziò a chiedersi se si fosse addormentato e
stesse sognando, salvo
rendersi subito conto che un discorso tanto
“candido” da parte di Spectra forse
era perfettamente plausibile, purtroppo.
“Purtroppo”,
perché nonostante fosse sveglio e lucido non
sapeva bene cosa risponderle, il che era tutto dire dal momento che di
solito
le parole non gli mancavano mai.
«Forse
avrei dovuto parlarne prima o in un altro momento ma
speravo che sarebbe passato tutto da solo»
continuò lei, guardandolo dritto
negli occhi «E visto che adesso siamo entrambi svegli ho
pensato di chiederti…
perché? Io n-non so se sto sbagliando qualcosa
o…» si strinse nelle spalle «Non
so, ho fatto qualcosa che non dovevo? Ti ho fatto pensare che potrei
farlo?
Cioè… come? Al
di là del
fatto che secondo gli altri sembro un lilleth sono ignorante su tante
cose e so
di essere anche un po’stupida e-»
«Basta»
la interruppe, sollevandola da terra per metterla a
sedere sul proprio petto «Prima volta che te lo dico e voglio
che sia anche
l’ultima: non azzardarti più a definirti stupida.
Sembri uno di quegli
uccellini? Sì. Sei ignorante su tante cose? Meno di quanto
lo fossi un mese fa.
Sei stupida? Non credo proprio».
“Anche
perché se tu invece lo fossi stata e io avessi capito
di avere per le mani una causa persa, allora avrei-”
Rigettò
l’idea di completare quel pensiero, quello stesso
pensiero che gli aveva attraversato la mente undici giorni prima, che
avrebbe
anche messo in pratica se l’avesse ritenuto necessario e che,
ricordandolo in
quel momento, faceva sì che non si sentisse molto a proprio
agio.
Non
era a proprio agio con l’idea di ucciderla. D’altra
parte, se a volte si sentiva così anche con trasgressori che
avevano cercato la
punizione finale, era davvero strano provare quella sensazione verso
qualcuno
che non aveva fatto assolutamente nulla?
«Ma
sei sicuro?»
«Lo
sono».
Non
avrebbe meritato una cosa del genere.
Non
avrebbe meritato di morire per mano sua, non avrebbe
meritato nemmeno certi pensieri da parte sua anche se, nel caso in cui
fosse
rimasta troppo traumatizzata da quanto visto, ucciderla sarebbe stato
un atto
di pietà.
Forse
non avrebbe meritato nemmeno il trattamento che le
aveva riservato in quei giorni, per quanto buone potessero sembrare le
sue
ragioni. Era stato lui a reagire con diffidenza a un qualcosa che non
era stato
negativo, solo inaspettato. Era stato lui a diffidare di una femme
giovane,
piccolina, che sarebbe stata totalmente indifesa anche nei confronti di
Nickel
e che era perfino dispiaciuta all’idea di avergli dato di che
pensare, dispiaciuta,
mentre lui il
giorno dell’ “imprevisto” aveva
cercato un eventuale modo rapido e
indolore per…
«Spectra,
in realtà io sono piuttosto soddisfatto di come hai
reagito a quel che hai visto qualche giorno fa, soprattutto in
considerazione
del fatto che non eri pronta» disse Tarn, interrompendo
bruscamente quel flusso
di pensiero «Ero sincero quando ti ho detto che speravo di
vederti accettare la
cosa. Il mio problema in questi giorni è stato un altro: non
mi aspettavo di
vedere una simile resilienza da qualcuno come te, con tutte le
conseguenze del
caso. Però a questo punto credo che tu possa tornare girare
per la nave quando
e come vuoi, dato che non hai colpa del fatto che io ti abbia
sottovalutata.
Non hai colpa di niente».
Spectra
sorrise. «Sono contenta di saperlo».
Fu
a quel punto che il Decepticon notò una brevissima
occhiata di Spectra, dal significato che lui non seppe decifrare, che
sembrava
rivolta alla parte danneggiata del suo volto. Se avesse potuto vederla
probabilmente l’avrebbe trovata poco gradevole esteticamente
-non che a lui
dell’estetica potesse importare qualcosa- ma era improbabile
che si fosse
accorta dato lui indossava una mas…ah. No. Niente maschera,
non in quel
momento.
Si
consolò col fatto di non aver lasciato trapelare le
elucubrazioni fatte fin lì. Doveva essere così
perché, in caso contrario, non
sarebbe rimasta tranquillamente seduta sul suo petto.
«La
ferita ti impressiona?»
Stavolta
il sorriso di Spectra fu leggermente triste. «Se una
storpia avesse problemi con una cosa così sarebbe un pochino
assurdo mi sa».
Silenzio.
“Avrei
dovuto dirle di andare a dormire dopo aver chiarito”
pensò lui.
«In
verità mi era venuta in mente una cosa un
po’scema…»
«Spectra,
se usi “scema” al posto di
“stupida” il concetto
non cambia e resta valido quel che ti ho detto prima»
sospirò Tarn «Cosa ti era
venuto in mente?»
Lei,
dal petto, scivolò sulla cuccetta. «Non ti avevo
mai
visto senza la maschera, quindi ho pensato che l’avessi tolta
perché magari la
ferita si sta facendo sentire un pochino. La mia gamba a volte lo fa.
Mi hanno
detto che però smetterà di dare noia del tutto
quando sarò adulta, zoppicherò
sempre ma per il resto non mi darà fastidio. So che tu sei
già adulto ma sono
due danni di tipo diverso, quindi magari…» fece
spallucce «Te l’avevo detto che
era una cosa un po’scema».
Il
Decepticon decise di rimettere la maschera al proprio
posto. Magari con quella si sarebbe sentito un po’meno
combattuto tra
l’apprezzare il fatto che lei si preoccupasse della sua
salute e il sentirsi
sempre più a disagio per come si era comportato in quegli
ultimi giorni.
«Non
è una cosa scema. Se ti preoccupi è
perché per qualche
strano motivo, nonostante
tutto,
ti importa» disse
«A volte mi chiedo se tu sia vera, frutto di
un’allucinazione collettiva o di
un delirio di cui sono preda senza rendermene conto. Ora mi sta venendo
in
mente la possibilità che io sia morto. Se così
fosse non sarebbe una brutta
esperienza ma non saprei spiegarmi il motivo per cui sia tu a essere
qui e non
un mostro sordo e invulnerabile intento a dilaniarmi, sarebbe molto
più adatto
e…»
“E”
Spectra forse non aveva sentito una parola di quel suo
discorso, perché stava dormendo accanto a lui.
Di
certo doveva essere finita in ricarica appena poggiata la
testa sulla cuccetta. Era tardi, era sicuramente stanca, tutto
normale.
«Forse
è meglio così» concluse Tarn.
Avrebbe
voluto sollevarla e posarla sulla sua cuccetta,
essendosi addormentata così di botto ci sarebbe riuscito
senza disturbarla, ma
dopo tutta quell’attesa iniziò ad avvertire la
sensazione familiare che
precedeva la ricarica.
“In
fin dei conti sono solo poche ore e non è diverso
rispetto ai momenti in cui io e la squadra ci siamo trovati costretti a
ricaricarci fuori dalla nave” concluse, cedendo finalmente al
sonno.
[…]
«Tarn».
L’eco
di una voce femminile si fece strada nel suo
processore.
«Tarn!»
La
voce in questione divenne piuttosto decisa ma lui scelse
di ignorarla. Stava così bene in quella dimensione ovattata
che non era né
sonno né veglia…
«Tarn!
Qualcuno ha dato fuoco alla prima edizione di “Towards
Peace”!»
Improvvisamente
sveglissimo, nonché pronto a spegnere il
fuoco per salvare il salvabile mentre sparava al responsabile col
doppio
cannone a fusione, il Decepticon saltò giù dalla
cuccetta con tale impeto che
avrebbe ridotto Nickel a una frittata, se lei non fosse stata a
distanza di
sicurezza.
«Alla
buon ora» sbuffò il minicon «Ormai
è da un minuto che
cerco di svegliarti. Il libro sta benissimo!»
Tarn
si rilassò dopo qualche secondo. «Certe cose non
si
dicono neanche per scherzo. Se per stavolta lascio correre è
solo perché sei
tu. Piuttosto, per quale motivo hai deciso di svegliarmi a
ques…»
Tutto
divenne chiaro resosi conto dell’ora grazie al suo
orologio interno. Il suo corpo doveva essere stato talmente bisognoso
di una
profonda ricarica da non avergli concesso di svegliarsi da solo
all’ora giusta
come invece accadeva di solito.
«Perché
da programma tu e gli altri sareste dovuti partire
dieci minuti fa. Solo che il programma non aveva tenuto conto di
attività extra
che generano stanchezza».
Lì
per lì Tarn non seppe spiegarsi l’espressione
mista tra
perplessità e disapprovazione di Nickel, poi
ricordò il dettaglio fondamentale
riguardo la presenza di Spectra sulla sua stessa cuccetta.
«Nickel,
lei non è neanche adulta e io non sono il tipo che
ha pensieri simili sulle bambine. Né su
chicchessia» aggiunse «Abbiamo parlato
a un’ora improbabile e lei si è addormentata,
niente di più. Posso giurartelo
sulla copia non bruciata di “Towards
Peace”».
Sentendo
questo Nickel non poté far altro che credergli.
«Allora immagino che abbiate risolto. Può tornare
a uscire dai tuoi
appartamenti anche senza di te?... certo che ha proprio il sonno
pesante, un
po’la invidio» commentò.
«Direi
di sì. Percepisco una certa nota di biasimo riguardo
le restrizioni cui l’ho sottoposta in questi giorni, eppure
tu per prima avevi
qualche dubbio».
«Vero.
Dopo cinque giorni però ho concluso che, se tali dubbi
avessero avuto dei fondamenti, questi ultimi sarebbero saltati
fuori» replicò
Nickel «Non è stato così, quindi non
c’è da fare altro che dirsi “tanto
meglio”».
«Già.
Finalmente, Spectra, cominciavo a credere che avessi
staccato i tuoi recettori audio» disse Tarn, vedendo la
giovane svegliarsi.
«È
che quando io dormo lo faccio per bene…»
mormorò lei,
ancora assonnata «Buongiorno. Buongiorno,
Nickel».
«Se
non altro possiamo salutarci prima che io parta.
Non intendo nasconderti che io e gli altri andremo a depennare non uno,
non
due, ma ben tre nomi
dalla Lista dei cattivi. In ogni caso dovremmo essere
di ritorno questa sera».
«Ma
quanto è lunga questa Lista?»
I
nomi sulla Lista non erano un segreto e ormai Spectra
sapeva bene cosa significasse il tutto, quindi le mostrò il
datapad, lasciando
che lei scorresse velocemente in basso i vari nomi per farsi
un’idea. «Sempre
troppo, come vedi».
«Credo
che tu abbia ragione».
«Sì,
è indubbio che io ce l’abbia. Bene, è
tempo di andare»
disse il Decepticon, riprendendosi il datapad
«Un’ultima cosa: Spectra, non
uscire dalla nave per andare in giro. Se proprio dovessi sentire il
bisogno di
prendere una boccata d’aria, apri il portello e resta vicina
all’ingresso».
«Va
bene» sorrise lei «Ci vediamo dopo
allora!»