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Autore: _Cthylla_    10/11/2019    1 recensioni
|Transformers: Prime/IDW comics|Prequel a "The Specter Bros'" (non è necessario conoscerla)|
"Non è una buona idea inseguire una farfalla in luoghi che non si conoscono": una lezione che la giovanissima Spectra imparerà -o forse no?- grazie ai "maestri" più improbabili che ci siano, nonché le ultime persone che qualsiasi Autobot o Decepticon vorrebbe incrociare sul proprio cammino.
Dal primo capitolo:
"«Cosa è “Towards Peace”?»
La domanda di Spectra ebbe un impatto tale da far sì che Tarn non si curasse minimamente di essere stato interrotto.
Il silenzio che calò per qualche secondo fu abissale.
«Tu non conosci il libro scritto da Megatron in persona?!» domandò il Decepticon, più sconvolto di quanto avrebbe mai ammesso, stringendola ancora nella sua mano.
Spectra fece spallucce. «Io non so nemmeno come sia fatto Megatron. So solo che è il capo dei Decepticon e che i Decepticon portano il simbolo che avete voi sui vostri corpi e tu sul tuo viso… aspetta: per caso sei tu Megatron e hai scelto il tuo viso come simbolo?»
"
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: DJD/Decepticon Justice Division, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Transformers: Prime
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ  In The Dark Of The Night  Ƹ̵̡Ӝ̵̨̄Ʒ












 

C’erano delle notti in cui Tarn suo malgrado faticava a prendere sonno. Colpa di una sensazione di inquietudine generale che poco c’entrava con qualsiasi fattore esterno, essendo rivolta più che altro a se stesso. Erano quei momenti in cui si rendeva conto di avere una personalità a dir poco contraddittoria, nel cui processore ronzavano pensieri quali “Cosa sono? Cosa sto facendo? Perché?”.    
  
La prima in particolare era una domanda da un milione di shanix. A volte gli capitava di domandarsi quale fosse la sua vera natura e quale fosse la maschera -e no, non si riferiva a quella che momentaneamente era poggiata accanto alla cuccetta. 
Era un devoto Decepticon che tra libri, musica e pratiche amministrative svolgeva quel suo “compito particolare”, comunque parte integrante della sua esistenza, o piuttosto era quel “compito particolare” a esserne il fulcro, e il resto erano solo interludi atti a fingere con se stesso di non essere una bestia sociopatica assassina assetata di energon altrui? 
Non aveva una risposta da darsi, dunque tendeva ad accantonare certi pensieri ripetendosi che tanto rispetto alla causa non contavano nulla, ma “accantonare” ed “eliminare” erano due cose diverse. Ciò che era accantonato poteva sempre tornare a fare capolino prima o poi, ed era quel che stava succedendo. 
  
Odiava certi processi del suo cervello artificiale, quei processi che lo portavano a farsi domande, a dare ordine di torturare e uccidere crudelmente qualcuno e poi a volte chiudere gli occhi, quei processi che lo portavano a cercare di essere un leader giusto e trovarsi poi a volte a “scattare” per mancanze minime -ma quello era il meno, provare un po’di sano terrore non faceva male ai suoi uomini, visto che tipi erano. 
Quei processi che nei giorni passati gli avevano impedito di convincersi al cento per cento del fatto che riguardo Spectra non ci fosse nulla di che preoccuparsi. 
  
Aveva tenuto fede ai propri propositi: se prima non l’aveva fatta stare nei propri appartamenti per evitare possibili chiacchiere, ormai quella prospettiva era passata completamente in secondo piano rispetto al resto a causa dell’imprevisto risalente ormai a undici giorni prima. 
  
C’erano cose su cui voleva -e credeva di- avere totale controllo, mentre il percorso che avevano preso gli eventi aveva mandato fuori strada i suoi progetti e le sue previsioni. 
  
Spectra in quei giorni non si era opposta al trasferimento, non si era opposta all’idea di dover passare più tempo sola con lui, non si era opposta all’idea di dormire nella stessa stanza e di avere il permesso di uscire dai suoi appartamenti solo quando ne usciva lui stesso, non aveva mostrato particolare disagio in sua compagnia o in compagnia degli altri, nulla di tutto ciò. Le era stato tutto bene e si era comportata come aveva sempre fatto. 
Gli era passato più volte per la mente il pensiero “Magari finge e prima o poi si tradirà”, solo che non era stato così e, se stava fingendo davvero, doveva avere doti da attrice consumata incredibili per riuscire a ingannarlo; simili doti però sarebbero state troppo in contrasto col suo carattere quindi, seppur non fosse illogico, tutto quel rimuginare risultava comunque assurdo a Tarn. 
Forse Nickel aveva ragione, forse non bisognava farsi troppe domande dal momento che anche in Spectra, come in tutti loro, non c’era granché di normale. Eppure… 
  
Finse di dormire quando sentì il rumore della porta del bagno che si apriva. Lo aveva fatto anche quando aveva sentito Spectra alzarsi dalla cuccetta. 
  
“Almeno lei tornerà in ricarica” pensò. 
  
I passi della giovane però presero una direzione imprevista. 
  
«Mi spiace di averti disturbato». 
  
Capendo che ormai fingere di essere in ricarica era diventato inutile, perché evidentemente non era stato abbastanza svelto, Tarn aprì gli occhi. «Tranquilla. Non dormivo». 
  
A dir la verità era quasi contento che lei fosse sveglia a sua volta. Parlare con qualcuno, anche con una fonte di “lavoro mentale” che comunque era sempre più innocua rispetto ai pensieri su se stesso, era meglio di stare lì a macerare nel silenzio. 
  
«No? Perché?» 
  
«Capita che il leader di una squadra abbia varie cose e pensieri per la testa». 
  
Spectra annuì. Per un attimo parve ponderare l’idea di tornare alla propria cuccetta, poi però cambiò idea. 
  
«Io sono uno di questi?» 
  
Sentendo ciò, Tarn si rese conto di essere appena stato sorpreso per l’ennesima volta in quei trentuno giorni. Lei sembrava avere un talento particolare per coglierlo negli attimi in cui abbassava un po’la guardia. 
  
«Perché lo pensi?» 
  
«Undici giorni fa mi hai chiesto se sono in grado di capire e accettare quello che fate. Io ti ho detto di sì» disse Spectra «Ho concluso che siete le stesse persone che ho conosciuto e che se mi trovavo bene prima di sapere certe cose potevo continuare a trovarmi bene anche dopo. Magari quel che fate voi non è qualcosa che mi sentirei di fare io, non credo che ci riuscirei mai» ammise «Ma i compiti che mi hai dato non prevedono che lo faccia. Ho cercato di far capire a tutti che quando ti ho risposto di sì ero seria, solo che tu non sembri contento lo stesso e… io apprezzo la tua compagnia, però mi spiace che se adesso stiamo tanto insieme da soli è perché non ti fidi più». 
  
Se il fatto che avesse dato inizio a quel discorso era sorprendente, il modo in cui lo aveva articolato lo era anche di più. Il Decepticon iniziò a chiedersi se si fosse addormentato e stesse sognando, salvo rendersi subito conto che un discorso tanto “candido” da parte di Spectra forse era perfettamente plausibile, purtroppo. 
“Purtroppo”, perché nonostante fosse sveglio e lucido non sapeva bene cosa risponderle, il che era tutto dire dal momento che di solito le parole non gli mancavano mai. 
  
«Forse avrei dovuto parlarne prima o in un altro momento ma speravo che sarebbe passato tutto da solo» continuò lei, guardandolo dritto negli occhi «E visto che adesso siamo entrambi svegli ho pensato di chiederti… perché? Io n-non so se sto sbagliando qualcosa o…» si strinse nelle spalle «Non so, ho fatto qualcosa che non dovevo? Ti ho fatto pensare che potrei farlo? Cioè… come? Al di là del fatto che secondo gli altri sembro un lilleth sono ignorante su tante cose e so di essere anche un po’stupida e-» 
  
«Basta» la interruppe, sollevandola da terra per metterla a sedere sul proprio petto «Prima volta che te lo dico e voglio che sia anche l’ultima: non azzardarti più a definirti stupida. Sembri uno di quegli uccellini? Sì. Sei ignorante su tante cose? Meno di quanto lo fossi un mese fa. Sei stupida? Non credo proprio». 
  
“Anche perché se tu invece lo fossi stata e io avessi capito di avere per le mani una causa persa, allora avrei-” 
  
Rigettò l’idea di completare quel pensiero, quello stesso pensiero che gli aveva attraversato la mente undici giorni prima, che avrebbe anche messo in pratica se l’avesse ritenuto necessario e che, ricordandolo in quel momento, faceva sì che non si sentisse molto a proprio agio. 
Non era a proprio agio con l’idea di ucciderla. D’altra parte, se a volte si sentiva così anche con trasgressori che avevano cercato la punizione finale, era davvero strano provare quella sensazione verso qualcuno che non aveva fatto assolutamente nulla?   
  
«Ma sei sicuro?» 
  
«Lo sono». 
  
Non avrebbe meritato una cosa del genere. 
Non avrebbe meritato di morire per mano sua, non avrebbe meritato nemmeno certi pensieri da parte sua anche se, nel caso in cui fosse rimasta troppo traumatizzata da quanto visto, ucciderla sarebbe stato un atto di pietà. 
Forse non avrebbe meritato nemmeno il trattamento che le aveva riservato in quei giorni, per quanto buone potessero sembrare le sue ragioni. Era stato lui a reagire con diffidenza a un qualcosa che non era stato negativo, solo inaspettato. Era stato lui a diffidare di una femme giovane, piccolina, che sarebbe stata totalmente indifesa anche nei confronti di Nickel e che era perfino dispiaciuta all’idea di avergli dato di che pensare, dispiaciuta, mentre lui il giorno dell’  “imprevisto” aveva cercato un eventuale modo rapido e indolore per… 
  
«Spectra, in realtà io sono piuttosto soddisfatto di come hai reagito a quel che hai visto qualche giorno fa, soprattutto in considerazione del fatto che non eri pronta» disse Tarn, interrompendo bruscamente quel flusso di pensiero «Ero sincero quando ti ho detto che speravo di vederti accettare la cosa. Il mio problema in questi giorni è stato un altro: non mi aspettavo di vedere una simile resilienza da qualcuno come te, con tutte le conseguenze del caso. Però a questo punto credo che tu possa tornare girare per la nave quando e come vuoi, dato che non hai colpa del fatto che io ti abbia sottovalutata. Non hai colpa di niente». 
  
Spectra sorrise. «Sono contenta di saperlo». 
  
Fu a quel punto che il Decepticon notò una brevissima occhiata di Spectra, dal significato che lui non seppe decifrare, che sembrava rivolta alla parte danneggiata del suo volto. Se avesse potuto vederla probabilmente l’avrebbe trovata poco gradevole esteticamente -non che a lui dell’estetica potesse importare qualcosa- ma era improbabile che si fosse accorta dato lui indossava una mas…ah. No. Niente maschera, non in quel momento. 
Si consolò col fatto di non aver lasciato trapelare le elucubrazioni fatte fin lì. Doveva essere così perché, in caso contrario, non sarebbe rimasta tranquillamente seduta sul suo petto. 
  
«La ferita ti impressiona?» 
  
Stavolta il sorriso di Spectra fu leggermente triste. «Se una storpia avesse problemi con una cosa così sarebbe un pochino assurdo mi sa». 
  
Silenzio.

“Avrei dovuto dirle di andare a dormire dopo aver chiarito” pensò lui. 
  
«In verità mi era venuta in mente una cosa un po’scema…» 
  
«Spectra, se usi “scema” al posto di “stupida” il concetto non cambia e resta valido quel che ti ho detto prima» sospirò Tarn «Cosa ti era venuto in mente?» 
  
Lei, dal petto, scivolò sulla cuccetta. «Non ti avevo mai visto senza la maschera, quindi ho pensato che l’avessi tolta perché magari la ferita si sta facendo sentire un pochino. La mia gamba a volte lo fa. Mi hanno detto che però smetterà di dare noia del tutto quando sarò adulta, zoppicherò sempre ma per il resto non mi darà fastidio. So che tu sei già adulto ma sono due danni di tipo diverso, quindi magari…» fece spallucce «Te l’avevo detto che era una cosa un po’scema». 
  
Il Decepticon decise di rimettere la maschera al proprio posto. Magari con quella si sarebbe sentito un po’meno combattuto tra l’apprezzare il fatto che lei si preoccupasse della sua salute e il sentirsi sempre più a disagio per come si era comportato in quegli ultimi giorni. 
  
«Non è una cosa scema. Se ti preoccupi è perché per qualche strano motivo, nonostante tutto, ti importa» disse «A volte mi chiedo se tu sia vera, frutto di un’allucinazione collettiva o di un delirio di cui sono preda senza rendermene conto. Ora mi sta venendo in mente la possibilità che io sia morto. Se così fosse non sarebbe una brutta esperienza ma non saprei spiegarmi il motivo per cui sia tu a essere qui e non un mostro sordo e invulnerabile intento a dilaniarmi, sarebbe molto più adatto e…» 
  
“E” Spectra forse non aveva sentito una parola di quel suo discorso, perché stava dormendo accanto a lui. 

Di certo doveva essere finita in ricarica appena poggiata la testa sulla cuccetta. Era tardi, era sicuramente stanca, tutto normale. 
  
«Forse è meglio così» concluse Tarn. 
  
Avrebbe voluto sollevarla e posarla sulla sua cuccetta, essendosi addormentata così di botto ci sarebbe riuscito senza disturbarla, ma dopo tutta quell’attesa iniziò ad avvertire la sensazione familiare che precedeva la ricarica. 
  
“In fin dei conti sono solo poche ore e non è diverso rispetto ai momenti in cui io e la squadra ci siamo trovati costretti a ricaricarci fuori dalla nave” concluse, cedendo finalmente al sonno. 
  
  
  
  
  
[…] 
  
  
  
  
  
«Tarn». 
  
L’eco di una voce femminile si fece strada nel suo processore. 
  
«Tarn!» 
  
La voce in questione divenne piuttosto decisa ma lui scelse di ignorarla. Stava così bene in quella dimensione ovattata che non era né sonno né veglia… 
  
«Tarn! Qualcuno ha dato fuoco alla prima edizione di “Towards Peace”!» 
  
Improvvisamente sveglissimo, nonché pronto a spegnere il fuoco per salvare il salvabile mentre sparava al responsabile col doppio cannone a fusione, il Decepticon saltò giù dalla cuccetta con tale impeto che avrebbe ridotto Nickel a una frittata, se lei non fosse stata a distanza di sicurezza. 
  
«Alla buon ora» sbuffò il minicon «Ormai è da un minuto che cerco di svegliarti. Il libro sta benissimo!» 
  
Tarn si rilassò dopo qualche secondo. «Certe cose non si dicono neanche per scherzo. Se per stavolta lascio correre è solo perché sei tu. Piuttosto, per quale motivo hai deciso di svegliarmi a ques…» 
  
Tutto divenne chiaro resosi conto dell’ora grazie al suo orologio interno. Il suo corpo doveva essere stato talmente bisognoso di una profonda ricarica da non avergli concesso di svegliarsi da solo all’ora giusta come invece accadeva di solito. 
  
«Perché da programma tu e gli altri sareste dovuti partire dieci minuti fa. Solo che il programma non aveva tenuto conto di attività extra che generano stanchezza». 
  
Lì per lì Tarn non seppe spiegarsi l’espressione mista tra perplessità e disapprovazione di Nickel, poi ricordò il dettaglio fondamentale riguardo la presenza di Spectra sulla sua stessa cuccetta. 
  
«Nickel, lei non è neanche adulta e io non sono il tipo che ha pensieri simili sulle bambine. Né su chicchessia» aggiunse «Abbiamo parlato a un’ora improbabile e lei si è addormentata, niente di più. Posso giurartelo sulla copia non bruciata di “Towards Peace”». 
  
Sentendo questo Nickel non poté far altro che credergli. «Allora immagino che abbiate risolto. Può tornare a uscire dai tuoi appartamenti anche senza di te?... certo che ha proprio il sonno pesante, un po’la invidio» commentò. 
  
«Direi di sì. Percepisco una certa nota di biasimo riguardo le restrizioni cui l’ho sottoposta in questi giorni, eppure tu per prima avevi qualche dubbio». 
  
«Vero. Dopo cinque giorni però ho concluso che, se tali dubbi avessero avuto dei fondamenti, questi ultimi sarebbero saltati fuori» replicò Nickel «Non è stato così, quindi non c’è da fare altro che dirsi “tanto meglio”». 
  
«Già. Finalmente, Spectra, cominciavo a credere che avessi staccato i tuoi recettori audio» disse Tarn, vedendo la giovane svegliarsi. 
  
«È che quando io dormo lo faccio per bene…» mormorò lei, ancora assonnata «Buongiorno. Buongiorno, Nickel». 
  
 «Se non altro possiamo salutarci prima che io parta. Non intendo nasconderti che io e gli altri andremo a depennare non uno, non due, ma ben tre nomi dalla Lista dei cattivi. In ogni caso dovremmo essere di ritorno questa sera». 
  
«Ma quanto è lunga questa Lista?» 
  
I nomi sulla Lista non erano un segreto e ormai Spectra sapeva bene cosa significasse il tutto, quindi le mostrò il datapad, lasciando che lei scorresse velocemente in basso i vari nomi per farsi un’idea. «Sempre troppo, come vedi». 
  
«Credo che tu abbia ragione». 
  
«Sì, è indubbio che io ce l’abbia. Bene, è tempo di andare» disse il Decepticon, riprendendosi il datapad «Un’ultima cosa: Spectra, non uscire dalla nave per andare in giro. Se proprio dovessi sentire il bisogno di prendere una boccata d’aria, apri il portello e resta vicina all’ingresso». 
  
«Va bene» sorrise lei «Ci vediamo dopo allora!»  

   
 
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