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Autore: heliodor    11/11/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Carne fresca
 
“Calmatevi” disse Halux muovendosi con prudenza verso il pozzo. “Joane, annulla l’incantesimo. Per quanto assurdo, Lindisa forse ha ragione. Un’esplosione nel pozzo potrebbe avere conseguenze che non possiamo immaginare. Forse anche peggiori di ciò che temi.”
Joane fece una smorfia con le labbra e scosse la testa. “Sarà solo colpa vostra” disse. La sfera infuocata scomparve.
“Ora via anche i dardi magici” disse l’erudito.
Joyce annullò i dardi, seguita da Galef. Poi fu il turno di Bardhian e Lindisa.
Belben, che era rimasto in disparte, sembrava più interessato a ciò che stava accadendo altrove. Guardava verso l’ingresso della sala.
“Tranquillo” disse Joyce cercando di rassicurarlo. “Non ci tireremo addosso i dardi magici. Per il momento.”
“Gromm.”
Caldar si fece avanti. “C’è qualcosa che dovete vedere. Subito.”
Seguirono la guida fuori dal tempio. Dall’alto della terrazza più alta era possibile dominare l’intera valle. Appena fuori, Joyce capì perché Caldar era così preoccupato.
Alla base della piramide a gradoni brulicavano decine di ragni. Alcuni erano piccoli come cani, altri grandi come cavali. Altri ancora enormi, anche se si tenevano a una certa distanza.
Dalla base della piramide una distesa brulicante di ragni si estendeva per quasi un miglio, sparendo tra i tronchi contorti della foresta spettrale che sorgeva lì attorno.
Guardando meglio, si intravedeva lo stesso brulicare tra gli alberi.
“Da quanto si stanno radunando?” chiese Halux preoccupato.
“Chi lo sa?” rispose Caldar. “Forse da quando siamo arrivati. Devono averci sentiti e sono corsi qui per vedere.”
“Non penso siano qui perché spinti dalla curiosità” disse Halux.
“Vogliono mangiarci” disse Joane cupa. “Siamo carne fresca per loro.”
“Gromm” disse Belben.
Bardhian si sporse per guardare meglio. “Quanti saranno?”
“Migliaia” disse Biqin. “Centinaia di migliaia. Forse un milione.”
“Un milione” le fece eco Galef.
“Che facciamo?” si chiese Joyce ad alta voce.
“Direi di andare via” suggerì Halux.
Caldar scosse la testa. “L’unica via è quella dalla quale siamo passati la prima volta. Il che vuol dire raggiungere la base della piramide e farsi strada tra i ragni.”
“Un milione di ragni” disse Joane. “Io potrei anche farcela.”
“La strega rossa sa volare” suggerì Galef. “Potrebbe portarci dall’altra parte.”
“Dubito sia una buona idea.” Joane indicò la volta della caverna.
Lì in alto, ragni piccoli e grandi si muovevano a testa in giù aggrappati alle rocce sporgenti. Ogni tanto qualcuno mancava la presa e precipitava di sotto, venendo ingoiato dai loro simili.
“Scommetto che appena in volo se li vedrebbe piombare addosso a centinaia” disse Joane. “Te la senti, strega rossa?”
Joyce ne aveva abbastanza di quei piccoli mostri, sia di quelli che camminavano a terra sia quelli che nuotavano nel lago. E ora quelli che potevano precipitarle addosso. “Cerchiamo un’altra strada.”
“Io avrei un’idea” disse Lindisa.
Tutti si voltarono verso di lei. “Passiamo per il pozzo.”
 
Caldar guardò oltre il bordo del pozzo e si ritrasse un attimo dopo. “Scendo io per primo” disse mettendo a terra la sacca che portava a tracolla.
“Come speri di riuscirci?” chiese Bardhian.
La guida frugò nella sacca e ne trasse una corda. “Con questa.”
“È abbastanza lunga?” chiese Joane.
Caldar prese una pietra e la gettò oltre il bordo. “Uno, due, tre, quattro…”
Dal pozzo giunse l’eco attutito della pietra che impattava col fondo.
“Basterà appena” disse la guida sciogliendo la corda. “Mi serve solo qualcosa a cui assicurarla.”
“Gromm.”
“Abbiamo un volontario” disse Joane.
“No” fece Joyce. “Se lui tiene la corda, come farà a scendere nel pozzo?”
“Non ci entrerebbe in ogni caso” disse Joane. “È troppo stretto per lui.”
Joyce gettò una rapida occhiata al pozzo. Era largo a sufficienza da lasciar passare due persone, forse tre. Belben era largo almeno il doppio.
“Non possiamo lasciarlo qui.”
Joane sospirò. “È lui che lo vuole. O lei? Gli hai chiesto se è maschio o femmina? Non importa.”
“Non ti lascio qui” disse Joyce a Belben. Lui l’aveva salvata due volte dai ragni. Non se la sentiva di abbandonarlo.
“Gromm” fece lui accarezzandole la testa.
“I ragni stanno arrivando.”
“Gromm.”
“Giurami che ti metterai in salvo quando saremo scesi nel pozzo.”
“Gromm.”
Joyce trattenne una lacrima.
“Saluta il tuo fidanzato e andiamo via” disse Joane.
“Lui non è…” protestò Joyce. “Possibile che tu non riesca a capire che si sta sacrificando per noi?”
“Si sta sacrificando anche per te” rispose la strega. “Forse si aspetta un po’ di gratitudine e invece gli stai piangendo addosso.” Scosse la testa.
Caldar porse uno dei capi della corda a Belben. “Puoi dirgli come usarla?” chiese a Joyce.
Il gromm passò la corda attorno alla vita e la strinse con un nodo semplice.
Caldar ne saggiò la tenuta. “Non si scioglierà. Io vado.” Si avvicinò al pozzo.
Halux esaminò il gromm con aria affascinata. “Ce ne sono altri come lui, vero?” chiese a Joyce.
“Come fai a saperlo?”
“Non penso si sia generato da solo. Immagino che esistano una mamma e un papà gromm, da qualche parte.”
“Gromm” disse Belben.
“Credo vivesse da solo” disse Joyce. “Ma hai ragione. Ce n’erano altri come lui. Centinaia, forse un migliaio o due.”
“C’erano?”
Joyce fece spallucce. “I ragni li hanno attaccati.”
“Quelle bestiacce sembrano attaccare tutto e tutti” disse l’erudito. “La loro fame è insaziabile.”
“Con i gromm è diverso” disse Joyce.
Halux le rivolse un’occhiata interrogativa.
“Urazma” disse lei ricordando i disegni visti nella grotta. “Usava i gromm come cibo per i ragni.”
“Come fai a dirlo?”
“Ho visto dei bassorilievi.”
“Li hanno fatti loro?”
Joyce annuì.
“Affascinante. Se Urazma nutriva i ragni con i gromm, penso li usasse come noi usiamo il bestiame per nutrire i soldati. I ragni erano l’esercito della maga e avevano bisogno di cibo.”
“È terribile” gemette Joyce.
“Anche io trovo orribile cibarsi di una mucca” fece Halux. “Ma non puoi negare che una bella bistecca sia deliziosa, di tento in tanto.”
Joyce ne aveva mangiata più di una. E aveva mangiato galline, polli e carne di maiale lavorata. Trovava deliziosi alcuni piatti e ne evitava altri.
“I gromm non sono cibo” disse scacciando quel pensiero. “Sono creature intelligenti.”
“Non abbastanza da ribellarsi ai ragni e migliorare la loro condizione.”
“I ragni sono milioni.”
“In fondo non avrebbero niente da perdere. In ogni caso finiranno per essere mangiati, prima o poi.”
Il pensiero che Belben sarebbe rimasto lì da solo con i ragni la fece rabbrividire. “Per te è facile dirlo. Non sei tu che verrai mangiato.”
“Se la guida non trova una via d’uscita, finiremo come i tuoi amici gromm” disse l’erudito.
Come fa a restare così calmo? Si chiese. “Io non mi farò mangiare.”
“Te lo auguro, strega rossa.”
“Non puoi usare un portale per farci uscire?”
Halux si rabbuiò. “Se avessi potuto evocarne uno, l’avrei già fatto.”
Scommetto per scappare, pensò Joyce. “Non riesci a trovarne uno?”
“I santuari dei maghi sono luoghi strani” disse l’erudito. “E io non sono abbastanza bravo con i portali.”
“Nel santuario di Lotayne ho usato un portale” ricordò Joyce.
“Lotayne non era una vera maga” disse Halux. “Ma una strega che viveva mescolata tra loro.”
“È solo una leggenda” intervenne Biqin.
“No, è vero” dovette ammettere Joyce. “Io sono entrata nel suo santuario.”
“È cosa hai scoperto?” chiese l’erudita incuriosita.
Joyce fece spallucce. “Niente. Era vuoto. A parte che per la mappa dei flussi magici che ho ricopiato.”
“Spero di non interrompervi” disse Joane con tono ironico. “Ma Caldar dice che possiamo scendere.”
“Chi va per primo?” chiese Joyce.
“Bardhian” disse Joane. “Poi gli eruditi. La strega rossa, Lindisa e Galef. Io sarò l’ultima.”
Joyce ne approfittò per salutare Belben. “Stai attento.”
“Gromm.”
“Appena Joane arriva in fondo al pozzo, scappa a nasconderti. I ragni inseguiranno noi.”
“Gromm” fece Belben annuendo.
Joyce fu tentata di abbracciarlo, ma avrebbe finito per aggrapparsi a una sua gamba e sembrare ridicola. Il gromm le accarezzò la testa con un gesto delicato.
“Troll-da.”
“Gromm-da” rispose Joyce.
“Iniziamo” disse Joane.
Bardhian e gli eruditi si calarono nel pozzo. Quindi toccò a Joyce. “Potrei usare la levitazione.”
“Sei ancora troppo vicina al tuo limite” disse Joane. “Pensa a riposarti.”
“Sto bene.”
“Non fare sempre affidamento sui tuoi incantesimi. La corda è sicura e veloce e ci permette di risparmiare le forze. Vai adesso. Ho come l’impressione che quelle dannate bestiacce si stiano arrampicando sulla piramide e non voglio che mi trovino qui quando entreranno.”
Il pensiero che avrebbero potuto fare del male a Belben a causa di una sua esitazione la convinse a seguire il piano. Afferrò la corda con entrambe le mani e si calò nel pozzo.
La discesa fu semplice, anche se al buio le sembrò interminabile. Senza vista speciale e senza lumosfera poteva contare solo sui suoi occhi.
Come la vecchia Joyce, si disse. Non come la nuova Sibyl.
Quando toccò il pavimento trovò Caldar a Bardhian ad aiutarla.
“Tutto bene?” le chiese il principe di Malinor.
Joyce annuì.
Lindisa e Galef scesero dopo di lei e quindi fu il turno di Joane. Quando fu al sicuro, dall’alto piovve l’altra cima della corda.
Joyce udì un “gromm” che sembrava provenire da lontano e poi il silenzio.
Scappa, si disse. Più veloce che puoi.
“Guida, da che parte andiamo?” chiese Joane.
Caldar indicò un condotto che affondava nel buio. “Da quella parte. Credo. Qui sotto sembra tutto uguale ed è buio. Dannatamente buio.”
“Usate le lumosfere e la vista speciale” disse Joane.
Chi poteva evocò una luce. Joane le trasferì la sua e ne evocò un’altra.
“Grazie” disse Joyce.
La donna abbozzò un tiepido sorriso. “Non stare in pensiero per il bestione. Quella creatura è nata e vissuta qui più a lungo di tutti noi. Conosce i ragni e sa come sfuggirgli.”
Non le disse di averlo incontrato per la prima volta dopo che Belben era stato catturato proprio dai ragni. Invece annuì.
Caldar avanzava in testa al gruppo con al fianco Lindisa. La strega, dopo lo scontro avvenuto di sopra, sembrava ora più interessata al santuario.
“Volevi davvero distruggere il pozzo?” domandò Joyce a Joane.
“Sì. E lo voglio ancora.”
“Potrebbe esserci utile contro Malag.”
“Qualunque cosa si nasconda in fondo a queste antiche mura, è bene che vi rimanga.”
“Tipico discorso di chi non sa apprezzare la conoscenza” disse l’erudito di nome Alik.
Joane lo squadrò dal capo ai piedi. “Io non so apprezzare la conoscenza, ma tu non sai apprezzare un buon consiglio.”
“Quando avrò bisogno di un consiglio, te lo chiederò” rispose l’erudito a denti stretti.
“E io sarò lieta di dartelo” disse Joane con un ghigno. “Idiota” sussurrò a Joyce.
“Potremmo vincere la guerra” disse Joyce. “Solo per questo.”
“Vale davvero la pena risvegliare questo antico potere pur di vincere una stupida guerra?”
“La guerra contro Malag non è stupida.”
“Io la penso come lei” disse Galef.
Joane gli scoccò un’occhiata incuriosita. “Tutti volete vincere la guerra, ma quanto di voi vogliono che finisca?”
“Vincere non equivale a mettere fine a una guerra?”
Joane sogghignò. “Vedremo, principe Galef. Vedremo.”
Caldar tornò da un giro di esplorazione. “C’è una sala alla fine del corridoio.”
Sembrava turbato da qualcosa che aveva visto.
Joane passò in testa al gruppo. “Andiamo a vedere.”
La guida e la strega scomparvero oltre l’angolo, seguiti da Lindisa. Galef rimase al suo posto. Joyce decise di approfittarne per scambiare due parole con lui.
“Bryce mi ha parlato di te. Era molto in pensiero.”
Galef fece un cenno affermativo con la testa. “Ho fatto preoccupare molti a causa della mia decisione.”
Joyce decise che quello era il momento giusto per sollevare la questione che gli stava a cuore. “Dovresti tornare indietro.”
“A Valonde?”
“O a nord, con noi. Da Bryce e tutti gli altri.”
“Da mio padre, dici?”
Joyce annuì.
Galef sorrise. “Sarebbe imbarazzante dovergli spiegare ciò che ho fatto e perché.”
“Sono sicura che lui capirebbe.”
“Lo penso anche io. E poi convocherebbe i giudici per farmi processare.”
“Non hai fatto niente di male” sbottò.
“Tradimento, diserzione, magia proibita. Ce n’è abbastanza per una condanna a morte. O un viaggio di sola andata per Krikor.”
“Potresti dire che è stata Lindisa a convincerti.”
“Mentirei se dicessi una cosa del genere” ammise Galef. “Ho scelto io di seguirla. Lei non mi ha costretto. Anzi ha cercato di dissuadermi più di una volta.”
“Se resterai con lei sarai un rinnegato. Per sempre.”
“Sono pronto a sopportarne le conseguenze come lo ero quando ho deciso di abbandonare il campo e seguire Lindisa in questa avventura.”
Joyce sospirò affranta. “Sono sicura che il re ti perdonerebbe se tu implorassi il suo perdono.” Ne era certa. Suo padre non avrebbe mai condannato a morte suo figlio. Il suo erede.
“Re Andew potrebbe anche perdonarmi, ma non Valonde. E lui si rimetterà alla legge e seguirà il volere dei giudici come ha sempre fatto.”
“Riflettici, hai ancora tempo.”
“Prima pensiamo a uscire di qui” disse Galef.
Joane tornò con Caldar e Lindisa. La sua espressione sembrava sollevata. “La via è sicura” disse con qualche esitazione. “Almeno credo.”
Bardhian le si avvicinò. “Tutto bene?”
“Sì, ma sbrighiamoci” disse Lindisa. “Questo posto potrebbe essere meno sicuro di quanto pensiamo.”

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