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Autore: Misatona    13/11/2019    10 recensioni
Tratto dal testo:
L’atmosfera che avvolgeva il pianeta sembrava magica, incantata, pura.
Su quella terra, che dallo spazio sembrava un puntino di sabbia, si stagliava una rigogliosa foresta di un verde, cosi intenso, che pareva sprigionare una quantità incredibile di ossigeno.
Gli esseri appena atterrati guardarono circospetti ciò che avvolgeva la loro vista, per poi scambiarsi degli sguardi di intesa al suono dei loro scouter in azione.
[...]
Si lasciò alle spalle il suono dei colpi sferrati dai saiyan, le urla delle vittime e il rumore della distruzione, per proseguire la sua opera da solo.
Genere: Avventura, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Natural
 
“And you're standing on the edge, face up 'cause you're a
Natural
A beating heart of stone
You gotta be so cold
To make it in this world


Yeah, you're a natural
Living your life cutthroat
You gotta be so cold
Yeah, you're a natural”

 
Imagine Dragons - Natural
 
 
L’atmosfera che avvolgeva il pianeta sembrava magica, incantata, pura. 
Su quella terra, che dallo spazio sembrava un puntino di sabbia, si stagliava una rigogliosa foresta di un verde, cosi intenso, che pareva sprigionare una quantità incredibile di ossigeno.
Gli esseri appena atterrati guardarono circospetti ciò che avvolgeva la loro vista, per poi scambiarsi degli sguardi di intesa al suono dei loro scouter in azione.
A passo deciso e con un ghigno dipinto sul volto, i saiyan, guidati dal principe Vegeta, iniziarono la loro marcia verso le forme di vita appena scovate. 
Erano in missione da giorni e quella selva protetta era l’ultimo dei loro obiettivi: l’imperatore del male aveva ordinato lo sterminio di ogni forma di vita di quella galassia, per formare delle basi per la sua imponente flotta.
Quella folta radura, non ancora contaminata dai prodotti del crudele mondo esterno, sarebbe diventata presto un cumulo di cenere insieme ai suoi abitanti.
Ad ogni falcata il principe poteva immaginare ogni singola foglia prendere fuoco, ogni singolo ramo ardere sotto i suoi final flash e sentire l’inconfondibile odore di legno bruciato nelle narici, mischiarsi con l’ossigeno e l’anidride carbonica. Il suo ghigno si distorceva sempre di più al pensiero di quella piacevole visione: la guerra e la distruzione erano un’arte e, come tali, la sua più grande passione.
Fermò improvvisamente la sua marcia e alzò il braccio destro verso ovest, dove, apparentemente, sembrava non esserci nulla. Il suo sguardo si fece improvvisamente serio mentre il suo scouter indicava la presenza di un ki molto basso che presto avrebbe raggiunto il valore zero. 
Un lampo di luce partì dal palmo della sua mano per raggiungere la sua prima vittima, muovendo una leggera brezza che fece ondeggiare l’erba circostante e fluttuare i suoi capelli pettinati a punta.
Quel magico silenzio fu interrotto solamente dalle brevi urla dell’alieno appena colpito, che squarciarono l’atmosfera di pace dominante fino a quell’istante. 
La caccia era finalmente aperta.
Sorrise nel sentire quei lamenti e proseguì la sua marcia, dando ordine ai suoi sottoposti di finire l’essere appena colpito.
Vegeta aveva sviluppato negli anni questo modus operandi, una sorta di malsano rituale dove si divertita a colpire la sua prima preda in un punto non vitale per darla in pasto ai suoi sottoposti.
Lo faceva con estrema serietà. Non un sorriso prima di aver colpito il suo bersaglio. 
Quella sua grande passione bellica lo rendeva anche schiavo di essa: non era solo un divertimento, ma un dovere e, per tanto, non poteva lasciarsi cogliere da quelle sensazioni piacevoli e distorte che si creavano in lui quando uccideva. Era il riferimento dei suoi compagni, per godere della sua arte ne avrebbe avuto il tempo di li a poco. Si sarebbe dileguato dal suo esercito e avrebbe operato da solo.
Si lasciò alle spalle il suono dei colpi sferrati dai saiyan, le urla delle vittime e il rumore della distruzione, per proseguire la sua opera da solo. 
Doveva aggiungere alla sua personale collezione del fresco sangue con il quale avrebbe dipinto la tela nella sua mente. Ah, quanta perfezione quell’arte.
Si muoveva lentamente, con una calma disarmante e in perfetto contrasto con il tumulto che gli faceva da sfondo. Percepiva ogni singolo filo d’erba che sfiorava il suo corpo, ogni particella di ossigeno intrisa di metallico odore di sangue e il disgustoso rumore delle carne strappate dai corpi. 
Tutto questo background non gli creava alcun fastidio, anzi. Era un delicato sottofondo rilassante per i suoi intenti, mentre i suoi occhi vagavano alla ricerca della sua prima e vera vittima.
Quella preda che avrebbe ucciso con le sue mani, sporcandosi del suo sangue e impossessandosi della sua anima.
E fu lì che la vide: nascosta sotto le fronde di un albero millenario, la sua vittima lo stava aspettando con il cuore sottovuoto. Era il ritratto di paura e terrore, di speranze dissolte e di un futuro buio. Ogni sua preda aveva lo stesso odore, quello della paura. Paura del proprio carnefice. Non era lui a scegliere chi uccidere, ma erano le sue vittime a palesarsi come tali. 
Sorrise. Sorrise distorcendo il suo volto in un cumulo di pensieri terribili. Arrivò di fronte alla figura impaurita, guardandola dall’alto e schiacciandola con la sua aura negativa.
Quegli occhi cristallini e colmi di lacrime non l’avrebbero fermato dalla sua missione.
Aveva imparato a lasciare il cuore da parte, ad essere predatore e non preda. 
Si macchiava le mani di rosso e ne assaporava lo stridente gusto metallico con la punta della lingua. Era un saiyan, fiero ed orgoglioso. Quella era la sua natura.
Dipintosi, passo dopo passo, la scena della tragica e cruenta morte dell’essere che aveva di fronte, mosse la mano verso la sua testa concentrato solo sul suo obiettivo.
In una frazione di secondo, prima che la sua arma naturale raggiungesse le nivee guance rigate di lacrime di quel giovane essere, si ritrovò a spostare il suo sguardo sul piccolo rivolo di sangue che macchiava ora la sua guancia.
Sempre con la solita calma terrificante per quel contesto, si voltò verso colui che aveva appena segnato il suo destino.
Armato di arco e frecce, un giovane indigeno di quel villaggio aveva cercato coraggiosamente di bloccare la furia saiyan. Sapeva di non poter nulla con quell’arma cosi rudimentale, ma l’istinto aveva agito da solo e gli aveva permesso di salvare un’innocente da morte certa.
Vegeta sorrise al nuovo arrivato mentre una lieve brezza scompigliava la sua strana capigliatura a fiamma ed alimentava le fiamme che avevano ormai raggiunto gran parte di quel florido terreno. Pulì il rivolo di sangue con il pollice, macchiando il suo candido guanto per poi mettersi in posizione di difesa. 
Quel guerriero fortuito aveva smosso in lui qualcosa, aveva generato in lui odio e rispetto. Odio per averlo colpito alle spalle, rispetto per aver osato così tanto pur essendo consapevole di non aver possibilità alcuna. Meritava di morire in battaglia come i più valorosi combattenti saiyan.
L’alieno deglutì il nulla, con lo sguardo colmo di paura ma allo stesso tempo fermo sui suoi principi. Avrebbe combattuto, avrebbe affrontato la morte con fierezza se sarebbe servito a salvare i suoi compagni. 
Si preparò all’attacco, consapevole che la sua fine sarebbe stata imminente e invece, contro ogni prognostico, dopo esser stato atterrato e schiacciato al terreno con una forza brutale da togliere il respiro, il principe Vegeta aveva mollato la sua morsa fatale.
Il guerriero sgranò gli occhi, con il cuore pietrificato e sgretolato in mille pezzi. Si portò le mani istintivamente alla gola e poi, in un soffio, sentì la vita fuoriuscire dalle sue membra. 
Il saiyan non era solo una macchina da guerra, ma la sua sola presenza era talmente disarmante da uccidere per il terrore trasmesso.
Vegeta scrollò le spalle per togliere la polvere e i detriti che ormai aleggiavano nell’aria. Guardò l’alieno con la coda dell’occhio e, prima di richiamare all’ordine la sua armata, intenta in sevizie ed incurie, si abbassò sulla figura esanime chiudendogli gli occhi per il sonno eterno.
“Sonkei, senshi” 
Rispetto, guerriero.
Era la prima volta che un infimo essere animava nel principe quel tipo di sentimenti, ma la fierezza e l’orgoglio che aveva letto nei suoi occhi, misto al profumo di lotta che emanava, gli avevano permesso di guadagnarsi il rispetto e la vita. Non per lui, ma per tutti quelli che erano rimasti.
“Radish! Nappa! Rientriamo”
“Cosa? Vegeta c’è ancora del lav..” provò ad obiettare uno dei due energumeni, mentre l’altro spostava il suo sguardo sul compagno intento a strappare un braccio alla sua vittima già esanime.
La brutalità saiyan non aveva limiti e, la loro forza, era cosi smisurata da rendere un gesto del genere di una semplicità estrema.
“Ho detto: rientriamo!”
Fermo sulla sua decisione, Vegeta salì sulla sua navicella seguito a ruota dai compari ancora contrariati dal suo ordine. 
Osservò con fierezza l’alone di distruzione che avevano lasciato in cosi poco tempo. Scorse delle figure, ferite e in condizioni gravi, guardarlo con disprezzo e con la stessa determinazione di quel guerriero che aveva perso la vita con dignità per proteggere il suo popolo. 
Quegli essere sarebbero diventati forti e avrebbero alimentato il loro odio, creato da quelle ingiustizie, per sopravvivere. Proprio come aveva fatto lui.
Fin da piccolo era stato abituato alla lotta, alla guerra per la sopravvivenza. 
Nell’esercito di Freezer aveva imparato a non piangere, a non lamentarsi, ad esser freddo e spietato. Un assassino, un portatore di morte e terrore. Aveva preso il suo cuore e l’aveva messo sotto vuoto, cercando di tenerlo lontano da qualsiasi sentimento positivo e puro. 
Vegeta era il prodotto di un mondo in cui era richiesto esser in quel modo per poter sopravvivere. 
Era il cacciatore e ora, quegli esseri, grazie al suo alone di ingiustizia, sarebbero diventati delle macchine da guerra come lui. Dei sopravvissuti che, come lui, avrebbero fatto di tutto per restare in vita e si sarebbero quindi trasformati da prede a cacciatori.
Sorrise e si leccò un labbro prima di sedersi a braccia conserte ed aspettare che la navicella partisse verso il punto più oscuro della galassia.
“Rispetto guerrieri. 
Diveniate forti.
Gettate il vostro cuore.
Siate freddi. 
Sopravvivete. 
Gettate il dolore. 
Siate predatori e non prede, è nella vostra natura cosi come lo è nella mia.
Un giorno ci rivedremo e voi non sarete più prede, ma fratelli da rispettare.
Sonkei.”
 
 
 
 
 
 
Fine.
 
 
 
Note: Questa One shot è stata scritta ascoltando la canzone “Natural” degli Imagine Dragons, di cui vi lascio il link.
 
https://www.youtube.com/watch?v=0I647GU3Jsc
 
Era da tempo che non scrivevo di Vegeta e devo dire che, un pochino, mi era mancato.
Oddio, in generale è un po' che non scrivo… mi manca una cosa fondamentale: il tempo! XD
 
Spero che questo suo aspetto un po' più sadico e bellicoso possa piacervi cosi come l'ho immaginato.
Non credo serva il rating rosso ma, se qualcuno di voi lo ritiene oppurtuno, mi faccia sapere! :)
“Sonkei, senshi” è stato bellamente preso da google translate settato sul giapponese per "rispetto guerriero" XD
 
Vi abbraccio,
Misatona.
  
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