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Autore: hikaru83    15/11/2019    6 recensioni
La storia di Sherlock e John, il modo in cui si sono incontrati, tutto ciò che hanno vissuto, la conosciamo bene. Molti di noi avranno rivisto la serie abbastanza volte da citare le frasi senza che le altre persone riescano a capire, ma neanche ci importa, noi sappiamo (e se il nostro interlocutore abbassa la media di intelligenza dell'intero quartiere non è nemmeno colpa sua). E molti di noi hanno avuto problemi con il modo con cui l'hanno conclusa (per ora). E allora che fare? Allora ho deciso che la storia provo a scriverla come vorrei fosse andata, magari grazie a qualcuno che ha sempre osservato ma non abbiamo mai visto. Qualcuno che come noi era sempre con loro, ma al contrario nostro ha potuto cambiare le carte in tavola.
Rivivremo la storia, e basterà cambiare una cosa, per cambiare un sacco di cose.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ogni settimana ci avviciniamo alla fine, fatico a crederlo. Mancano davvero pochi capitoli, Finalmente i giochi verranno svelati? Leggete e saprete.





Dalla tua parte




2 gennaio 2015
Pall Mall
Residenza di Mycroft

 
 
«Non capisco perché non posso tornare a Baker Street!» Hariett ha perso il conto, ma crede che sia perlomeno la ventesima volta che Sherlock afferma questa cosa.

«Sei più petulante di un bambino. Non puoi tornare a Baker Street perché non sappiamo cosa quella donna abbia in mente! Quindi ora fai il bravo e non discutere.» Mycroft finalmente si decide a rispondere e, conoscendolo e conoscendo i loro rapporti, è persino stato condiscendente.

«Non ho bisogno di una balia!» afferma Sherlock ancora. Lei sta iniziando a pensare che in fondo un tranquillante potrebbe essere una soluzione, se vuole fare in modo di non ucciderlo in serata. Se per lui o per lei stessa è ancora da stabilite.

«Tu no, Sherlock caro, ma io ho bisogno che tieni Rosie per un po’. Sta piangendo da ore e non so più cosa inventarmi. Amo questa bambina, ma ho bisogno di qualche ora di pace.» Dalla porta d’ingresso fa il suo ingresso una trafelata ed esausta Mrs. Hudson con in braccio una Rosie in lacrime.

La bambina, non appena sente la voce Sherlock, si allunga verso il detective, il quale non aspetta un secondo per prenderla tra le sue e cullarla. Si spostano tutti all’interno della villa al caldo, osservando la scena stupiti. È assurdo da guardare, e se non lo stesse vedendo con i suoi occhi non l’avrebbe mai creduto possibile, ma Sherlock con Rosie è perfetto: nessun dubbio su come tenerla in braccio, nessun tentennamento. Rosie si accoccola sul suo petto e lentamente smette di urlare e piangere.

«Lo so, piccola Watson, ti manca il tuo papà, lo so.» Il giovane Holmes si volta sorpreso verso Mycroft. «Fammi capire: il luogo sicuro dove le hai portate è casa tua?»

È Hariett a rispondere per il suo capo: «Conosci un altro posto in Inghilterra più sicuro di casa di tuo fratello?»

Nemmeno il grande Sherlock riesce a replicare.

«Oh, cielo! Grazie a Dio ha smesso!» Lei sorride all’affermazione che è sfugge a Oscar, che avanza lentamente alle sue spalle guardando in direzione di Rosie, terrorizzato di sentirla piangere di nuovo.

«Detto qualcosa, Oscar?» gli chiede scherzando. Probabilmente lui nemmeno si è reso conto di aver parlato a voce alta.

«Ehm, volevo avvisare che le stanze sono pronte. Mi sono permesso di prepararvi qualcosa di caldo per cena.»

«Grazie Oscar. Io ho sempre la solita?»

«Certo, signorina, come da ordini del principale.»

«Benissimo. Devo farmi assolutamente una doccia; sento ancora il sale sulla pelle. Ci vediamo fra poco a cena. E intendo che voglio vedere entrambi cenare... Conosco fin troppo bene la tua cattiva abitudine a non mangiare quando sei immerso in un caso,» dice Hariett, soffermando lo sguardo su Sherlock. Poi saluta i due fratelli e si avvia verso il piano superiore.

«Sbaglio o si sente a casa?» chiede uno stupito Sherlock.

«Ha un ottimo spirito d’adattamento. Questo non vuol dire che è di casa,» risponde con tono noncurante Mycroft.

«Conosce Oscar e ha una stanza!» ribatte il minore.

«Sherlock, è una Watson. Non so se noti come noi Holmes abbiamo problemi a dire di no a un Watson! E non osare negarlo, perché ne hai una che ti sta sbavando sulla camicia di sartoria proprio ora. Che vuoi che ti dica, sarà il DNA.»

Li sente ridere sottovoce e sorride salendo le scale.

Se i due fratelli Holmes sono in grado di scherzare tra loro nonostante la poca abitudine a comportarsi da fratelli, forse c’era davvero speranza tra lei e John.
 

La mattina dopo sono tutti e tre di nuovo da John. Anzi, questa volta sono in quattro, perché portare Rosie è stato un ordine neanche troppo velato da parte di Mrs. Hudson, e una speranza da parte di Oscar.

Ma nessuno pensa che la vista della bambina possa creare problemi a John.

Infatti, appena la porta della stanza si apre e John la vede, i suoi occhi si illuminano. Letteralmente. Sembra che i raggi del sole lo stiano colpendo in pieno.

Lei risponde allo sguardo adorante del padre nello stesso modo. È così piccola eppure sembra riconoscere a pelle i due uomini della sua vita. È decisamente più intelligente e intuitiva di quei due.

Con fatica, anche a causa della fasciatura, la prende tra le braccia e Rosie si accoccola felice.

«Grazie di averla portata.»

«Non avevamo molta scelta. Mrs. Hudson e Oscar stavano chiedendo pietà,» lo informa Sherlock.

«Oscar?» chiede curioso.

«Lo conoscerai.»

Per un po’, Hariett rimane in disparte a osservare. Per lei è molto più semplice fare così. Del resto, ha passato la maggior parte del tempo negli ultimi anno a osservare senza interferire, anche se sempre in prima linea.

Vedere suo fratello interagire con le persone di cui si fida, e vederlo con la figlia così da vicino, è un’esperienza tutta nuova, per lei.

John ogni tanto la osserva senza fare domande dirette, ma lei sa che vorrebbe tanto che continuasse il racconto del giorno prima.

Almeno, non l’ha cacciata dalla stanza... Deve essere un buon segno. Almeno così spera.
 

Il dottore passa poco prima di pranzo per controllare i parametri e parlare con il suo paziente. Poi, una volta uscito, viene servito il pranzo che non sembra per nulla il pranzo di un ospedale, in quanto l’aspetto è davvero appetitoso. Non solo la porzione non è scarsa, ma c’è anche una portata speciale per Rosie.

Hariett si volta verso Mycroft che, alzando le spalle, dice solo che non poteva certo far morire di fame quella bambina.

Solo dopo pranzo, con una Rosie soddisfatta placidamente addormentata in braccio al padre, John si rivolge direttamente alla sorella: «Come hai conosciuto Mary?»

Era consapevole che quel momento sarebbe arrivato. Lo sta aspettando da quando sono entrati nella sua stanza e gli occhi di John l’hanno bloccata sul posto. Ma sapere che quel momento sarebbe arrivato ed essere pronta, sono due cose ben distinte.

Fa un bel respiro, trovando lo sguardo del maggiore degli Holmes che la osserva, come a dirle di non preoccuparsi, che è con lei e non deve temere nulla. Lei sa che sarà pronto al suo fianco se le cose non andranno come, in cuor suo, spera vadano.

«Quando ho iniziato a lavorare con Myc, abbiamo scovato abbastanza in fretta Moriarty. Inutile raccontarvi come e perché, ma dopo il vostro incontro con il tassista, noi siamo arrivati a scoprirne l’organizzazione e abbiamo capito che per riuscire a smantellarla dovevamo trovare qualcuno da mandare all’interno. Quel qualcuno, abbiamo convenuto, dovevo essere io. Non era la prima volta. Sapevo quel che facevo, e inoltre sarebbe stato più semplice visto che la persona che avrebbe lavorato all’interno avrebbe dovuto prendere decisioni anche senza poter parlare con Mycroft direttamente.»

«Tu hai lavorato con Moriarty?» È chiaro che suo fratello non riesce a dividere lo stupore dalla paura e dalla rabbia. Ma il fatto che John stia provando quelle emozioni è evidente. Spera davvero che la rabbia svanisca presto.

«Ero arrivata a essere tra i suoi uomini di fiducia. L’unica persona ad avere un rapporto più stretto con lui era Moran, il suo braccio destro.» Fa un respiro prima di continuare: «Voi la conoscete con il nome di Mary Morstan.»

«Mi stai dicendo che Mary era il braccio destro di Moriarty?» domanda John, incredulo.

«Sì. Dopo la morte di Moriarty ha deciso di vendicarsi. Io, come ti ho detto ieri, ho dovuto seguire Sherlock e aiutarlo a far fuori l’organizzazione; lei invece ha continuato a rimanere a Londra e ha usato tutto quello che avevano scovato di te per avvicinarsi e diventare esattamente quello che tu potevi trovare affascinante.»

«Mi ha usato fin dall’inizio» domanda con fare retorico suo fratello, prima di aggiungere amareggiato: «Sono stato un coglione.»

«Non devi pensarlo,» lo rassicura lei. «Moran è dannatamente brava a essere quello che gli altri vogliono vedere. Jim me l’aveva detto di non fidarmi per nessuna ragione di lei.»

«Jim?» John inarca un sopracciglio.

«Ehm, sì, sai... Moriarty,» balbetta Hariett, diventando rossa d’imbarazzo.

«Lo chiami Jim?»

«Beh, chiamo lui Myc,» cerca di giustificarsi.

«In effetti non hai tutti i torti,» risponde John dopo un attimo di silenzio.

«Scusate, ma che vuol dire che non ha tutti i torti? Quello era un pazzo assassino esperto nel manipolare la gente!» si inalbera Mycroft.

«Appunto, Myc, appunto...» Lei guarda il maggiore degli Holmes facendogli l’occhiolino. Lui finge di essere offeso.

John cerca di sorridere, ma Hariett vede quanto quelle rivelazioni siano dure per lui. La cosa davvero difficile è che non può fare nulla per aiutarlo a superare il tutto. Deve farcela da solo.

«Quello che mi domando è: se Moriarty e la sua organizzazione sono realmente stati eliminati da questo mondo, chi ha mandato quel video che ha fermato il mio esilio?» chiede Sherlock.

Lei guarda distrattamente Mycroft, che sghignazza prima di parlare: «Fai mente locale, fratello: per quale motivo lei è stata assoldata, all’inizio?»

«Esperta inform... Tu? Sei stata tu?» John osserva la sorella stupito.

«Non potevo permettere che succedesse di nuovo,» rivela lei, giocando nervosamente con le dita per paura di aver detto più di quello che suo fratello e Sherlock sono pronti a sentire. Anche perché, come riuscire a spiegare che non può permettere che vengano separati ancora una volta, che non può distruggere il cuore di John nuovamente? Come può dirlo senza che sia evidente qual è il sentimento che li unisce?

Sentimento che sembrano bravissimi entrambi a nascondere. Era una cosa che lei proprio non capiva.

«Oh, Dottore, non hai la minima idea di quello che Hariett è in grado di fare. Quando le ho chiesto di lavorare per me, non l’ho fatto certo solo perché era tua sorella; ma perché è probabilmente il miglior agente che abbiamo addestrato. Non c’è nessuno ai piani alti che non sappia chi è. Se si vuole un lavoro fatto bene, è il suo il primo nome che viene in mente.»

Lei sente le guance diventare sospettosamente calde. Sa che Mycroft la considera un ottimo elemento – non lavorerebbe per lui, altrimenti – ma è la prima volta che lo dice apertamente.

Un leggero bussare alla porta li interrompe. Si affaccia Lestrade timidamente. «John! Sono così felice di vederti sveglio.»

«Grazie, Greg.»

«Tutto bene, ispettore?» chiede Mycroft al nuovo arrivato.

«Sì, Holmes, grazie. Purtroppo non siamo ancora riusciti a trovarla, ma non può essere sparita.»

«Per quello, credo che noi possiamo aiutarvi, anche se abbiamo un altro piano,» rivela Mycroft, mentre lei nasconde un sorriso.

«Che piano? Non vorrete fare qualcosa fuori legge, vero?» domanda scettico Greg.

«Io sono la legge, ispettore. Non si farà nulla contro di me.»

«La modestia...» si lascia sfuggire Sherlock.

Lei vorrebbe inserirsi nella conversazione, ma il cellulare le vibra in tasca. Lo prende, ma sa già chi è. Può essere solo lei.

Si volta verso Mycroft, che le fa segno di aspettare un secondo. Il suo capo ha capito subito la situazione, e infatti inizia a impartire ordini, così come è tanto bravo a fare: «Dottore, voglio che lei mi assicuri che non farà nessun rumore. Vale anche per te, Sherlock. Ne va della sua vita,» dice indicandola. Loro annuiscono. «Lestrade, porta la bambina fuori da qui. Ti racconteremo ogni cosa, ma è troppo pericoloso che rimanga.»

Greg alza un sopracciglio ma, anche se non d’accordo, fa come detto: prende Rosie ed esce dalla stanza.

«Rispondi, ora, e metti il vivavoce,» la istruisce Myc.

Lei fa come detto. Sente le mani tremarle un po’, ma non può farsi prendere dall’emotività proprio ora.

È consapevole che Mycroft l’ha fatto per permettere di dimostrare chi è davvero. Lei sa che è giusto, ovviamente. John deve rendersi conto di tutto per decidere se la vorrà ancora nella sua vita.

Perciò fa un bel respiro, chiude gli occhi, e quando li riapre non è più Hariett Watson, ma è il cecchino addestrato senza famiglia e senza legami che ha lavorato con Moriarty.

«Ho sentito che hai creato un po’ di scompiglio nel laboratorio del mio uomo,» esordisce Moran, non appena la comunicazione viene aperta. La sua voce calma riempie la stanza, facendo trattenere il respiro a tutti i presenti, chi per un motivo chi per un altro

«Non capisco di cosa si è lamentato. L’ho pagato, e anche profumatamente.»

«E hai cancellato ogni informazione che ti riguarda dai suoi archivi, compresa la tua foto.»

«Non credo che dovrò usare ancora i suoi servigi.»

«Oh, vuoi dire che hai deciso di cambiare vita?»

«Senza offesa, Moran, ma in genere uso i miei uomini fidati. Stavolta per questione di tempo non ho potuto farlo, ma se per caso lo incrocerò una seconda volta sulla mia strada, non arriverà a vedere il giorno successivo,» minaccia con voce gelida.

«Probabilmente è per questo motivo che sei ancora viva.»

«Sono brava nel mio lavoro, e non mi fido di nessuno.»

«Oh, così mi ferisci! Nemmeno di me?» cinguetta l’altra donna, con un tono così mieloso e falso che Hariett avrebbe voglia di strozzarla.

«Specialmente di te.»

«Ecco perché Moriarty ti adorava.» La sua voce torna allegra.

«Dalla tua voce direi che sei stata dal medico che ti ho consigliato.»

«Sì. Mi ha cucita ben bene, ma devo dire che non è stato molto delicato.»

«No, non lo è, ma sa quello che fa. Mi ha salvato la pelle in una circostanza e, ti assicuro, quella volta me la sono vista davvero brutta.»

«Ohhhh! Una missione andata male?»

«Male? Non direi. Sono l’unica a essere qui e a poterlo raccontare.»

«Sicura? Magari qualcuno si è salvato.»

«Io non lascio testimoni. Ho controllato personalmente prima di trascinarmi dal dottore. Lo abbiamo fatto sia io che il mio coltello.»

«Sì sì, non c’è nulla da fare... Se Moriarty ti avesse trovata prima, non avrebbe mai avuto bisogno di me. Sei spietata.»

«È il motivo per cui ti piaccio.»

«Sì, in effetti è così.»

«Quello e il fatto che io non sbaglio mai il mio bersaglio.»

«Me lo rinfaccerai a vita? Non è colpa mia se quell’Holmes ha più vite di un dannato gatto.»

«Come faccio a non rinfacciartelo? Eri praticamente lì attaccata. E il dottore! Secondo te l’hai almeno colpito?» È veloce a cogliere la palla al balzo e a portarla esattamente dove vuole, cosicché suo fratello possa capire fino in fondo che donna orribile e bugiarda ha sposato.

«Ti assicuro che ho visto del sangue prima di scappare. Se sono stata fortunata sono riuscita a colpire un vaso principale.»

«Ma non ne sei sicura.»

«No, ed è per questo che devi avvicinarti al fratello di Holmes. Sono certa che sia lui ad aver fatto sparire tutti.»

«Lo farò. Ho già dato un’occhiata agli spostamenti della sua assistente. Domani proverò ad avvicinarmi per testarne il carattere.»

«Ottimo. Prima risolviamo questa faccenda, prima posso liberarmi della bambina, prima sono libera.»

«Allora ci teniamo in contatto.»

«Sì, fammi sapere domani com’è andata. Io non posso fare nulla per una settimana.»

«Ci penso io.» La linea diventa di nuovo libera. Chiude la chiamata senza avere il coraggio di alzare lo sguardo.

«Liberarsi della bambina?» La voce di John è dura e tremante. Non tenta nemmeno di nascondere la rabbia.

«Sì.»

«Sta parlando di Rosie?» indaga ancora, in un misto di incredulità e ferocia.

«Sì,» ripete. Inutile mentire.

«Quando si arriverà all’epilogo di questa storia, io voglio esserci, chiaro?» La guarda dritta negli occhi e lei non pensa nemmeno lontanamente di staccare lo sguardo da lui.

«Sì, John,» lo rassicura.

Lestrade si affaccia nella stanza. Rosie è ancora placidamente addormentata. Li osserva e vede le espressioni dure che hanno tutti in volto. «So che farete a modo vostro e non vorrete aiuto ufficiale da Scotland Yard, ma ditemi solo cosa vi serve e quando, e ci sarò. Ho un sacco di ferie arretrate da prendere.» Sorride tranquillo.

Tutti loro lo scrutano, come se non fossero sicuri se prendere sul serio ciò che ha appena detto.

«Beh, cosa c’è? Ogni tanto essere un cattivo ragazzo è divertente,» ride l’ispettore.

«Gavin.» Sherlock rompe il silenzio in cui sembrano essere caduti tutti gli altri. «Per essere un cattivo ragazzo, hai aspettato almeno venti anni di troppo.» Lo squadra, lo sguardo affilato e sarcastico.

La risata di John è la prima a colorare l’aria tesa della stanza, seguita da quella di tutti gli altri.

Non si può dire che quello che si apprestano a fare è una cosa da prendere alla leggera. Qualcosa può andare storto. Qualcosa può sempre andare storto. Però, Hariett osserva gli uomini che ha intorno e capisce che, insieme a tutti loro, riuscire a portare il peso della missione è molto meno faticoso.




Continua...



Nota: i nodi sono al pettine, ormai John e Sherlock sanno chi è realmente Mary, e hanno capito che bisogna fermarla. Mycroft sta mantenendo la sua promessa e permette che la verità venga mostrata, Hariett sente di non dover lavorare più da sola (anche se non avrebbe problema a continuare a farlo) e Greg, che dire di Greg? Greg si ama, no?
Grazie davvero per tutto
  
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