Nuova storia, nuova avventura
per i nostri due amati
giovani.
Entrate con me nel nuovo incantesimo di Edward e Bella.
One-shot,
perciò non perderete neanche molto tempo a
leggerla.
Confido nel vostro
giudizio, poiché anche questa- come tutte le altre mie
storie-sono state
scritte col cuore..
Un bacio a tutte voi,
mie lettrici, e Buon Divertimento!
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[.♥Dreamer
♥.]
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♫ ~
I
sogni son desideri
chiusi in fondo al cuor
nel sonno ci sembran veri
e tutto ci parla d'amor
se credi chissà che un giorno
non giunga la felicità...
non disperare nel presente
ma credi fermamente
e il sogno realtà diverrà!
se il mondo soffrir ti fa..
non devi disperar..
ma chiudi gli occhi per sognar
e tutto cambierà
i sogni son desideri
chiusi in fondo al cuor
nel sonno ci sembran veri
e tutto ci parla d'amor
se credi chissà che un giorno
non giunga la felicità
non disperare nel presente
ma credi fermamente
e il sogno realtà diverrà!
(http://www.youtube.com/watch?v=Xb2_qrlJ-AA)
La
festa continuava e dalla mia posizione sentivo il frastuono di quella
musica
così assordante che suonava imperterrita nella sala accanto.
Nessuno,
però, riusciva a capire il motivo della mia scomparsa dal
luogo del mio stesso
party. Ma soprattutto, nessuno se n’era reso conto..
Isabella
Swan uguale importanza:zero.
Quella
sera stavo festeggiando il mio diciassettesimo compleanno a Phoenix, in
un
locale sul lago.
La
luce della luna splendeva meravigliosamente, e le nubi, che quasi mai
ricoprivano il cielo della città, erano soffici e bianche.
Nuvole
a pecorelle, acqua a
catinelle.
“Sarà
meglio che rientri dentro se non voglio che mamma mi uccida
perché ho bagnato
il vestito”, pensai.
Qualcosa, tuttavia, mi tratteneva lì, seduta su quella
splendida sedia bianca
da giardino, incurante del mondo che mi circondava e soprattutto.. del
divertimento che nemmeno mi sfiorava.
Erano
stati mia madre ed il suo nuovo marito “chic” a
volermi far festeggiare il mio
compleanno in grande, mentre io desideravo solamente passare
un’intera giornata
in biblioteca.
In
quella metropoli di snob non mi ero mai trovata bene.
Il
mio posto era a Forks, un paesino sperduto nella penisola Olimpia dove
abitava
il capo Charlie Swan, il mio vero padre.
Tutto
quel verde mi faceva sentire a casa, anche se io vi avevo passato solo
qualche
estate durante la mia dolorosa infanzia.
Mi
alzai in piedi, togliendo quei maledetti tacchi dodici che la stilista
di Phill
mi aveva fatto indossare. Raccolsi lo scialle trasparente dal poggiolo
della
sedia e me lo avvolsi attorno alle spalle scoperte.
Mamma
aveva voluto farmi vestire uno splendido abito bianco, rifinito di
perle color
panna, scollato ed attillato. Non era molto lungo, adatto a permettermi
di
camminare: tutti sapevano che il mio equilibrio era pari a nulla!
Sciolsi
l’acconciatura che dal pomeriggio mi torturava la nuca,
lasciando così liberi i
miei lunghi capelli castani ondulati.
Avrei
presto dovuto tagliarli, presumibilmente, poiché i miei nuovi genitori odiavano i capelli troppo
lunghi: non andavano più
di moda!
Mi
avevano iscritto a tutti club giusti,
andavo ad una scuola giusta, ma non
capivano che tutto ciò era solo ipocrisia.
L’unica
cosa che io desideravo era frequentare un semplice liceo, andare al
college e
finalmente girare il mondo.
Avevo
letto numerosi libri riguardanti l’universo e i suoi pianeti;
successivamente
fui incuriosita dalla luna, poi dai singoli continenti, fino a studiare
ogni nazione
presente sulla terra.
Forse
potevo apparire ossessiva e compulsiva..
ma io mi definivo semplicemente curiosa, curiosa
del sapere.
La
scuola in cui mi avevano iscritto, però, non insegnava tutto
ciò, ma si
prefissava come primo obbiettivo la moda ed il vestire
“bene”.
Tutte
cose che, peraltro, non mi interessavano minimamente.
Nonostante-
come avevano detto i miei primi insegnanti di vero studio- fossi
estremamente
intelligente, avevo appreso il portamento e l’etichetta degna
di una signorina,
solo in parte ed alla bene e meglio.
Uscendo
dal mio edificio, ogni giorno con libri non riguardanti le materie che
studiavo, ammiravo giovanotti che cavalcavano Harley nere, liberi come
il
vento.. il mio ideale di vita.
Quella
sera, ciò nonostante, le stelle brillavano in un modo
differente dal solito,
come per annunciarmi un cambiamento.. un mutamento che avrebbe
sconvolto la mia
esistenza.
Il
Tum Tum della sala a fianco
continuava freneticamente, mescolandosi al battito del mio cuore.
Tum
tum, tum tum, tum tum..
Emetteva
il mio organo vitale, dolce e melodioso come solo la notte poteva farlo
apparire.
Raggiunsi
la stamberga che riparava la riva del lago da mani indiscrete,
permettendo ai
pescatori di fare il loro mestiere senza cadere nell’acqua
profonda ed
accogliente, raggiungendo gli abissi.
Mi
sporsi leggermente aggrappandocon una mano al legno dinnanzi a me,
mentre
con l’altra reggevo la stoffa del mio candido vestito.
Il
locale era stato allestito perfettamente dopo giorni e giorni di duro
lavoro.
Erano
presenti tutti i miei incuranti compagni di scuola: quegli odiosi ed
insensibili ragazzi che non sopportavo.
Girasoli
contornavo il davanzale e alti festoni colorati segnalavano
l’ingresso
dell’edificio antico.
Dalla
mia ubicazione potevo osservare mia madre ballare distrattamente ed
energicamente
con il suo giovane marito, divertendosi molto più di quanto
non facessi io da
anni.
Ero
lieta della sua felicità, poiché da quando lei e
mio padre si erano lasciati il
sorriso le era scomparso dal viso gentile, per ritrovarlo
successivamente nel
matrimonio con Phill.
La
nostra casa, perciò, passò da un semplice
appartamentino nell’angolo di una via
dimenticata ad una maestosa villa notarile dell’ultimo secolo.
Il
lago risplendeva di luce lunare, mentre le alghe donavano un aria
vissuta a
quel luogo semplice e romantico.
L’unica
cosa che mancava in quel posto, era uno splendido ragazzo dagli occhi
dolci
amato dalla sottoscritta.
Ero
un’adolescente ancora, certo, ma non mi ero mai veramente
innamorata di nessuno
nonostante numerosi mi avessero corteggiato negli ultimi anni.
Di
ciò non andavo fiera, poiché quei giovanotti
erano tutti snob, studenti di
scuole prestigiose come ad esempio Yale.
Di
certo accettandoli, i miei ideali sarebbe caduti in un fosso,
sostituiti da
uomini che non avrei mai apprezzato.
Spesso
la mia bellezza veniva lodata dalle signore del mio paese, ma
successivamente
venivo rimarcata con “donzella dozzinale con strane idee in
testa”.
Perciò
amavo Forks: lì mi conoscevano solamente con
“Bella Swan, la figlia del capo di
polizia” e non “Isabella Marie Swan Carter, figlia
acquisita di Phill George
Henry Carter”.. sudiciume!
Tutto
ad un tratto percepii una delicata camminata non molto lontano da me e
qualcuno
che cautamente si avvicinava.
Non
distolsi comunque il mio sguardo dalla splendida luna che il Signore ci
aveva
donato quella sera, incantata dalla magia della natura.
-Bella- mi chiamò una voce melliflua e
melodiosa alle mie spalle. Dolcemente
mi voltai, potendo così ammirare un ragazzo dalla bellezza
eccezionale, con i capelli
ramati e gli occhi dorati.
Era
in smoking, diversamente da tutti gli altri, e
nell’occhiello portava il
mio fiore preferito: una margherita.
Era
alto, magro e slanciato.
Sicuramente un atleta, pensai.
Ma
c’era qualcosa nel suo viso di
familiare e di onesto.
-Come
fai a conoscere il mio nome?-
chiesi,stupidamente.
Storse
il naso -È il tuo
compleanno, giusto?- domandò a sua volta.
-S-si..-
balbettai, abbacinata dal
suo sguardo limpido.
Sorrise.
-Ma
nessuno mi chiama Bella-
continuai,con voce roca.
Alzò
un sopracciglio- Davvero?
Trovo che il diminutivo del tuo nome ti si addica molto, invece-
Tum
tum, il cuore mi palpitava
forte, tum tum.
Avvicinò
la sua mano al mio petto,
posandola lì dove si trovava il cuore.
-Calmati,
non ti farò del male-
rise, teneramente.
Chissà
perché, il suo tocco non mi
infastidì, anzi! Donò alla sua presenza ancora
più fascino ed incanto.
-Sei
vero?- domandai ad un tratto,
ammirandolo spalancando i miei occhi castani.
-Dipende
se lo desideri- sorrise,
dolcemente.
Mi
porse il palmo, come per
chiedermi di fidarmi di lui.
-Non
sono presentabile- mi rammaricai,
stupidamente.
-No,
sei molto più bella-rispose,
semplicemente e con delicatezza infinita.
Afferrai
la sua mano senza farmelo
ripetere nuovamente e mi trascinò poco lontano dal pontile,
facendomi scendere
fino alla riva, su cui vi era della sabbia.
-Bella,
mi concederesti questo
ballo?- chiese, improvvisamente, allontanandosi un poco da me e dandomi
così la
possibilità di riprendere il respiro.
Risi.
-Ma
non c’è la musica.. solo quello
stupido frastuono proveniente dal locale- sbuffai.
Lui
alzò gli occhi al cielo e
subito dopo, una soave melodia di pianoforte, seppellì
quell’house tanto
fastidioso che piaceva ai miei compagni di corso.
Era
la sinfonia di Claire de Lune
di Debussy: adoravo la sua musica!
Il
misterioso ragazzo mi afferrò i
fianchi, mentre io portai le mie mani attorno al suo collo, ben tornito.
Cominciammo
a dondolare
tranquillamente, poi d’un tratto prese la classica posizione
del valzer.
Lo
fermai.
-Non
so ballare- gli resi noto,
lagnandomi.
-Ma
io si- disse solamente.
Lo
lasciai fare anche questa volta,
fiduciosa nella sua innata grazia e portamento.
Cominciammo
a danzare, piroettando
attorno al lago.
Nessuno avrebbe potuto spezzare quell’incanto.
-A
che stai pensando?-domandò,
conducendomi su una panchina poco distante dal locale.
Alzai
lo sguardo alla luna.
-Ragionavo
sul fatto che tutto ciò
è.. impossibile- sorrisi, voltandomi poi verso di lui.
-Lo
è invece- disse, intrecciando
la sua mano con la mia.
-Ma
come..?-
-Magia..-
soffiò, togliendosi la
margherita dall’occhiello e porgendomela.
-Il
tuo fiore preferito giusto?-
Sgranai
gli occhi.
-Giusto-
sghignazzò, interpretando
il mio sguardo come un sì.
Tutt’ad
un tratto s’alzò, non
lasciando la presa su di me.
-Che
fai?- domandai, preoccupata di
perderlo.
-È
il tuo compleanno, perciò ti ho
fatto un regalo- sorrise, mettendo una mano nella tasca posteriore dei
suoi
pantaloni.
Ne
estrasse una scatolina foderata
in blu.
Me
la porse, mentre io l’afferrai
tremante. Non sarà mica un anello.., pensai.
L’aprii
angosciata mentre
l’astuccio mostrò una chiave argentata.
Alzai
lo sguardo su di lui.
-È
la chiave dei tuoi sogni, Bella,
aprirà tutto ciò che dovrai utilizzare per
raggiungerli..-spiegò.
Scossi
la testa, come per
segnalargli la mia incomprensione.
-Capirai-
disse solamente.
Sciolse
la presa sulle mie dita.
-Devo
andare, ora- mi informò: fui
scioccata da questa rivelazione improvvisa.
-NO.-
mi sollevai di scatto- Non
puoi andartene!- esclamai.
-Devo-
rispose, mortificato.
Si
allontanò piano.
-Aspetta,
non mi hai ancora detto
il tuo nome!-
Scomparve
all’improvviso, senza che
io me ne accorgessi. Solo un nome continuava a vorticarmi nella mente: Edward.
Tutto
ciò che mi rimaneva di lui era
la chiave in una mano e la margherita nell’altra.
Un
mese dopo, finalmente riuscii a convincere mia madre ad andarmene.
Mentre
il mio aereo partiva da Phoenix riuscii a realizzare che quello era
l’inizio di
una nuova avventura.
Stavo
raggiungendo mio padre a Forks, per finire la scuola in un luogo che
poteva
insegnarmi realmente qualcosa e darmi, infine, la felicità
che tanto agognavo.
Tutto,di
quella città, mi piaceva: dalla pasticceria al negozio da
Trekking, dalle
montagne alla spiaggia di La Push, dalle suo nuvole cariche di pioggia
al verde
incontrastato della foresta.
Finalmente
mi sentivo a casa.
La
mattina del mio primo giorno di scuola mi svegliai prestissimo: volevo
utilizzare subito la mia nuova macchina che papà mi aveva
regalato per il mio
arrivo.
Scesi
veloce le scale raggiungendo la cucina. Indossavo solamente un paio di
blue
jeans, una maglietta calda e comoda e un paio di scarpe da ginnastica.
Mangiai
velocemente del latte con dei cereali, scoppiando di euforia. Quando
Charlie
discese per fare colazione gli corsi incontro e lo abbracciai; poi gli
diedi un
bacio sulla guancia
e raggiunsi la mia
“nuova” auto: un Pick up Chevy degli anni cinquanta.
Misi
in moto e raggiunsi l’edificio della “Forks High
School”.
Dopo
aver parcheggiato, smontai dal mio mezzo e mi diressi camminando
tranquilla
verso l’entrata della scuola. Era presto, perciò
mi sedetti comodamente su un
muricciolo, accavallai le gambe e iniziai a leggere uno dei miei libri
preferiti: “ Il giro del mondo in
ottanta
giorni”.
Quando
la prima campanella suonò l’inizio della prima
ora, rimisi il volume nel mio
zaino e osservai i ragazzi che stavano entrando nell’edificio
scolastico.
Uno
di questi mi sconvolse: aveva i capelli ramati, era alto, magro ed
atletico, ma
soprattutto..i suoi occhi erano color ambra!
Scesi
dal muricciolo e notai che mi stava osservando, sorridendo in una
maniera
totalmente familiare.
Gli
restituì il sorriso e poi lo vidi camminare delicatamente
verso di me.
-Visto,
la chiave ti ha portato fino alla realizzazione di alcuni dei tuoi
sogni-
disse, una volta che mi fu davanti.
-Di
tutti i miei sogni, Edward, tutti.- lo informai, ammirandolo
languidamente e
prendendolo per mano. Si fece avanti e mi baciò sulle
labbra, con un’intensità
mai vista.
Lo amavo, lo
amavo
e sapevo che finalmente avevo raggiunto tutti i miei scopi.
Edward e Bella
avevano ragione a
crederci: la chiave che lei utilizzò per mettere in moto la
Chevy, era quella
che lui le aveva regalato.
The
End.
♫Note
dell’autrice: Che
ve ne pare amiche mie??? Piaciuta
questa One shot? Devo ammettere che quest’idea mi
è venuta da un sogno, un
sogno davvero molto bello anche se non era presente Edward ma il mio ragazzo..
Vi
ho ricamato sopra, ma credo comunque di aver fatto un lavoro niente
male..
scusate, mi sto vantando, ma sono comunque convinta di non scrivere
bene come
tutte voi!^_^
Mi raccomando: RECENSITE
IN TANTE!
Dedicato al mio lui: grazie di tutto, grazie.
Sono
proprio curiosa di sapere cosa direte su questa storia!
Un
bacio, vi voglio un mondo di bene
Vostra,
Noemix.