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Autore: mikimac    17/11/2019    2 recensioni
Sherlock e John sono sposati e vivono insieme. Possono dire di avere raggiunto un rapporto equilibrato e appagante per entrambi. Fino al giorno in cui la Donna appare nelle loro vite. E nulla sarà più come prima.
Omegaverse. Omega John Watson. Alfa Sherlock Holmes.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Mpreg, Triangolo
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- Questa storia fa parte della serie 'Fotografie'
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Vigilia di Natale a Baker Street
Il Natale si stava avvicinando e Londra aveva indossato il suo abito più bello, fatto di luci colorate e canzoni melodiose. Persino la gente sembrava più allegra e felice. Solo Sherlock Holmes e John Watson non erano stati coinvolti dallo spirito natalizio. Il giovane Omega aveva fatto l’albero, sollecitato dalla signora Hudson, che lo aveva aiutato nell’impresa. Sherlock si era rifiutato di unirsi a loro: “Non ho alcuna intenzione di perdere il mio prezioso tempo adeguandomi a questa insensata tradizione,” aveva sentenziato in tono acido, prima di uscire dall’appartamento, sbattendo la porta.
John aveva sospirato, rassegnato al pessimo umore del marito, mentre la signora Hudson aveva scrollato le spalle e sorriso: “Quando vedrà il vischio appeso alla porta, non potrà che adattarsi alla tradizione e baciare il suo paziente consorte. Oppure gli darò una bella tirata d’orecchie!”
John continuava a mantenere segreta la propria gravidanza e aveva costretto Mike e Anne a giurare che non avrebbero rivelato ad anima viva il suo attuale stato.
“Lo sai che non ha senso celare questa notizia. Sherlock prima o poi si accorgerà che il tuo odore sta cambiando. Sentirà anche quello del bambino. A che pro non dirgli nulla?” Aveva obiettato Mike, in tono ragionevole.
“Lo so che non potrò rinviare l’annuncio per molto tempo, ma ora non è proprio il momento di informare Sherlock che stiamo per diventare tre. È impegnato in un caso molto importante e delicato. Non voglio che si distragga. Gli dirò tutto, ma solo quando riterrò che sia il momento giusto,” aveva spiegato John.
“In un rapporto di coppia, più a lungo si omette qualcosa, più diventa complicato spiegare perché lo si sia fatto. Siete sposati, John! Non puoi nascondere una gravidanza. Soprattutto considerando il fatto che vi siete sposati proprio per avere un figlio. Questa notizia dovrebbe rasserenare Sherlock e permettergli di concentrarsi meglio sul proprio lavoro,” aveva replicato Anne.
“Capisco le vostre perplessità, ma so che cosa sto facendo. Vi garantisco che questa è la decisione migliore che io possa prendere in queste circostanze. Manterrete il mio segreto, fino a quando non sarò pronto a dirlo a mio marito?” aveva insistito John.
I due medici si erano guardati negli occhi e avevano capito che non sarebbero riusciti a convincere John a cambiare idea. Malgrado non fossero d’accordo con lui, avevano capito che il giovane Omega si trovava in una posizione delicata e non avevano voluto metterlo in difficoltà. Così avevano acconsentito a mantenere il suo segreto.
Natale si avvicinava. Londra si era vestita a festa. Però al 221B di Baker Street nessuno era felice.

Vigilia di Natale a Baker Street

La sera della Vigilia di Natale, John aveva invitato i cognati, i nipoti, il suocero e la signora Hudson per una piccola cena, in attesa della mezzanotte, quando avrebbero scartato i regali, mentre la famiglia Watson sarebbe venuta per il pranzo di Natale. Era la prima volta che trascorrevano la Vigilia e il Natale a Baker Street. Di solito erano Mycroft e Greg a invitare la famiglia a casa loro per la Vigilia. Il giorno di Natale era dedicato ai Watson, che allestivano un sontuoso pranzo nella loro villetta. Quell’anno John aveva insistito per trascorrere le feste con entrambe le famiglie a Baker Street. Sarebbe stata l’occasione perfetta per annunciare la propria gravidanza, prima agli Holmes, poi ai Watson. Erano trascorse circa tre settimane dalla scomparsa di Irene Adler ed era giunto il momento che anche Sherlock fosse messo al corrente del reale stato di salute del marito. Le nausee stavano creando non pochi problemi a John, che, fino a quel momento, aveva giustificato il suo malessere attribuendolo a un non meglio precisato virus. Almeno era ciò che aveva detto alla signora Hudson. Il giovane Omega non era sicuro che il marito si fosse accorto che lui stava male, dal momento che non gli aveva mai chiesto che cosa stesse succedendo. Sherlock si era buttato nel lavoro, accettando anche casi che riteneva banali ed elementari, pur di essere impegnato in qualcosa. Nei momenti in cui non aveva nulla da fare, tentava di indovinare la password del cellulare di Irene, perché voleva trovare il suo assassino. Lo stupido telefono, però, rimaneva testardamente e ottusamente inaccessibile.
Un albero scintillante e variopinto svettava accanto al caminetto, in cui danzava un fuoco allegro e scoppiettante, accompagnato dai canti natalizi che uscivano dalle casse dello stereo. John e Sherlock avevano spostato poltrone e tavolini per fare posto a una tavola rotonda, prestata loro dalla signora Hudson. In quei giorni, Sherlock non era impegnato in nessun caso. Sembrava che anche i criminali fossero stati influenzati dallo spirito natalizio e avessero deciso di trascorrere le feste in famiglia, evitando di commettere ogni tipo di reato. Questa inattività aveva travolto il consulente, che si muoveva apatico per l’appartamento. John sperava che la novità potesse scuoterlo.
Il campanello suonò. La signora Hudson aprì la porta e diversi piedi si alzarono e si abbassarono per salire le scale. John era sulla soglia e accolse con un sorriso gli Holmes: “Benvenuti! Venite al caldo. Fuori c’è un’aria veramente frizzante.”
“Hanno preannunciato neve. Se le previsioni del tempo sono giuste, domani faremo un bel pupazzo di neve, con occhi, naso, sciarpa e cappello,” Greg ricambiò il sorriso. Aveva in braccio il piccolo Neil, il figlio minore che aveva due anni. Il piccolo era un Alfa dai mossi capelli corvini e dagli occhi azzurri.
“Benarrivato, campione. È comodo fare le scale in braccio a papà, vero?” Lo canzonò John con un sorriso, mentre gli faceva il solletico. Il piccolo si agitò, in braccio al papà, ridendo convulsamente. Il dottore si chiese come sarebbe stato il suo bambino. Se avrebbe avuto i capelli neri, gli occhi azzurri e gli zigomi taglienti del padre. Gli sarebbe piaciuto molto che il figlio assomigliasse a Sherlock. Il suo Alfa era talmente bello, che avrebbero dovuto clonarlo. John sogghignò leggermente. Se Sherlock avesse saputo che l’Omega pensava a lui in quel modo, avrebbe alzato gli occhi al soffitto, sicuramente indignato e offeso. Alle spalle di Greg e Neil spuntarono Eileen e Mycroft, che portavano alcune sporte piene di pacchi colorati: “Eileen sei sempre più bella. Chissà quanti cuori hai già spezzato e quanti ne infrangerai nei prossimi anni. Dovremo aprire un reparto speciale negli ospedali del regno per ospitare tutti i ragazzi che respingerai,” salutò John, allungandosi verso la nipote, per prendere le sporte con i regali. La giovane adolescente aveva tredici anni e stava sbocciando. I capelli neri e leggermente mossi si appoggiavano con leggerezza sulle spalle, mentre l’abito blu oltremare cadeva in modo morbido, senza evidenziare le curve che si stavano formando nel suo giovane corpo. Gli occhi verdi brillarono e la ragazzina scoccò un bacio sulla guancia del dottore: “Dovrai aiutarmi, zio John. I miei genitori vorrebbero chiudermi in casa e buttare via la chiave, fino a quando diventerò brutta e vecchia. Potresti dire loro che devono fidarsi di me, perché sono grande e so quello che faccio?” Si lamentò Eileen, con un tono petulante, che a John ricordò subito il marito.
“Non mettermi in mezzo, tesoro. Solo tu potrai dimostrare a Greg e a Mycroft che sei matura e responsabile. Nessuno potrà mai convincerli,” ridacchiò il medico.
Eileen fissò John per qualche secondo, arricciando il naso: “Stai bene, zio? Hai un odore insolito. Diverso,” domandò, in tono leggermente preoccupato.
John sorrise rassicurante: “Sto bene, tesoro. Vieni. Mettiamo i regali sotto l’albero. E non cercare di indovinare che cosa ci sia dentro a quelli che abbiamo preso per te. Lo saprai dopo cena,” rispose, facendo l’occhiolino alla nipote.
“Sono impressionato. Siete riusciti a infilare in questo minuscolo salotto una tavola cui mettere seduti tutti quanti. Non lo avrei mai creduto possibile. Avete abbattuto qualche parete?” Chiese Mycroft, in tono ironico.
“Buon Natale anche a te. Abbiamo solo spostato alcune cose. Questa stanza è più grande di quello che sembra. È solo piena di tante cose,” ribatté John, paziente.
“Se fossimo stati a casa nostra, come sempre, non avreste dovuto fare facchinaggio né costringere la povera signora Hudson a cucinare tutto il giorno,” proseguì Mycroft, come se il cognato non avesse parlato.
“Dove è Phillip?” John tentò di cambiare argomento. Non voleva che i due fratelli cominciassero a battibeccare. Voleva che quello fosse un Natale perfetto.
“Sappiamo tutti che ti stai lamentando solo perché non puoi esibire gli addobbi natalizi, che hai fatto progettare dal decoratore d’interni più in voga del momento,” furono le prime parole che Sherlock pronunciò quella sera, in tono acido e secco. Era ritto in piedi, davanti alla finestra, con le mani in tasca. Si era voltato verso il fratello, con le labbra serrate e gli occhi scintillanti d’ira.
“Phillip sta arrivando. È venuto con la sua auto e stava cercando un parcheggio,” si intromise Greg, lanciando un’occhiata furiosa al marito.
“Provvedo io personalmente a decorare la casa per il Natale. Non ho certo bisogno di ingaggiare un decoratore d’interni. Non si può certo dire lo stesso per te,” continuò Mycroft, imperterrito.
“Verso gli aperitivi. Cominciate pure a mangiare. Non penso che Phillip si offenderà se ci troverà in silenzio, a gustare i manicaretti preparati dalla signora Hudson,” propose John, guardando Sherlock in modo supplichevole, affinché non ribattesse al fratello. Non voleva che i due Holmes iniziassero uno dei loro estenuanti duelli per cercare di prevalere l’uno sull’altro. Non quella sera.
Nessuno seppe mai come sarebbe andata a finire. La disputa fra i fratelli Holmes fu interrotta dalla padrona di casa, che entrò con un vassoio carico di leccornie: “Guardate chi è venuto a trovarci. Per fortuna ho preparato porzioni abbondanti, così possiamo ospitare una persona in più.”
Le teste di tutti si voltarono verso l’ingresso e il cuore di John perse un colpo. Accanto alla signora Hudson c’era un’altra donna. Un’Alfa. Una mora dagli occhi azzurri, con un fisico perfetto, fasciato da un abito rosso che non lasciava nulla all’immaginazione. Le labbra rosso fuoco erano piegate in un lieve sorriso sarcastico: “Vi sono mancata?” chiese Irene Adler, con quella voce sensuale e provocatoria, che il giovane dottore non riusciva a sopportare.  
“Sei viva,” mormorò Sherlock. Anche le sue labbra si piegarono in un sorriso, ma questo era felice e sollevato. Il cuore di John andò in pezzi. Per la prima volta, dopo tanti giorni, gli occhi di Sherlock tornarono a brillare, pieni di vita e di passione. L’origine di tanta gioia, però, non era John. La fonte della felicità di Sherlock era Irene Adler. Lei era entrata nella stanza e il consulente si era illuminato. John si portò una mano al ventre. Doveva tacere. Non poteva dire che aspettava un bambino. Sherlock meritava di essere veramente felice e lui non avrebbe fatto nulla per ostacolarlo.

“Non so perché tu abbia pensato che io fossi morta,” sogghignò Irene, avvicinandosi a Sherlock e sfiorandogli una guancia con un dito.
“Mi hai lasciato il tuo cellulare. Pensavo che lo avessi fatto per permettermi di trovare chiunque ti stesse dando la caccia,” rispose Sherlock.
“Non sono più in pericolo. Sono venuta a riprendere il mio telefono. E a trascorrere il Natale con te. Se mi vuoi,” terminò, facendo le fusa.
“Certo che ti voglio. Possiamo benissimo aggiungere un posto a tavola. C’è posto per un’altra persona e la signora Hudson ha preparato così tanta roba, che potremmo sfamare un esercito,” ribatté Sherlock, con entusiasmo.
“Allora mi siedo qui. Facciamo un brindisi?” Propose Irene, prendendo un bicchiere dalla tavola.
“Cara, quello è il posto di John. Se davvero vuole fermarsi a trascorrere la Vigilia di Natale in casa di estranei, la metterò a sedere fra me ed Eileen,” si intromise la signora Hudson, in tono cortese, ma gelido.
“Non immaginavo che gli Holmes fossero tanto convenzionali,” ridacchiò Irene.
“Probabilmente no, ma questa è casa mia, cara, e si seguono le mie regole. L’Omega siede alla sinistra dell’Alfa padrone di casa e il padre dell’Alfa alla destra del figlio. Poi tutti gli altri. Non faremo eccezioni,” ribadì la signora Hudson, in tono tagliente.
“Forse dovrebbe lasciare decidere al suo inquilino. In fin dei conti, è Sherlock che paga l’affitto per questo minuscolo appartamento e ha il diritto di fare quello che vuole, in casa sua,” insisté Irene, accarezzando un braccio del consulente.
“Le ricordo che Sherlock è sposato. Il suo Omega è vivo e vegeto. Ed è in questa stanza. John è un uomo cortese e ragionevole, che non farà mai una scenata né la butterà fuori di qui, come meriterebbe per il suo indegno comportamento. Io, però, sono abbastanza vecchia da non farmi condizionare dalle buone maniere. Se proprio vuole restare, si siederà dove è previsto dalle convenzioni sociali, che lei disprezza tanto. Altrimenti, se ne può andare. Quella è la porta,” concluse l’anziana Omega, in tono risoluto e deciso.
“Concordo con la padrona di casa,” si intromise una voce severa. Phillip Holmes era entrato nel salotto. Il suo corpo era teso e rigido, lasciando trasparire tutta l’irritazione che stava provando il quel momento.
“Tutti pronti a difendere un Omega che non riesce nemmeno a procreare? Capisco l’attempata signora Omega. Non avere figli è l’unico modo che avete voi Omega per diventare vecchi. Immagino che sia triste essere una dei pochissimi Omega anziani e che voglia qualcuno con cui condividere la propria disgrazia. Non capisco lei, invece, signor Holmes. Lei dovrebbe essere dalla mia parte. Io potrei rendere felice suo figlio Sherlock, come il suo Omega non potrebbe nemmeno sognare di fare. Non crede che la felicità di suo figlio sia più importante delle stupide convenzioni che regolano la nostra società?” Domandò Irene, in tono suadente.
“Non è vero che John non può procreare! Lui…” intervenne Eileen furiosa, ma fu subito interrotta da John: “Eileen, per favore. Questi sono argomenti da grandi. Gentilmente, signora Hudson, Phillip, potreste prendere i bambini e scendere nell’appartamento di sotto? Quando avremo risolto questo piccolo disguido, vi chiameremo e celebreremo la festa, come merita.”
“Sei sicuro, caro? Non devi permettere a questa… donna… di denigrarti,” sospirò la signora Hudson.
“Grazie, Martha. È molto gentile, ma preferirei che i bambini non assistessero a questa piccola discussione. Non vogliamo rovinare il loro Natale, vero?” Insisté John.
“Certo che no. Come vuoi tu, caro. Se hai bisogno di buttarla fuori, però, chiamami. So che non ritieni che sia un comportamento da gentiluomo gettare una donna in mezzo a una strada, ma io non ho questi scrupoli,” si rassegnò la signora Hudson.
John le sorrise, riconoscente: “Se avrò bisogno, non esiterò a chiamarla.”
“Andiamo, bambini. Prendiamo il piatto degli antipasti e iniziamo a mangiare qualcosa,” disse la signora Hudson, prendendo il piatto dalla tavola.
“Sherlock, ho fiducia nel tuo buon senso,” interloquì Phillip Holmes, fissando il figlio minore in modo intenso.
“Papà! Io sono sicura che zio John…” riprovò Eileen, rivolgendosi a Greg, che la fermò e le sorrise rassicurante: “Andrà tutto bene, tesoro. Vai con il nonno e la signora Hudson. Occupati di Neil. Vedrai che andrà tutto bene.”
“Ma…” Eileen aveva un’espressione disperata, tipica degli adolescenti, quando gli adulti si rifiutano di ascoltarli.
“Eileen. Vai,” ordinò Mycroft, in tono perentorio.
La ragazzina si arrese. Controvoglia, prese la mano del fratello minore e seguì il nonno e la signora Hudson.
Nel salotto restarono John e Sherlock.
Mycroft e Greg.
E Irene Adler.
La resa dei conti era arrivata.




Angolo dell’autrice

Con il prossimo capitolo si concluderà anche questa parte della serie e passeremo a un’altra fotografia, che non sarà meno portatrice di guai di quella di Irene.
Spero che vi sia piaciuto lo scambio fra la signora Hudson e Irene Adler. Io mi sono molto divertita a scriverlo.

Grazie a chi stia seguendo la serie e leggendo il racconto.
Grazie a chi stia segnando la storia in una qualche categoria.
Grazie a emerenziano e paffy333 per i commenti ai capitoli precedenti, ai quali risponderò quanto prima.

Alla prossima settimana.

Ciao!
   
 
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