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Autore: Mahlerlucia    18/11/2019    3 recensioni
{Sequel di “Come neve”}
Dove trovare scampo? Tu riempi il mondo. Non posso fuggire che in te stesso.
(Marguerite Yourcenar)
[Bokuto x Akaashi]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'A mano a mano'
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Anime: Haikyuu!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo
Rating: arancione
Personaggi: Koutarou Bokuto, Keiji Akaashi
Pairing: BokuAka
Tipo di coppia: Yaoi


 
 
 Non avere paura

 
 
 

Sento una musica ogni volta
Che ti sto accanto quando ti perdo
E poi ci ripenso come se fosse la fine del mondo... 
 

 

Dicembre
 
La tazza fumante di tè verde riscalda le tue mani ancora infreddolite dal contatto diretto con la gelida neve dicembrina. Avete fatto giusto in tempo ad ultimare gli ultimi dettagli di quel Keiji che voleva essere solamente il primo pensiero per il tuo imminente compleanno. Nel frattempo, ha ricominciato a nevicare con la stessa intensità del primo pomeriggio, quando per percorrere il consueto tragitto di ritorno da scuola eri stato costretto ad usufruire della metropolitana.
Koutarou inizia a sfogliare distrattamente una vecchia rivista appartenente a tuo padre e dedicata al mondo dei motori, uno dei pochissimi hobby che il signor Akaashi riesce a concedersi nell’esiguo tempo libero di cui dispone quotidianamente. Le gambe allungate sul tappeto in polipropilene, leggermente divaricate per far spazio alle pagine da girare. Sembra un bambino il cui sguardo s’illumina alla sola visione di quei bolidi sportivi. Di sicuro starà progettando di acquistarli, anche se è ben consapevole del fatto che potrà realizzare questo suo desiderio solamente quando diventerà uno degli atleti più in voga del paese del Sol Levante.
Resteresti fermo a gambe incrociate sul divano per ore, immobile, con lo sguardo assorto dietro a lui e fittamente concentrato su ogni sua movenza, anche la più insignificante. Bokuto sciorina una serie di commenti entusiastici sulle fattezze robotiche di alcuni modelli d’auto; arriva a sostenere più volte che in futuro potrete viaggiare solamente su macchine elettriche e senza ruote. Gli domandi se intende dire che un giorno esisteranno mezzi di trasporto che fluttueranno sulle strade, giusto per assecondare quel gioco che, inevitabilmente, ti sta portando a pensare a quello che potrebbe succedere da lì in avanti nelle vostre ancor giovanissime vite. Risponde che sì, voleranno, anzi... volerete; e prosegue sostenendo che – purtroppo! – le luci abbaglianti notturne arriveranno a sostituire il chiarore delle stelle. Ma chi è nato e cresciuto nella città più scarmigliata del Giappone non è di certo nuovo all’invadenza di un sempre più devastante inquinamento luminoso dovuto in gran parte all’egoismo umano.

“Bokuto-san, il tè si fredda.”

Distoglie lo sguardo da quelle pagine patinate che sono riuscite nell’agevole impresa di portarlo a fantasticare oltre le sue attuali possibilità. Strabuzza gli occhi di fronte alla tazza che hai scelto per lui: il gufo che vi è stato disegnato a mano esternamente gli somiglia in maniera quasi imbarazzante.

“Akaashi, l’hai disegnato tu?”

Certo, Bokuto-san. Chi altro avrebbe mai potuto fare un disegno del genere?! Su di una tazza da tè poi...
Nascondi il viso tra le ginocchia che hai rannicchiato contro il petto. Non puoi fare a meno di arrossire, conscio di non essere visto proprio perché ti trovi alle sue spalle. Lo vedi bere il tuo intruglio rilassante, arricciare più volte le sue labbra screpolate poiché ancora troppo caldo, tornare ad osservare quel volatile notturno che avevi abbozzato nel corso di una delle tante serate trascorse da solo in casa dopo aver terminato e ricontrollato tutti quei compiti che non sei mai riuscito ad associare all’attributo ‘tanti’, come invece è solita fare la maggior parte dei tuoi compagni di classe. A differenza loro, hai imparato a considerare i tuoi doveri di studente liceale come unica compagnia all’interno di quell’indifferenza domestica a cui ti sei implacabilmente abituato.

“Sì. È un lavoro che mi ha chiesto di eseguire l’insegnante di arte.”

Menti sapendo di mentire. Le rare volte in cui ti sei concesso il lusso di dire una bugia non solo ti sei sentito subito in colpa, ma non riuscivi nemmeno a formulare alcun pensiero che potesse approfondire in qualche modo la tua effimera tesi. Senza le abituali e solide basi alle quali usi appoggiarti per ogni evenienza, non puoi far altro che brancolare nel buio più totale, come il capitano di una nave in cerca di attracco, ma incapace di mirare la direzione indicata correttamente dall’unico faro salvifico presente.

“Spero che ti abbia messo il voto più alto della classe, come minimo. Anche perché mi somiglia!”

Non è che ti somiglia... sei proprio tu, idiota! Tu sei la mia perenne ispirazione artistica... e non solo.
Sorridi flebilmente e annuisci, incapace di articolare altri lemmi utili a proseguire quella pantomima di cui stai iniziando a vergognarti come ti era capitato poche altre volte in passato. Non sei solito ispirarti alla fantasia, arrabattarti dietro a delle scuse o alle trame palesemente romanzate di una vita che non hai mai davvero vissuto. Sin da bambino hai sempre pensato che se solo fossi stato meno rigoroso ed analitico di fronte agli eventi della vita, avresti potuto trovare il tuo massimo comfort mentale con maggior facilità.
Ma le cose semplici non fanno per te, ormai è chiaro a chiunque ti conosca.

Koutarou si alza per venire a sedersi al tuo fianco, rilassandosi contro lo schienale e ancorando le dita delle due mani dietro la nuca. Sospira chiudendo per un attimo gli occhi, con l’aria di chi sta cercando con tutto sé stesso di trovare la forza per confessare qualcosa che gli duole nel petto. Rialza le palpebre fissando per lunghi istanti il lampadario. Il suo sorriso si spegne d’impeto, lasciando spazio ad un rigurgito di pensieri che deve trovare la sua giusta collocazione all’interno del vostro intricato rapporto d’amicizia. O qualunque altra cosa sia.

“Sai, non è facile.”

Ti volti appena nella sua direzione, preferendo di gran lunga osservarlo di sottecchi. L’esposizione eccessiva è uno dei difetti primari da cui l’uomo avrebbe dovuto da sempre imparare a difendersi; o almeno questo è quello che pensi ogniqualvolta ti capiti di riflettere sulla qualità delle tue relazioni sociali. Un altro tasto dolente che contraddistingue il vuoto delle tue giornate, specie nell’ultimo periodo.
Ma Bokuto non è nemmeno lontanamente paragonabile a tutta la rimanenza di universo che circonda il tuo piccolo spazio vitale. L’ex capitano della Fukurōdani rimane tutt’oggi la tua fonte primaria d’ispirazione e d’incoraggiamento, punto di riferimento primario per ogni match da affrontare, oltre che modello da imitare per forza e tenacia; con l’aggiunta di qualche ambizione tecnica e conoscenza di punti deboli altrui in più.

“Cosa, Bokuto-san?”

Con un balzo deciso si avvicina alla tua esile figura rannicchiata su sé stessa. Ti trascina sino a lui, portando il suo braccio dietro le tue spalle e tirando con una forza persuasiva, dirompente, praticamente impossibile da arenare. Inutile sottolineare che non hai mai avuto alcuna intenzione di privartene dopo aver sopportato quell’infinito lasso di tempo in cui sei stato costretto a considerare la sua assenza come qualcosa di assolutamente ‘normale’.
I suoi occhi chiari si ancorano in maniera inestricabile ai tuoi, dando l’impressione di voler scavare sempre più in profondità per comprendere cosa si celi dietro tutta quella reticenza che non perdi occasione di utilizzare come scudo protettivo contro qualunque male, a partire dalla divulgazione esterna dei tuoi stessi sentimenti.

“Non è per niente facile trovare un setter bravo quanto te.”

“Bravo o... che ti capisca? Sono due concetti ben differenziati, lo sai.


La sua espressione cambia radicalmente. Da quel guizzo di serietà con il quale ti stava esponendo le sue mancanze sportive e – soprattutto – emotive, è passato rapidamente alla messa in mostra di una maschera d’incredulità dovuta a quella domanda capace di coglierlo totalmente alla sprovvista. O forse si aspettava che dessi maggior rilevanza a quel meraviglioso complimento appena esposto. D’altronde, non è di certo la prima volta che riporta elogi sulle tue prestazioni sportive in tua presenza.

“Saranno anche due cose diverse, ma conosco persone che riescono ad averle entrambe.”

“Alla Nittaidai esistono setter del genere?”

“No, ma alla Fukurōdani... sì.”

Le sue parole sono più dolci del fruscio del vento tra i petali di sakura in piena primavera. Quante volte vi eravate soffermati nel giardino della scuola a raccoglierli da terra per lanciarveli addosso per mero dispetto. Anche se, a dire il vero, tu hai sempre preferito soffiarli sul suo viso, lasciando che nella sua fervida immaginazione potessero evocare il trasporto che i suoi supporter dimostravano durante le partite dello scorso anno ad ogni pallone che riusciva a sfiorare. E poco v’importava se Konoha o Sarukui si divertivano a prendersi gioco di questa ‘strana’ simbiosi creatasi tra voi sin dal primo sguardo, sin dai tempi della prima palla alzata in favore di quella stella dalla luce inestimabile.
Il protagonista del mondo merita tutto l’amore e il rispetto dei suoi tifosi e dei suoi piccoli e grandi discepoli.

Ti accoccoli a lui poggiando la fronte nell’incavo tra la spalla protesa e il mento. Le sue dita attraversano ancora una volta i tuoi capelli provocandoti brividi di piacere che fatichi a tenere sotto controllo come invece vorresti.
Le sue mani calde scivolano lungo i tuoi zigomi, fino a segnare il contorno della mascella in maniera lenta e lenitiva. Sfiora le tua labbra, sino ad arrivare ad accarezzarle in maniera sempre più eloquente. Sollevi appena il capo come a voler favorire quella sua piccola impresa, quell’iniziale ingresso nella tua anima a partire dalla tua bocca. Inizi ad assecondare quell’intrusione leccando la punta di quelle dita avide, trattenendogli il polso tremante per indurlo a non fermare quel principio di allettante tortura fisica e mentale.
Punti il tuo sguardo deciso sui suoi occhi distratti dai tuoi movimenti inaspettati, dalla tua bramosia che per troppo tempo è rimasta celata nel tuo cuore. Sembra quasi spaesato, incapace di reagire o di sentenziare alcunché: ancora una volta senti di averlo sotto il tuo completo controllo, anche se non è ciò che desideri realmente. Liberi la sua mano decidendo di avvicinarti al suo viso arrossato, imbarazzato, spiazzato. Baci la sua guancia e gli butti le braccia al collo con l’unico intento di rassicurarlo. Non è tua intenzione intimorirlo con una presa di posizione che in un contesto del genere non ti apparterrebbe. Vorresti trovare la forza necessaria per aprir bocca e spiegargli che ti sei semplicemente sentito in vena di approfondire il suo tocco per un istante, libero e senza remore, come non era mai successo prima. Non hai pensato a nulla, non hai fatto nessun pensiero strategico e tantomeno calcoli di rito. Non ci sono avversari da battere quando si tratta di voi due, insieme. L’unica eccezione resta impressa nei vostri reciproci timori, nelle vostre banali insicurezze dinnanzi ad un futuro pregno di deviazioni e nuovi progetti da realizzare.
Ma vale davvero la pena di costruire la propria esistenza in quella maniera? È necessario doversi separare fisicamente pur rimanendo ancorati alla speranza di una prossima vita da condividere con ogni mezzo? Di certo non sei ancora in grado di fornire delle risposte valide, sicure e definitive; ma il solo fatto di avere Koutarou al tuo fianco ti fornisce la forza di cui hai bisogno per andare avanti, a discapito di qualunque separazione periodica a cui andrete incontro.
 
***
 
Ti sei lasciato prendere in braccio al pari di una qualunque neo-sposa al primo ingresso nella nuova abitazione. Hai le mani sul viso per la vergogna, nonostante la consapevolezza di essere soli. Per un attimo ti è sorto spontaneo domandarti cosa avrebbero pensato i tuoi genitori se avessi mai avuto la sfortuna di trovarli ad assistere a quella patetica scenetta melensa. Con ogni probabilità tua madre avrebbe riso di gusto, per poi considerare il tutto come una burla nata spontaneamente tra due amici di vecchia data. Tuo padre, al contrario, avrebbe strabuzzato gli occhi per poi chiedere a Koutarou di togliere il disturbo; la ramanzina sul disdoro della famiglia alla scoperta di un’eventuale presenza di omosessualità sarebbe poi toccata solo ed esclusivamente a te. Un privilegio raro che ti saresti risparmiato più che volentieri.

Le mani di Bokuto in piena esplorazione underwear si avvalgono della facoltà di distrarti da quei pensieri amari quanto martellanti. Il tuo maglione è già stato poggiato svogliatamente sulla seggiola su cui solitamente adagi la borsa scolastica, e la t-shirt della salute sta per fare la stessa identica fine.
Seduto sulla scrivania, a gambe divaricate, ti lasci trascinare dalla melliflua irruenza del tuo ex capitano, sempre più ansioso e avido delle tue attenzioni. Apri la sua felpa, aggrappandoti allo strato sottile di cotone che ancora ricopre la sua muscolatura tonica, proporzionata, praticamente perfetta. Pettorali che hai sempre ammirato ed invidiato.
Le vostre labbra si uniscono di nuovo, con un ritmo decisamente più audace rispetto a quello mostrato poc’anzi in salotto. I volti in estasi, gli occhi ormai languidi, le gambe pronte a far spazio ad un’eccitazione crescente.
Hai paura, ma non puoi fermarti; non avrebbe alcun senso se non quello di farti pentire della tua codardia per il resto dei tuoi giorni. Giunti a quel punto non è consentito alcun diètrofront dell’ultimo secondo, specie quando le sue braccia riescono ad avvolgere la tua minuta essenza facendoti sentire protetto ed invalicabile, come se al di fuori dei vostri abbracci il resto del mondo fosse improvvisamente scomparso, sommerso dalla solita, tediosa e complicata routine che in quel momento non vi appartiene.
La neve non smette di cadere da quel cielo violaceo e privato dei suoi barlumi naturali. La purezza e il chiarore della sempre più spessa coltre rimane l’unica fonte d’illuminazione all’interno di quella stanza buia; un nido sicuro e familiare dentro il quale stai per compiere uno dei passi più importanti che tu abbia mai realizzato.

“Bokuto-san...”

Avverti un verso simile ad un lieve grugnito. Probabilmente ha cercato di rispondere alla tua invocazione mentre era intento a mordicchiare la pelle chiara del tuo collo e a stritolarti a dovere trattenendoti per i fianchi.

Koutarou. Mi chiamo Koutarou, lo sai.”

“Ma sei pur sempre il mio senpai.”

“Lo ero.”

“Lo sei.”

Poni l’indice a fior di labbra, in modo da impedirgli di obbiettare e d’interrompere quello che vorresti rivelargli, prima che quella parvenza d’intraprendenza arrivata sino a te prenda il sopravvento e decida di darsela a gambe. Koutarou, dal canto suo, solleva le palpebre in maniera quasi innaturale, colto di sorpresa da quello splendido sorriso che si sta lentamente dipanando sul tuo viso. Afferra d’improvviso quella mano con cui lo stai costringendo ad osservare senza possibilità di replica e la stringe tra le sue. Inizia a rilasciare piccoli baci prima sulle sue nocche, poi sui polpastrelli, per portarsela, infine, su quella guancia rossa e bollente quasi quanto un incendio.

“Perché... perché non sorridi più spesso, Akaashi?”

“Perché non ho sempre il mio specchio personale a portata di mano.”

“Il tuo... specchio?!


Koutarou si volta d’impulso in ogni direzione, alla disperata ricerca del riflesso di cui gli hai parlato. Ma l’unico specchio presente nella stanza si trova nella parte interna dell’anta centrale dell’armadio, in quel momento perfettamente chiuso. Nel giro di pochi istanti torna a girarsi nella tua direzione, ancora confuso ed ignaro di fronte alle tue ultime parole. Non puoi far altro che andare in suo soccorso, pronto anche a divertirti un pochino. Ogni tanto te lo meriti, anche se sei davvero ostinato di comprendonio da questo punto di vista.
Prendi il suo viso tra le mani e porti la tua fronte a contatto con la sua. Sono entrambe calde, ma sapete entrambi che non potrebbe mai trattarsi di febbre. Cerchi i suoi occhi per fissarli con un’intensità che lo lascia ancora una volta senza parole.

“Vedi Koutarou, ora mi sto specchiando.”

“Sì, ma dov’è lo specchio?!”

“È proprio di fronte a me, lo sto toccando. E posso assicurarti che ha la zucca molto dura!”

“Akaashiiii!”

Keiji. Non solo il pupazzo di neve ha il diritto di essere chiamato con questo nome.”

Racchiudi il suo labbro superiore nella tua bocca e lo provochi leccandoglielo sino a sentirlo genere tra le tue braccia. Vi lasciate andare ad un ultimo, lungo ed appassionato bacio prima di essere portato – nuovamente – di peso sino al letto. Mentre si toglie in contemporanea felpa e maglietta e si sistema sopra il tuo corpo supino, ti volti a contemplare quei fiocchi candidi che continuano a scendere dalle nuvole gravide in maniera inarrestabile. Ti soffermi qualche secondo a riflettere su quanto quel paesaggio ricordi l’idea di fanciullezza, d’ingenuità e di verginità. Ti chiedi se a seguito di quella nottata inaspettata la neve si ritirerà per lasciar posto al sole, la stella che nella sua forma e nella sua indispensabile luminosità ricorda maggiormente il viso di chi ti sta accanto in quel prezioso frangente.
Tu sei come quel gelido manto che necessita del suo sole per poter risplendere, a rischio e pericolo di uno scioglimento che non lo porterebbe alla dipartita definitiva, bensì ad nuovo ravvicinamento tra elementi celesti.

“Devo prendere una cosa, aspetta un secondo.”

La voce di Bokuto ti riporta con la mente a quello che sta concretamente succedendo – o che sta per succedere – all’interno di quella che è stata la tua tana personale per l’intero corso della tua infanzia e della tua prima adolescenza. L’osservi con aria incuriosita mentre si avvicina a quei jeans finiti inesorabilmente sul pavimento. Estrae il portafoglio da una delle due tasche posteriori e tu non hai più alcun dubbio rispetto a quale sia l’obbiettivo della sua piccola ricerca. Un improvviso groppo in gola ti porta involontariamente a deglutire, mentre porti le tue ginocchia nude al petto, stringendole con entrambe le braccia. Tenti di difenderti un’ultima volta da quel che sarà, anche se sai bene di desiderarlo quanto lui, se non addirittura con un trasporto maggiore.

“Eccoli! E di due colori diversi, così puoi scegliere!”

Si avvicina al letto con il suo piccolo bottino in lattice tra le mani. Due profilattici ancora racchiusi nei loro piccoli involucri trasparenti: uno di colore rosso e l’altro di colore giallo. Non perde tempo a formulare domande scontante: sa bene che per te questa è la prima volta e non infierirà a tal proposito. Non gl’importa di primeggiare, quello avverrà spontaneamente; ciò che gli sta a cuore è che tu riesca a goderti questo momento nel migliore dei modi. E lui ce la metterà sicuramente tutta affinché questo si avveri.

Keiji, scegli tu il colore.”

“È uguale.”

“Beh, non è che con uno si senta meglio piuttosto che con l’altro. Lo dicevo solo per poter usare il colore che ti piace di più.”

Lo sguardo ti cade inavvertitamente tra le sue gambe, dove il rigonfiamento del suo membro è più che evidente al di sotto di quell’unico strato di stoffa costituito dai suoi boxer color sabbia.
Avverti una strana pulsazione nello stesso punto. T’imbarazza da morire ammetterlo, ma sei più eccitato persino del diretto interessato.

“Giallo. Il rosso mi ricorda troppo il Nekoma.”

Koutarou scoppia a ridere di botto dinnanzi a quella tua battuta dai toni non troppo innocenti. Ogni riferimento è puramente voluto, anche se preferisci non fare nomi. Le allusioni sono più che sufficienti.

“Sì, in effetti il giallo è più da Fukurōdani, hai ragione!”

Ehi bro’, lo sapevo che stasera avresti fatto centro con il tuo kōhai preferito.”

La risata della matricola della Nittaidai si arresta per una manciata di secondi, il tempo necessario per registrare quello che hai appena detto e, soprattutto, il modo in cui l’hai pronunciato. L’imitazione di Kuroo-san, con tanto di slang – da te mai digeriti! – è riuscita alla perfezione. Mancava giusto il ciuffo corvino e la tuta carminio della sua ex squadra a completare quel quadro decisamene esilarante.
Devi però poi attendere almeno un paio di minuti prima che Koutarou possa tornare a calmarsi e a ragionare più o meno lucidamente sul da farsi con il preservativo.

“Questa parodia da dove ti è uscita? La prossima volta che becchiamo Kuroo la devi riproporre! Ti prego, Akaashi!”

Keiji! Vuoi che racconti anche i più piccoli dettagli al nostro caro gatto nero?”

Come un ineluttabile motore diesel, Bokuto ci mette più del dovuto a comprendere il vero significato della tua domanda. Ma quando riesce a coglierlo, si lascia andare ad un’ultima risata liberatoria, prima di decidersi finalmente ad avventarsi sul tuo corpo seminudo ed inerme. Ti bacia sulla bocca mentre inizia a stimolarti con le dita da sopra il cotone delle tue mutande. Ciascuno di quei piccoli contatti intimi diventa una lieve tortura corporea che non riesci a controllare, tanto da arrivare a gemere e mugugnare ininterrottamente. Sfila la tua biancheria senza lasciarti nemmeno il tempo di protestare, pronto a dare il via a quell’unione carnale che si faceva attendere da tempo immemore.
Si denuda a sua volta, chiudendo le dita della tua mano destra intorno a quel preservativo liberato dal suo rivestimento con un rapido strappo dentale.

“Questo me lo dovresti mettere tu. Io faccio solo casini.”

Sollevi la mano e guardi quell’anticoncezionale capace di emanare uno strano odore. Lo avvicini al naso percependo un lontano effluvio di limone misto a plastica rappresa.
Preservativi fruttati. Chissà chi te li ha consigliati...

Ti metti a sedere, ma non senza un certo imbarazzo. Non è la prima volta che Koutarou ha il piacere di ammirarti senza nulla addosso, nonostante la semioscurità in cui verte la stanza. È la circostanza ad essere ben diversa.
Cerchi il suo sesso turgido e ne accarezzi l’apice con le dita. Le sue guance si fanno ancor più rosse, mentre tenta di sopperire un lamento che, con ogni probabilità, nella sua mente lo avrebbe reso troppo vulnerabile ai tuoi occhi. Arrotoli il preservativo nella stessa maniera con cui sistemi un calzino invernale prima di indossarlo.
Bokuto cerca di resistere a quella serie di contatti dovuti, a quella tensione crescente sempre più prossima alla ricerca del suo apice di liberazione.

“Fatto.”

Non hai il tempo di aggiungere altro. Ti ritrovi i polsi bloccati, mentre il suo membro cerca di farsi spazio tra le tue gambe. Senti il fiato mancare quando una delle sue mani si stacca da quella trappola umana ed inizia a muoversi sotto i tuoi testicoli, giungendo sino alle natiche. Nessuno si è mai spinto ad un tale livello d’intimità nei tuoi riguardi. Nessuno ha mai inserito ben due dita in quell’orifizio che solitamente viene utilizzato per fare ben altro.
Eppure quel contatto, in un primo momento piuttosto fastidioso, diventa a mano a mano una sorta di carezza nascosta, uno stimolo per quelle rigide pareti interne che hanno solo bisogno di adattarsi ad un’ignota invasione.
Koutarou libera i tuoi polsi per poter dare sollievo alla tensione crescente del proprio sesso. I tuoi lamenti di dolore misto a gioia sanno essere galvanizzanti quasi quanto la lotta interiore a cui state per andare incontro.

“Keiji, posso... ?”

Annuisci, pronto ad accogliere la sua incontenibile eccitazione. Vederlo soffrire in quella maniera – mentre con pazienza si premura di prepararti – ti sta inevitabilmente facendo sentire in colpa, oltre che impaziente di donargli quello che realmente si meriterebbe di ricevere in cambio.
Ma non hai la benché minima idea di quanto questo tuo pensiero sia ben lontano dalla realtà dei fatti.

Bokuto entra piano, contrariamente ad ogni tua aspettativa. Nonostante ciò, la penetrazione risulta comunque più dolorosa del previsto.
Urli, inarcando più volte la schiena sperando di poter reggere a quello sforzo che sembra lacerarti in due. Le lacrime che fuoriescono dagli angoli dei tuoi occhi ti portano a percepirti come ancor più inadeguato ed incapace dinnanzi a quello che comunemente viene decantato come uno dei massimi piaceri della vita.
Una volta entrato completamente, Koutarou resta fermo per qualche istante, pronto a darti conforto chinandosi su di te e concentrandosi sul tuo volto sconvolto dagli eventi.
Ti accarezza i capelli mentre asciuga le tue gote e si accerta che tu stia bene. La dolcezza del bacio che schiocca sulla tua fronte imperlata di sudore t’induce a cercare la sua vicinanza, t’invita ad abbracciarlo nel momento esatto in cui comincia lentamente a muoversi all’interno del tuo corpo.

“Keiji, non avere paura! Vedrai che sarà bellissimo... fidati di me.”

Mi fido Bokuto-san. Mi sono sempre fidato della persona che amo.
 
[Continua…]
 
 

… No, non avere paura
Quando vai a dormire sola
Se la stanza sembra vuota
E se senti il cuore in gola
Non avere paura
Mi prenderò cura io di te... 










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia piccola one-shot! :)

Il #Writober2019 è ufficialmente finito, ma il mio amore per la BokuAka continua e continuerà a lungo! Ho deciso di proseguire la precedente shot creando una serie dal titolo ‘A mano a mano’ (traendo ispirazione dalla celebre canzone di Rino Gaetano). Prossimamente avremo nuovi aggiornamenti, garantito! ;)

Questa quarta fase comincia esattamente dal punto in cui è terminata la terza (ma dai?! XD ).
Siamo arrivati al punto cruciale, quello che tutti stavate aspettando... bricconcelli! Non avete idea di quanto sia stato faticoso per me scrivere questa shot, tra impegni, stanchezza e – soprattutto – ricerca dei termini e della contestualizzazione più credibile da mettere in piedi tra l’infinito marasma delle mie idee. Mancherà qualcosa sicuramente, ma... finalmente Koutarou e Keiji stanno trovando la loro dimensione ‘intima’. Per il più giovane tra i due non sarà di certo una passeggiata, dato che si tratta della sua prima volta; ma non ha nessuna intenzione di tirarsi indietro per qualche remora di troppo. Il punto ora sta proprio nel renderlo capace di esprimere quel pensiero che tira fuori proprio nel finale di questa prima parte dai toni un po’ più ‘maturi’ (diciamo così).
Nella prossima OS narrerò la parte conclusiva di questa meravigliosa nottata. Can’t wait! **
P.S.: Magari non tutti apprezzeranno il riferimento a Kuroo, ma io ho riso come una matta su questo punto ad ogni singola rilettura! Non potevo toglierlo! XD

Il titolo della one-shot riprende quello della canzone di Tommaso Paradiso ‘Non avere paura’  (della quale riporto il ritornello diviso tra inizio e termine del testo).
Il testo è scritto in seconda persona e al tempo presente (salvo qualche piccolo riferimento al passato).

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! **

A presto,

Mahlerlucia

 
   
 
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