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Autore: Ofeliet    19/11/2019    1 recensioni
Tutto sommato quando viene trasferito all'ambasciata di Roma Ludwig si scopre a non protestare in alcuna maniera, e dopo una settimana ha già il biglietto aereo in mano. Una nuova vita lontano da casa in un condominio forse un po' troppo fuori dalle righe, un ambiente completamente diverso, tutto stravolgeva i suoi piani.
Ma, nonostante tutto, si era innamorato.
{ GerIta | HumanAU }
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Aveva fatto le scale in fretta e furia per salire al piano di sopra, e aveva atteso nervoso che Francis gli aprisse la porta. Ora che ci faceva caso, proveniva un casino infernale dall’appartamento che aveva davanti. Il proprietario aveva aperto poi la porta mentre Feliciano, con passo più calmo, lo raggiungeva. Lo scenario che si presentava davanti a lui era meglio di come lo aveva immaginato.
Per fortuna suo fratello non era nudo, ma solo in mutande. Nel constatarlo Ludwig tira un sospiro di sollievo, raggiungendolo.
« West! » esclama questi, avvicinandosi e passandogli il braccio lungo le spalle. « Finalmente sei qui. »
« Perché non mi hai avvisato che venivi? » gli chiede in tedesco.
« Volevo farti una sorpresa. » si trova a sospirare nervoso. Suo fratello, che non sapeva una parola di italiano e non aveva la minima idea di come orientarsi a Roma, era riuscito a giungere sano e salvo al suo condominio e non l’aveva avvisato. « É colpa tua che non eri in casa. »
« É crudele abbandonare il proprio fratellone. » fa eco Francis, in italiano, ma lui gli lancia un’occhiataccia che lo spinge a non aggiungere altro. La sua testa prende a girare un po’, forse per via dell’alcol e soprattutto a causa di quello stress improvviso. Non che volesse male a Gilbert, ma doveva ammettere quanto il fratello fosse difficile da gestire. E non poteva farlo soprattutto adesso che aveva Feliciano per le mani. Le sue labbra pizzicavano ancora per quel bacio mancato. Era frustrante.
« Gilbert, per favore, rivestiti. Dove hai lasciato la valigia? » l’altro uomo sbuffa infastidito, indicandogli lo zaino che aveva l’aria abbandonata nelle vicinanze della porta. C’era anche Feliciano alla soglia. Aveva un’aria spaesata, ma non accennava di voler entrare. Si trova a sospirare, pensando a quello che avevano passato solo cinque minuti prima. Di certo l’occasione, ora, non si sarebbe ripetuta.
« Tutto ok? » gli chiede, una volta che gli è vicino. Lui sospira, passandosi una mano tra i capelli.
« Sì. » lo dice con un tono forse troppo duro, e osserva il viso di Feliciano irrigidirsi. « Mi spiace, credo dovremmo rimandare la serata. »
« Lo penso anch’io. Credo sia meglio che io ti lasci parlare con tuo fratello. Buonanotte Ludwig. »
« Buonanotte. » con un certo peso nel cuore lo guarda prendere le scale, e poi si gira verso il terzetto che stava ancora dentro l’appartamento. Era entrato anche Antonio nel suo campo visivo. Ora che ci faceva caso tutti e tre erano completamente svestiti. Sperava di poter cancellare una simile visione dalla sua mente presto.
Gilbert, comunque, camminava per l’appartamento in cerca dei vestiti che gli rimanevano, mentre Francis e Antonio si erano entrambi seduti sul divano con aria cospiratoria. Non gli piaceva per niente, ma di certo doveva aspettare il fratello.
« Serata interessante? » chiede allora Francis, con sorriso malizioso.
« Non credo di dover rispondere a uno che non ha niente addosso. »
« Eri con Feliciano? »
« Feliciano? » chiede allora Gilbert, curioso.
« Il vostro nuovo vicino. » risponde Francis, in inglese. « Ludwig non te l’ha detto? »
« Ho la faccia di uno che ne sa qualcosa? » brontola allora Gilbert, infilandosi i pantaloni. Non voleva sapere perché se li fosse tolti. « Abbiamo dei nuovi vicini? » dice rivolgendosi a lui.
« Sì, i nipoti di Romolo. »
« I nipoti? Quel vecchiaccio aveva accennato a dei nipoti. Come sono? »
« Prega di non incappare in Lovino. » gli risponde Francis, sistemandosi meglio sul divano.
« Ehi, non parlare male del mi niño. »
« Il tuo cosa? » dice Francis, cercando di reprimere una risata. Lui li osserva, vede il fratello mezzo rivestito e decide che la sua sopportazione aveva retto abbastanza per quella sera. Cercava di mandare via la frustrazione per quel bacio, ma non ci riusciva.
« Gilbert, andiamo. » sibila all’indirizzo del fratello. Questi, stranamente, non se lo fa ripetere due volte. Lui si carica in spalla lo zaino e si lascia seguire dal fratello, che saluta gli altri due, promettendo loro di tornare una volta che avrebbe risolto con lui. Con una certa urgenza Ludwig scende le scale, spinge il fratello dentro casa, e incrocia le braccia.
« Sono qui per te West! » esclama Gilbert, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. « Io lo so che sei triste per la morte di Axel, e so che le tue ferie sono ad ottobre, ovviamente, quindi mi sono sentito magnanimo e ho deciso di venire per tenerti compagnia finché non ti riprendi un po’. »
Axel. Lui si era completamente dimenticato di Axel perché… Feliciano, era lui a riempire la sua mente in quel momento, e non dava alcun cenno di andarsene. Non riusciva a darsi torto.
« Gilbert io sono molto occupato- »
« Piuttosto, come sono i nostri nuovi vicini? Ho visto prima, quello era proprio carino! »
« Nostri? »
« Sono tuo fratello, è come se abitassi qui. »
« Quando incontrerai Lovino credo ritratterai questa frase. »
« Non mi sottovalutare, quest’ultimo anno mi sono esercitato con l’italiano. » lui sospira, spingendosi verso la camera da letto, in cerca di asciugamani da dare al fratello. « Sono fluentissimo. »
« Non ne dubito. Cerca di non spaventare nessuno. » Gilbert emette uno sbuffo infastidito, ma non gli risponde, dandogli un attimo di tregua. « Cerca anche di non infastidire Elizaveta. »
« Abitano ancora sopra? »
« Sì. » un sorriso per niente benevolo si disegna sul viso del fratello, facendogli capire che il suo soggiorno sarebbe stato tutt’altro che tranquillo.

Gilbert aveva portato della birra dalla Germania. É calda una volta che la aprono, ma alla fine entrambi finiscono col berla, una sorta di memento per il loro trapassato e amato animale domestico. Quando lui si sveglia la mattina successiva, la mattina è già tarda, e il suo mal di testa non è così atroce come temeva.
Gilbert era ancora sonoramente addormentato, e lui si alza con cautela, spingendosi in cucina per u po’ d’acqua. La serata di ieri era stata così surreale che stava iniziando a mettere in dubbio di averla vissuta.
Feliciano era nella sua mente. Quel quasi bacio continuava a tornargli, a renderlo frustrato. Era una sospensione che lo tormentava, un millimetro dal sapere se sarebbe andata bene o meno. Non ne poteva nemmeno parlare con l’altro perché Gilbert aveva la sorprendente capacità di essere inopportuno in qualsiasi luogo, e di certo gli avrebbe fatto domande alle quali non sarebbe stato in grado di rispondere.
Alla porta bussano, e lui la guarda come se fosse un’allucinazione. Non sapeva dire se fosse la sua mente a produrre quel suono o se fosse in effetti la persona che desiderava vedere in quel momento. Si trascina fino alla porta, aprendola. Era Feliciano.
Per un primo momento è felice di vederlo, ma quello subito dopo è consapevole di avere i capelli arruffati, le occhiaie e probabilmente accenni di barba, che completava un aspetto trasandato e per niente piacevole da guardare. L’altro uomo lo fissa per un lungo istante, ma poi gli sorride.
« Sono venuto a portarti dell’aspirina. » lui boccheggia, guardando il flacone che l’altro teneva nelle mani, indeciso su cosa replicare. « É colpa mia se ieri ci siamo sbronzati. »
« No, no, affatto. » si sente in imbarazzo, il suo sguardo continua a focalizzare le labbra di Feliciano, ma è piuttosto certo che l’altro non vorrebbe essere baciato da un tizio in condizioni come le sue.
« Ludwig va tutto bene? » lui sente che niente sta andando bene, e la sua mente fa fatica a creare un pensiero coerente. « Mi dispiace averti disturbato. »
« Non mi hai disturbato. » l’altro lo osserva, confuso. « É solo che ieri ser- »
« Weeeeeest. » l’urlo di Gilbert riecheggia per l’appartamento, e lui si trova a voltarsi di scatto verso la propria stanza, guardando il fratello uscire da essa. « Ti prego dimmi che hai qualcosa per il post sbornia. »
« Strano che tu soffra comunque di post sbornia. » si trova a borbottare, rientrando nell’appartamento. Sente Feliciano seguirlo, probabilmente incuriosito dalla specie di animale che poteva emettere quel verso.
« Feliciano, ma chi cazzo ha urlato? » improvvisamente appare Lovino dall’altro appartamento, anche lui con i capelli arruffati e apparendo poco ben disposto a essere conciliante. « Ma che cazzo, ma uno la domenica mattina può riposare tranquillo o devo trasferirmi in un convitto? »
A grandi passi Lovino entra nel suo appartamento, guarda prima il fratello, poi lui, e solo alla fine focalizza Gilbert che stava ancora all’entrata della camera da letto. Lo osserva sgranare gli occhi, e poi tornare a prestare attenzione al fratello.
« Non dirmi che ti sei fatto pure lu- » alla velocità della luce Ludwig vede Feliciano scattare in direzione del fratello, tappandogli la bocca e trascinandolo oltre la porta.
« Passo dopo a vedere come stai. »
Lui rimane ad osservare il punto dove fino a prima erano i suoi vicini, per poi voltarsi in direzione del fratello che sembrava star vivendo il post sbornia molto meglio di come facesse lui.
« Ma non era lo stesso di ieri? »
« Sì. »
« Aspetta, ma lì accanto non abitava un vecchio? »
« Il signor Romolo è morto questa primavera. »
« Cazzo, è un anno sfigato questo. » lui lo fulmina con lo sguardo, mettendosi a preparare un po’ di acqua per l’aspirina. « Però ci hai guadagnato. »
« Che intendi dire? »
« Lo sai cosa voglio dire. » Ludwig percepisce la sua pazienza scendere di livello, ma decide di non dare troppa retta a Gilbert, quindi aspetta che la sua medicina finisca di sciogliersi e intanto si gira in direzione del fratello, appoggiandosi al bancone della cucina.
« Qualsiasi cosa tu voglia dire, Gilbert, non importunare i nostri vicini. Già me la devo vedere con Elizaveta. »
« Quella donna è cotta di me. »
« Quella donna ti ha mandato al pronto soccorso due volte, Gilbert. »
« Le vie dell’amore sono misteriose. » lui rotea gli occhi, scocciato, ma lascia correre. La fissazione del fratello nei confronti di Elizaveta era diventato qualcosa di leggendario. « Ma non ho problemi a spostare il mio obiettivo. »
« Non farlo. »
« Perché no? » lui rimane in silenzio, non sapendo cosa dire. Certo di Lovino non gli importava molto, ma l’idea che suo fratello potesse stare troppo vicino a Feliciano non incontrava la sua sopportazione. « Non mi dire! Ci vai a letto! » esclama allora Gilbert, riportandolo nella realtà. Lui si sente tingere le guance di imbarazzo, scattando in piedi.
« Non è vero. »
« Non mentirmi, West. Dì i tuoi problemi di cuore al tuo fratellone. » Gilbert non era capace di mantenere segreti, e certamente era un pessimo consigliere. Confidargli di quel qualsiasi cosa fosse successo la sera prima non gli sembrava la migliore idea da mettere in pratica.
« Non ho niente da dire. »
« Allora ho campo libero. »
« Ho l’impressione che prima o poi mi chiameranno perché hanno trovato il tuo cadavere in qualche cassonetto. »
« Suvvia, West, sono sopravvissuto a sei mesi in Russia. Ormai niente può farmi fuori. » Gilbert non nominava spesso il suo Erasmus, e lui aveva intuito che non ne volesse parlare, eppure di tanto in tanto simile argomento saltava fuori nei momenti più inaspettati.
« Mi stai confermando che ti sei unito alla mafia russa? »
« Non ho detto questo. » replica Gilbert, mettendosi le mani sui fianchi. « Vado a farmi una doccia, spero tu abbia ancora quella lozione presa nel negozio dal nome strano. » lui alza di nuovo agli occhi al cielo, mettendosi a preparare la colazione nel frattempo. La sua mente non riusciva a focalizzarsi su nient’altro che su un particolare, e aveva l’impressione che l’avrebbe perseguitato per tutta la giornata.
Alla sua porta bussano di nuovo, e dopo una veloce occhiata alla porta del bagno, Ludwig va verso l’entrata, aprendo a Feliciano. « Scusa, non volevo disturbarti. »
« Non lo stai facendo. » lo osserva sorridergli.
« Hai preso qualcosa contro il mal di testa? » la sua premura lo faceva sentire imbarazzato, ma in una maniera completamente nuova.
« Sì, mi sento meglio. »
« West, chi c’è alla porta? » suo fratello, puntualmente, aveva interrotto il suo tentativo di chiarire la situazione, e lo sente arrivare nella sua direzione. Si gira, notando il come sia ancora fradicio e con un solo asciugamano addosso. Si sente sbiancare e quasi desidera mettersi tra lui e Feliciano, ma ormai è troppo tardi.
Osserva Feliciano sgranare gli occhi nel vedere Gilbert, e qualcosa dentro di lui smette di funzionare.
« Oh, sei tu! » esclama intanto Gilbert, avvicinandosi ancora, mentre lui continuava a tenere la mano sulla porta, non reagendo.
« Molto piacere, sono Feliciano. » dice l’altro uomo, parlando direttamente in tedesco. Non aveva nemmeno bisogno di tradurre, come invece doveva fare con Romolo. La sua presenza lì era superflua.
« Io sono il fratello di questo qui, ti avrà sicuramente parlato di me! » non guarda nemmeno l’espressione di Feliciano, ritirandosi dentro l’appartamento e smettendo di ascoltare. Non vuole nemmeno rimbeccare Gilbert per l’acqua che ha sparso per il pavimento, vuole solo fare colazione e fingere che suo fratello, mezzo nudo, non stia parlando con quello che era il suo vicino. La sua mente non riusciva a coniare un altro appellativo a Feliciano in una situazione simile.
In fondo non erano molto di più di quello. Il quasi bacio non significava niente, se era un quasi.
Dopo un po’ sente la porta chiudersi, e controlla che Gilbert non sia uscito sul pianerottolo in quelle condizioni, ma lo vede rientrare nel salotto con aria piuttosto soddisfatta. Non era mai un buon segno.
« Abbiamo un appuntamento West. »
« Un cosa? »
« Un appuntamento. Feliciano è stato così carino e mi ha invitato a fare un giro in centro. »
« Buon per te. » non ne era contento, ma non voleva renderlo troppo palese.
« Mica tanto, ha detto di portarsi dietro anche te. » quello l coglie di sorpresa, facendolo voltare verso il fratello.
« Cosa intendi? »
« Ha detto che lui non sa bene il tedesco e ha aggiunto che sarebbe meglio ci fossi anche tu, nel caso avessimo delle incomprensioni. Mi farai da reggi candela, West! » lui si percepisce sospirare, ma lascia cadere la faccenda. In realtà era in cerca di una scusa da propinare a entrambi, non aveva alcuna voglia di andare con loro e probabilmente sentire i suoi stessi sentimenti soffocare. Di certo Gilbert era interessato a lui, e Feliciano sembrava aver ricambiato l’interesse dato quell’inusuale invito.
Si sentiva improvvisamente il cuore pesante, e ne aveva compreso la ragione.

Alla fine aveva ceduto alle insistenze di Gilbert. Si era vestito, aveva sopportato le lunghissime sfilate del fratello, lo aveva convinto a indossare vestiti leggeri ed erano usciti sul pianerottolo. Feliciano non c’era ancora, e lui si impunta con tutta la sua forza di volontà per impedire a Gilbert di andare a suonare al loro campanello. Per peggiorare la giornata gli mancava ancora una volta la presenza di Lovino.
Dopo dieci minuti finalmente Feliciano fa capolino dalla porta, salutando entrambi. Si era cambiato e aveva un’aria diversa dal solito, o almeno diversa a quella a cui era abituato.
« Possiamo andare. » dice allora lui, e iniziano a scendere le scale. Gilbert non coglie l’occasione di parlare, riempiendo Feliciano di domande delle quali sa già la risposta, ottenuta da lui mezzora prima. Durante tutto il tragitto percepisce Feliciano gettargli qualche occhiata, ma non se la sente di ricambiarla.
Una volta fuori dalla metro si spostano verso la parte turistica del centro e Feliciano inizia ad illustrare brevemente la zona. Lui smette di ascoltarlo, concentrandosi sui dettagli degli edifici che li circondavano. Era passato diverso tempo dall’ultima volta che aveva visitato qualche monumento, e stava iniziando a percepirsi contento per esser uscito. Più avanti c’erano Gilbert e Feliciano che parlavano, e sembravano divertiti. Poi Feliciano si volta verso di lui, facendogli segno di avvicinarsi. Lui si trova a seguirlo in maniera ipnotica, e si ferma solo quando è vicino a loro.
« Tutto bene? »
« Sì, è ok. »
« Io e Feliciano pensavamo di prenderci un gelato, sei con noi? » annuisce, e Gilbert si porta più avanti, improvvisamente entusiasta. Feliciano rimane a camminare al suo fianco, anche se non parla. Lui percepisce le punta delle sue dita sfiorare le sue, ma non riesce a togliere la propria mano come vorrebbe. Desidera afferrarla, tenerla nella sua, ma sa di non poterlo fare.
« Sei sicuro che ti andava di uscire? »
« Cosa intendi? » Feliciano riprende a guardare in avanti, sembra non voler incrociare il suo sguardo.
« Mi sembri un po’ scostante oggi. Ieri sembravi diverso. » arrossisce, e nota che lo è anche Feliciano. Sembrava non aver dimenticato cosa fosse successo la sera precedente, e non voleva lasciarla cadere nel dimenticatoio.
« Sono solo un po’ stanco. Non è niente di serio. »
« Meno male. » l’altro torna a guardarlo, e gli sorride. Lui si sente più leggero, e percepisce ancora la pelle di Feliciano contro la sua. « Mi chiedevo se ti andava di venire con me ad una festa. »
« Una festa? Credo mio fratello sia la persona più adatta a cui fare questo tipo di richiesta. »
« É un’esposizione d’arte. Credo tu sia un compagno migliore per una serata simile. »
Non aveva idea di cosa rispondergli. Ne era certamente incuriosito, eppure la sua mente era ferma all’idea di essere stato definito un compagno da Feliciano. Di certo l’altro non ci stava girando intorno, e quindi decide che nemmeno lui l’avrebbe più fatto.
« Mi farebbe molto piacere andare con te. » lo osserva arrossire, e finalmente Gilbert li richiama, facendoli avvicinare per scegliere i gusti. Una volta fuori la sua mente torna all’ultima volta che avevano preso il gelato insieme, ma credeva che non avrebbero replicato simile scena di fronte a suo fratello.
« Comunque come mai sei venuto in Italia, Gilbert? » chiede Feliciano, continuando a mangiare il suo gelato dalla coppetta.
« Perché sono un bravo fratello! Il nostro cane di famiglia è morto e sapevo che West fosse depresso, quindi sono venuto per consolarlo! » Feliciano batte un po’ le ciglia, confuso, per poi non parlare più, continuando a mangiare.
« Perché lo chiami West? » Ludwig osserva il fratello gonfiare il petto, come se stesse per raccontare la storia del secolo. Non era raro che il suo nomignolo destasse la curiosità altrui, e Gilbert era sempre disposto a spiegarlo.
« Quando eravamo bambini, o meglio, quando Ludwig era bambino, la nostra camera aveva due finestre. Una orientata a est, e una a ovest. I nostri letti pure, e il suo era sotto la finestra che dava al tramonto, quindi io ho avuto l’idea geniale di chiamarlo West. »
Feliciano emette una lieve risata, e pure lui si rende conto di quanto simile racconto sia sciocco. Certo Gilbert non aveva mai smesso di chiamarlo in quella maniera, e non dava segno di voler smettere, e lui non aveva intenzione di farci qualcosa a riguardo. Simile nomignolo lo faceva sentire un po’ speciale.
« É carino. Il massimo dei soprannomi che mi ha dato Lovino è stato quello di “infame amico delle uvette”. » Gilbert lo guarda confuso, e lui si trova a dover tradurre simile espressione e spiegargliela.
« É un peccato che tuo fratello non sia voluto venire con noi. »
« Era stanco. » commenta Feliciano con una smorfia. Il loro giro prosegue, e il suo sguardo non si stacca da Feliciano, che sembra vivere e respirare in quell’ambiente. Di tanto in tanto gli lancia qualche occhiata, di sfuggita, e lui si trova a ricambiarla. Le loro mani ancora non si tengono, ma ora continua a percepire la pelle dell’altro sulla sua molto più spesso.
Con calma osservano il sole tramontare tra gli edifici, e infine si infilano nella metro, tornando a casa. Gilbert sembrava quello più entusiasta di tutta la faccenda. Era da un po’ che non lo vedeva in quella maniera. Feliciano era di nuovo al suo fianco, più vicino del solito, ma la cosa non gli dispiaceva più di tanto. Finalmente riusciva a sentirsi a suo agio con lui. Ora doveva iniziare a fare lo stesso con quello che provava. Non sarebbe stato facile ma avrebbe dovuto provarci.
Lentamente tornano a casa, e solo una volta giunti al loro pianerottolo Feliciano lo ferma.
« Ludwig, posso parlarti un momento? » gli ha parlato in italiano, e lui si blocca, guardando il fratello che non aveva capito. Questi, comunque, non sembra interessato al loro discorso e prende subito le scale verso il piano di sopra.
Era sicuro di doverlo andare a recuperare tra un paio d’ore e che sarebbe stato un processo inutilmente lungo. Sospira, dando la sua attenzione su Feliciano.
« É successo qualcosa? »
« Volevo parlarti di ieri. » lui sente qualcosa morire dentro, teme ciò che Feliciano sta per dire, ma cerca di mantenere una compostezza che percepisce faticosa. Ha paura delle parole di Feliciano per la prima volta.
« D’accordo. » l’altro abbassa lo sguardo, prendendogli le punte delle dita. Il suo contatto è caldo e piacevole, e tutto ciò che aveva desiderato.
« Non credo di aver ancora trovato le parole giuste. » si ferma, lui vede il suo rossore. « É che scoprire che eri tu quel ragazzino è stata una grossa sorpresa. »
La tensione accumulatasi nel suo corpo si perde completamente, tanto che si sente d’improvviso molto debole. Spera che Feliciano non se ne accorga. Questi però continua a guardare in basso e gioca con le sue dita, non lo guarda mai direttamente.
« Insomma, capisci che intendo? » annuisce, ma sta mentendo. Non lo capiva. Percepiva il contatto con la mano dell’altro e desiderava baciarlo in quel momento, fino allo sfinimento, ma sapeva di non poterlo fare. Feliciano era lì, di fronte a lui, e si stava aprendo. Non doveva rovinare un momento simile con i suoi desideri. « Possiamo entrare in casa tua? Non mi sento tranquillo a parlarne qui. »
Lui annuisce e gli apre la porta, facendolo passare e chiudendola poi dietro di sé. Feliciano si sta torturando le mani, e istintivamente gliene prende una come aveva fatto lui poco prima. Questi sembra sorpreso, ma non la tira via.
« Quello che volevo dire, ecco, è che io… » qualsiasi cosa gli voglia dire, sembra che sia difficile da dire. Lui sorride, cercando di essergli di incoraggiamento, stringendogli piano la mano. « Non so, l’incontro con te mi aveva segnato davvero tanto. »
« Mi dispiace. »
« No, intendo che l’ha fatto in positivo. Quel periodo è sempre rimasto nella mia mente, ogni volta che iniziavo una relazione. Non credo di averlo mai dimenticato. » Feliciano prende un lungo respiro, prima di riprendere. « Credevo anche che non avrei mai avuto occasione di rivederti. »
« Nemmeno io. » il sorriso di Feliciano diventa più malinconico.
« Però siamo qui. E tu, tu hai ammesso che… » ora è il suo turno di diventare rosso. « Forse sto viaggiando un po’ troppo. » vorrebbe dirgli che non si sbaglia, che lui prova nuovamente la stessa cosa, ma la sua bocca rimane in silenzio. Non si sente ancora pronto ad affrontare un simile discorso. Continua solo a tenere la mano di Feliciano, che lentamente la sfila e gli sorride.
« Ci vediamo questo giovedì, d’accordo? » non vuole lasciarlo andare, ma deve farlo.
« Feliciano. »
« Sì. »
« Ne riparleremo? » Feliciano gli sembra sorpreso, ma gli sorride ugualmente.
« Certamente. »

   
 
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