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Autore: Loscrittoremediobis    21/11/2019    1 recensioni
Avete mai visto uno specchio?
Quell‘oggetto così comune, così solito ma anche così misterioso.
Avete mai provato a toccarlo?
Avete mai tastato quella superfice così liscia da sembrare un lago pronto a incresparsi? Avete mai immaginato di immergersi dentro o vedere qualcosa emergere?
È una pazzia, direte, una sciocchezza; eppure è quello che è capitato a me, Aurore Lumiene: ragazza catapultata in una realtà senza niente di logico, impegnata in una ricerca più grande di lei con compagni tutto fuorché eroici. Una ragazza che dovrà giocare bene le sue carte per sopravvivere in un mondo dove bianco e nero non sono ben distinti e dove, con mille lacrime, tradimenti e legami, riuscirà a voltarsi e a fronteggiare le ombre del futuro.
Se vuoi iniziare quest‘avventura, equivalente a un thè con il Cappellaio Matto, non ti fermeremo...a tuo rischio e pericolo.
Genere: Commedia, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti
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-È colpa tua!-
Fissò il suo oppositore, che non faceva altro che dondolarsi da una gamba all’altra, senza nascondere un’espressione soddisfatta. Strinse i pugni, saturi di tutta la rabbia e frustrazione che quell’avventura aveva portato.
-Tu…hai tradito la mia fiducia. Tu…-.
-Non ti ho mai giurato fedeltà- rispose con tono freddo, uccidendo nell’aria quei frammenti di parole, cariche di emozioni taciute. Il soffio del vento, leggero come una carezza materna, era l’unica fonte di rumore in quella pianura intrisa di disperazione.
-Nemmeno il sangue potrà unirci-.
Quelle parole tagliarono gli ultimi fili che tenevano salde le poche convinzioni rimaste. Sapeva che una dimostrazione d’affetto era impossibile, ma non pensava non ci potesse essere neanche un minimo di empatia, un piccolo legame o una vacua solidarietà. Sentiva la rabbia sormontare sempre di più, assieme alle fredde lacrime che venivano vaporizzate dal calore delle fiamme circostanti. Si passò una mano sul viso: ogni segno nero, ogni bruciatura, ogni ferita erano state inferte per puro gioco, puro menefreghismo e cattiveria. Continuò a fissare quel nemico così nuovo, un nemico che aveva sempre vissuto e tramato alle sue spalle. Lo stesso nemico che aveva provocato tutto quel cataclisma.
-Tu…- la voce uscì come un sussurro, cercando di trattenere quella furia che, piano piano, stava sopprimendo ogni singolo istinto razionale. –Lui è morto per colpa tua. L’hai ucciso per avere una stupida scatola!- Strinse i pugni, sentendo il calore avvampare. –Hai ucciso un innocente per un tuo fine! Stai per ammazzare milioni di persone e non hai problemi!? Cosa cazzo ti passa in quella testa vuota?! Hai perso il senno!?-
Silenzio.
Il respiro si fece sempre più pesante, reso acre dal fumo delle fiamme che, come golosi ad un banchetto, cercavano di divorare più terra possibile, inghiottendola in quelle fauci roventi che aveva imparato a non temere. Il traditore si avvicinò: passi lenti ed eleganti come la sua persona. Gli occhi, liberati da quella maschera di benevolenza, ardevano di una rabbia soppressa, che piano piano stava risalendo. Si fermò, a pochi centimetri dalla povera vittima, che nel frattempo continuava ad ansimare furiosamente. Gli occhi ridotti a due fessure, la tensione quasi palpabile. Alzò il braccio, facendo collidere violentemente il palmo con la guancia sporca dell’avversario.
-Non. Ti. Permetto. Di. Parlarmi. Così- sibilò, guardando quel povero essere, ormai quasi ridotto a bestia, massaggiarsi la guancia arrossata. –Sono consapevole del danno che provocherò. Ma sai una cosa? Non m’importa-. Piegò la testa di lato, mentre un sorriso si increspò nelle sue labbra, eliminando ogni goccia di sanità mentale rimasta. –Perché dovrebbe importarmi della morte di miserabili scarafaggi? Perché dovrei pensare alla vita di insulsi scalini che servono solo a portarmi alla vetta? Spiegamelo: non è forse l’istinto della nostra razza? Scavalcare tutto e tutti pur di brillare?-
Le unghie affondarono nei palmi, cercando invano di placare quella bestia rabbiosa che, ferocemente, pretendeva di essere liberata. Non poteva concepire tutto questo: sacrificare milioni di vite solo per il proprio tornaconto. Uccidere chiunque solo per ottenere una breve luce che sarà destinata a spegnersi dopo poco, come la fiamma di una candela. Distrusse le ultime barriere, la bestia impregnò ogni singola fibra del suo corpo, mostrando agli occhi non più vari colori, ma solo due: bianco e nero, giusto e sbagliato, vero e falso.
Senza pensarci due volte contrattaccò, colpendo l’avversario con una testata, talmente forte da farlo indietreggiare. –Tu hai perso il senno! Hai capito?! Pensi davvero che non ti impedirò di farlo?!-
Osservò il nemico rialzarsi, massaggiandosi la testa. I suoi vestiti, prima impeccabili, stavano iniziando a rovinarsi. Aveva vissuto troppo sul tappeto rosso, non sapeva cosa significasse faticare, scappare e raggiungere il proprio obbiettivo con le unghie e denti. No, aveva sempre vissuto nella condizione che tutto gli fosse dovuto. Il rivale lo guardò, massaggiandosi ancora la testa. Il sorriso, che prima era svanito, ritornò più insano di prima. Piccoli singhiozzi iniziarono a uscire dalla sua bocca, incontrollati, aumentando sempre di più, fino a esplodere in una risata inumana.
-Davvero pensi di avere ancora potere? Il dado è tratto, la decisione è stata presa, non si può tornare indietro-. Riprese a ridere, echeggiando in ogni angolo di quella campagna. Il cielo nero sembrava accompagnare quel riso, rendendolo ancora più sinistro. –Avete giocato le vostre carte troppo tardi. Hai perso, rassegnati-.
Piccole fiamme danzarono nella sua mano, condensandosi in una lancia: il manico d’ebano risplendeva di una luce inquietante. La lama, curva come un falcetto, rifletteva riflessi caldi che solo quel nobile materiale poteva trasmettere.
-Siete tutti uguali voi- disse, avvicinandosi lentamente al povero martire, che per qualche ragione non riusciva a muoversi. –Pensate di avere tutto sotto controllo, di avere già tutto scritto-. I suoi passi risuonarono lenti, l’andatura traballante, la testa bassa. –La verità? In questo mondo non vince il più puro, il più coraggioso o il più nobile-. Avvicinò la lama arcuata al collo dell’ immobile avversario. –Hai sempre creduto in questo, e hai sempre sbagliato- continuò, spingendo più a fondo la lama, senza levare quel sorriso malato. –Io invece ho seguito la via giusta; ho aspettato, pianificato e attuato. Ho fatto la cosa migliore, non avrei diritto a una ricompensa?- Spinse sempre di più la lama, trasformando le sottili strisce di sangue in minuscole cascate che lentamente scendevano fin dentro ai vestiti. Si fissarono per lungo tempo. Pazzia e raziocinio, giusto e sbagliato. I rumori dell’inferno si attenuarono un attimo, isolando la scena.
-Ultime parole?-
-Fottiti- rispose la vittima, sputando in faccia al nemico che aveva dato inizio a quell’inferno.
-Idiota fino alla fine, eh?- E detto questo, con un movimento secco, tranciò di netto la testa, che cadde a terra, decorando il prato del colore rosso della morte.
   
 
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