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Autore: Crudelia 2_0    21/11/2019    3 recensioni
Bussa alla tua porta dopo quelli che ti sono sembrati secondi troppo, troppo brevi.
Vi scambiate saluti e formalità privi di importanza, inudibili sotto il rombo nelle tue orecchie. Poi un’affermazione infrange quel vetro, l’ultima tua protezione.
“Dovreste togliervi la veste.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Ristori, Antonio Ceppi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3
 
 

"Anna? Anna!"

La voce ti sembra sempre più lontana, vorresti aggrapparti a lei, ma senti un calore che sai dovresti conoscere avvolgerti.

E lasciarti andare è facile.
 


"È così tragica, madre. Non pensavo l'amore potesse far soffrire così tanto."

"Sei ancora giovane, figlia mia."

Non trovi nulla da ribattere all'affermazione così vera di tua madre: sei ancora così estranea ai sentimenti che non c'è da stupirsi se quell'opera ti ha tanto colpita.

Continui a ripensare alle parole che hai letto mentre cammini tra le siepi e i prati curati. In fondo una parte di te desidera una storia tanto intensa, ma saresti disposta ad affliggerti così tanto?

Ancora non lo sai. Forse no.

"Tuo fratello passa molto tempo con la giovane Van Necker, ultimamente." Inizia tua madre, incoraggiata dalla piega che, involontariamente, hai dato al discorso.

"Me ne sono accorta." Ti limiti a rispondere, secca.

"E posso sapere la tua opinione?" Arrischia un'occhiata nella tua direzione, che eviti, spostando l'ombrellino sull'altra spalla.

Sei lusingata che il tuo parere venga richiesto, ma sai che se dicessi ciò che pensi diventerebbe un'esclusiva.

Prendi tempo giocando con un filo del leggero guanto di pizzo.

La verità è che quella ragazza non ti piace: non solo è parecchio più grande di tuo fratello, ma il suo sorriso ti lascia sempre una sensazione amara addosso. Come se fossi costantemente giudicata, e, puntualmente, mai ritenuta all'altezza.

"È molto bella." Finisci per dire.

"E questo è d'aiuto, certo. Ma penso che tu non ti faccia ingannare da un bustino troppo stretto come tuo fratello." Il tono vagamente allusivo ti fa capire che le tue impressioni sono condivise.

Concorderesti se non vedessi la sagoma di Fabrizio avvicinarsi dall'estremità del sentiero.

Imponi al tuo cuore di non accelerare quando noti da chi è accompagnato.

Fallisci.

Deglutisci e cerchi di seguire il discorso. I suoi occhi hanno sempre l'effetto collaterale di farti dimenticare in quale punto preciso della terra ti trovi.

Dovresti smetterla di trovarlo così elettrizzante.

"Mi dispiace, Contessa, purtroppo ho promesso a mio padre di rientrare. Spero di poter accettare il vostro invito la prossima volta." Ti riscuoti per sentire quelle parole e guardarlo mentre accenna un inchino a tua madre. 

"Anna." A te bacia la mano, come se foste soli,come sempre. Senti le guance bruciare mentre impieghi tutti i tuoi sforzi per non sorridere troppo.

"E così per Antonio Ceppi sei diventata Anna." Se possibile il sorriso di tua madre ti fa arrossire ancora di più.

"Lo fa solo per farmi dispetto." Borbotti, senza riuscire a smettere di guardare la sua schiena allontanarsi.

"Da quando sei tornata passate molto tempo insieme."

"Studia medicina, mi aiuta con il latino. È molto bravo." Ti senti in dovere di giustificarti.

"Spero che la sua bravura rimanga limitata ai libri, non vorrei dover organizzare un matrimonio in meno di nove mesi."

"Madre!" Le guance quasi ti fanno male da quanto pizzicano.
 


"Anna! Dio mio, cos'è successo? Anna?"

Alzare le palpebre ti costa una fatica immensa. I tuoi sforzi vengono ricompensati da uno sprazzo di iridi azzurre, poi continui a farti cullare da quel moto tanto famigliare. E quella voce, che pure dovresti conoscere, viene sommersa dalle onde.
 


Le luci delle candele illuminano l'ingresso battuto dalle carrozze. I primi nobili stanno iniziando a ritirarsi. 

Nascosta dalla tenda che continua a gonfiarsi spinta dal vento ti limiti ad osservarli mentre la musica arriva ovattata alle tue orecchie.

Non dovresti mancare alla tua festa, ma non provi che nausea. Lasci che sia il tuo fidanzato a godersi tutte le attenzioni.

"Anna, sapevo di trovarti qui." Sobbalzi prima di riconoscere tuo fratello.

La divisa dell'esercito cade sulle sue spalle in modo impeccabile, ma pensi non riuscirai mai ad abituarti allo sferragliare della spada al suo fianco.

Si avvicina a te, e per un po' vi limitate a continuare quel passatempo silenzioso che hai scelto per non pensare. Senti l'impulso di parlare quando i Conti Sturani sfilano sontuosamente sotto di voi.

"E così hai deciso di partire." Più di un'affermazione, meno di una domanda.

"È impossibile continuare a stare qui."  Il tono amaro è nuovo nella voce di Fabrizio, ma non ne sei sorpresa. Se solo potessi, anche tu andresti il più lontano possibile: sopporteresti il dolore di mille lame pur di far cessare almeno per un poco la stretta costante che senti nel petto.

"Ti capisco." Sospiri.

E lo capisci davvero, non sono parole vuote per colmare lo spazio di una battuta che ti spetta nella conversazione.

"Mi lasci anche tu." Non vorresti suonare così debole, ma non puoi impedirlo.

"Tornerò per il matrimonio, sono solo un paio di mesi."

Un'altra coppia raggiunge l'ingresso sotto di voi. Li guardi mentre si stringono nei mantelli in attesa della carrozza.

Un paio di mesi, certo, in cui ti mancherà l'appoggio dell'unico supporto che ti era rimasto.

Per un attimo non puoi fare a meno di odiarlo, perché ha la possibilità di andarsene e ha scelto di farlo.

Di odiare tuo padre, che ti ha costretto a quell'unione.

Odiare tua madre, che non si è opposta.

Odiare te stessa, che non fai altro che accettare passivamente quelle decisioni e trattenere il dolore nello stomaco.

Ma soprattutto odiare Antonio, che ti ha lasciata senza lo straccio di una spiegazione per una donna che non hai mai sentito nominare, che non vuoi sentir nominare e che sai migliore di te. Perché l'avrebbe scelta, altrimenti?

E odi Alvise, tuo futuro sposo, che ancora non conosci del tutto, ma già troppo; tanto da aver già compreso i suoi eccessi e le sue sregolatezze.

"Lo odio, Fabrizio." Ti senti dire con astio, i pensieri hanno lasciato la tua bocca senza il tuo permesso, ma con qualcuno dovevi condividere quel peso. "Alvise." Senti il dovere di puntualizzare. Perché ti stai riferendo a lui, ovvio.

"Non lo conosci ancora, la prima impressione può essere sbagliata." Cerca di rassicurarti, una carezza sulla spalla lasciata scoperta dall'elegante abito.

Può essere, certo. Non ne è sicuro nemmeno lui.

L'hanno capito tutti che è interessato a te solo per la tua dote e le tue terre, che poi ti trovi piacevole è un valore aggiunto. Per lui.

"Cos'ho fatto di sbagliato?" Cambi discorso all'improvviso. Hai tenuto quella domanda dentro di te così a lungo che sentirla adesso sulla lingua è una liberazione.

Eppure fa male, hai la gola stretta in un groppo.

"Non hai sbagliato nulla, Anna." C'è il tuo stesso dolore, in quelle parole. Se l'adolescenza vi ha allontanati la tortura di un cuore spezzato vi fa avvicinare come se foste ancora bambini.

Lo guardi negli occhi: così azzurri, così profondi e così sofferenti. Senti i tuoi farsi umidi.

"Forse i miei modi l'hanno stancato. Sono troppo altera, troppo viziata, troppo-" la voce ti manca in un singhiozzo e non sei mai stata più felice di scontrarti contro il petto di tuo fratello.

Senti un braccio stringerti la vita e affondi il viso nella sua camicia, bagnandola.

"Non è colpa tua." Ti sussurra all'orecchio, accarezzandoti i capelli.

Rimani tra le sue braccia a tremare e per la prima volta da tempo ti senti al sicuro. Anche se il dubbio continua a roderti: non ti sei mai accorta di quanto fosse insoddisfatto. Come puoi dire di amare una persona e non accorgerti del suo dolore?

Sei sempre stata troppo presa da te stessa, troppo egoista anche nell'amore.

Con un sospiro lasci il caldo rifugio che è l'abbraccio di tuo fratello e rassetti le pieghe della sua camicia con le mani.

Ti offre un fazzoletto con cui tenti di sistemare il pasticcio che le tue lacrime hanno combinato con il trucco che ti hanno sapientemente applicato. Ti senti un po' goffa, e ti scappa un sorriso.

"Anna? Anna, dove sei? Anna!" La voce di vostra madre vi giunge sempre più vicina dal corridoio. Ti rimprovererà quella mancanza di buone maniere, lo sai, e per una volta non ti importa.

Vorresti congedarti da Fabrizio con qualche parola, ma, come sempre nei momenti opportuni, ti sfuggono.

Vorresti ringraziarlo, ma ti manca il coraggio; implorarlo di non partire, ma ti sembra infantile; chiedergli di scriverti durante il soggiorno in Francia, ma l'orgoglio te lo impedisce.

Allora condividete un sorriso e un'occhiata, un po' esasperata e un po' complice, come quando eravate bambini.

Gli stringi una mano tra le tue e mentre senti che ricambia la stretta capisci che una crepa, in quel tuo cuore martoriato, ha iniziato a ricucirsi.
 


"Avete bisogno di altro, Marchesa?"

Reclini la testa contro la poltrona con gli occhi chiusi e scuoti il capo, sospirando di piacere. Il sole batte contro il vetro scaldandoti attraverso la sottile sottoveste.

Senti Giannina congedarsi, ma all'improvviso cambi idea e la richiami, sperando che non sia troppo tardi.

È subito al tuo fianco, e un fiotto di sollievo ti invade.

Eccessivo, poi, perché puoi alzarti anche da sola.

"Passami il libro, per cortesia." Chiedi indicandolo.

Dopodiché si allontana e lascia la stanza. Davvero, questa volta, e non la richiami.

Accarezzi la trama della copertina mentre ti godi il primo vero sole primaverile.

Una tragedia. L'ennesima, di nuovo, che adori.

Tuo marito ti ha sempre accusata di essere melodrammatica, ma in nessun altro modo i sentimenti si fanno così vivi, crudi, intensi.

E tu lo sa bene, anche se hai passato la vita cercando di non farti travolgere da essi e uniformarti all'etichetta che ti è consona.

Sfogli le pagine ingiallite prima di immergerti nel primo atto.

Non hai neanche letto una pagina che la porta si riapre. Subito sbuffi, infastidita da quell'interruzione.

Quando scorgi chi è entrato senti un sorriso stanco ed esasperato nascerti sulle labbra. Dovevi aspettartelo, che si sarebbe presentato quando non hai modo di scappare.

"Ve l'ho già detto una volta e ve lo ripeto, dottore: pensavo odiaste questa casa, eppure siete sempre qui." Non puoi fare a meno di accoglierlo con frasi velenose.

Anche se quelle parole più che dell'astio hanno il sapore della rassegnazione. Vorresti dire che è la stanchezza ad averlo stemprato, ma non è così: lo vedi abbattuto, i capelli e la camicia scompigliati.

Probabilmente ha passato la notte alla tenuta, probabilmente non ha dormito.

"È sempre lo stesso motivo a portarmi qui, lo sapete."

"Curare i malati?" La tua voce gronda sarcasmo.

"Siete malata?" Ti scocca un'occhiata e ci leggi divertimento.

"No." Ti accorgi di aver risposto troppo in fretta dal suo sorriso e ti compiaci di come ancora riesci a capirlo.

Assurdo, ti scuoti mentalmente, stai delirando.

In ogni caso il tuo vaneggiare passa in secondo piano quando lo vedi avvicinarsi.

Ti posa una mano sulla nuca, sui tuoi capelli sciolti, e si abbassa su di te. Pensi voglia baciarti e subito il cuore ti salta in gola.

Invece posa le sue labbra sulla tua fronte. Non un bacio, solo una carezza leggera. Un modo per accertarsi se ancora scotti.

Avrebbe potuto usare le mani, tuttavia continua a riservarti attenzioni troppo intime che travalicano il rapporto che dovreste avere: quello tra medico e paziente.

Aristocrazia e popolo.

Donna sposata e vedovo.

Che dici, poi: voi non dovreste neppure averlo, un rapporto. Di qualsivoglia natura.

"La febbre si è abbassata. Come state?" Ti chiede mentre si allontana da te e si inginocchia per prenderti il polso tra le mani.

"Meglio." Rispondi sinceramente, sorpresa dai suoi gesti.

Senti la pressione delle sue dita e il cuore battere contro i suoi polpastrelli. È lo stesso polso che ti ha afferrato la scorsa notte: la chiazza verdastra spicca sulla tua pelle bianca come un'accusa pronta a dividervi.

"Quando sareste dovuta partire per Torino?" Ti chiede mentre con il pollice, leggero, ti accarezza i bordi dell'ecchimosi.

"Questa mattina." Ti senti rispondere con tono distante, distratta dal movimento del suo viso che si sta avvicinando al tuo braccio.

"Mi dispiace." Ti sussurra sulla pelle, che rabbrividisce.

Che non sei partita? Non capisci, troppo presa dalla sensazione delle sue labbra sulla tua pelle.

"Per cosa?" Chiedi in un soffio. Sussurri, perché non riusciresti a fare la stessa domanda un po' più forte, sottraendovi a quella bolla d'intimità che senti propria dei vostri momenti.

"Per tutto." E questa volta è proprio un bacio quello che finisce sul tuo polso, contro i battiti impazziti del tuo cuore.

Cosa dovresti dire, adesso, che non importa più, che non è successo nulla?

Eppure di cose ne sono successe, e a te sono importate tutte.

Che lo perdoni?

Ancora sbagliato. Non c'è nulla su cui ti senti così divisa come il suo perdono.

Una parte di te l'ha già assolto, ma l'altra...

"Mi diresti le stesse cose se Lucia fosse ancora viva?"

Ti maledici non appena ti scontri con i suoi occhi stupiti, ma devi sapere. Devi capire se ti considera la donna che, in fondo, non ha mai smesso d'amare o solo una sciocca che capitola ai suoi piedi non appena si dimostra pentito.

Perché tu, alla fine, un po' sciocca ti sei sempre sentita: incapace di smettere di pensare a lui, che una vita se l'era rifatta.

Con un'altra.

Lo vedi chinare la testa e sei costretta a sfilare la mano dalla sua per stringerla con forza sulla copertina rigida che riposa sul tuo grembo per impedirti di passarla fra i suoi capelli.

Ti sforzi di regolarizzare il respiro e cerchi di deglutire, ma hai la gola secca. Aspetti la sua risposta con la sola compagnia del tuo cuore che batte contro lo sterno con straordinaria chiarezza.

Chiarezza che ti permette di cogliere con precisione l'unico battito che salta quando la sua mano si posa sul tuo ginocchio e, lenta, inizia a risalire la tua coscia, scaldandoti attraverso la sottile veste che ti scorre sulla pelle.

E più lui guadagna centimetri, più tu perdi lucidità, sotto una strana legge di proporzionalità inversa.

Il calore che senti non è residuo della febbre che ti ha colta la notte passata, ne acquisisci consapevolezza quando la sua mano si ferma in prossimità del tuo fianco e diffonde il suo ardore che arriva in vampate fino al tuo basso ventre e, lì, si ferma, formicola.

Chiudi gli occhi cercando di convincerti che ti stai sbagliando: è un'illusione, un miraggio, un delirio frutto del tuo malore.

Distrugge il tuo insicuro convincimento spostando il suo corpo di fronte a te, più vicino, e non puoi evitare di stringerlo con le ginocchia.

Non ti resta che reclinare il capo all'indietro cercando di non cedere, di non baciarlo. Non ti eri neanche accorta che l'altra sua mano si fosse spostata sulla tua vita per avvicinarvi ancora di più.

"Antonio." Ansimi respirando il suo profumo. "Sono una donna sposata." Cali la tua ultima difesa.

"Me l'hai già detto una volta." Sorride, prima di posare la sua bocca sulla tua.




 
   
 
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