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Autore: Vanclau    21/11/2019    1 recensioni
È quando l'oscurità si fa più fitta che la luce risplende più fulgida. Proprio per questo, nell'ora più tetra dell'umanità, sette fiaccole ardono intense come guide degli uomini; sette spade, sette ragazzi uniti da un destino comune, sette Altari del passato che riemergono nel futuro per scrivere un'altra volta le pagine dei libri di storia.
Genere: Fantasy, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Non è un ovale» fu la prima cosa che gli venne in mente di dire indicando il cielo. Merlino, seguendo il suo sguardo, sembrò impallidire. «Non lo è mai stato, ma ne vedevamo solo l’inizio, ancora incompleto mentre si stava formando.»
«Una spirale» disse Merlino con fare pensieroso.
«Forse, anche se mi verrebbe da definirlo più un tornado sottosopra.» Edgard indietreggiò di un passo, ricordandosi qual era l’effetto principale di un tornado. «Dobbiamo andarcene» disse rivolto a Merlino, che lo guardò titubante.
«Ma Durlindana…» provò a controbattere lo stregone, zittito da un cenno di Edgard.
«Non è più qui ormai e siamo in pericolo» disse prendendo il suo cellulare e indicando la tasca dove si trovava quello di Merlino. «Se fosse successo qualcosa non so Julius ma O’Brian, Jeanne e Beatriz ci avrebbero chiamato, eppure non abbiamo ricevuto telefonate. Credo che solo noi stiamo vedendo questo tornado e potrebbe significare che ci abbiano trovati! Anzi, che fossero qui sin da prima del nostro arrivo!»
La consapevolezza parve farsi largo tra i pensieri di Merlino, che pareva essere finalmente giunto alla sua stessa conclusione. Durlindana si trovava davvero là, ma l’avevano presa e utilizzata come esca per attirarli in trappola.
Con un rapido cenno della mano, Merlino utilizzò nuovamente la magia gravitazionale sollevando se stesso e il ragazzo facendoli tornare sulla strada, con un migliore atterraggio da parte di Edgard rispetto al precedente. Senza esitazione, i due presero dunque ad allontanarsi mentre un forte vento cominciava a soffiare, gelido come si trovassero in inverno, carico di una forza che spaventò Edgard, riconoscendo la stessa sensazione provata tante volte nei suoi sogni e quando era divampato l’incendio di Southwark. Perché si era sentito tanto al sicuro dopo aver appreso che qualcuno mirava alla vita di Julius e Beatriz? Perché non aveva pensato che anche lui potesse essere un bersaglio? Era stato troppo arrogante, troppo sicuro di se stesso e delle sue capacità e quello era il risultato. Se solo Jeanne fosse stata con loro avrebbe potuto aiutarli con la sua Gioiosa, lei era l’unica che poteva realmente combattere e si maledisse per non aver convinto Merlino a farla andare a Rocamadour.
«Puoi usare quel teletrasporto?» chiese d’un tratto Edgard.
«Ci stavo provando, ma purtroppo qualcosa blocca la mia magia, come quando ho combattuto contro Fafnir.»
«E questa volta non ci sarò alcuna Dama del Lago a salvarci, vero?»
Merlino non rispose, continuando a correre lungo la via dietro Edgard che cercava disperatamente un riparo, ma ogni cosa sembrava un vero e proprio rudere e comunque non era certo che nascondersi in una casa potesse realmente salvarli dall’attacco.
Il colpo arrivò potente e inatteso, spedendo Edgard a terra senza che potesse far nulla per impedirlo. A colpirlo alla tempia, da dove aveva iniziato a uscire un rivolo di sangue, notò essere stata una pietra staccatasi da uno dei ruderi e per un attimo ebbe il sentore che non si fosse salvato per caso. Digrignò i denti, notando Merlino fermo con una mano protesa verso di lui, il fiato corto.
Mugugnò un ringraziamento toccandosi la parte ferita e cercando di rialzarsi, anche se si sentiva incredibilmente spossato, le gambe tremanti che non sembravano essere in grado di sorreggerlo. Lo stregone non sembrava averlo sentito, guardando un punto fisso dove aveva iniziato a radunarsi il vento in un piccolo tornado da cui ben presto uscì una figura prima indistinta poi sempre più simile a quella di una giovane donna dai capelli corvini e una bellezza ammaliante. La pelle diafana era avvolta in un abito leggero di un viola molto scuro e dalla lunga gonna si intravedevano un paio di stivali marroni, forse cuoio, mentre la chioma era acconciata in una crocchia fermata da un fermaglio a forma di farfalla. Lo sguardo sorridente era l’unica cosa di davvero diabolico che la donna possedeva.
«Non è possibile» borbottò Merlino, l’incredulità nella sua voce fece rabbrividire Edgard. In quell’ultimo periodo aveva visto molte nuove sfaccettature del leggendario personaggio ma mai un simile terrore nei suoi occhi. «Elaine…»
«Merlino, sembra che tu mi conosca» rispose lei con fare disinvolto e iniziando a camminare facendo strusciare un qualcosa di metallico sul terreno, anche se la vista di Edgard, ora annebbiata per la botta, non gli permise di scorgere cosa fosse. Però quel nome aveva imparato a conoscerlo da quando aveva incontrato Merlino e compariva nelle leggende di Arthur Pendragon. Elaine, figlia del duca di Cornovaglia, sorella della Fata Morgana e sorellastra del re eroe di Camelot. Qualcosa dentro di lui gli disse che era proprio lei, una consapevolezza che lo spaventò a morte. Se la magia di Merlino era indebolita e lui si ritrovava senza Durlindana come avrebbero combattuto qualcuno che probabilmente possedeva una magia molto simile a quella della principale antagonista del Ciclo Arturiano?
«Finalmente incontro colui a cui devo tutte le disgrazie della mia famiglia» continuò Elaine con un sorriso che metteva i brividi.
«Perché anche tu miri all’Era Oscura?»
«Fafnir non te l’ha detto?» chiese lei in risposta a quella domanda. «Beh, ciascuno di noi ha i suoi obiettivi personali, oltre al traguardo finale cui tutti ambiamo, ma se non ha ritenuto necessario mettertene a conoscenza non sarò io a farlo. Comunque un essere spregevole come te non riuscirebbe neanche a comprenderlo.»
«E io allora?» riuscì finalmente a dire Edgard provando di nuovo a rialzarsi. Questa volta ebbe più fortuna e pur con le gambe tremanti stette in piedi togliendosi il sangue che gli era colato davanti agli occhi. Aveva paura, un terrore che non reputava possibile provare e che poteva sperimentare solo trovandosi in una reale situazione di pericolo, un sentimento così diverso dalla paura che si poteva provare prima di un esame o dei risultati di un test. Era difficile anche solo provare a descrivere quel che sentiva, ma gli restavano ancora le sue convinzioni e ciò che quel giorno aveva appreso gli diede la forza per non distogliere lo sguardo quando Elaine si voltò, come a rendersi conto solo in quel momento della sua presenza. Doveva ammettere che era bellissima, senza alcuna imperfezione visibile sul suo aspetto, ma i suoi occhi verdi sembravano appartenere a un altro mondo. «Io non ho il diritto di sapere per quale motivo volete distruggere tutto quel che conosciamo?»
«Tu non dovresti nemmeno essere immischiato in questa storia, erede di Orlando.» Elaine aveva cambiato tono, passando da uno più mellifluo e quasi seducente a uno di rimprovero e vagamente infastidito. «Questa battaglia non dovrebbe nemmeno essere la vostra, cui è stato affidato un destino senza possibilità di scelta.»
Edgard iniziò a ritrovare lentamente tutto il coraggio che gli era scomparso con l’arrivo di Elaine. «Hai ragione, non abbiamo scelto noi di essere quel che siamo, ma non si può tornare indietro.» Gli occhi di sfida che le rivolse strapparono un sorriso alla maga. «Ed è per questo che ho deciso di combattere, di fare la mia scelta all’interno di questo destino immutabile.»
Il sorriso di Elaine si faceva sempre più inquietante. «Parli con saggezza, a dispetto della tua giovane età.» Avanzò di qualche passo, facendo ricominciare quel rumore metallico mentre finalmente i contorni del mondo intorno a Edgard prendevano di nuovo forma, facendo sparire l’intontimento che sentiva dal colpo ricevuto. Ora lo vedeva, l’oggetto che Elaine si trascinava dietro con fare noncurante. Sembrava un pezzo di metallo arrugginito e corroso dal tempo, ma si poteva anche intravedere quella che sembrava l’elsa di una spada, con la punta dell’arma che strusciava a terra.
«Quella è…»
Elaine annuì. «La tua cara Durlindana, erede di Orlando. Devo dire che tiene fede al suo nome. Ho provato a distruggerla, ma pure in queste condizioni neanche la mia magia più forte l’ha scalfita.» Tornò a guardare Merlino. «Quanto ai miei motivi personali, penso tu possa averli già intuiti. Il motivo che mi spinge verso l’Era Oscura e per cui voglio ucciderti, Merlino.»
«Vendetta» disse lo stregone in un sussurro. «È per vendicarti che porteresti questo mondo sull’orlo della distruzione?»
«Non reputo importante il motivo che ci spinge a fare quel che facciamo, ma credo sia importante agire seguendo una motivazione e non il semplice istinto, questo è ciò che ci differenzia come essere dotati di una qualche intelligenza. Non è stato il tuo stesso pensiero quando hai fatto in modo che Uther ingannasse mia madre dando alla luce quel bastardo di Arthur?» Mentre parlava aveva alzato il tono di voce, fino a esternare una rabbia che Edgard non credeva potesse appartenere a donna con quell’aspetto. Il volto per un attimo si era deformato fino a mostrare tutto l’odio che doveva provare nei confronti di Merlino, per poi tornare alla sua perfezione originale.
Con un gesto della mano, Elaine fece apparire una fila di tre sfere luminose davanti a se che fluttuavano emettendo bagliori sinistri, mentre il sole veniva inglobato dalla spirale, da quel tornado che sembrava in grado di risucchiare persino la luce emessa dall’astro. Quello che Edgard aveva ipotizzato si stava effettivamente verificando e una forza di attrazione superiore alla gravità stessa stava spingendo verso l’alto diverse macerie, aumentando costantemente di intensità. Presto anche loro sarebbero stati risucchiati e quella consapevolezza lo portò a scrutare nuovamente il cielo, con timore.
«Non temere, non vivrete abbastanza a lungo da poter vedere gli orrori che si celano al suo interno» disse Elaine come se gli avesse letto nel pensiero. «Sono contenta però che Fafnir non sia riuscito a ucciderti, almeno avrò la mia vendetta.»
A un altro cenno delle dita, le sfere scattarono in avanti disponendosi attorno al corpo di Merlino che ebbe solo il tempo di proteggersi con una qualche barriera prima che dei fasci di luce che parevano pura elettricità legassero le tre sfere tra di loro fino a formare un anello che andò a impattare contro le difese del druido, tentando di infrangerle e stringersi attorno a lui.
Merlino sembrava dover far ricorso a tutte le sue forze per non cedere, con la magia che veniva costantemente prosciugata dal tornado sopra di loro. «Questo è quel che succede ad andare oltre il tempo che ci è concesso, senza più possedere un corpo fisico» commentò la maga divertita, suscitando alcuni quesiti in Edgard sulla vera natura di Merlino, anche se ormai credeva di avere tutti i pezzi di quel puzzle.
Approfittando di quel momento di distrazione di Elaine, Edgard scattò in avanti mirando alla mano destra di lei ancora ben salda sull’elsa della spada, riuscendo quasi a prenderla quando lei si ritrasse con uno scatto. Il ragazzo non si arrese, puntando nuovamente alla maga e questa volta con l’intenzione di atterrarla e prendersi l’arma, quando un peso estraneo lo spinse verso il basso bloccandolo a terra. Sofferente, il corpo continuava a essere attratto verso il terreno da quella forza misteriosa mentre provava ad alzare gli occhi su Elaine che lo guardava sprezzante. «La gravità non può essere solo annullata dalla magia, ma anche intensificata» disse lei con una leggera malizia nella voce.
«Sei ancora in tempo per fermarti.» La voce affaticata di Merlino giunse da fuori il campo visivo di Edgard.
«Ma questo è quello che voglio, druido» affermò invece Elaine voltandosi verso di lui. «Finalmente avremo la nostra vendetta» continuò. «Per me e per le mie sorelle, Merlino, oggi morirai.»
«Merlino avrà anche sbagliato, hai ragione!» urlò di colpo Edgard. «Ma non puoi condannare l’intera umanità solo per perseguire la tua vendetta personale!»
«Ma infatti io voglio uccidere Merlino per vendicarmi e voglio far giungere l’Era Oscura per tutt’altro motivo.» Elaine gli si era di nuovo posizionata davanti, cosicché lui potesse vederla. «E ora taci e muori anche tu, ragazzo sfortunato.» A quelle parole seguì un gesto della mano con il quale Edgard venne letteralmente sollevato da terra e rivoltato, per poi sentire di nuovo quella spaventosa forza di attrazione spingerlo pericolosamente contro il terreno a testa in giù. Chiuse gli occhi, urlando d’istinto e preparandosi all’inevitabile impatto quando all’improvviso la discesa si arrestò facendolo invece atterrare dolcemente. Rialzatosi, senza più nessun impedimento, vide Elaine essere scaraventata a terra da un misterioso salvatore che ora stava impugnando due spade, una delle quali era Durlindana che gli venne subito lanciata contro. Edgard, preso alla sprovvista, quasi la lasciò cadere per poi riuscire a recuperarla al volo e osservando il nuovo arrivato. Indossava vestiti piuttosto particolari, con pesanti anfibi, pantaloni borchiati scuri e una pesante giacca di pelle nera. Era decisamente più alto di Edgard, forse sfiorava il metro e novanta e da quella posizione il giovane poteva vedere solo la lunga chioma corvina, intuendo dal colore delle mani che doveva avere la pelle ambrata.
«Scusate il ritardo» esordì lui voltandosi verso Edgard e Merlino, ora libero dall’incantesimo di Elaine, mostrandosi come un giovane che poteva avere poco più di vent’anni. Parlava un buon francese seppur con un forte accento straniero. «Beatriz mi ha detto che sareste venuti qui e ho fatto più in fretta che ho potuto.»
«Chi sei?» ruggì Elaine di nuovo in piedi e palesemente pronta al combattimento.
«Clovis Rocha» fu la risposta che spiazzò Edgard, un nome che aveva già sentito più volte in quell’ultimo periodo. «È questa è Caladbolg, la mia spada.» Dopo quella semplice risposta si lanciò contro Elaine che stava formulando un qualche incantesimo, riuscendo a interromperla e a farla indietreggiare. Si muoveva con una fluidità incredibile, come se la spada fosse un’estensione del suo braccio e tirasse di scherma quotidianamente, con uno stile impeccabile e che in parte stonava con il contesto storico nel quale vivevano, dove erano le armi da fuoco a fare la differenza il più delle volte. Pareva quasi uscito da uno di quei film fantasy ambientati in epoche o mondi con caratteristiche medievali, continuando a menare fendenti senza dare la possibilità ad Elaine di rispondere con la sua magia; forse sarebbe anche riuscito a sconfiggerla se non fosse stato per la forza d’attrazione del tornado nel cielo che, facendosi sempre più forte, costrinse Clovis a indietreggiare per non essere colpito da una roccia. Combattere in quelle condizioni dettate dal nemico non doveva essere troppo conveniente, si costrinse ad ammettere Edgard.
Fu Merlino a riscuoterlo da quei pensieri. «Edgard! Usa Durlindana!»
Il giovane si ricordò solo in quel momento di cosa stesse stringendo in mano, ma non sapeva come attivarne i poteri e la spada restava un rudere tra le sue mani. «Andiamo, Durlindana! Ho bisogno di te!»
Clovis ricevette in pieno un fulmine scagliato da Elaine, finendo a terra ma senza apparentemente riportare ferite gravi e potendo rialzarsi subito dopo aver rotolato di lato per evitare altre macerie che la maga gli stava scagliando contro.
«Pensi davvero che con quella mezza spada tu possa battermi?» Elaine sembrava aver riacquisito la sicurezza di prima. «Immagino tu conosca le leggende di Caladbolg.»
«Le conosco meglio di te, maga. Ma questa mezza spada, come l’hai chiamata tu, porta anche un altro nome.» Dopo averle risposto lasciando anche trasparire una lieve arroganza che in parte stonava con il suo aspetto, Clovis si rimise in guardia iniziando a evitare i colpi di Elaine che sembrava non intenzionata a farlo avvicinare. Edgard si chiese come potessero combattere un avversario che attaccava dalla distanza senza riuscire ad avvicinarsi a portata della lama, sembrava un’impresa impossibile, ma la calma di Clovis lo lasciava ancora più perplesso. Non aver riportato danni ingenti per un fulmine poteva solo significare che probabilmente era stato il primo tra loro trovare e prendere la sua arma, anticipando anche Jeanne; doveva quindi essersi impadronito dei suoi pieni poteri. Secondo quanto aveva appreso da Merlino, le spade non erano solo armi ma potevano anche aumentare la resistenza fisica e i poteri magici di chi le brandiva, unica spiegazione per la quale Clovis non era rimasto folgorato, ma rimaneva lo svantaggio del combattimento a distanza, al quale non riusciva a trovare una soluzione. E Durlindana sembrava non rispondergli. Jeanne era riuscita ad attivare subito Gioiosa, perché lui non ce la faceva? Cosa stava sbagliando?
Continuò impotente a osservare il combattimento, seguendo ogni rapido movimento di Clovis che appariva in attesa del momento adatto, forse di un’apertura, ma secondo Edgard non avrebbe mai fatto in tempo a raggiungere la maga prima che quest’ultima si spostasse per riprendere le dovute distanze. O forse si stava sbagliando.
Colse uno strano sorriso in Clovis e il giovane chitarrista dei Solar Eclipse scattò in avanti approfittando del tempo intercorso tra un attacco e l’altro, convincendo Edgard che fino a quel momento si era limitato a schivare per calcolare le tempistiche giuste per un attacco. Però, come aveva presupposto, la distanza da percorrere era notevole anche per qualcuno come lui le cui capacità fisiche erano incrementate da Caladbolg ed Elaine utilizzò la sua magia per spostarsi rapidamente indietro, quando l’impensabile accadde. La lama si illuminò di una luce abbagliante seguita da un urlo di dolore che quasi terrorizzò Edgard, un grido che non aveva davvero più nulla di umano per quanto fosse straziante. Alcuni schizzi di sangue macchiarono le macerie intorno ai due combattenti e quando la luce si affievolì lo stupore di Edgard si fece sempre più ampio. Davanti gli si parava la scena più incredibile che potesse immaginare, con Elaine che ancora stava tentando di allontanarsi quando era stata passata da parte a parta dalla punta della lancia che ora era apparsa nelle mani di Clovis, il quale stava ancora sorridendo. «Caladbolg, anche conosciuta come la lancia Gae Bulg» sentenziò tirando indietro l’arma e lasciando Elaine agonizzante a terra che si teneva il ventre.
Edgard era rimasto impietrito da quella scena, il rudere di Durlindana ancora stretta in mano mentre continuava a risuonare nelle sue orecchie l’eco di quel grido straziante.
«Non è possibile» mormorò tra un rantolo e l’altro Elaine. «Caladbolg e Gae Bulg sono legate linguisticamente ma…»
«Forse un tempo erano due armi diverse, ma ormai da diversi secoli sono diventate la stessa arma, fondendosi e rendendo completa quella che un tempo era solo una mezza spada.» La voce di Clovis era troppo calma per chi aveva appena trafitto a morte un’altra persona, anche se si trattava di una maga pericolosa come Elaine.
«Come fai a essere così calmo dopo aver appena ucciso…» Edgard sentiva ancora le gambe tremargli, non si era mai reso conto di cosa significasse dover combattere quella guerra.
Questa volta la voce di Elaine proruppe in una risata. «È così calmo perché sa di non avermi uccisa!» Edgard non riusciva a capire come la maga potesse sopravvivere a quella ferita. «Guardatevi» continuò lei con tono sempre più divertito. «Avete appena constatato la vostra impotenza contro qualcuno che non era nemmeno qui fisicamente, una semplice proiezione del mio potere, così come lo era anche Fafnir!»
Edgard finalmente pensò di capire. «Quindi voi…»
«Noi giungeremo con l’Era Oscura nel pieno del nostro potere e in quel momento dovrete seriamente avere paura!» Dopo un’altra risata la figura di Elaine si trasformò in pietra, crepandosi fino a dissolversi in un nugolo di polvere.
Clovis sospirò, con la lancia che tornava alla sua forma originaria, piegandosi su un ginocchio e apparendo visibilmente stanco. «Sfortunatamente posso mantenere la forma di Gae Bulg solo per pochi istanti» spiegò lui con un sorriso, come a volerli tranquillizzare.
Edgard si avvicinò di qualche passo, posando lo sguardo sul rudere che teneva in mano. «Se solo fossi riuscito ad attivare Durlindana non ti saresti affaticato tanto» disse lui, mentre il vento si indeboliva e la spirale tornava alla sua forma originale.
«In effetti per un attimo ho sperato tu ci riuscissi e che non fossi dovuto ricorrere alla mia arma segreta tanto presto, ma non fartene una colpa che non hai.» Il tono gentile di Clovis sorprese Edgard.
«Hai detto di aver parlato con Beatriz?» si intromise Merlino.
«Penso di dovervi dare delle spiegazioni, ma qui siamo troppo esposti» disse il chitarrista dei Solar Eclipse. «Possiamo trovare un posto migliore dove ritrovarci tutti?»
Merlino annuì, preparandosi a usare il suo teletrasporto.
   
 
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