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Autore: Zomi    22/11/2019    2 recensioni
Lavorare per la Germa Entreprise richiedeva una buona dose di adattabilità, conoscenza del commercio nazionale e internazionale, organizzazione e relazione con il pubblico.
Reiju Vinsmoke, a capo della divisione commerciale, aveva studiato e preparato la sua mente per tale scopo. E per non deludere l’aspro padre, ovviamente.
Trenta centilitri di irish whiskey, liscio con due cubetti di ghiaccio. Barman lascia la bottiglia.
{Storia partecipante al 2 WEEKs - t e m a: real stories - I Edizione indetto da Torre di Carta}
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Reiju Vinsmoke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Zomi
Fandom: One Piece
Fanfiction: Taste of illogical irish whiskey
Numero parole: 2779
FanFiction partecipante a
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2 WEEKs - t e m a: real stories - I Edizione indetto dal forum Torre di Carta




 
Taste of illogical irish whiskey

 
Lavorare per la Germa Entreprise richiedeva una buona dose di adattabilità, conoscenza del commercio nazionale e internazionale, organizzazione e relazione con il pubblico.
Reiju Vinsmoke, a capo della divisione commerciale, aveva studiato e preparato la sua mente per tale scopo. E per non deludere  l’aspro padre, ovviamente.
Ciò non toglieva che vi fosse la necessità ogni tanto, all’interno della multinazionale, di organizzare piccoli briefing di aggiornamento e formazione del personale per colmare le lacune di tali importanti caratteristiche necessarie all’azienda.

Quattro centriltri di irish whiskey, nove centilitri di bollente caffè lungo americano e un cucchiaino di zucchero di canna, il tutto sormontato da panna fresca leggermente montata.

Solitamente era il reparto Risorse Umane, ad organizzarle e lei non mancava mai di presenziale.
Forse sarebbe stato meglio per quel corso.
Forse, risultare assente viste i suoi innumerevoli impegni, sarebbe stata una scelta saggia e ponderata.
Forse avrebbe leso il suo bisogno di risultare perfetta e inscalfibile agli occhi del padre, mantenendo l’apparenza di totale assenza di debolezze e crepe, ma almeno avrebbe evitato quell’umiliazione.

Quattro centilitri di irish whiskey, nove centilitri di bollente caffè lungo americano e un cucchiaino di zucchero di canna, niente panna montata.

Davanti ai dipendenti.
Davanti a tutti i rappresentati dei reparti di produzione e gestione.
Davanti a Judge Vinsmoke in persona.
Davanti a suo padre.

Quattro centilitri di irish whiskey, nove centilitri di bollente caffè lungo americano e niente zucchero di canna, niente panna montata.

Il professor Silvers Rayleigh si era presentato nella sua candida figura sorniona nella sala convegni.
Aveva concesso alcuni cenni sulla sua professione di consulente aziendale di ampio spettro per poi iniziare una conversazione studio con tutti i partecipanti.
Sembrava andare tutto bene:  i presenti partecipavano, prendevano appunti e Reiju trovava il metodo provocatorio e sibillino del dottor Rayleigh interessante.
Interessante e dannoso.

Quattro centilitri di irish whiskey, nemmeno una goccia di caffè e niente zucchero di canna, niente panna montata.

Stava andando tutto benissimo.
Sta per fino raccogliendo idee per il suo team di lavoro, ma poi..
Poi si era rivolto a lei, solo a lei!, e le aveva posto il primo drammatico quesito: di cosa si ha bisogno per fare un figlio?
Reiju si era sistemata il ciuffo dietro un orecchio, analizzando velocemente la domanda del docente, non staccando gli occhi di dosso al suo sorriso ambiguo.
Non capiva il nesso tra l’avere figli e l’andamento di un’azienda.
La risposta poi non era così ovvia.
Era single da una vita, ma sapeva bene che materiale biologico necessitasse la creazione di una nuova vita, ma dubitava che il professore cercasse una risposta prettamente scientifica. Si era quindi basata su quanto trattava il briefing ovvero caratteristiche aziendali.
Aveva lievemente alzato la schiena dal sedile della sedia e, con sorriso e certa di avere gli occhi del padre puntati addosso, aveva dato la sua risposta logica e dettata da dati certi.
-Per fare un figlio si deve avere una stabilità emotiva ed economica-

Dieci centilitri di irish whiskey, liscio.

-Cara miss Vinsmoke- aveva schioccato le labbra il dottor Rayleight -Si vede che è una donna studiata, dalle conoscenze pratiche e ragionamenti logici-
Reiju aveva abbozzato un lieve sorriso gentile, lieta di quelle lusinghe, prima che esse continuassero a fluire dalle labbra del docente, facendola rabbrividire.
-... per questo ha dato l’unica risposta sbagliata-

Venti centilitri di irish whiskey, liscio con due cubetti di ghiaccio.

Un lieve mormorio di risate si era alzato dalla platea, assordandola nell’afferrare la risposta esatta al quesito del consulente, che sorrideva, sorrideva lui!, sornione guardandola dietro le lenti perfettamente tonde.
Era stato l’inizio della fine.

Trenta centilitri di irish whiskey, liscio con due cubetti di ghiaccio.

Il dottor Rayleigh sembrava aver sviluppato una sadica predilezione nei suoi confronti, e le rivolgeva solo domande a trabocchetto, prettamente filosofiche o ambigue, a cui perennemente Reiju si sforzava di dare un senso ma capitolava dando ripetutamente la risposta sbagliata o meno calzante.
Non aveva saputo dare la definizione esatta di impresa ( -Ma siamo noi ovviamente, miss Vinsmoke-).
Non aveva trovato il perno fondamentale per far aumentare i guadagni alla propria azienda ( -Un prodotto vincente? Ma no miss, si parla dell’equipe di lavoro!-).
Nè aveva trovato il fulcro della bilancia tra guadagni e costi di gestione (-Mai sentito parlare di ottica vincente dei mercati?-)
A fine convegno, Reiju non aveva avuto più il coraggio di sollevare gli occhi dalla punta dei piedi, sussultando a ogni risatina mal trattenuti dai colleghi per le sue performance catastrofiche.
Com’era potuto succedere?
Perchè?
Perchè a lei?!?
Che metodo era quello?!
Sminuire un capo reparto del suo calibro davanti a colleghi e impiegati era distruttivo!
Sminuirla poi davanti al padre, al capo in persona, era straziante per chi come lei aveva solo cercato di risultare apprezzabile ai suoi occhi per un'intera vita.
-Miss- aveva alzato gli occhi verso il docente a pochi passi sa lei, vogliosa solo di strozzarlo -È stato un piacere fare la sua conoscenza. Spero di ripetere l’evento-
Reiju sperava solo di occultare il suo cadavere senza problemi.
Non aveva calcolato però un ulteriore enorme problema.
-Reiju-
La voce altisonante e profonda del padre l’aveva quasi fatta strozzare.
-Dobbiamo parlare-

Trenta centilitri di irish whiskey, liscio con due cubetti di ghiaccio. Barman lascia la bottiglia.

-... ormai è vuota bambolina-
Con la vista annebbiata Reiju fissò la bottiglia di whiskey irlandese che dondolava dalle dita del rozzo e possente barman, domandandosi perchè ondeggiasse così tanto anche dopo che il barista l’aveva posata sul bancone.
-Dì un pò- si adossò con gli avambracci al ripiano di legno liscio il barista, studiandola -Come pensi di tornartene a casa?-
Reiju tamburellò le dita sul bancone.
Il bar dove si era rifugiata dopo la ramanzina del padre sulla sua prestazione al briefing, era ormai deserto e se riusciva a decifrare bene le lancette dell’orologio del locale, la mezzanotte era passata da quarantadue minuti esatti.
Ticchettio più, ticchettio meno.
-Taxi- biascicò esitante, spaventata dalle domande e sperando di aver almeno azzeccata  la risposta giusta a quella appena postala. Seppur da ubriaca.
-Saggia risposta- ghignò il barista, togliendosi la bandana e rivelando una chioma rossa e ingellata -E pensi di vomitare l’anima prima o dopo averci messo piede dentro?-
Reiju non lo sapeva.
Come non aveva saputo dare le risposte giuste al professor Rayleight e alle sue sibilline domande.
Anche se, se riusciva a liberare la mente da abbastanza nebbia alcolica, una risposta per lui l'avrebbe trovata e sarebbe combaciata con un posticino dove mandare il docente.
-Ultimo drink della serata- le porse un non meglio identificato recipiente di materiale trasparente il barista, rivolgendosi poi a un collaboratore dalla chioma leonina.
Con mani tremanti Reiju l’afferrò, ignorando il barman e il collega che sistemavano le ultime bottiglie sui ripiani dietro al bancone, tentando di accogliere le ultime gocce di alcol per annegare il dispiacere e la rabbia della giornata.
Peccato che quei sentimenti sapessero nuotare egregiamente nel whiskey a quanto pare.
O per lo meno erano più abili di lei nel reggere un bicchiere tra mani distratte.
Si chiese se avesse esagerato nel bere, quando non trovò più il recipiente tra le sue inferme dita, ma bensì a terra, frammentato in millemila pezzettini luccicanti.
Forse aveva esagerato.
Forse.
Forse doveva bere ancora un pò e annegare del tutto almeno quella dannata logica che le era stata tanto ampliamente criticata al briefing.
-Lascia Killer- sbuffò il barman congedando il collega -Sistemo io, sia il casino che la bambolina-
Una porta si chiuse accompagnata da un augurio di buona notte per Kidd ( -No, scusi, mi chiamo Reiju-) mentre una capigliatura rosso fuoco le invadeva il campo visivo.
-Forza belle tette- sbuffò la zazzera vermiglia -Ti chiamo un taxi, per stasera hai bevuto abbastanza-
Reiju storse le labbra e rimase ferma a fissare il barista raccogliere i cocci che aveva provocato.
Tutto colpa di quelle domade.
E del dottor Rayleight.
Che poi che dottore era se poneva certe trappole?!
Era un delinquente, un millantatore!
Non era razionale porre certe domande incoerenti con l'argomento richiesto!
E non diceva che erano domande e risposte filofosiche interessanti per la crescita imprenditoriale, ma dannazione!, sempre a lei doveva porle?!
Era una donna di quasi trent'anni e non merotava quell'umiliazione!
Aveva minato anni e anni di onorata carriera agli occhi dei colleghi e soprattutto del padre che, fosse maledetto anche lui, aveva infierito con arguta crudeltà per un omaccione che avrebbe pianto disperato davanti al fisco.
E stupida anche lei, che non aveva mandato al diavolo il docente e le sue stupide domande.
Come anche il padre!
Anzi, altro che al diavolo: a fanculo doveva mandarli!
-E perchè non l’hai fatto?-
Aprì e chiuse ripetutamente le palpebre per mettere bene a fuoco l'interlocutore, scambiandolo per un breve attimo per un pirata.
-Come?- domandò incerta, la lingua lenta.
-Tuo padre e il tizio dalle domande cretine- il barman posò sul ripiano una palettina ricolma di diamanti. Ah, no vetri.
Forse.
-Perchè- si schiarì la voce roca e impastata dall’alcol -Perchè è maleducato-
-E trattarti da scema non lo è?- sbuffò quello -Avresti dovuto mandarli a cagare, aggiungendo anche qualche dito medio qua e là-
-No no- scosse il capo e il ciuffo rosa le sembrò pesante come cemento -È… illogico! Non si risponde a domande del genere con la maleducazione-
-Non è logico nemmeno bersi un’intera bottiglia di whiskey in una sola sera, ma ehi, io ci campo con certi ragionamenti illogici- ghignò posandosi sul bancone con un braccio.
Reiju lo studiò con occhio attento, era alticcia doveva ammetterlo, ma poteva non ammettere che la logica venisse esclusa.
Anche contro il ragazzone sexy e dagli occhi dorati che la interrogava.
Ancora.
Doveva essere giornata per lei.
-Avevo bisogno di distrarmi- sbuffò sentendo le guance scaldarsi del calore del liquore ingerito con tanta ingordigia -Che male c’è?!-
-Nessuno- ridacchiò il rosso, facendola innervosire -e che male c’è a dare le risposte sbagliate?-
Reiju alzò le spalle.
Non lo sapeva. Ancora.
E le dava fastidio.
-Senti- sospirò il rosso -La logica va bene, e per quanto quel tizio ti abbia provocato, che male avrai mai fatto tu? Hai ucciso animali in estinzione o cazzate varie? No. Hai solo dato qualche risposta sbagliata- si mosse pesante lungo il bancone, arrivandole vicino e sollevandole il mento con due dita.
I loro occhi si incrociarono, e il rossore sul viso di Reiju tramutò da rabbia e nervosismo a imbarazzo emozionato.
Oh si, erano d'oro quegli occhi.
-E ascolta uno che di cose logiche ne ha fatte poche: qualche volta, essere illogici, ne vale la pena. Quindi manda a fanculo tuo padre e l’altro pezzo di merda e prendi questa esperienza come la serata in cui hai assaggiato il miglior whiskey irlandese della città-
Le lasciò il volto, arrossato e dalle labbra umide, rovistandosi nelle tasche alla ricerca del cellulare.
-Ora ti chiamo un taxi e poi buona post sbornia- puntò gli occhi allo smatphone -Il tuo indirizzo te lo ricordi si?-
-Si- si alzò tremante in piedi Reiju, ondeggiando debolmente -Ma quindi se faccio qualcosa di illogico è ok?-
-Certo belle tette!- ghignò il rosso, sentendola appena muovere i due passi incerti sui tacchi.
-Ah, allora lo faccio- sorrise, prendendolo per la maglia e costringendolo a piegarsi per baciarla.






Lavorare per la Germa Entreprise richiedeva una buona dose di adattabilità, conoscenza del commercio nazionale e internazionale, organizzazione e relazione con il pubblico.
Reiju Vinsmoke, a capo della divisione commerciale, aveva studiato e preparato la sua mente per tale scopo. E per non deludere  l’aspro padre, ovviamente.

Biru biru! Biru biru!

Aveva studiato con impegno e non concedendosi le tipiche serate di alcol e sesso estremo degli universitari.
Lei aveva studiato e programmato il suo futuro nell’impresa di famiglia con affinata logica e determinazione.
Troppa logica a quanto ricordava dal giorno precedente e dal briefing col dottor Rayleigh.
Si appuntò mentalmente di chiamarlo e ricordargli chi avrebbe potuto citarlo per danno d’immagine.
Inviandogli magari anche una bottiglia di Chabarnet Sauvignon mista cianuro.
Dopo però.
Nel mentre avrebbe dovuto trovare la forza di aprire gli occhi e cercare il suo cellulare che squillava con così tanta insistenza.
Con palmo aperto, setacciò il letto, la trapunta dal pungente odore di pino marittimo, il comodino traballante e la radiosveglia impolverata, non trovando il tanto agognato apparecchio.
Doveva averlo lasciato nella borsa dopo… dopo… sbagliava o aveva uno strano retrogusto di whiskey in gola?
Aveva bevuto?

Biru biru! Biru biru!

-Mmm- si lamentò uscendo col capo dalla trapunta, gli occhi annebbiati dal sonno e dalla semi ombra della stanza.
Dov’era il suo cellulare?!?
E chi la chiamava con così tanta insistenza?!?
Sgusciò fuori col braccio dal caldo e pesante tepore che la schiacciava contro il materasso, rabbrividendo per l’assenza di vestiario, e non riuscendo ancora a trovare il telefono.
Oh per i Kami: non era possibile!

Biru biru! Biru biru!

Si alzò col busto, ci provò almeno, chiedendosi cosa le pesasse così tanto addosso, ed era quasi riuscita ad accendere la lampada sul comodino, lei che mai ne aveva avuta una in camera, quando una mano calda e callosa le arpionò un seno, riccacciandola sotto le lenzuola.
Ora che ci pensava, non aveva mai avuto nemmeno trapunte profumate di pino marittimo e mani calde a ricacciarla tra le coperta in camera sua.
Che quella non lo fosse?

Biru biru! Bir-!

-Chi cazzo rompe?!?-
Gli occhi le si spalancarono per la frase pronunciata con tanta veerve, aiutandola a riacquistare lucidità nel post sbronza e a riconoscere i lineamenti del barman nell’uomo nudo e che la sovrastava mentre urlava contro il suo cellulare.
Oh mio Dio...
-No, non sono Reiju Vinsmoke, sono la sua segreteria telefonica: Roger impestato, ma vi assumono per grado di deficienza o cosa?!?-
Si lanciò a recuperare il cellulare, emergendo nuda dalla trapunta e rubado l’apparecchio dalle mani di Kidd.
-Pronto?- parlò rapida, trattenendo un gemito quando una calda mano la riportò da dove era emersa.
-Miss Reiju?!- tartagliò una tremula voce femminile, tipica della sua segretaria Cosette -Miss è lei?!?-
La donna sospirò, gettando appena un’occhiata a Kidd e alla sua scapigliatura affondata tra i suoi seni, mentre i pezzi del puzzle della notte prendevano forma e ricordi.
Non che il corpo di Kidd nudo in mezzo alle sue gambe non le avesse già dato un valido indizio su quanto successo.
-Si, perdonami ero…- in compagnia del barman a cui sono saltata addosso ieri notte da sbronza e che sembra aver apprezzato la mia violenza sessuale.
-Avevi bisogno di qualcosa?- deviò rapida il discorso ascoltando attenta la problematica del giorno mentre le mani del barman la setacciavano in ogni anfratto.
In ogni anfratto!
-Comprendo il problema- rispose vaga alla sua collaboratrice -Inviami pure una mail vedrò di darci un occhio…- quando mai sarebbe riuscita a togliergli dal corpo del rosso: erano unghiate a sangue quelle che vedeva sulla sua schiena?
-Risolverò io la questione- assicurò, notando morsi e succhiotti in luoghi non molto consoni sul suo corpo.
Sentiva una natica dolerle e se non vedeva male aveva un morso su una caviglia.
Non osava dare altri nomi ai luoghi in cui sentiva una qual’certa pressione e spossatezza, e si trattenne dal gemere quando Kidd le strinse entrambe le natiche a mani piene non sapeva per quale grazia divina.
-Ma è tutto ok miss?- chiese in un improvviso moto di coraggio Cosette, preoccupata dei suoni di sottofondo che percepiva.
-Oh si- confermò sistemandosi il ciuffo rosa, voltandosi a pancia in giù mentre Kidd continuava a perlustrare ciò che la notte prima non era arrivato a mordere.
-Ma arriverò tardi in ufficio oggi- avvertì la segretaria -Impegni fuori agenda-
-Nessun problema miss!- rispose quella ticchettando abile su una qualche tastiera.
Reiju chiuse la telefonata, riponendo il telefono nel caos di vestiti che albeggiava sul e a terra del letto, volgendo poi uno sguardo a Kidd, ben intento a vendicarsi della scomparsa dei suoi seni, martoriandole le natiche.
-Ti diverti?- domandò ridacchiante, distraendolo dal morderle l'ultima porzione di schiena appena sopra la curva dell'anca.
-Tu no ieri sera?- alzò gli occhi dorati, ghignando con mezze labbra ancora ferme attorno alla sua carne.
La risata che liberò fu leggera e sincera, vibrante dal petto fino a tutti gli arti.
-È una situazione così illogica- si sistemò le ciocche rosa scompigliate.
Kidd si stese al suo fianco, una mano a giocare un suo ciuffo rosato, l'altra a sostenersi il capo rosso.
-E ti dispiace?- la provocò, pizzicandole un fianco.
Reiju sorrise, allungandosi a baciarlo, illogicalmente e priva di perché, ma con deciso desiderio.
-Nemmeno un pò- soffiò contro le sue labbra.
Quel mattino avrebbe decisamente fatto tardi.
Ed era totalmente privo di logica il suo ritardo.
Ma le piaceva.
Lui, i suoi capelli rossi, gli occhi dorati e il retrogusto di whiskey irlandese.



 
   
 
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