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Autore: NyxTNeko    24/11/2019    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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7 aprile

Napoleone ricevette la notizia del 'sostegno' legale di Saliceti da alcuni dei suoi uomini armati, gli stessi che avevano cacciato, qualche giorno prima, a suon di urli Matteo Pozzo di Borgo, il suo avversario politico più noto e vicino a Paoli. Si somigliavano molto dal punto di vista caratteriale, lo stesso non si poteva dire per le idee, in quanto sostenitore dell'ex idolo di Buonaparte. Entrambi percepivano l'altro come nemico da abbattere, con qualsiasi mezzo.

Matteo Pozzo di Borgo, però, aveva sottovalutato la spregiudicatezza, la determinazione e la durezza di Napoleone. Aveva organizzato un convegno dinanzi alla chiesa di San Francesco, a sostegno di tutti i cattolici corsi a cui si stava privando dei luoghi della cristianità. Quando si trovò dei sostenitori di Buonaparte, credette che volesse instaurare un dialogo pacifico, ma subito dopo esser stato cacciato via da questi, capì che Napoleone non si sarebbe fermato di fronte a niente e nessuno. La sua vendetta era implacabile.

Senza perdere tempo Pozzo di Borgo riferì tutto a Paoli in una lunga lettera, quest'ultimo immediatamente gli diede sostegno e si mosse per reclamare un'inchiesta ufficiale, per quello che riteneva essere un vero atto di corruzione ed intrigo. "Nessuno aveva superato tale limite" aveva pensato il Patriota nel momento in cui scriveva la lettera "Potevo accettare le altre malefatte, ma questa è un'infrazione gravissima, non la passerà liscia" una goccia di sudore gli scese sulla guancia.

Saliceti che sosteneva i Buonaparte, in quanto a favore della politica francese in Corsica, ed essendo rappresentante della Convenzione di Parigi sull'isola, bloccò senza alcun indugio l'inchiesta. In questo modo aveva sperato di placare parte del caos, scoppiato dopo aver ordinato la soppressione dei conventi e dei monasteri delle città più grandi dell'isola: Ajaccio, Bastia, Bonifacio e Corte, destinando i proventi alle casse dello stato centrale. Da quel momento Paoli e i suoi più stretti collaboratori avevano dichiarato formalmente la loro totale disapprovazione.

- Era ciò che mi aspettavo - disse solamente Napoleone, si voltò verso di loro, fissandoli intensamente e ordinò - Andate ora, tenetevi pronti per ogni evenienza, non possiamo farci cogliere impreparati o stanchi...

- Agli ordini tenente colonnello - risposero prontamente, mettendosi in posizione. Se ne andarono, salutando cordialmente i presenti.

- Quindi ci sarà una battaglia nei prossimi giorni? - domandò Luciano infervorato, fremeva dalla testa ai piedi, ansioso di farne parte, abbagliato dalla rivoluzione che stava stravolgendo l'obsoleto ordine ed equilibrio.

Napoleone frenò il suo entusiasmo, specificando il fatto che fosse più una rivolta da sedare piuttosto che una battaglia vera e propria - Perciò è meglio se resti a casa - gli consigliò. Gli mise una mano sulla spalla e lo guardò dritto negli occhi: aveva quasi 17 anni ed era alto più o meno quanto lui, era un uomo a tutti gli effetti. Conosceva il suo carattere fiero e il suo ardore per la rivoluzione, così come sapeva della stima che provava per lui.

Tuttavia, non poteva permettere che lo seguisse, sua madre non doveva piangere un altro figlio: se fosse morto, Luciano avrebbe preso il suo posto nel sostenere e aiutare il resto della famiglia, assieme a Giuseppe. Apprezzava il suo supporto, un giorno, forse, lo avrebbe coinvolto maggiormente.

Seppur deluso, Luciano annuì ubbidente - Come vuoi, fratello - sospirò. Prese un libro e si sedette sulla poltrona, Napoleone lo fissava ancora, il futuro da intellettuale sarebbe stato perfetto per lui.

Aveva accettato il suo destino da uomo d'armi che non gli impediva, in fondo, di potersi dedicare alla cultura, anzi, voleva essere un esempio e far rimangiare la parola a tutti coloro che consideravano i militari e gli ufficiali dei perditempo o degli ignoranti, sempre in fissa con donne e vino. Prese anch'egli un libro e si chiuse nella sua camera, rilassandosi.

Giuseppe, come al suo solito, era al corrente, e seriamente preoccupato per le sorti del fratello, in giro aleggiava sempre più incertezza e malcontento, nonostante fosse la settimana santa, non si sentiva aria di penitenza o di riconciliazione, tutt'altro. Probabilmente sarebbe stato il momento perfetto per ribadire con fanatismo la fede e la dottrina cattolica. Napoleone lo aveva compreso, per questo restava all'erta, pronto ad intervenire.

Strinse i pugni, per l'ennesima volta si sentiva scalzato dal fratello minore, non provava invidia, più che altro senso di inferiorità. Le parole del defunto zio, riecheggianti nella testa, non gli furono certo d'aiuto: il fratello gli aveva garantito il suo 'posto', quanto poteva durare ancora?

8 aprile

Quella domenica di Pasqua cominciò nel peggior modo possibile: un gruppo di cittadini cattolici si era piantato davanti il monastero della città e non mostrava alcuna intenzione di andarsene. Prima di passare alle armi, avevano tentato di convincerli con le buone, nel vedere la loro insistenza avevano sfoderato le armi, dalle spade ai fucili, ai cannoni.

Napoleone, immediatamente si precipitò sul posto, a bordo del suo cavallo, attendendo la convocazione ufficiale, pur avendo intuito da giorni che cosa stava accadendo ad Ajaccio. "Sarà una Pasqua che non dimenticheranno facilmente" disse fra sé una volta giunto al luogo stabilito. Si sistemò la divisa e il cappello - Tenente colonnello d'artiglieria, del 2° reggimento, Napoleone Buonaparte al vostro servizio - si presentò al suo pari Quenza, mettendosi ritto e in posizione.

- Sapete quello che dovete fare, tenente colonnello Buonaparte - riferì semplicemente l'altro, affidandogli parte delle batterie da utilizzare per riportare la calma. Napoleone non si sarebbe fatto prendere da scrupoli o da rimorsi, era deciso ad andare fino in fondo, era un conflitto e vigevano le regole della guerra. Controllò di avere le armi, con sé, nel caso in cui avrebbe dovuto difendersi personalmente, il cuore gli batteva all'impazzata, smanioso di entrare in azione. Un po' di paura si insinuò nel suo animo, non della morte, sapeva che in quelle situazioni si rischiava la vita, per un uomo d'armi la vita aveva poco valore, quanto di far soffrire la madre.

Mentre si lanciava nella mischia, accanto ai suoi uomini, tutti spaventati e al tempo stesso determinati nel ripristinare l'ordine, pensava a lei, alle storie che si raccontavano a tavola, quando c'era anche suo padre, una delle più ricorrenti era la battaglia sul Ponte Nuovo, in cui combattè al fianco di Carlo, sebbene fosse incinta. Si era battuta coraggiosamente, incurante dei pericoli, come una vera leonessa. Lui non voleva essere da meno, era sangue del suo sangue: era figlio della guerra. "Se non dovessi rincasare, perdonate questo figlio scellerato, madre"

- Continuate a sparare ai ribelli stanziati dinnanzi il monastero! - urlava senza sosta, preparando egli stesso i cannoni. Fu l'occasione propizia per dimostrare, nella sua terra d'origine, di avere tutte le competenze e conoscenze che aveva appreso in quegli anni. Diversi colpi di cannone falciarono solo una minima parte di quella marmaglia rivoltosa, era consapevole che tutto ciò non bastava, per questo rimaneva attento, controllando ogni direzione.

I suoi sottoposti e colleghi non erano da meno, molti di essi avevano studiato in Francia come lui, perfino loro, con alte probabilità, erano in bilico nei loro ideali, amareggiati dall'uomo che credevano eroe. O forse semplicemente erano talmente indottrinati da non riuscire a pensare liberamente, obbedendo ciecamente ad ogni ordine. Quel pensiero lo fece rabbrividire, ringraziò il destino di avergli dato la forza di non cedere.

La rivolta si stava trasformando rapidamente in guerriglia e i cannoni non bastarono più a frenarli, si passò alla lotta aperta - E meno male che è il giorno di Pasqua - emise uno dei suoi compagni, beffardo, pulendosi la bocca sporca di sangue, afferrò il fucile, colpendo uno dei rivoltosi con il calciolo del fucile, stendendolo all'istante - Se fosse stato un giorno qualsiasi, allora cosa ci avrebbero fatto? - ridacchiò, scagliandosi sulla plebaglia.

Napoleone lo guardò di sfuggita, impegnato a liberarsi da un gruppo di uomini che si era riversata contro di lui, intenzionalmente, credendolo il più debole, essendo giovane e gracile. Cadde al suolo, evitò agilmente di essere pestato da colpi di tacco confusi e smarriti, si rialzò non appena trovò spazio sufficiente, mostrando una volontà incrollabile. Spostò dei ciuffi di capelli dagli occhi. Senza perdere la sua fredda calma, prese la mira e sparò, anticipando l'intenzione di un uomo che stava per colpirlo con il fucile.

Nell'istante in cui rovinò a terra, i suoi seguaci si avvicinarono a lui per cercare di salvarlo, sollevando della polvere, rendendo ancora più caotica la situazione. Napoleone approfittò della confusione per sgaiattolare silenziosamente, senza che se ne accorgessero, in questo caso le sue fattezze minute gli furono d'aiuto. Ritornò alla batteria: qui trovò uno dei suoi tenenti in difficoltà, non riusciva a gestire la situazione da solo, gli si affiancò e si mise all'opera. Per il sottoposto il suo tempismo fu una benedizione.

- Non dovete farvi sopraffare dal senso di colpa - sussurrò notando la sua espressione persa - È il nostro dovere, ricordatelo sempre!

L'altro annuì, ritemprato dal carisma, dalla forza d'animo di quel giovanissimo superiore, che non rinunciava alla lotta: pieno di polvere, con la divisa logora, spettinato, aveva perso il cappello, ma non la grinta - Sì - confermò poi il ragazzo. 

Letizia, intanto, benché avesse una tempra incrollabile, che le aveva dato la forza di andare avanti persino nei momenti peggiori, non faceva altro che pensare a Napoleone, al pari di ogni madre, nonostante tutte le raccomandazioni che le aveva dato in quei giorni, temeva per lui. - Sono un ufficiale, madre, non sarà di certo la plebaglia a fermarmi - gli aveva detto, gelido, poco prima di uscire, di spalle e lo sguardo rivolto unicamente al suo obiettivo.

Aveva ereditato da lei la sua testardaggine e impulsività, ciò la impensierì notevolmente. La gente di Ajaccio non era di certo clemente, specialmente nei confronti di persone note, la sua famiglia lo era. Se non fosse tornato sarebbe riuscita a sopportare un simile dolore? La morte di un figlio non era la stessa di un marito.

Si sedette sul letto matrimoniale e poggiò la mano sul ventre sterile, sospirando, il suo bambino tornò ad essere lontano da lei, come quella volta. Poi si alzò, tastando le lenzuola pulite e profumate, avanzo verso il comodino e aprì il cassetto più piccolo, estrasse un rosario, che aveva accuratamente nascosto per evitare che glielo buttassero via. Nel clima di ateismo, scetticismo diffuso, lei restava aggrappata alla fede. In un mondo che stava cambiando velocemente, la religione restava la sua unica certezza.

"Anche se non crede in Te, Signore proteggilo" pregò lei a mani giunte  "Soprattutto oggi che è il giorno della Resurrezione, un giorno di pace e gioia, fai in modo che finisca questa inutile carneficina fratricida e che torni da me, non mi importa se ferito, purché sia vivo".  

La battaglia infuriava senza posa, in entrambe le fazioni si percepiva la stanchezza, si resero conto dell'infondatezza del conflitto, ma comunque, erano spronati a non mollare, fino a quando una delle due fazioni non si sarebbe arresa. Napoleone apparteneva alla seconda sponda, la parola resa era impensabile, si difendeva come poteva, sparando palle di cannone non appena notava gruppi di persone che si lanciavano all'unisono verso la bocca di ferro, senza alcun tentennamento. Quando agivano in solitaria, invece, caricava il fucile e sparava.

Si fermò solamente nell'attimo in cui sentì il corpo del suo collega vicino accasciarsi accanto a lui, abbattuto da un proiettile vagante. Fu colpito con precisione tale da non permettergli il contraccolpo, morì all'istante, Napoleone si girò e lo guardò intensamente. Di solito non era il tipo che si lasciava impietosire da scene del genere, eppure lo fece.

Una giovane vita era stata strappata, i suoi sogni negati, chissà a cosa o a chi avesse pensato prima di spirare, aveva provato paura, era un uomo, era un morente, perché non doveva averne? Ma si era fatto coraggio e aveva ripreso a combattere per i suoi ideali, per essi era morto. Provò rispetto, per quanto fosse uno sconosciuto, era morto onorevolmente. Si chinò leggermente sulle ginocchia, gli chiuse gli occhi, ormai vuoti - Riposa in pace - sibilò sottovoce "Sempre che non ti raggiunga tra poco..." 

 

   
 
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