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Autore: ___Page    24/11/2019    2 recensioni
Un tatuaggio bianco e un tatuaggio blu.
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*Questa fanfiction partecipa all'iniziativa Yuri & Yaoi's 3 Days organizzata dal forum FairyPiece - Fanfiction & Images*
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*Questa storia partecipa a “Ink’n’Soul” a cura di Fanwriter.it*
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Sanji, Usop
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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★ Iniziativa: Questa storia partecipa a “Ink’n’Soul” a cura di Fanwriter.it!
★ Numero Parole: 1.810
★ Prompt/Traccia: 21. A e B condividono un tatuaggio a cui sono legati dei terribili ricordi.





 
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OUT OF THE BLUE




Immobile sulla porta, non riusciva a staccare gli occhi da lui.
Da lui, dalla sua pelle, dal suo costato.
Dalla sua pelle, dal suo costato, dalla linea ramificata che lo attraversava.
Usopp non sapeva cosa pensare, non era certo di aver pienamente capito cosa stava guardando e di certo il cervello in pappa non lo aiutava. Ma se la sua testa non dava alcun contributo, il corpo compensava e capiva eccome cosa stava guardando.
Usopp stava guardando una delle cose più belle che avesse mai visto nella realtà o nella propria immaginazione, descrizione che si applicava a tutte le volte che aveva visto Sanji nudo, mezzo nudo o quasi nudo.
Le spalle larghe e forti che si stringevano giù, giù, sempre più giù, i deltoidi scolpiti, le scapole piene, le fossette subito sopra l’elastico dei boxer. Era tutto così equilibrato, così armonico.
Sanji, agli occhi di Usopp, era un capolavoro e forse per questo era vittima di quella dissonanza cognitiva. In quel momento, un momento che lo aveva colto di sorpresa, non aspettandosi di trovarlo lì, l’opera d’arte era una tela.
E ciò che era disegnato su quella tela, era… era…
«Ti piace, Uso-chan?»
Usopp sobbalzò sulla porta del bagno comune. Non si stupiva che Sanji lo avesse riconosciuto senza neanche voltarsi, sospettava di avere inalato rumorosamente un rantolo quando se l’era trovato a pochi metri nell’aprire la porta.
Nudo e tatuato.
Già la sola idea di Sanji con un tatuaggio gli mandava il sangue al cervello, se poi il tatuaggio gli attraversava il fianco per intero, avvolgendo delicato in mille finissimei linee la sua scapola, creando contrasto tra l’inchiostro e la pelle candida, che non prendeva mai un raggio di sole…
«Io…» Usopp deglutì a vuoto, stendendo il braccio senza cognizione, la mano tesa e appena tremante.
Voleva toccarlo. Accarezzarne il bordo con le dita, ridisegnarlo con le labbra.
Era bellissimo.
Così tanto che Usopp non sapeva più perché il suo cuore batteva così all’impazzata, se per la visione paradisiaca che lo aveva accolto o se per i ricordi che quel tatuaggio avevano scatenato.
Sembrava un ramo, uno spesso, sinuoso ramo che si divideva in tanti rametti più sottili, alcuni così ravvicinati da sembrare foglie di felce.
Sembrava un ramo ma era una cicatrice. Non il tatuaggio di una cicatrice ma un tatuaggio che copriva, riempiva, colorava ogni millimetro della cicatrice che Enel gli aveva lasciato, tanto tempo prima, a Skypeia.
Una cicatrice che con il tempo sulla pelle pallida di Sanji era sbiadita, fino a confondersi e sparire a un occhio che non fosse stato abituato a studiare e contemplare ogni centimetro di quel corpo in ogni occasione.
Usopp sapeva che era lì, la vedeva ancora come se fosse stata rossa e pulsante, come subito dopo che era stata inferta, la conosceva così bene che sapeva seguirne il percorso lungo la cassa toracica di Sanji e nelle sue innumerevoli diramazioni anche a occhi chiusi. O nella penombra del laboratorio, battito contro battito, lasciandosi stringere tra le sue braccia e curandolo a fior di dita dove il sedicente dio di Skypeia aveva osato ferirlo.
Quel giorno, Usopp aveva capito.
Lo aveva creduto morto per un errore anatomico alquanto idiota in realtà, ma era noto che Usopp e l’anatomia non fossero in rapporti particolarmente buoni. Il fatto era che lo aveva creduto morto e aveva capito.
Era stato un simile fulmine a ciel sereno che, quando Enel aveva poi colpito lui, ormai certo di non averlo affatto perso, Usopp quasi non se n’era accorto e comunque non gli sarebbe importato neppure di finire all’inferno.
Era stato un fulmine a ciel sereno, come quello che aveva davvero colpito lui e Sanji, come il tatuaggio che attraversava trasversalmente la schiena di Sanji.
Ora non era più un segreto, ora Usopp lo vedeva, non più rosso e pulsante ma blu, denso e scuro. Finemente cesellato, luminoso, perfetto.
«Sanji è bellissimo»
Era bellissimo. Il tatuaggio, lui.
Solo il ricordo non lo era, faceva male, male come una scarica elettrica sottopelle.
«Lo so» Sanji si voltò con un sorriso che non aveva nulla di arrogante, carico di affetto e sincero amore. «Il tatuatore ha dovuto solo riempire, dopo aver ridisegnato per bene tutto il bordo ovviamente»
Usopp sbatté le palpebre poco lucido, vagamente consapevole della distanza che si accorciava tra lui e Sanji, lasciando vagare gli occhi su di lui.
«E sai perché so che è bellissimo?»
«P-perché?» deglutì a vuoto Usopp.
«Perché è uguale al tuo»
Usopp sollevò lo sguardo per incrociarlo con quello limpido di Sanji, che lo guardava senza barriere né difese, lasciandosi leggere da lui come mai e come da nessun altro. Fin nel profondo dell’anima. Fino al cuore.
Da artista qual era, Usopp si rese conto in un attimo dell’evidente complementarietà della scelta.
Sanji, così chiaro e pallido, con un tatuaggio blu notte lungo il fianco. Usopp, mulatto e abbronzato, con una cicatrice bianca che gli avvolgeva la spalla.
Non lo avrebbe ammesso mai né la nascondeva, perché un coraggioso guerriero del mare non si lamenta né cruccia dei segni che la propria avventura gli ha lasciato, ma certi giorni Usopp odiava quella cicatrice e non certo per l’estetica.
Se ne stava lì, in bella vista, a ricordargli, certi giorni, che non era riuscito a fare nulla, che aveva rischiato di perderli, che non era riuscito a proteggerli, che se se la fosse potuta dare a gambe certamente lo avrebbe fatto, perché lui era così.
Se ne stava lì, senza niente di eroico o bello o solo lontanamente figo.  
Ma Sanji, proprio Sanji, non chiunque altro ma precisamente Sanji, invece trovava quel segno bellissimo, al punto da farselo marchiare sulla pelle, visibile a tutti, perché era uguale al suo.  
Agli occhi di Sanji quello squarcio bianco che partiva dal collo e scendeva sinuoso sul pettorale, sulla scapola e sul braccio fino al gomito era bellissimo. Agli occhi di Sanji non era simbolo di un fallimento ma un segno indelebile da mostrare al mondo, da portarsi addosso con orgoglio fino all’ultimo respiro. Agli occhi di Sanji avevano lo stesso identico valore e significato.
Un tatuaggio bianco e un tatuaggio blu.
«Non è… Non è proprio la stessa cosa» Usopp rise nervosamente, smettendo subito di sforzarsi appena Sanji gli posò una mano sul lato del collo. Non serviva fingere, con lui non serviva fingere e Usopp si lasciò disarmare del suo difensivo sorriso, spalancando gli occhi scuri nei suoi, attento.
Non voleva perdersi una parola neanche per sbaglio.
«Mi hai fatto morire di paura quella volta» la voce vibrante e bassa, il tono fattuale e senza rimprovero, gli occhi nei suoi. «Cioè quando mi sono svegliato e ho capito che il bastardo aveva fulminato anche te…» e un po’ di rabbia, verso Enel e verso se stesso, la percepiva Usopp nel suo inalare rumorosamente, la vedeva da come distoglieva per un momento lo sguardo, riportandolo subito su di lui quando gli strinse il braccio. «E poi, siccome non ti bastava, sei pure tornato indietro» scosse appena il capo con un lieve sorriso. «Quando ti ho visto spuntare di nuovo sull’Arca ho pensato “Mio dio, ma questo me la vuole proprio rendere complicata eh”»
Usopp corrugò le sopracciglia prima di sollevarne uno solo. «Sanji, mezz’ora prima mi avevi detto che pur di salvare Nami non ti importava se morivo» gli ricordò con giusto una punta di risentimento.
«Oh Usopp, andiamo!» protestò Sanji, sperando vivamente di non essere diventato anche solo vagamente rosso. «È ovvio che quello che intendevo era “Se ti azzardi a morire ti uccido”. Solo che non ero ancora molto bravo a esprimere il concetto all’epoca»
«Sarebbe bastato dirlo così»
Sanji si strinse nelle spalle. «È probabile che il fulmine mi avesse cotto il cervello»
«Ah il mio quel giorno è andato in pappa di sicuro» ridacchiò Usopp e fu il turno di Sanji di deglutire a vuoto. Due dita si avventurarono verso la sua mandibola, sfiorando l’osso squadrato con i polpastrelli, occhi chiari a studiare uno sguardo scuro e perso nei ricordi. «Non mi sarebbe importato di morire, per riportarti indietro» mormorò più a se stesso che a lui, con occhi fissi nel vuoto, prima di riprendere coscienza dello spazio e del tempo. «Cioè ti rendi conto? Io che non mi interesso di sopravvivere! Insomma va bene essere il grande e impavido Capitan Usopp ma a vivere ci tengo, decisamente quel fulm… »
Usopp chiuse subito gli occhi quando una sensazione umida gli impregnò le labbra. Anche se si stupiva ancora ogni singola volta quando Sanji lo baciava, che fosse di slancio o con chiara intenzione di raggiungere quell’obbiettivo, ma aveva imparato a non perdere tempo e godersi il momento. Anche perché i suoi baci, per quanto durassero, a Usopp sembravano sempre durare troppo poco.
Anche quella volta, nonostante Sanji gli avesse dato tutto il tempo di avvicinarsi fino ad annullare ogni distanza, posando le mani sui suoi fianchi, quando si separarono per riprendere fiato a Usopp sembrò che fosse passata appena una frazione di secondo.    
«Tu…» ammise Sanji, ancora stordito dai fumi del bacio, la voce roca e la fronte contro la sua. «…devi sempre fare di testa tua» e stavolta sì che ci sarebbe voluto essere del rimprovero ma chissà perché gli sembrava che il suo tono fosse suonato solo tanto innamorato.
«Beh ma per forza» sorrise Usopp, passando il palmo sul tatuaggio che conosceva a memoria, ancora un po’ gonfio e fresco di battitura. «Devo restare sempre nei paraggi per quanto possibile, altrimenti come faccio a fare tutto quello che tu non puoi e viceversa? Oh ehi!» si esaltò di colpo Usopp, neanche consapevole, come accadeva fin troppo spesso, dell’effetto che le sue parole avevano su Sanji quando faceva certe meravigliose uscite. «Dovremmo farcela tatuare, la frase dico, un pezzo tu e un pezzo io! C-cioè aspetta… Non f-fa male vero? Cioè non che mi faccia paura o c-cosa, solo che…»
«Non fa male» lo fermò Sanji, stringendoselo di più addosso, arcuando poi le sopracciglia arricciate. «E comunque posso sempre tenerti la mano. Prometto che non lo dico a nessuno»
«Beh se la metti così allora dovrei approfittarne e farmi tatuare anche un cuore dal lato giusto, così la prossima volta controllo e non mi sbaglio» si prese in giro da solo Usopp, un evento a cui era concesso assistere solo a Sanji che piegò le labbra in uno sghembo e famelico sorriso. Si sporse oltre Usopp senza lasciarlo andare, per chiudere la porta e girare la chiave, e poi, senza tanti complimenti, lo afferrò per le cosce e lo sollevò quel tanto che bastava per annullare i pochi centimetri di differenza tra loro, bilanciandoselo addosso.
«Uso-chan se ti serve un ripasso di anatomia…» annunciò, barcollando appena verso la vasca piena di acqua calda al centro della stanza, la risata di Usopp nelle orecchie, il proprio cuore contro al suo. «…credo proprio che siamo nel posto giusto»
    
 







Angolo dell'autrice: 
Ma buonasera! 
Okay è tardi, tipo molto tardi e questa storia è... corta. Ahimè sì, lo è, ma la mia ispirazione sta tornando a singhiozzo e quindi sì, sono contenta di essere qui a contribuire 
all'ultimo giorno di Y&Y con loro due, nonostante tutto. 
C'e da dire che, e giuro che non so come sia possibile, mi sono accorta che ne "Il cielo sopra Dressrosa", non c'è manco una frase su Skypeia, il che è assolutamente incompresibile per me, essendo la mia saga SanUso per eccellenza insieme a Water Seven, per cui userò questa storia anche per fare ammenda. *annuisce con convinzione*

Il titolo "Out of the Blue" ha diversi significati. Inizialmente doveva essere "A ciel sereno" ma poi ho optato per l'espressione inglese per dire appunto "Un fulmine a ciel sereno" perchè oltre a riferirsi all'attacco di Enel (se lo traduciamo ovvio e mica con qualunque traduzione possibile, sarebbe stato troppo semplice figurarsi), c'è anche il riferimento al colore del tatuaggio di Sanji e al fatto, non proprio esplicitato nella stoia ma sottinteso, che Sanji ha deciso di getto di farsi fare questo tatuaggio come si può volendo evincere dalla reazione di Usopp e, soprattutto, se si vive nella mia testa. 

L'idea delle figure di Lichtenberg, ovvero le cicatrici da scarica elettrica, causate dallo scontro con Enel a Skypeia, mi è stata ispirata da una bellissima Fanfiction di fruitygelpens "I'll take anything you wanna give me" su Archive of our own, un luogo bellissimo e meraviglioso dove la SanUso è una ship normale e con un numero di storie non dico alto ma insomma, ce n'è. 

Detto ciò ne aprofitto per ringraziare di cuore Fanwriter per la splendida iniziativa, Zomi per la pazienza che ha con me e per l'ultima volta il FairyPiece per il meraviglioso weekend che ci ha regalato. 

E ovviamente un grazie a tutti voi che siete arrivati fin qui. 
Un bacio grande e a presto. 
Page 



O e ovviamente non mi posso dimenticare della cosa più importante: 
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