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Autore: MackenziePhoenix94    25/11/2019    0 recensioni
SECONDO LIBRO.
“Un sogno non può durare per sempre. Arriva per tutti il momento di svegliarsi e di fare i conti con la realtà.
E quel momento, purtroppo, è arrivato anche per me”.
Dopo due sole settimane, Nicole ritorna a Chicago portando con sé i segni, sia mentali che fisici, della sua relazione con Theodore Bagwell.
Ciò che ha in mente è chiaro e ben delineato: lasciarsi alle spalle l’uomo che l’ha presa in giro e ricominciare una nuova vita, questa volta sul serio; ma i suoi piani vengono nuovamente sconvolti quando riceve una chiamata proprio dal suo ex compagno.
L’uomo, in lacrime, la supplica di raggiungerlo e, così facendo, costringe Nickie ad affrontare l’ennesimo bivio: rifiutare o accettare?
Ancora una volta, Nicole decide di seguire il proprio cuore: senza esitare, parte per Panama, per raggiungere Bagwell, del tutto ignara delle conseguenze che la sua decisione avrà.
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, T-Bag
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Continuo a rileggere il foglietto che ho in mano, a bassa voce, finché una voce alle mie spalle non mi fa sobbalzare: non si tratta di Teddy, né di Lincoln, con mio enorme stupore mi trovo faccia a faccia con Michael, che si siede di fronte a me.

Per la prima volta mi rendo conto che io e lui non abbiamo mai avuto una vera conversazione, finora ci siamo scambiati a malapena qualche parola di circostanza, sempre in riferimento all’operazione Scylla.

“Credo che tu abbia qualcosa che mi appartiene” dice, riferendosi al foglietto, ed io rispondo con un sorriso colpevole.

“Buffo, una delle prime conversazioni che ho avuto con Theodore è iniziata proprio con parole simili. Mi dispiace, non avrei dovuto frugare tra le tue cose, ma il nome Scylla continuava a rimbombarmi in testa, ero sicura di averlo già sentito da qualche parte, ma non riuscivo a ricordarmi dove… Finché non ho trovato questo dentro una cartellina che era appoggiata sopra al tuo letto” appoggio il foglio di carta sopra al tavolo ovale ed indico le righe scritte con una penna dall’inchiostro blu “questi appunti…”

“Sono di mio padre”

“Sono tratti da un verso dell’Odissea. Se la memoria non m’inganna, Ulisse si trova costretto ad affrontare un mostro il cui nome è, appunto, Scylla, e se vuole proseguire col suo cammino deve sacrificare sei dei suoi uomini. E lui, alla fine, lo fa”

“Non so se sarei in grado di prendere una decisione simile”

“E se ciò dovesse accadere?” domando, mordendomi il labbro inferiore “se dovessi davvero essere costretto a prendere una decisione simile a quella di Ulisse, che cosa faresti? Arriveresti davvero al punto di sacrificare qualcuno della squadra per portare a termine l’operazione?”

“Esiste sempre un modo per sistemare le cose”

“E se, in questo caso, non ci fosse una seconda alternativa?”

“Sei preoccupata per la sorte del tuo uomo? Hai paura che possa accadergli qualcosa? Se non te ne fossi ancora resa conto, sappi che una delle sue poche qualità positive è la capacità di uscire totalmente illeso da qualunque situazione. Quando ho organizzato l’evasione da Sona, lui è rimasto lì dentro perché gli altri non dovevano sapere nulla del nostro accordo secondario, soprattutto mio fratello, e mi ha solo detto che quattro giorni dopo avrei dovuto aspettarlo vicino al molo del porto. E quattro giorni dopo si è presentato puntuale, anche se per scappare ha dato in pasto alle fiamme l’intera prigione”

“Non mi aveva raccontato questo piccolo particolare” mormoro, lasciandomi scappare un sorrisetto “ma la fortuna non può essere sempre dalla sua parte. Prima o poi finirà, ed ho paura che quel giorno possa arrivare molto presto, magari anche domani…”

“Non accadrà. Se rispetterete tutte le fasi del piano senza fare di testa vostra, ne usciremo vivi”.

Annuisco e subito dopo corruccio lo sguardo.

“Michael, hai un rivolo di sangue che ti esce dal naso” gli faccio notare, e lui si affretta a pulirsi con un fazzoletto che poi getta dentro un cestino “ti capita spesso?”

“Qualche volta negli ultimi giorni. A volte lo stress gioca questi brutti scherzi. Per quanto riguarda il piano di domani, ho bisogno che tu faccia una piccola parte, Nicole”

“D’accordo” mi limito a dire, annuendo; quando chiedo in che cosa consiste il piccolo lavoretto che devo svolgere, Scofield me lo spiega attentamente, affinché non mi sfugga nessun dettaglio, perché si tratta di un passaggio molto importante e perché da esso dipende l’intera riuscita del piano “sì… Sì, penso di avere capito tutto. E penso anche di farcela senza nessun problema”

“Allora ti consiglio di andare a riposarti, perché domani ci attende una lunga giornata. Questo, se non ti dispiace, lo riprendo io” risponde il giovane uomo, riappropriandosi del biglietto che ho preso in prestito senza il suo consenso.

“Michael” pronuncio il suo nome, richiamandolo indietro, perché non so quando ricapiterà di trovarci faccia a faccia da soli “so benissimo quello che pensate di me, ma volevo dirvi che, anche se sono la sua donna, non ho alcuna intenzione di fregarvi perché desidero tanto quanto voi che questa storia finisca. E farò qualunque cosa per evitare che anche lui lo faccia”

“Nicole, qui dentro siamo tutti dei ricercati, non siamo nella posizione migliore per giudicare la vita degli altri componenti della squadra e quello che hanno fatto” Scofield ritorna da me, e questa volta prende posto alla mia destra “adesso voglio confidarti una cosa: per far evadere mio fratello da Fox River, avevo bisogno che qualcuno lasciasse la porta aperta in infermeria e per questo motivo mi sono avvicinato a Sara. Il piano originale non prevedeva che m’innamorassi di lei, eppure è successo. E quando siamo evasi ed io sono stato costretto ad abbandonarla, lei si è sentita presa in giro ed ha tentato un gesto estremo. Non sono così perfetto come mio fratello e gli altri credono, anch’io ho le mie colpe, anch’io ho delle vite sulla mia coscienza, di conseguenza non mi permetterei mai di giudicare le tue scelte”

“Adesso mi prenderai per pazza” gli confido a mia volta, a bassa voce “ma quando eravate ancora a Fox River, ho fatto uno strano sogno in cui c’eri anche tu: io e Teddy eravamo nella casa in cui sono cresciuta… Ricordo che lui aveva la maglietta sporca di sangue e mi abbracciava, e continuava a ripetermi che non dovevo preoccuparmi di niente perché tutto si sarebbe sistemato… Ma poi sei apparso tu, in cima alle scale della cantina, ed hai iniziato a dirmi che non dovevo fidarmi di lui, che non dovevo ascoltare le sue parole perché era solo un bugiardo. Ho ripensato spesso a quel sogno, ed altrettante volte mi sono chiesta quello che avrei dovuto fare, quindi, adesso, voglio chiederlo proprio a te. Che cosa dovrei fare, Michael? Sono una stupida a credere in un futuro insieme a lui? Secondo te… Secondo te mi ama veramente?”

“Quando eravamo rinchiusi a Sona, sono stato io a comunicargli che tu e Sara eravate state uccise. Proprio perché ho visto la sua espressione in quel momento, posso dirti con certezza che non ti sta prendendo in giro. Forse all’inizio eri davvero solo un divertimento, ma ora non più. Però, Nicole, non dimenticare mai che stiamo parlando di Theodore Bagwell: una persona profondamente egoistica ed egocentrica, che mette sempre sé stesso in primo piano rispetto agli altri. Sai che cosa farebbe se dovesse essere costretto a scegliere tra la sua pelle e quella dell’intera squadra, quindi non farmi anche questa domanda, o sarei costretto a mentire per non spezzarti il cuore”.



 
Teddy non è assolutamente d’accordo con la piccola parte attiva che devo svolgere: da quando sono stata rapita dalla Compagnia, ai suoi occhi sono diventata fragile come una bambolina di porcellana, pronta a rompersi in mille pezzi al primo tocco.

“Prima ti lamenti di essere confinato nelle retrovie, poi ti lamenti se entrambi entriamo in azione, che cosa vuoi di preciso?” sbuffo, spazientita, controllando il mio riflesso su uno specchio; Theodore, alle mie spalle, inarca il sopracciglio sinistro ed appoggia la mano destra sul fianco, assumendo un’espressione incredula, e così facendo contribuisce solo ad irritarmi ed a peggiorare la situazione.

“Io non ho alcun problema a dare un contributo più attivo del precedente, ma vorrei che lo stesso non valesse anche per la mia donna. Secondo te perché il piccolo pesciolino non ha chiesto questo ‘piccolo favore’ a Sara? Perché sa che si tratta di un’operazione rischiosa e non vuole mettere in pericolo la sua vita, e che cosa fa? Chiede a te di farlo perché la tua è sacrificabile!”.

Le sue proteste sono così assurde che non riesco a trattenermi, e scoppio a ridergli in faccia.

“A volte dovresti davvero sentirti quando parli. Non si tratta di un’operazione rischiosa e la mia vita non sarà messa in pericolo. Se così fosse stato, Michael neppure me lo avrebbe chiesto. Andiamo, dopotutto devo solo scambiare quattro chiacchiere con una donna alla fermata dell’autobus, lasciar cadere dentro la sua borsa il dispositivo di Roland e poi salirò in macchina. Michael e Lincoln mi osserveranno a distanza per tutto il tempo, pronti ad intervenire in qualunque momento. Non hai nulla di cui preoccuparti, cerca piuttosto di rispettare la tua parte”

“Continuo ad essere dell’idea che questa cosa non mi piace affatto”.

Mi allontano dallo specchio per avvicinarmi al mio uomo, gli passo le braccia attorno alle spalle e gli poso un bacio sulle labbra per tranquillizzarlo.

“Adesso basta” mormoro, in un soffio “non hai nulla di cui preoccuparti, andrà tutto bene”.

Penso davvero ciò che ho detto al mio uomo, perché in situazioni come questa l’ottimismo e l’autoconvinzione giocano un ruolo molto importante, ma quando raggiungo la fermata dell’autobus e vedo avvicinarsi il mio obiettivo, sento i palmi delle mani diventare improvvisamente appiccicosi a causa del sudore; stringo con più forza il giornale, tastandolo nel punto in cui è nascosto il dispositivo, deglutisco e lancio una seconda occhiata alla donna, una portoricana dalla corporatura robusta: la vedo in difficoltà mentre cerca qualcosa all’interno della sua borsa, e così mi offro di aiutarla, reggendo ciò che ha in mano.

“Sei molto gentile” ringrazia, passandomi un bicchiere di cartone, di quelli che si trovano nelle caffetterie d’asporto “questa borsa è così grande che divento pazza ogni volta che devo cercare qualcosa al suo interno. Puntualmente sembra sparire chissà dove”

“Io invece ho il problema opposto” commento, sorridendole “sono un insegnante, e sono sempre così sommersa di cose che devo portare con me, che sarò costretta a comprare un furgoncino prima o poi. In effetti stavo giusto pensando a quanto sembra essere spaziosa la sua borsa. Dove l’ha comprata?”

“È un regalo del mio Capo”

“Le dispiace farmela vedere più da vicino?”

“No, certo che no, prego”.

La donna mi porge la borsa in pelle e, mentre fingo di osservarla con attenzione, lascio scivolare al suo interno il dispositivo.

“La ringrazio” mormoro, restituendogliela proprio nel momento in cui l’autobus si ferma a poca distanza da noi; aspetto che salga nel mezzo di trasporto e mi allontano, senza dare nell’occhio, per poi salire sui sedili posteriori di un grosso suv nero “è andato tutto secondo i piani, non ha avuto il minimo sospetto. Adesso dobbiamo solo attendere che arrivi a destinazione, e sperare che proprio oggi il custode non abbia deciso di portare Scylla con sé”

“Perfetto. Andiamo” ordina Michael al fratello maggiore, che accende subito il motore della macchina e parte con una sgommata.

Siamo noi i primi ad arrivare in prossimità della villa, e la donna delle pulizie arriva appena qualche minuto più tardi; rigiro il cellulare tra le mani, in attesa del momento in cui dovrò chiamare Teddy, e nel frattempo pongo un’altra domanda al nostro caposquadra.

“Come riusciremo a fare in modo che la donna resti nella stessa stanza di Scylla il tempo necessario per copiarla?”

“Con una semplice chiamata: fingerò di essere il tecnico che si occupa degli allarmi di sicurezza e di avere appena ricevuto la segnalazione di un malfunzionamento. Le dirò di controllare le finestre di tutte le stanze, e quando arriverà in quella giusta, le dirò di attendere per qualche minuto, il tempo necessario per riavviare l’allarme, e poi sarà libera di riprendere le sue normali attività di pulizie”.

Detto questo, Scofield prende un cellulare da una tasca della giacca, digita velocemente un numero di telefono e, dopo qualche secondo, inizia una conversazione con la colf portoricana, dimostrandosi un perfetto ed impeccabile tecnico degli allarmi; ordina alla donna di spostarsi nelle diverse stanze della lussuosa ed immensa abitazione finché Lincoln, al telefono con Glenn, non gli fa un cenno con la testa per fargli capire che hanno trovato finalmente quella giusta.

Con la scusa di dover riavviare l’allarme, riesce a non far uscire dalla stanza la donna fino a quando il download non è completo al cento percento; a quel punto, la liquida in fretta, ringraziandola per la collaborazione.

“È fatta?” domando, senza riuscire a nascondere l’ansia.

“Sì, è fatta” mi comunica il minore dei due fratelli “chiama il tuo uomo. Adesso tocca a lui e ad Alex”.

Senza alcun indugio, chiamo subito Teddy per comunicargli che è andato tutto bene e che adesso è arrivato il momento di recuperare il dispositivo di Glenn, che si trova ancora dentro la borsa della portoricana: a turno finito, quando la donna tornerà alla fermata dell’autobus per tornare a casa, Teddy si fingerà un ladro e le ruberà la borsa, mentre Alex si esibirà nella parte di un cittadino altruista che inseguirà il malvivente per recuperare la borsa.

Un gioco da ragazzi per loro due, insomma.

La parte più semplice del piano.

Peccato che la maggior parte delle volte sono proprio le cose più semplici a rivelarsi, poi, le più insidiose.

E quando il mio uomo mi richiama per comunicarmi l’esito del finto scippo, ciò che mi sibila inviperito ribalta completamente le carte in tavola.

“Michael, il dispositivo non c’è più!” esclamo, allarmata “Teddy e Mahone hanno frugato dentro quella dannata borsa, ma non lo hanno trovato! Non c’è più! È sparito!”.



 
“Voi siete assolutamente sicuri che il dispositivo non sia scivolato fuori dalla borsa durante lo scippo? E siete altrettanto sicuri di aver controllato con cura la borsa?”

“Abbiamo ispezionato ogni singolo centimetro di quella maledetta borsa, in che lingua devo dirtelo? Non c’era! Che cosa devo fare per dimostrarti che non ti sto prendendo in giro, bellezza?”

“Però abbiamo Scylla, giusto? Il dispositivo è riuscito a completare la copia, quindi il problema non sussiste”

“Sbagliato, hombre, perché senza il mio dispositivo non posso decodificare la copia”

“E non puoi costruirne un altro?”

“Hai idea di quanto tempo ho impiegato per progettare quel dispositivo, grassone? Non è un oggetto che si può costruire in pochi giorni, impiegherei mesi interi per farne un altro e non abbiamo così tanto tempo a nostra disposizione, o te lo sei già dimenticato?”

“Il vero problema è un altro” l’intervento di Mahone interrompe l’accesa discussione tra Michael, Theodore, Sucre, Roland e Bellick “se trovano quel dispositivo, e capiscono di che cosa si tratta, siamo fottuti”

“Cerchiamo di ragionare su quello che abbiamo: quando la donna è entrata nella villa, aveva con sé il dispositivo, e quando è uscita, presumibilmente non lo aveva più con sé” mormora Lincoln, stropicciandosi le palpebre con la mano destra, mentre io sono costretta a coprirmi la bocca per reprimere uno sbadiglio: ormai sono ore che stiamo cercando di trovare la soluzione a questo terribile rompicapo, e non abbiamo fatto un solo passo avanti.

“Quindi, sempre per deduzione, la donna ha lasciato il dispositivo dentro la villa” interviene a sua volta Sara, seduta davanti al tavolo ovale, con il palmo della mano sinistra appoggiato alla corrispettiva guancia, alternando lo sguardo da noi ad alcuni fogli stampati.

“Forse lo ha trovato ed ha pensato che appartenesse al suo Capo, di conseguenza potrebbe averlo lasciato vicino alla porta prima di andarsene, in modo che fosse ben visibile a Tuxhorn. Lo avrà scambiato per un cellulare che deve aver accidentalmente preso. E se il dispositivo si trova ancora dentro quell’abitazione, ci troviamo sempre allo stesso punto di partenza: dobbiamo entrare lì dentro e non esiste un modo per farlo”mormoro, passandomi entrambe le mani nei capelli, esasperata, perché tutto ciò che abbiamo punta verso un’unica strada: quella di fare irruzione nella villa super sorvegliata “Michael, abbiamo bisogno dell’aiuto di Self per riuscirci, da soli non possiamo farcela”

“Ha detto che non è una questione che gli riguarda”

“Che cosa?” chiedo, sconcertata “ma lui aveva detto che per avremo potuto chiedere il suo aiuto, se ce ne fosse stato bisogno!”

“Sì, ma senza tirare troppo la corda, ed a quanto pare lo abbiamo già fatto. Al telefono mi ha detto che non è un problema suo, visto che abbiamo messo nelle mani di una colf portoricana la riuscita dell’intero piano. In poche parole: dobbiamo cavarcela da soli, perché lui ed i suoi uomini non alzeranno un solo dito per noi” spiega Scofield, senza mai staccare gli occhi azzurri da uno schema dei sistemi d’allarma che circondano la villa.

Sollevo gli occhi al soffitto e lancio un’occhiata a Teddy, che si è chiuso in uno strano mutismo assoluto; ormai so fin troppo bene che quando questo accade, non significa mai nulla di buono.

Lincoln parla di nuovo, ripetendo ciò che ha detto pochi minuti prima: dobbiamo concentrarci sulle poche informazioni certe che abbiamo a nostra disposizione, ed elaborare il miglior piano possibile.

“Mettiamo caso che riusciamo ad intrufolarci nella villa di Tuxhorn, quanto tempo impiegherebbero gli allarmi ad entrare in funzione?” domanda Alex, ricevendo quasi subito una risposta da parte di Sucre.

“Un secondo e mezzo”

“Questo significa che le guardie del corpo, armate di mitraglietta, entrerebbero subito in azione” commenta Bradley.

“E dopo trenta secondi, l’agenzia di sicurezza manderebbe dei rinforzi. Tre o quattro macchine, a seconda della disponibilità” aggiunge Sara, assestando la stoccata finale.

Teddy scoppia a ridere, ed io lo guardo perplessa a causa della sua reazione completamente fuori luogo.

“Adesso ho capito perché hanno voluto che ci occupassimo noi di Scylla. Non si tratta delle nostre capacità fisiche e mentali, semplicemente siamo delle pedine sacrificabili: a chi mai importerebbe qualcosa di un manipolo di criminali?”.

Questa volta non rivolgo alcuna occhiataccia al mio uomo, e non gli ordino neppure di tacere, perché inizio a credere che abbia perfettamente ragione.

E se il vero scopo di Self, oltre al recupero di Scylla, fosse di liberarsi fisicamente di tutti noi nel modo più discreto possibile?

“Agiremo in questo modo: Lincoln e Sucre forzeranno una finestra nella facciata laterale destra dell’abitazione, in modo da far scattare l’allarme ed attirare l’attenzione delle guardie del corpo; Tuxhorn, svegliato di soprassalto dal rumore, scenderà per controllare a sua volta quello che sta succedendo, staccherà tutti gli altri sistemi di sicurezza, ed a quel punto un altro membro della squadra entrerà, prenderà il dispositivo ed uscirà prima di essere scoperto. Noi lo aspetteremo in strada, con una macchina pronta a partire. Qualcuno si offre volontario?”.

Alle parole di Michael segue un lungo silenzio, perché nessuno è ansioso di cimentarsi in una operazione suicida; almeno finché non faccio appello a tutto il mio coraggio ed alla mia incoscienza.

“Mi offro io come volontaria. Penserò io a recuperare il dispositivo. C’è bisogno di qualcuno che sia agile e scattante, e credo di potercela fare” dico ad alta voce, sorprendendo tutti i presenti; Teddy, ovviamente, è contrario alla mia decisione, che considera troppo impulsiva e frettolosa.

“Stai scherzando, Nicole? Vuoi farti ammazzare?”

“No, voglio solo fare la mia parte”

“L’hai già fatta alla fermata dell’autobus, non c’è bisogno che ti esponi così tanto per la seconda volta nel giro di poche ore”

“Non sono una bambola di porcellana, non sono così fragile come pensi! Posso fare la mia parte e voglio farla. Posso introdurmi in quella villa ed uscire senza che Tuxhorn, o qualcuno dei suoi gorilla in giacca e cravatta, mi veda e mi faccia un buco in fronte, Teddy!” protesto, lanciandogli uno sguardo supplicante, perché non sono intenzionata a ritornare sui miei passi, e neppure lui può farmi cambiare idea; finalmente sembra capirlo, perché mi fa un cenno affermativo con la testa, ma le sue labbra sono ancora strette in una pallida linea sottile.

“D’accordo, ma verrò con te”

“No, andrò io con lei”.

Con mia enorme sorpresa, è l’ex agente dell’FBI ad offrirsi come mio braccio destro, al posto di Theodore; ed il mio compagno non reagisce affatto bene all’intrusione di Alexander.

“Ti ringrazio per l’interessamento, ma ho detto che l’accompagnerò io, non c’è bisogno della tua presenza, Alex”

“Questo è un lavoro per persone dotate di entrambe le mani. Per entrare nella proprietà privata saremo costretti a scavalcare il cancello e la siepe, come pensi di farcela con quella protesi? Finiresti per rallentare e compromettere l’intera operazione di recupero. Lo ha detto anche Nicole: ci vuole qualcuno di agile e scattante, e tu non possiedi nessuna di queste due qualità. Questa mattina, quando hai rubato quella borsa, sono stato costretto a rallentare, altrimenti ti avrei raggiunto subito”.

Se qualche giorno fa è stato Fernando a scagliarsi contro il mio uomo, adesso è il suo turno di perdere completamente il controllo; per fortuna riesco a posizionarmi davanti a Theodore prima che possa stringere la mano destra al collo di Alex e, per precauzione, Lincoln gli dà una spinta, in modo da allontanare di qualche passo i due.
“Non permetto ad un drogato di parlarmi così. E non dimenticate che quest’uomo era stato incaricato dalla stessa Compagnia di trovare ed uccidere gli Otto di Fox River”

“Adesso basta!” urlo, completamente esasperata dagli atteggiamenti del mio uomo “smettila, Teddy, mi hai stancata! Mi dispiace, ma in questo caso Mahone ha ragione. Nelle condizioni fisiche in cui ti trovi, non saresti altro che un ostacolo. È meglio se tu rimani in macchina con gli altri”.

Theodore spalanca gli occhi, mi guarda incredulo e, dopo qualche secondo, allontana da sé Lincoln con un gesto seccato, carico di rancore.

“Molto bene, come vuoi tu” mormora, con così tanta freddezza da lasciarmi spiazzata “ma se qualcosa dovesse andare storto, non venire a versare una sola lacrima tra le mie braccia”.
   
 
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