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Autore: MackenziePhoenix94    25/11/2019    0 recensioni
SECONDO LIBRO.
“Un sogno non può durare per sempre. Arriva per tutti il momento di svegliarsi e di fare i conti con la realtà.
E quel momento, purtroppo, è arrivato anche per me”.
Dopo due sole settimane, Nicole ritorna a Chicago portando con sé i segni, sia mentali che fisici, della sua relazione con Theodore Bagwell.
Ciò che ha in mente è chiaro e ben delineato: lasciarsi alle spalle l’uomo che l’ha presa in giro e ricominciare una nuova vita, questa volta sul serio; ma i suoi piani vengono nuovamente sconvolti quando riceve una chiamata proprio dal suo ex compagno.
L’uomo, in lacrime, la supplica di raggiungerlo e, così facendo, costringe Nickie ad affrontare l’ennesimo bivio: rifiutare o accettare?
Ancora una volta, Nicole decide di seguire il proprio cuore: senza esitare, parte per Panama, per raggiungere Bagwell, del tutto ignara delle conseguenze che la sua decisione avrà.
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, T-Bag
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Odio litigare con Teddy.

Odio questo continuo ferirci a vicenda.

Ma, più di ogni altra cosa al mondo, odio il fatto di non avere il tempo necessario per parlare con lui con calma, chiarire ogni divergenza e fare pace con un bacio, perché il recupero del dispositivo ha la priorità assoluta; peccato che, proprio a causa di esso e dell’operazione Scylla, ogni momento trascorso insieme potrebbe essere l’ultimo per uno di noi due.

Ed io non voglio che a Teddy o a me accada qualcosa strappandoci, così, l’opportunità di porre rimedio ad uno stupido battibecco.

Mi arrampico in cima all’enorme cancello di ferro battuto, lo scavalco e mi lascio cadere dall’altra parte; Alex mi afferra prontamente e, dopo avermi posata a terra delicatamente, ci nascondiamo in una nicchia della siepe che circonda il cancello, in attesa del segnale per entrare in azione.

“Non appena Burrows farà scattare l’allarme, dobbiamo correre in direzione della porta d’ingresso ed aspettare che Tuxhorn, dall’interno, lo spenga momentaneamente. A quel punto entriamo, recuperiamo il dispositivo ed usciamo prima che qualcuno possa accorgersi della nostra presenza. Scavalchiamo di nuovo il cancello e saliamo in macchina, pensi di avere capito tutto?” Mahone ripercorre a bassa voce le fasi del piano che dobbiamo seguire; lo ascolto in silenzio, annuisco e rispondo con un semplice monosillabo.

“Sì”

“Devi restare concentrata, i problemi che ci sono tra te e Bagwell possono attendere… O temi che dopo questa notte possa non esserci un’altra occasione per chiarire?”.

Spalanco gli occhi e mi volto a fissare il mio partner, nonostante la semioscurità riesco a vedere un sorriso increspare le sue labbra.

“Come ci riesci?” mormoro, riferendomi alla sua innata perspicacia.

“Alcuni lo chiamano talento naturale, io preferisco definirlo spirito di osservazione. Non immagini neppure quante cose si possono capire di una persona con un semplice sguardo, senza che lei pronunci una mezza parola. L’espressioni del nostro viso, soprattutto quelle che facciamo a nostra insaputa, sono molto più rivelatrici di qualunque confessione fatta a voce. Il trucco sta nel non lasciarsele scappare. Tu ami quell’uomo, ma ci sono momenti in cui dubiti che questo sentimento sia ricambiato fino infondo, anche se non vuoi ammetterlo a te stessa… Ed hai paura che possa cambiare qualcosa tra voi due, se lui dovesse conoscere il tuo passato”

“Teddy conosce il mio passato, io stessa gliel’ho raccontato mentre eravamo in fuga” dico in un sussurro strozzato, senza riuscire a reprimere un brivido “abbiamo avuto un’infanzia molto simile, e questo è uno dei tratti che maggiormente ci accomuna. Sappiamo tutto l’uno dell’altra, di conseguenza non ha alcun senso quello che hai appena detto”

“Davvero? Sei davvero sicura che lui sappia ogni singola cosa, Nicole?” domanda Alex, guardandomi negli occhi, incatenandomi con lo sguardo, senza mai sbattere le palpebre; deglutisco a vuoto, con la gola improvvisamente secca, socchiudo le labbra e fortunatamente il suono dell’allarme attivato da Linc pone fine alla piega spinosa presa dalla conversazione.

Attendiamo qualche istante, il tempo necessario perché le guardie del corpo si spostino verso il lato destro della casa, usciamo dal nostro nascondiglio e raggiungiamo il più velocemente possibile la porta d’ingresso: grazie al vetro trasparente, riusciamo a vedere il quadro dei comandi dell’intero sistema di sicurezza.

Non appena la lucina lampeggiante rossa si spegne, sostituita da una verde brillante, entriamo nella villa e richiudiamo la porta senza fare rumore, muovendoci con passo felpato; abbiamo pochissimi minuti a nostra disposizione per trovare l’oggetto simile ad un comune cellulare, e dobbiamo fare attenzione a non imbatterci nel padrone di casa, altrimenti saremo letteralmente fottuti.

Percorro un piccolo corridoio guardandomi attorno, spostando lo sguardo sui diversi soprammobili, alla disperata ricerca del dispositivo, mentre Alexander fa lo stesso; mormoro qualche parola d’incoraggiamento, e per poco non mi lascio sfuggire un urlo quando finalmente lo trovo sopra ad un mobiletto, posizionato tra un mazzo di chiavi ed un altro cellulare.

Attiro l’attenzione del mio partner mostrandogli, trionfante, il dispositivo e lui, in risposta, dice che dobbiamo abbandonare immediatamente la villa, prima che Tuxhorn riattivi l’intero sistema di sicurezza e che la nostra presenza venga così svelata; annuisco con il capo, ma dopo aver mosso pochi passi mi rendo subito conto di non essere seguita: l’ex agente dell’FBI si è improvvisamente immobilizzato, ed il suo sguardo è fisso su una foto incorniciata che ritrae un bambino di sette anni.

“Alex, dobbiamo andarcene” cerco di risvegliarlo dallo stato di trance in cui è caduto, ma è tutto inutile: anche quando provo a tirarlo per un braccio, non ottengo alcun risultato.

“L’uomo che la Compagnia ha messo sulle nostre tracce è andato a casa della mia ex moglie in Colorado” mormora lui, senza distogliere lo sguardo dalla foto “ha ucciso nostro figlio a sangue freddo, senza battere ciglio, per colpire me. La Compagnia ha dato l’ordine di massacrare un bambino innocente, che non centrava nulla con tutto questo”

“E tu lo vendicherai distruggendo la Compagnia stessa. Ma se ora, invece, deciderai di prendertela con un unico individuo, manderai all’aria tutto quanto e tuo figlio non potrà mai riposare in pace. Non possiamo cambiare ciò che è già successo, ma possiamo evitare che altre vite innocenti vengano spezzate per colpa di un manipolo di pazzi, corrotti fino alle ossa. Ti prego, Alex, usciamo di qui finché siamo ancora in tempo, ormai ci restano pochi secondi”.

Finalmente Mahone ritorna in sé, e riusciamo ad uscire dalla villa poco prima che la luce lampeggiante torni ad essere rossa; scavalchiamo nuovamente il cancello e qualcuno della squadra apre la portiera posteriore sinistra del suv, permettendoci di entrare e di essere al sicuro.



 
Consegno il dispositivo a Michael, che a sua volta lo affida a Roland perché possa decifrare Scylla; mi volto appena in tempo per vedere Teddy uscire dal capannone e lo raggiungo vicino ad un vecchio container, mentre sembra intento ad osservare il mare.

“Adesso che abbiamo recuperato Scylla, dobbiamo solo occuparci della parte dell’irruzione al quartier generale della Compagnia: una volta fatta anche questa, saremo finalmente liberi e non dovremo più guardarci le spalle” sorrido, attendo una risposta, ma mi scontro con un muro fatto di silenzio “potresti dire qualcosa? Qualunque cosa, per favore? Questo silenzio mi sta uccidendo, soprattutto perché non è da te essere così taciturno”

“Che cosa vorresti sentirti dire? Che sei stata brava? Che tu ed Alex siete una coppia formidabile? Che non è affatto un’impresa impossibile fare irruzione in un edificio di cui non sappiamo assolutamente nulla? Ho così tante opzioni a mia disposizione che non so neppure da quale iniziare, quindi ti dispiacerebbe essere un po’ più chiara?”

“Sei ancora arrabbiato con me?”

“Non lo so, dimmelo tu, come mi dovrei sentire dopo quello che mi hai detto? Hai detto che sono inutile e lo hai fatto davanti agli occhi di tutta la squadra. Se il tuo scopo era quello di sfottermi, allora ci sei riuscita benissimo, Nickie” commenta Theodore, continuando a fissare il mare, rifiutandosi di posare lo sguardo sul mio viso; per qualche, breve, istante sento la rabbia ribollire nuovamente nelle mie vene, ma decido di ricacciarla indietro.

È inutile litigare proprio ora, anziché festeggiare per l’ottima riuscita dell’operazione, e poi non fa bene al nostro rapporto.

“Mi dispiace, non era mia intenzione sfotterti o… Ferire il tuo animo così sensibile”

“Ecco, vedi? Lo stai rifacendo anche adesso” ribatte prontamente il mio uomo, ma questa volta sposta lo sguardo su di me, segno che la tempesta è passata; lo prendo per mano e lo trascino dentro al container, socchiudendo il portone, lasciando appena uno spiraglio per far filtrare un po’ di luce “e adesso quali sarebbero le tue intenzioni?”

“Non voglio perdere tempo a discutere o in inutili discorsi di scuse che non hanno né un inizio né una fine, quando esistono modi molto più piacevoli per fare la pace. Diciamo che il piccolo fuoriprogramma dovuto al recupero del dispositivo di Roland mi ha fatto capire che ci troviamo in una situazione così delicata, che è da stupidi sprecare i pochi momenti che abbiamo a nostra disposizione” sussurro, avvicinandomi alle sue labbra “e dal momento che all’interno del capannone è impossibile avere un po’ di privacy ed intimità, anche durante la notte, dobbiamo crearceli da soli. È meglio se facciamo presto, potrebbero venirci a cercare in qualunque istante, e non ho voglia di dare delle spiegazioni imbarazzanti”

“E non ti eccita il fatto che potremo essere scoperti in qualunque momento, anche adesso?”

“Sì, terribilmente” sono costretta ad ammettere, ed indietreggio di qualche passo “proprio per questo ho lasciato la porta socchiusa. L’ho fatto apposta perché pensavo che rientrasse nelle tue corde”.

Non riesco ad aggiungere altro perché mi ritrovo bloccata contro una parete, con le labbra di Teddy premute contro le mie in un bacio passionale e possessivo; vado subito ad armeggiare con la zip dei suoi pantaloni, occupandomi poi dei miei, per facilitargli l’intera operazione e per fargli capire che non ho alcuna intenzione di perdere tempo in preliminari.

Lui comprende al volo e, anziché farsene un cruccio, asseconda il mio desiderio e mi penetra con una spinta quasi violenta, che mi strappa un gemito di piacere; anche se è trascorso poco tempo dall’ultima volta in cui abbiamo fatto l’amore, ai miei occhi sembra un’eternità.

Lo prego di non trattenersi, di lasciarsi completamente andare, e mi asseconda di nuovo, facendomi raggiungere l’apice del piacere con pochi, ma decisi, affondi; adesso è il mio turno di aggrapparmi alle sue labbra per un bacio urgente e profondo, che non può aspettare un solo secondo in più.

Quando mi allontano da lui, di pochi centimetri, mi perdo a guardare le sue iridi scure e sorrido.

“Non credere che la faccenda sia risolta così” sussurra, appoggiando la fronte sudata contro la mia “per il modo in cui ti sei comportata, e per le parole poco carine che mi hai rivolto, una sola volta non è sufficiente per farmi dimenticare tutto. Pretendo altro”

“Vedrai che tra non molto avremo tutto il tempo del mondo per scusarci a vicenda tra le mura di una comodissima camera da letto… O di una suite, con tanto di servizio in camera, bottiglia di champagne e vasca ad idromassaggio a nostra completa disposizione” ribatto a mia volta, ridendo insieme a Theodore.

Ci rivestiamo in fretta, ed altrettanto velocemente usciamo dal container; ma i nostri piano di rientrare nel capannone prima che qualcuno possa scoprirci, si frantumano nello stesso istante in cui mi scontro con Burrows.

I suoi occhi verdi passano rapidamente da Theodore a me, e ne capisco subito il motivo: ho le guance ancora paonazze, i capelli scompigliati e sicuramente qualche livido sul collo; Teddy, poi, non è in condizioni migliori perché ha la camicia per metà sbottonata e la zip dei pantaloni è ancora abbassata.

Prima che la situazione possa diventare ancora più imbarazzante, mi schiarisco la gola e domando a Lincoln se Roland è riuscito a decodificare la scheda.

“Sì” risponde lui, sorvolando sulle nostre condizioni pietose “ma qualunque cosa sia, non ci siamo proprio”

“Che vuoi dire?” chiedo, spalancando gli occhi.

“Tra poco lo vedrete anche voi, sono venuto apposta a cercarvi. Muovetevi, e cercate di essere presentabili” ci avvisa, lanciandomi un’ultima occhiata prima di rientrare nel capannone.

Lego i capelli in un nodo dietro la nuca, sistemo con cura la maglietta bianca che indosso, ed entro a mia volta nel nostro quartier generale, raggiungendo gli altri componenti della squadra radunati attorno a Glenn ed al suo portatile di ultima generazione; rivolgo, a mia volta, lo sguardo in direzione dello schermo, ma vedo solo una moltitudine di dati incomprensibili che scorrono velocemente.

“Che cosa significa?” domando, corrucciando le sopraciglia, mentre Theodore appare al mio fianco, dopo essersi sistemato i vestiti a sua volta, soprattutto la zip dei pantaloni.

“Cercherò di spiegarlo in modo che tutti voi possiate capire: se Scylla fosse una pizza, noi ne avremo solo una fetta. I dati sono incompleti, ma questo ha perfettamente senso… Come abbiamo fatto a non pensarci prima?” risponde Roland, scuotendo la testa, appoggiandosi allo schienale della poltrona.

“È come per i codici di lancio nucleare. Non vengono mai dati ad una sola persona” commenta, amareggiato, Mahone, passandosi la mano destra sul viso; improvvisamente ripenso all’appunto del padre di Michael e Lincoln, e trattengo il fiato perché non mi sembra più così assurdo.

“Michael” sussurro, guardando il giovane uomo “il verso dell’Odissea scritto su quel biglietto. Scylla era un mostro a sei teste, che richiedeva un sacrificio di sei uomini”

“Scylla non è una scheda. Si tratta di sei schede” mormora lui, lanciando il pennarello che ha in mano contro il tavolo, allontanandosi di qualche passo.

Nella squadra cala il silenzio assoluto, siamo troppo sconvolti da ciò che abbiamo appena scoperto per dire qualunque cosa.

“E come diavolo facciamo a trovare altre cinque schede simili a questa, senza avere la più pallida idea di dove iniziare?” domanda Theodore, esternando per primo il pensiero comune di tutti noi; si volta a guardare Michael, in attesa di una risposta, ma lui si limita a scuotere la testa ed a fissare il vuoto: per la prima volta da quando l’operazione è iniziata, lo vedo completamente sperduto.

“Non lo so. Chiamo subito Self e gli chiedo d’incontrarci immediatamente, perché questi non erano i patti. Voi rimanete qua, ed aspettate il mio ritorno” ordina alla fine; prende il suo cellulare, digita un numero ed esce dal capannone richiudendo la porta con un gesto secco, tanto che il tonfo sordo riecheggia nell’aria.

È così furioso che non vuole neppure essere seguito dal fratello.

Mi sposto in cucina per prepararmi qualcosa di caldo da bere e, mentre aspetto che l’acqua si scaldi, appoggio le mani sul bordo del lavandino; chiudo gli occhi e prendo una serie di lunghi respiri, finché non riesco a reprimere la nausea.

“Stai bene?”.

Nonostante le condizioni fisiche in cui mi trovo, riesco comunque a rivolgere un sorriso a Lincoln.

“Sì, sto bene, devo solo riprendermi dall’ultima novità. Credevo che mancasse solo la parte dell’irruzione al quartier generale della Compagnia, invece siamo cinque passi indietro. Con la prima scheda abbiamo avuto fortuna, perché per puro caso Mahone aveva visto l’autista di Tuxhorn, ma una cosa simile non può capitare una seconda, una terza, una quarta, una quinta ed una sesta volta, Linc. Come cazzo facciamo a recuperare altre cinque schede senza uno straccio di indizio dalla nostra parte? Perché ad ogni giorno che passa ho sempre di più l’impressione di essere finita in un labirinto senza via di fuga?” mormoro, rivolgendogli uno sguardo disperato “Self lo sapeva, lo sapeva sicuramente, ecco perché ha voluto noi. Mio dio, ma in che razza di gioco contorto siamo finiti?”

“Ehi, calmati” Lincoln si avvicina e posa entrambe le mani sulle mie spalle, guardandomi negli occhi “va tutto bene, non agitarti, hai sentito le parole di mio fratello? Chiederà spiegazioni a Self, e sono sicuro che riuscirà a trovare una soluzione anche a questo problema. Non dimenticare che c’è sempre una soluzione a tutto, d’accordo?”.

Annuisco, asciugandomi una lacrima ribelle che non sono riuscita a reprimere, e fermo il giovane uomo prima che possa uscire dalla cucina, perché mi sento in dovere di dargli delle spiegazioni riguardo all’incontro imbarazzante di poco prima.

“Per quanto riguarda quello che hai visto vicino al container… Ecco… Ti pregherei di non farne parola con gli altri, se non ti dispiace” sussurro, con un sorriso imbarazzato, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro.

“Nicole, ciò che fate tu e T-Bag nella vostra sfera privata non mi riguarda, ma forse è meglio se d’ora in poi imparate a reprimere i vostri impulsi sessuali, almeno fino a quando non avremo recuperato le altre schede. Ci sono già abbastanza dissapori nella squadra, non mi sembra il caso di crearne altri di nuovi”

“Ricevuto” mormoro, annuendo, senza provare a replicare alla ramanzina.

Lincoln esce dalla cucina proprio nello stesso momento in cui entra Teddy e, inevitabilmente, si scambiato una veloce occhiata.

“Perché Burrows era in cucina?” chiede subito, aprendo lo sportello del frigorifero.

“Aveva sete” rispondo; verso l’acqua calda in una tazza di ceramica e c’immergo la bustina di una tisana alle erbe “perché? Sei geloso anche di lui?”

“No, ma non vorrei mai che t’importunasse” commenta, richiudendo lo sportello del frigorifero perché ha trovato ciò che stava cercando: una di quelle barrette che tanto adora; si appoggia con la schiena ad un mobile e cerca di strappare la carta dello snack senza dover usare i denti “so che abbiamo già affrontato questo argomento diverse volte, ma visto che gli altri ne stanno discutendo, penso che dovremo farlo anche noi. Non mi piace questa storia, Nickie, più andiamo avanti e più scopro cose che non mi piacciono affatto”

“E cosa vorresti fare?” mi avvicino a lui, prendo la barretta e strappo la carta colorata, facilitandogli il compito.

“Quello che ti ho già detto: scappiamo, finché siamo ancora in tempo. Forse ben presto saremo così tanto nella merda, che non potremo più farlo”.

Chiudo gli occhi e sospiro.

Non ha ancora accantonato l’assurda idea di tagliare la corda.

“Teddy, non se ne parla e riguardo a questo sono inamovibile”

“Perché?”

“Perché scappare sarebbe la peggiore delle decisioni, proprio non riesci a capirlo? Gli uomini della sicurezza nazionale ci troverebbero in pochissimo tempo e contribuiremo solo a mettere nei guai gli altri. Pensi davvero che non ci sarebbero ripercussioni per l’intera squadra, se anche uno solo di noi dovesse decidere di abbandonare tutto? E poi, non mi sentirei sicura a sapere che c’è qualcuno, lì fuori, che vuole ucciderci”

“Non me ne frega nulla delle conseguenze che potrebbero subire gli altri… Perché t’importa così tanto di loro?”

“E perché a te non importa nulla di nessuno? Non vuoi dimostrarti diverso dall’idea che gli altri si sono fatti di te, Theodore?”

“Loro non cambieranno mai idea su di me, bambina, qualsiasi cosa io faccia. Potrei anche salvare la vita al piccolo pesciolino, al gorilla od alla bella dottoressa… Perfino al drogato, a Papi od al grasso maiale. Continuerebbero comunque a guardarmi con diffidenza ed a non fidarsi me. E comunque, non m’importa nulla di quello che pensano di me, e non ho tempo da sprecare nel vano tentativo di far cambiare idea a qualcuno di loro sei. Non rientra nelle mie priorità” commenta, facendo schioccare la lingua contro il palato.

“Ed io? Io rientro nelle tue priorità?” gli chiedo, a bruciapelo, guardandolo di sottecchi, per non lasciarmi sfuggire la più piccola sfumatura di espressione.

Teddy socchiude gli occhi, ed inclina la testa di lato, scrutandomi a lungo ed in silenzio.

“Perché mi fai questa domanda?”

“Non cercare di rigirare la situazione come fai di solito: rispondi e basta”

“Penso che la risposta sia ovvia, visto quello che ho fatto nelle ultime settimane per te, Nicole. O vuoi ancora rinfacciarmi ciò che è successo? Perché, in quel caso, ti ricordo che l’ago della bilancia non pende esclusivamente dalla mia parte. Io avrò pur sbagliato a reagire in quel modo così… Animalesco… Ma se l’ho fatto, è stato perché sono stato spinto a comportarmi così”

“Tu non… Tu non mi hai veramente perdonata, giusto? C’è una parte di te che ancora mi odia per quello che ho fatto, e lo capisco. Ma se proprio dobbiamo mettere tutte le carte in tavola, ricorda che non sono io quella che ha intrapreso una nuova relazione mentre aveva ancora in testa un’altra persona” dico, restituendogli la frecciatina, e voltandogli le spalle per non fargli vedere che ho gli occhi colmi di lacrime.

Sono stanca di questa situazione.

Ogni volta che ci avviciniamo l’uno all’altra, finiamo sempre per discutere ed allontanarci sempre di più.

Ed ho la terribile, profonda, paura che la fine dell’operazione Scylla possa combaciare anche con la fine della nostra relazione.

Sento un paio di braccia circondarmi i fianchi, mi giro e passo le mie attorno alle spalle di Teddy, nascondendo il viso nell’incavo del collo, inspirando il profumo della sua pelle.

“Scusami, sono stato uno stronzo” soffia, a poca distanza dal mio orecchio destro.

“Cavolo, dici sul serio? Questa devo segnarmela sul calendario, è la prima volta che ti sento dire una cosa simile” commento, senza riuscire a trattenere una mezza risata.

Questa è una delle parti migliori del nostro rapporto altalenante: anche se litighiamo spesso, poi ci basta poco per fare pace.

Il buonumore che è tornato a regnare tra noi due dura poco, e sparisce completamente quando Michael ritorna dall’incontro chiarificatore con Don Self; il viso serio e la mascella tesa non promettono nulla di buono.

“Self ha detto che non sapeva nulla delle sei schede e che l’operazione non è conclusa, dal momento che non abbiamo recuperato Scylla, ma solo una piccola parte” ci comunica, guardandoci uno ad uno negli occhi.

“Ma questi non erano i patti iniziali” protesta Teddy “l’accordo si basava su un’unica scheda. La nostra parte l’abbiamo fatta, adesso dobbiamo pensare a progettare l’irruzione e poi a ricostruirci delle nuove vite. Io non sono intenzionato ad alzare un solo dito per qualcosa che non rientra nell’accordo iniziale”

“L’accordo iniziale è cambiato, T-Bag, e possiamo fare ben poco con una sola scheda”

“Michael” interviene Mahone, avvicinandosi al minore dei due fratelli “per esperienza personale, so per certo che il governo tende a defilarsi quando qualcosa non va nel modo che aveva stabilito, di conseguenza la mia domanda è questa: anche se l’accordo è cambiato, la nostra ricompensa è ancora valida o è diventata carta straccia? Self ti ha assicurato che quella parte non ha subìto alcun cambiamento?”

“Pensiamo ad inventarci qualcosa per le schede e poi… Alex, torna qui. Non fare così, per favore” Michael s’interrompe perché l’ex agente dell’FBI gli volta le spalle ed esce dal capannone, senza lasciargli il tempo di finire la frase; nessuno prova a seguirlo e Lincoln di consiglia di lasciarlo perdere, perché è solo tempo sprecato, e di concentrarci sulla ricerca del prossimo custode.

“Forse abbiamo qualcosa da cui iniziare, anche se non è molto. Il mio apparecchio deve essere stato posato vicino al palmare di Tuxhorn, perché ha rubato tutte le informazioni presenti al suo interno. Compresi gli appuntamenti segnati nella sua agenda personale”

“E c’è qualcosa che fa al caso nostro?”

“Devi chiederlo alla dottoressa Tancredi, è lei che ha in mano i fogli stampati” risponde Glenn, indicando Sara.

“Non molto, però ho notato un particolare curioso. Guarda qui, Michael” Sara si avvicina al suo compagno e gli passa alcuni fogli “Tuxhorn segna qualunque appuntamento con una precisione quasi maniacale, eppure la pagina corrispondente ad oggi è completamente vuota, ad eccezione di questo piccolo asterisco. Che abbia a che fare con il nostro prossimo custode? Forse deve incontrare qualcun altro della Compagnia. Come spiegheresti, altrimenti, tutta questa segretezza?”

“Forse… Può essere… Ma mi auguro vivamente che sia così” mormora lui, strofinandosi una mano sul viso; il mio cuore inizia a battere più velocemente, perché è chiaro che la sua risposta evasiva nasconde qualcosa che non ha ancora avuto il coraggio di confessarci.

“Michael, c’è altro che dobbiamo sapere?” mormoro, anche se non credo di essere così ansiosa di conoscere la verità fino infondo.

Nella maggior parte dei casi, poi, si rivela ben peggiore di qualunque congettura.

“Self ha detto che abbiamo tempo fino a questa sera per trovare il prossimo custode. Se dovessimo fallire, torneremo tutti immediatamente in carcere”.
 
   
 
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