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Autore: Sabriel Schermann    25/11/2019    3 recensioni
[SCRITTA NEL 2014]
Vite che si intrecciano all'infinito.
Una storia di crescita, delusioni e amori giovanili.
Esperienze che formano il nostro essere, che plasmano la nostra anima.
L'arte nella sua forma più pura, vista attraverso gli occhi di un'anima creativa.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Quando Denis arrivò davanti alla bottega, sbirciò subito l'interno del laboratorio: la porta era di nuovo aperta e sembrava lo invitasse a entrare: era una tentazione a cui faceva fatica a rinunciare.
Così varcò nuovamente l’ingresso, accertandosi che non ci fosse nessuno.
All'interno il silenzio regnava su tutto e, appena entrato, il giovane si trovò la tela del tramonto davanti agli occhi.
Questa volta però, prese coraggio e si addentrò al centro della grande stanza; da lì poteva vedere quasi tutte le tele esposte.
Il suo sguardo catturò in un attimo una moltitudine infinita di colori, miscugli di tinte, tele enormi e altre minuscole.
Nonostante molte non le avesse viste precedentemente, gli sembrava di conoscerle tutte a memoria.
In particolare, si mise ad osservare un quadro più piccolo degli altri, appeso all'apice di una parete.
Era troppo in alto per essere notato da un occhio che non sapesse dove cercare, ed era troppo piccolo per essere osservato bene dal centro della stanza.
Così Denis si avvicinò un poco, scoprendo ad ogni passo particolari unici: si trattava di un quadro ambientato in un bosco, al centro un bambino suonava un pianoforte.
La foresta occupava quasi l'intero quadro e solo un piccolo spazio era riservato al pianista.
I colori andavano dal giallo paglia al verde militare, e ciò dava alla tela un'atmosfera estremamente enigmatica.
Gli alberi erano spogli di ogni foglia e nonostante quasi tutto il quadro pullulasse di vegetazione, solo i rami superiori erano visibili.
Il musicista era una figura confusa e sfocata, intrappolata dentro una foresta di tronchi sottili.
I tasti del pianoforte erano appena visibili, e il terreno su cui era poggiato sembrava privo di erba e arbusti.
Soltanto all'orizzonte, sfumato, si vedeva ogni tanto qualche spiraglio di luce.
Sembrava che nonostante la nudità dei fusti, i raggi del sole non riuscissero a penetrare in quella foresta.
Denis si chiese perché un quadro così bello era stato appeso così in alto, in un posto inosservato e nascosto.
Un improvviso rumore di passi arrivò alle sue orecchie, provocandogli un brivido lungo la schiena.
Così, spaventato e turbato, Denis si nascose in un'altra stanza, oltre una porta chiusa.
E se avesse incontrato qualcuno?

 

~

 

Quando Noël sentì la chiave girare nella toppa della serratura, il cuore prese a batterle forte.
Aveva dimenticato di essere sola in casa, ed era stesa sul letto con il diario in mano, dopo aver mangiato abbondantemente.

C'era una volta una ragazza che aveva visto la strada dei sogni..., iniziava la frase, e a mostrarglielo era stata proprio la sua peggior nemica...
Ma subito smise di scrivere: una figura alta e barcollante irruppe nella stanza, accomodandosi accanto a lei.

«Ciao p
apà» mormorò Noël quando l'uomo incontrò il suo sguardo, tentando di sbirciare tra le pagine aperte.
L'odore stantio dell'alcol raggiunse subito l’olfatto della ragazza.
Il padre le sorrise assente, chiedendole che cosa stesse scrivendo.
Lei non rispose, piegando il diario sulla pancia, in modo da nasconderlo dal suo sguardo invadente.

«
Hai bevuto?» gli chiese, forse sapendo già la risposta.
La matita spuntata rotolò sul pavimento.
«
Solo un po'» rispose il padre, fissandola negli occhi.
Poi la strinse inaspettatamente in un caloroso abbraccio, e Noël sentì per la prima volta il suo cuore battere come quello di un uomo.
Stettero così per qualche minuto, fino a quando non la lasciò andare, rompendo il silenzio.

«
Pisz» sussurrò, «scrivi, Noël».
Poi si alzò e se ne andò, chiudendo la porta dietro di sé.
Interdetta, la ragazza tornò a scrivere, pensando a quel pomeriggio, a ciò che aveva visto nella bottega del padre di Samira.
Pensò a come avrebbe reagito Denis alla vista di tutte quelle tele meravigliose.
Pensò a ciò che avrebbe detto se avesse saputo che ora Samira era diventata anche sua amica.
Sarebbe stato felice? Oppure questo l'avrebbe in qualche modo infastidito?
Quella ragazza non era poi così antipatica.
Si chiese dove fosse stato il giovane per tutto quel tempo, se fosse tornato a casa.
E soprattutto, si promise di tornare nella bottega, ma decise che per il momento non gli avrebbe detto nulla.
Non ancora.
Sarebbe stato il suo segreto.
E continuò a scrivere.

...aveva visto un mondo, un mondo fatto di tele e di sogni impossibili, di colori e di desideri.

 

~

 

Il rumore dei passi si fece sempre più vicino, fino a quando Denis non comprese che probabilmente c'era qualcun altro nel laboratorio oltre a lui.
Stette accovacciato in un angolo per una decina di minuti, fino a quando il rumore non cessò, tornando da dove proveniva.
In preda al terrore di essere scoperto, il ragazzo si era rifugiato dietro una porta bianca e, immobile, era rimasto ad ascoltare.
Se quella porta fosse stata aperta, per lui sarebbe stata la fine.
Il cuore gli batteva forte in petto e la paura era talmente intensa da non osservare nemmeno per un attimo l'ambiente circostante.
Così si alzò lentamente, inspirando ed espirando come dopo un’estenuante corsa, rendendosi conto che ciò che aveva visto fino a quel momento non era per nulla un laboratorio.
La vera bottega era in quei venticinque metri quadri di stanza piena di tele intatte, pennelli puliti e colori di ogni tipo.
In un barattolo vide un po' di pittura, forse preparata apposta con due tinte diverse.
In un angolo si trovavano due sedie attigue coperte da dei veli da sposa con delle cornici di legno poggiateci sopra.
Le setole dei pennelli erano morbide e pulite sotto il suo tocco, i colori chiusi nei propri barattoli.
Dentro una scodella azzurra c'erano vari aggeggi per scrostare, tinteggiare, ripulire.
Tuttavia, fu quando volse lo sguardo che rimase stupefatto: quattro sedie sorreggevano quattro tele, di cui tre parevano terminate.
Al centro, una tela vergine, bianca come cotone.
Denis cominciò ad osservarle in ordine, avvicinandosi stupefatto.
La prima tela raffigurava un uomo e una donna nudi e abbracciati nel bel mezzo di un atto sessuale.
La donna aveva i capelli lisci e castani, la testa reclinata all'indietro.
La sua bocca era semiaperta e le mani strette sulle spalle del compagno.
L'uomo la guardava assorto, e Denis non capì se perso nel piacere o nella bellezza della donna.
Aveva il petto scolpito e le mani stringevano le cosce dell'amante, posta di lui.
Erano seduti su un semplice sgabello di legno e l'atmosfera chiara e luminosa faceva presumere fosse giorno.
Gli occhi della donna erano chiusi, e i suoi capelli sembravano svolazzare in un vento immaginario.
Sembravano persi entrambi nel piacere più puro.
Denis notò con stupore che le unghie delle mani della donna erano dipinte di rosso.
Chiunque avesse ritratto quelle figure, aveva fatto sicuramente un buon lavoro, curando ogni dettaglio.
L'ultimo quadro a destra invece raffigurava una donna sdraiata su un letto, completamente denudata, eccetto i genitali, coperti da un lenzuolo sottile.
I suoi occhi erano chiusi e pareva addormentata.
I capelli erano sepolti sotto la testa, e non si riusciva a distinguerne il colore.
Il corpo era sottile e ossuto, il seno tondo e magro, le braccia scarne e le cosce smilze.
Al lato destro della tela, una poltrona di legno, un lembo di una tenda bianca e un'ombra, probabilmente di un'altra donna.
Forse anche lei spoglia di ogni vestito: si potevano notare chiaramente i contorni del seno e del viso nell'oscurità.
Sembrava avere qualcosa di affilato in mano, simile ad un coltello o una lama.
Anche quel quadro, come quello appeso alla parete nel laboratorio accanto, inquietava notevolmente chi lo osservava.
Il pittore doveva avere una visione molto ristretta dell'amore e del sesso: una visione quasi sadica, come se l'affetto non potesse esistere senza dolore, senza pena, anche fisica.
Il secondo quadro a destra, quello che Denis aveva riservato per ultimo, rappresentava invece una donna allo specchio.
Il suo corpo nudo era visibile di schiena: la sua pelle era scura e abbronzata, il suo corpo fragile come lo stelo di un fiore.
Specchiarsi nuda pareva sembrare naturale alla ragazza.
A differenza delle altre due tele, non c'era malizia né erotismo nei suoi movimenti.
Tutto in lei sembrava estremamente naturale e autentico.
Denis pensò che potesse avere la sua età, ma la sua espressione riflessa era molto triste.
I suoi occhi erano scuri come la chioma, ma questa sembrava cadere sotto il suo tocco.
Per un attimo, Denis immaginò quei quadri esposti in una grande galleria ai piedi della Torre Eiffel, indovinando le espressioni di chi li osservava e li acquistava.
Osservò qualche secondo la tela bianca, vedendoci di sfuggita un'immagine riflessa.
Poi aprì lentamente la porta, e, accertatosi che non ci fosse nessuno, uscì di fretta, pensando di aver visto tutto ciò che ci fosse da vedere.
Non credeva che presto sarebbe tornato ancora.


   
 
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