Quando
Denis arrivò davanti alla bottega, sbirciò subito
l'interno del laboratorio: la
porta era di nuovo aperta e sembrava lo invitasse a entrare: era una
tentazione
a cui faceva fatica a rinunciare.
Così
varcò nuovamente l’ingresso, accertandosi che non
ci fosse nessuno.
All'interno
il silenzio regnava su tutto e, appena entrato, il giovane si
trovò la tela del
tramonto davanti agli occhi.
Questa
volta però, prese coraggio e si addentrò al
centro della grande stanza; da lì
poteva vedere quasi tutte le tele esposte.
Il
suo sguardo catturò in un attimo una moltitudine infinita di
colori, miscugli
di tinte, tele enormi e altre minuscole.
Nonostante
molte non le avesse viste precedentemente, gli sembrava di conoscerle
tutte a memoria.
In
particolare, si mise ad osservare un quadro più piccolo
degli altri, appeso
all'apice di una parete.
Era
troppo in alto per essere notato da un occhio che non sapesse dove
cercare, ed
era troppo piccolo per essere osservato bene dal centro della stanza.
Così
Denis si avvicinò un poco, scoprendo ad ogni passo
particolari unici: si
trattava di un quadro ambientato in un bosco, al centro un bambino
suonava un
pianoforte.
La
foresta occupava quasi l'intero quadro e solo un piccolo spazio era
riservato
al pianista.
I
colori andavano dal giallo paglia al verde militare, e ciò
dava alla tela
un'atmosfera estremamente enigmatica.
Gli
alberi erano spogli di ogni foglia e nonostante quasi tutto il quadro
pullulasse di vegetazione, solo i rami superiori erano visibili.
Il
musicista era una figura confusa e sfocata, intrappolata dentro una
foresta di tronchi
sottili.
I
tasti del pianoforte erano appena visibili, e il terreno su cui era
poggiato
sembrava privo di erba e arbusti.
Soltanto
all'orizzonte, sfumato, si vedeva ogni tanto qualche spiraglio di luce.
Sembrava
che nonostante la nudità dei fusti, i raggi del sole non
riuscissero a
penetrare in quella foresta.
Denis
si chiese perché un quadro così bello era stato
appeso così in alto, in un
posto inosservato e nascosto.
Un
improvviso rumore di passi arrivò alle sue orecchie,
provocandogli un brivido
lungo la schiena.
Così,
spaventato e turbato, Denis si nascose in un'altra stanza, oltre una
porta
chiusa.
E
se avesse incontrato qualcuno?
~
Quando
Noël sentì la chiave girare nella toppa della
serratura, il cuore prese a
batterle forte.
Aveva
dimenticato di essere sola in casa, ed era stesa sul letto con il
diario in
mano, dopo aver mangiato abbondantemente.
C'era
una volta una ragazza che aveva visto la
strada dei sogni..., iniziava
la frase, e a mostrarglielo
era stata proprio la sua peggior nemica...
Ma
subito smise di scrivere: una figura alta e barcollante irruppe nella
stanza,
accomodandosi accanto a lei.
«Ciao papà»
mormorò
Noël quando l'uomo incontrò il suo sguardo,
tentando di sbirciare tra le pagine
aperte.
L'odore
stantio dell'alcol raggiunse subito l’olfatto della ragazza.
Il
padre le sorrise assente, chiedendole che cosa stesse scrivendo.
Lei
non rispose, piegando il diario sulla pancia, in modo da nasconderlo
dal suo
sguardo invadente.
«Hai
bevuto?» gli chiese, forse
sapendo già la risposta.
La matita spuntata rotolò sul
pavimento.
«Solo un
po'» rispose il padre, fissandola
negli occhi.
Poi
la strinse inaspettatamente in un caloroso abbraccio, e Noël
sentì per la prima
volta il suo cuore battere come quello di un uomo.
Stettero
così per qualche minuto, fino a quando non la
lasciò andare, rompendo il
silenzio.
«Pisz»
sussurrò,
«scrivi, Noël».
Poi
si alzò e se ne andò, chiudendo la porta dietro
di sé.
Interdetta,
la ragazza tornò a scrivere, pensando a quel pomeriggio, a
ciò che aveva visto
nella bottega del padre di Samira.
Pensò
a come avrebbe reagito Denis alla vista di tutte quelle tele
meravigliose.
Pensò
a ciò che avrebbe detto se avesse saputo che ora Samira era
diventata anche sua
amica.
Sarebbe
stato felice? Oppure questo l'avrebbe in qualche modo infastidito?
Quella
ragazza non era poi così antipatica.
Si
chiese dove fosse stato il giovane per tutto quel tempo, se fosse
tornato a
casa.
E
soprattutto, si promise di tornare nella bottega, ma decise che per il
momento
non gli avrebbe detto nulla.
Non
ancora.
Sarebbe
stato il suo segreto.
E
continuò a scrivere.
...aveva
visto un mondo, un mondo fatto di tele e di
sogni impossibili, di colori e di desideri.
~
Il
rumore dei passi si fece sempre più vicino, fino a quando
Denis non comprese
che probabilmente c'era qualcun altro nel laboratorio oltre a lui.
Stette
accovacciato in un angolo per una decina di minuti, fino a quando il
rumore non
cessò, tornando da dove proveniva.
In
preda al terrore di essere scoperto, il ragazzo si era rifugiato dietro
una
porta bianca e, immobile, era rimasto ad ascoltare.
Se
quella porta fosse stata aperta, per lui sarebbe stata la fine.
Il
cuore gli batteva forte in petto e la paura era talmente intensa da non
osservare
nemmeno per un attimo l'ambiente circostante.
Così
si alzò lentamente, inspirando ed espirando come dopo
un’estenuante corsa,
rendendosi conto che ciò che aveva visto fino a quel momento
non era per nulla
un laboratorio.
La
vera bottega era in quei venticinque metri quadri di stanza piena di
tele
intatte, pennelli puliti e colori di ogni tipo.
In
un barattolo vide un po' di pittura, forse preparata apposta con due
tinte
diverse.
In
un angolo si trovavano due sedie attigue coperte da dei veli da sposa
con delle
cornici di legno poggiateci sopra.
Le
setole dei pennelli erano morbide e pulite sotto il suo tocco, i colori
chiusi
nei propri barattoli.
Dentro
una scodella azzurra c'erano vari aggeggi per scrostare, tinteggiare,
ripulire.
Tuttavia,
fu quando volse lo sguardo che rimase stupefatto: quattro sedie
sorreggevano
quattro tele, di cui tre parevano terminate.
Al
centro, una tela vergine, bianca come cotone.
Denis
cominciò ad osservarle in ordine, avvicinandosi stupefatto.
La
prima tela raffigurava un uomo e una donna nudi e abbracciati nel bel
mezzo di
un atto sessuale.
La
donna aveva i capelli lisci e castani, la testa reclinata all'indietro.
La
sua bocca era semiaperta e le mani strette sulle spalle del compagno.
L'uomo
la guardava assorto, e Denis non capì se perso nel piacere o
nella bellezza della
donna.
Aveva
il petto scolpito e le mani stringevano le cosce dell'amante, posta di
lui.
Erano
seduti su un semplice sgabello di legno e l'atmosfera chiara e luminosa
faceva
presumere fosse giorno.
Gli
occhi della donna erano chiusi, e i suoi capelli sembravano svolazzare
in un
vento immaginario.
Sembravano
persi entrambi nel piacere più puro.
Denis
notò con stupore che le unghie delle mani della donna erano
dipinte di rosso.
Chiunque
avesse ritratto quelle figure, aveva fatto sicuramente un buon lavoro,
curando
ogni dettaglio.
L'ultimo
quadro a destra invece raffigurava una donna sdraiata su un letto,
completamente
denudata, eccetto i genitali, coperti da un lenzuolo sottile.
I
suoi occhi erano chiusi e pareva addormentata.
I
capelli erano sepolti sotto la testa, e non si riusciva a distinguerne
il
colore.
Il
corpo era sottile e ossuto, il seno tondo e magro, le braccia scarne e
le cosce
smilze.
Al
lato destro della tela, una poltrona di legno, un lembo di una tenda
bianca e
un'ombra, probabilmente di un'altra donna.
Forse
anche lei spoglia di ogni vestito: si potevano notare chiaramente i
contorni
del seno e del viso nell'oscurità.
Sembrava
avere qualcosa di affilato in mano, simile ad un coltello o una lama.
Anche
quel quadro, come quello appeso alla parete nel laboratorio accanto,
inquietava
notevolmente chi lo osservava.
Il
pittore doveva avere una visione molto ristretta dell'amore e del
sesso: una
visione quasi sadica, come se l'affetto non potesse esistere senza
dolore,
senza pena, anche fisica.
Il
secondo quadro a destra, quello che Denis aveva riservato per ultimo,
rappresentava invece una donna allo specchio.
Il
suo corpo nudo era visibile di schiena: la sua pelle era scura e
abbronzata, il
suo corpo fragile come lo stelo di un fiore.
Specchiarsi
nuda pareva sembrare naturale alla ragazza.
A
differenza delle altre due tele, non c'era malizia né
erotismo nei suoi
movimenti.
Tutto
in lei sembrava estremamente naturale e autentico.
Denis
pensò che potesse avere la sua età, ma la sua
espressione riflessa era molto
triste.
I
suoi occhi erano scuri come la chioma, ma questa sembrava cadere sotto
il suo
tocco.
Per
un attimo, Denis immaginò quei quadri esposti in una grande
galleria ai piedi
della Torre Eiffel, indovinando le espressioni di chi li osservava e li
acquistava.
Osservò
qualche secondo la tela bianca, vedendoci di sfuggita un'immagine
riflessa.
Poi
aprì lentamente la porta, e, accertatosi che non ci fosse
nessuno, uscì di
fretta, pensando di aver visto tutto ciò che ci fosse da
vedere.
Non
credeva che presto sarebbe tornato ancora.