So
quiet and peaceful tranquil and blissful
There’s a kind of magic in the air
What a truly magnificent view
A breathtaking scene
With the dreams of the world
In the palm of your hand
(Dreaming)
A winter's tale, Queen, 1995
Era
il quarto inverno che Crowley e Aziraphale trascorrevano alla tenuta
dei Dowling.
Il
parco si era ricoperto di soffice neve bianca e il principale compito
di Fratello Francis come giardiniere consisteva ora nel salvaguardare
le piante del giardino dormiente e proteggerle dalle insidie del gelo
per permettere loro di conservare intatta la linfa vitale e sbocciare
più floride che mai all'arrivo della primavera che le avrebbe
risvegliate.
La
metà di Dicembre si approssimava rapidamente all'orizzonte e con
essa le annuali festività natalizie, insieme al loro carico di
chiassosa allegria e trepidante aspettativa.
L'ambasciatore
americano aveva fatto arrivare direttamente dalle foreste del nord
degli Stati Uniti un magnifico abete che troneggiava fiero
nell'ingresso della villa, addobbato riccamente e sfavillante di una
miriade di lucine colorate. A onor del vero, tutta la casa riluceva
di sfarzosi ornamenti a tema natalizio e, nell'insieme, ogni stanza
emanava una discreta dose di cattivo gusto e sovrabbondanza. L'oro,
il rosso e il verde dominavano incontrastati e squillanti in lungo e
in largo tra le mura della tenuta di Regent's Park.
Le
cameriere mormoravano che Thaddeus Dowling lo facesse per spirito di
competizione nei confronti del Presidente e del tripudio di
decorazioni che ogni anno facevano bella mostra di sé alla Casa
Bianca e suscitavano l'interesse e l'ammirazione di giornalisti,
politici e altre celebrità.
A
Crowley poco importavano le ragioni di tutto quel ciarpame sparso per
casa: non si era mai trovato a proprio agio tra le ipocrite
sdolcinatezze tipiche del moderno clima natalizio a stampo
consumistico, e ritrovarsi bloccato per il quarto anno consecutivo in
quella maledetta villa sempre più simile a una succursale
anglo-americana della Lapponia, dove gli echi delle canzoni di Natale
sembravano seguirlo ovunque andasse, gli pesava particolarmente.
A
peggiorare le cose ci pensava l'esaltazione del piccolo Warlock per
l'avvicinarsi del fatidico 25 Dicembre. Il bambino stordiva la povera
Tata Ashtoreth con le sue incessanti chiacchiere a proposito di Babbo
Natale, degli elfi, delle renne volanti e dei regali che avrebbe
trovato sotto l'albero.
Inoltre,
per quanto s'impegnasse a fondo per mantenere la sua influenza
demoniaca su di lui, il demone capiva bene che quello non fosse
proprio il periodo dell'anno più propizio per educare Warlock ai
valori infernali. Ogni racconto, ogni canzone, ogni film, perfino
ogni spot pubblicitario in cui ci si imbatteva, parlava sempre e solo
di buoni sentimenti, smancerie legate alla pace universale, all'amore
verso il prossimo e a tutte quelle altre sviolinate zuccherose da
cartolina di auguri, tanto sbandierate e auspicate fino al 25, e
delle quali ci si dimenticava puntualmente a partire dal giorno dopo.
L'Umanità era fatta così.
Una
volta, Tata Ashtoreth aveva provato a leggere al bambino la storia
del Grinch, avendo cura di modificarne radicalmente il finale in modo
che nessuno ottenesse i regali e trionfasse l'odio della creatura nei
confronti delle feste. Ma il bambino, già mezzo addormentato, aveva
scosso la testa sul cuscino e sbadigliando aveva detto: “Ma no,
tata. Non finisce così, la storia. Alla fine il Grinch diventa buono
e salva il Natale e tutti cantano e festeggiano felici e contenti.”
Crowley
aveva condensato tutta la sua rassegnazione in un profondo sospiro
sconfortato e aveva richiuso il libricino con un gesto secco.
Portare
avanti il suo compito di educazione diabolica si stava rivelando
particolarmente arduo, tutto sembrava remargli contro. Se Warlock
fosse stato un adulto sarebbe stato più semplice, poiché spesso gli
umani tiravano fuori il peggio di sé proprio durante le festività
natalizie a causa dello stress da corsa ai regali e dell'ipocrisia
dilagante che raggiungeva livelli record proporzionalmente
all'avvicinarsi del giorno tanto atteso.
Ma
i bambini vivevano quella ricorrenza con il cuore leggero, colmo di
meraviglia e innocenza e Warlock, Anticristo o meno, non faceva
eccezione.
Chi
invece cavalcava l'onda di bontà natalizia e beneficiava di quelle
atmosfere stucchevoli e melense era Aziraphale, il quale, sotto le
spoglie del buon Fratello Francis, incoraggiava il piccolo di casa a
coltivare le virtù e gli insegnamenti del Natale. Poco importava che
quell'aspetto sentimentalistico delle festività invernali fosse un
recente retaggio derivante dall'epoca Vittoriana e ormai consolidato
nella cultura popolare: l'angelo sfruttava sapientemente l'occasione
per instillare l'amore universale nel cuoricino dell'Anticristo.
Il
bambino lo raggiungeva spesso nella piccola biblioteca della casa,
dove sedeva sul morbido tappeto davanti al camino o si raggomitolava
su una poltrona, ascoltando il giardiniere che lo incantava
leggendogli storie e racconti che parlavano della magia del Natale e
dell'importanza di essere buoni e altruisti, in particolar modo con i
più sfortunati e bisognosi.
Una
sera, come di consueto, Tata Ashtoreth si recò nella cameretta di
Warlock per raccontargli una delle sue lugubri storie della
buonanotte o cantargli una ninnananna sinistra, ma quando varcò la
soglia, si accorse che il letto era vuoto e del bambino non c'era la
minima traccia.
La
tata sbuffò, preparandosi a cercare la piccola peste in giro per
tutta l'enorme casa. Non era la prima volta che il bambino si
nascondeva in qualche anfratto della villa per evitare l'ora della
nanna e, quando accadeva, Tata Ashtoreth aveva il suo bel daffare per
trovarlo e convincerlo ad andare a letto. In genere, la corruzione
per mezzo di dolcetti vari o caramelle si rivelava un'infallibile
modalità di convincimento e la demoniaca bambinaia non esitava a
farvi ricorso senza ritegno, con buona pace di ogni prescrizione
pedagogica o teoria educativa. E così anche quella sera si riempì
le tasche di biscottini allo zenzero e partì alla ricerca
dell'Anticristo perduto.
Mezz'ora
più tardi, Tata Ashtoreth si ritrovò di nuovo davanti alla porta
della camera di Warlock a grattarsi la testa, perplessa. Le sue
ricerche erano state del tutto inconcludenti. Eppure aveva perquisito
accuratamente ogni stanza, ogni nicchia, ogni ripostiglio dei
sottoscala (accidenti a Harry Potter!). Dove poteva essersi cacciato
quel ragazzino?
A
un tratto, le venne in mente un luogo che, nella sua spedizione,
aveva incautamente mancato di controllare: la biblioteca.
Tata
Ashtoreth salì le scale e si precipitò al piano di sopra.
Dall'uscio socchiuso filtrava una lama di luce calda e un flebile
suono famigliare proveniva dall'interno: Aziraphale, intento a
leggere a voce alta.
La
tata capì di aver fatto centro e, prima ancora di entrare, seppe con
assoluta certezza che avrebbe trovato Warlock lì dentro, in
compagnia di Fratello Francis.
Strinse
la maniglia d'ottone e spinse piano la porta.
Come
previsto, il giardiniere era seduto comodamente in poltrona e teneva
tra le mani una vecchia edizione dei Racconti di Natale di
Dickens. Un fuocherello morente ardeva ancora nel caminetto, quel
tanto che bastava a rischiarare l'ambiente circostante ingombro di
scaffali stipati di libri. Warlock dormiva della grossa acciambellato
sulla poltrona accanto a quella dell'angelo. Indossava il suo nuovo
pigiamino intero disegnato per assomigliare a un soffice costume da
Rudolph, con tanto di naso rosso e un paio di adorabili cornine
applicate al cappuccio.
Tata
Ashtoreth mosse qualche passo oltre la soglia e la porta cigolò
sommessamente, distogliendo l'attenzione di Fratello Francis dal
libro che stava leggendo e inducendolo ad alzare lo sguardo verso
l'entrata della stanza.
-
Crowley. - fece, sorpreso. - Che ci fai qui? -
-
Secondo te? - ribatté il demone in tono vagamente infastidito. -
Devo mettere a letto il moccioso. - Si interruppe per indirizzargli
uno sguardo obliquo. - E comunque vorrei farti notare che queste non
sono le tue ore d'insegnamento; come se poi, in tutto questo
disgustoso clima natalizio, tu non fossi già abbastanza in vantaggio
su di me. -
Aziraphale
gli lanciò un'occhiata d'avvertimento e si portò un dito alle
labbra, indicando il bambino assopito con un eloquente cenno del
capo.
-
Mi spieghi perché diamine leggi ad alta voce? Sta dormendo, non lo
vedi? - bisbigliò Crowley.
L'angelo
si strinse nelle spalle. - I concetti e la morale passano lo stesso.
L'ho letto in un manuale di psicologia infantile e neuroscienza. -
Il
demone non poté trattenere uno sbuffo. - Be', per stasera la
sessione di lettura finisce qui. -
Crowley
si avvicinò alla poltrona e si protese verso Warlock, nell'atto di
sollevarlo di peso tra le braccia e portarlo fuori dalla biblioteca.
-
Crowley, aspetta. -
Il
demone si bloccò e si volse in direzione di Aziraphale con aria
interrogativa. L'angelo se ne stava in piedi dietro di lui e sembrava
improvvisamente a disagio, come se si fosse pentito di quelle due
parole che gli erano sfuggite dalle labbra ma che ormai non poteva
più rimangiarsi.
-
Ecco, pensavo che, già che sei qui, potrei, ehm... offrirti una
cioccolata calda. Insomma, se ti va... -
L'altro
ci rifletté un momento, dopodiché diede una scrollatina di spalle e
annuì. - Perché no? Ho giusto qui dei biscotti allo zenzero che
potresti apprezzare. Li avevo presi per convincere il ragazzino a
tornare a letto ma direi che, ora come ora, sono inservibili. -
aggiunse, indirizzando uno sguardo divertito al bimbo-renna
pacificamente raggomitolato sulla poltrona.
Aziraphale
sorrise, si guardò intorno furtivo (mossa più di impatto scenico
che altro, dato che era evidente che fossero soli e che il bambino
galleggiasse ancora beatamente nel mare dei sogni) e fece apparire
tra le mani due tazze fumanti dalle quali si sprigionava un intenso aroma
di cacao.
Crowley
fece per allungare il braccio e afferrarne una ma l'angelo la
ritrasse. - Aspetta, la tua è questa. - disse, porgendogli la tazza
che reggeva nell'altra mano.
Il
demone alzò un sopracciglio sagomato dal trucco. - E si può sapere
che differenza c'è? -
Forse
fu l'effetto della luce proveniente dal focolare, ma un delicato
rossore imporporò le guance piene di Fratello Francis. - Ci ho
aggiunto la cannella. So che ti piace. -
-
Oh. - articolò Crowley, incapace di trovare replica migliore e
limitandosi a prendere la propria tazza per accomodarsi sull'ultima
poltrona rimasta libera nella biblioteca.
I
due sorseggiarono la bevanda in silenzio, lasciando che il dolce
crepitio del fuoco nel camino e lo sgranocchiare dell'angelo, intento
a fare onore ai biscottini speziati, fossero gli unici suoni a
fungere da sottofondo per quel momento, almeno fino a quando
Aziraphale non decise di rompere il silenzio.
-
Sai, l'altro giorno stavo pensando: ti ricordi la notte di Natale?
Intendo, la vera notte di Natale. - precisò. - Eravamo
entrambi a Betlemme. -
Crowley
mandò giù l'ultimo sorso di cioccolata. - Già, gran nottata. -
assentì. - A proposito, bel lavoro con quella stella cometa: davvero
d'effetto, anche se un po' pretenziosa come trovata. -
Aziraphale
si strinse nelle spalle. - Be', l'Onnipotente aveva detto di volere
qualcosa d'impatto e che fosse altamente simbolico. -
Crowley
inclinò le labbra scarlatte in un mezzo sogghigno. - Sì, la tua
fazione è sempre stata eccezionale nell'allestimento delle
scenografie. Qualcuno di voialtri dovrebbe lavorare a Hollywood,
davvero. -
-
Non trovi sia curioso? - proseguì Aziraphale, sorvolando sull'ironia
del demone. - Insomma, eravamo presenti alla nascita di Cristo e ora,
duemila anni dopo, siamo qui a prenderci cura della sua nemesi
affinché non distrugga la Terra. -
Crowley
assentì. - Un bel casino etico-filosofico. -
-
Già. - concordò Aziraphale, pensieroso ma, con ogni evidenza, poco
intenzionato ad approfondire oltre l'argomento.
La
lancetta dei minuti compì un altro paio di giri sul quadrante della
pendola.
Angelo
e demone si godevano quell'atmosfera intima e sonnacchiosa che non
richiedeva alcun discorso, alcuna parola superflua. Di tanto in
tanto, scoccavano un'occhiata verso Warlock per assicurarsi che
stesse ancora dormendo: vederlo così acciambellato nel suo pigiama
da renna li faceva sentire incredibilmente tranquilli e sereni a loro
volta, come se fossero stati contagiati dallo stato di incosciente
benessere del bimbo. Avvertivano ancora sulla lingua il sapore
delizioso e avvolgente della cioccolata: senza dubbio, una delle
migliori invenzioni umane in fatto di bevande, dopo il vino e i
liquori.
Se
ne avessero avuto la possibilità, avrebbero semplicemente lasciato
passare in quel modo le ore che li separavano dalla mattina seguente,
quando entrambi avrebbero dovuto riprendere la recita che portavano
avanti da quattro anni e tornare ai loro incarichi di copertura.
Crowley
pensò che tanto valesse mettere fine a quell'idillio invernale prima
che la situazione si facesse troppo confortevole e, di conseguenza,
oltremodo difficile da abbandonare. Posò la tazza vuota sul tavolino
di fianco al bracciolo della poltrona e si alzò.
-
Ora devo andare. - esalò a malincuore. - Se qualcuno dovesse
scoprire che il ragazzino è ancora fuori dal letto, finirei nei
guai. Harriet è molto puntigliosa sull'ora della nanna per il suo
prezioso pargolo. -
-
Oh, ma certo. Capisco. - rispose Aziraphale, incupendosi un poco a
causa di quel brusco ritorno alla realtà. Si alzò a sua volta e
gettò un'occhiata di sfuggita alla grande finestra che si affacciava
sul giardino, illuminandosi. - Guarda, caro: ha ricominciato a
nevicare. -
Crowley
diresse lo sguardo oltre la vetrata e i due rimasero per qualche
istante fianco a fianco a contemplare l'ipnotica danza dei fiocchi di
neve nell'aria gelida della notte dicembrina.
Tutto
era silenzio, quiete e scintillante bellezza. Ogni tanto un raggio di
luna riversava la propria luce argentea sulla coltre bianca,
facendola risplendere di tanti piccoli luccichii, come polvere di
diamanti.
-
L'Onnipotente ha avuto proprio una gran pensata quando ha creato la
neve, a proposito di scenografie. - osservò Aziraphale, sognante.
Crowley
non rispose, invece girò lentamente la testa per lanciare
un'occhiata di sottecchi all'amico, totalmente rapito
dall'incantevole spettacolo che si stava svolgendo davanti a sé. Per
qualche ragione che nulla aveva a che vedere con il freddo invernale,
il demone avvertì un lieve fremito caldo percorrergli la schiena e,
a un tratto, fu come se il retrogusto lasciato dalla cioccolata alla
cannella si accentuasse, addolcendogli la bocca e sprigionando in lui
un meraviglioso senso di tepore e appagamento.
Prima
che quelle sensazioni inspiegabili si facessero troppo pregnanti per
essere ignorate o nascoste, Crowley si allontanò dalla finestra, si
chinò sulla poltrona e prese delicatamente in braccio Warlock,
ancora immerso in quel sonno profondo che è privilegio solo dei
bambini e degli ubriachi.
-
Grazie per la cioccolata, angelo. - sussurrò con un mezzo sorriso ad
inclinargli gli angoli delle labbra. - Ci si vede più tardi al pub.
-
-
Di nulla, caro. È stato un piacere. Grazie a te per la compagnia. -
Tata
Ashtoreth uscì in punta di piedi dalla biblioteca, il capo del
bambino addormentato che ciondolava inerme sulla sua spalla.
Aziraphale si lasciò sfuggire un sorriso, impietosito dalla
tenerezza di quella visione.
Checché
ne dicesse il demone, in fondo a quel suo animo dannato c'era un
oceano di dolcezza.