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Autore: Cassandra Black    30/11/2019    0 recensioni
Sette anime si sono trovate, Amore le ha plasmate in una famiglia.
Una battaglia, la fine di tutto.
Odio ha vinto.
Una scelta che si rivela l’unica possibilità.
Lei deve essere pronta, perché tutto sta per cambiare.
Amore ha trovato la strada.
* * *
Nel Velo non esistono né lo spazio né il tempo. Ci sono solo Anime e Porte.
*
«Buon viaggio, Comandante.»
*
«Ti aspetteremo lì, Ris… al confine tra Terra e Cielo e, per quanto possa sembrarti assurdo, spero che quel nostro ricongiungimento avvenga il più tardi possibile, perché il mondo ha bisogno di te e il Paradiso non è ancora pronto per noi.»
*
«Dovrà darmi delle risposte, lo sa Signorina Granger?»
«Io non credo, Signor Preside.»
*
«Addio, mio Sole.»
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Silente, Nuovo personaggio, Sirius Black, Tom O. Riddle
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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COMING HOME

Prologo


Osservo il baule ai piedi del mio letto: è ancora aperto nonostante abbia finito di riempirlo già da una mezzora buona. Mi guardo intorno, abbraccio con lo sguardo quella che fino a ora è stata la mia camera. Non è così male: le pareti sono di un tenue verde, un colore riposante, che ben si abbina con il legno bianco dell’armadio, dei due scaffali e del letto posto loro di fronte; sulla terza parete, quella con la finestra, sono appese un paio di foto con mia zia e i bambini e appena sotto c’è la culla rosa di Trixie. È un pochino piccola forse, ma c’è tutto quello che serve. Penso proprio che mi mancherà.
«Non hai ancora finito con quel baule?» Mia zia è sulla porta, poggiata allo stipite, che mi guarda con un mezzo sorriso sulle labbra.
«In realtà si, già da un po’, è solo che non riesco a chiuderlo. Non credo di essere pronta a lasciarvi qui».
«Laris, lo sai che non ti devi preoccupare di questo. Noi tre staremo bene. Ti invierò una lettera ogni mattina per farti sapere come vanno le cose qui a casa e per aggiornarti sui progressi dei bambini. Ne abbiamo già parlato: ora tutto quello di cui ti devi preoccupare è rimanere lucida e concentrata, lo sai. E poi, non saremo tanto lontane, ogni fine settimana potrai venirci a trovare durante le uscite al villaggio»
«Si, questo lo so perfettamente… è che non siamo mai rimaste separate così a lungo». Non c’è bisogno che aggiunga altro, i miei occhi le stanno già dicendo tutto.
Zia Meda ricambia il mio sguardo con espressione seria e decisa. «Staremo bene Ris, te lo prometto. Ora chiudi quel baule e vieni a salutare Trixie e Teddy. È quasi ora». Detto ciò, esce dalla stanza.
Bene. A quanto pare è già ora dei saluti. Non sono mai stata brava a dire addio… e lo so che questa volta non lo è, ma è comunque difficile. Sono così piccoli i miei cuccioli.
Con un sospiro chiudo finalmente il baule, guardo per un’ultima volta la camera e, assicurandomi di avere la bacchetta infilata nella tasca dei jeans, esco dalla stanza.
È ora di andare.
* * *
 

I'm coming home, I'm coming home
Tell the world I'm coming home
Let the rain wash away
All the pain of yesterday

I know my kingdom awaits
And they've forgiven my mistakes
I'm coming home, I'm coming home
Tell the world that I'm coming

(Coming Home -Dirty Money)
 

Ho aspettato questo momento per molto tempo, mi sono preparata a lungo, e ora sono pronta, non posso fallire. Non devo. Ho un’unica possibilità e devo fare in modo che tutto vada bene, che proceda esattamente come è stato programmato. Tutti i sacrifici che abbiamo fatto non devono essere vani.
Sono ad Hogwarts, adesso. E per stasera va bene così.
Gli studenti mi osservano, mormorano tra loro, mi studiano. Per loro è strano vedere una ragazza che dovrebbe già essere al settimo anno tra gli undicenni pronti per lo smistamento. E probabilmente non hanno tutti i torti.
Ma non è un mio problema, la mia richiesta è stata accettata dal Preside Dippet in persona. Sono qui, e questo è quello che conta.
«Benvenuti a un altro anno a Hogwarts.» Il Preside è in piedi che ci guarda, mentre inizia il suo discorso di inizio anno. «Tra pochi minuti inizierà la cerimonia dello smistamento in modo che i ragazzi del primo anno possano raggiungere i loro compagni. Prima però desidero fare alcuni annunci importanti. L’accesso alla Foresta Proibita è severamente vietato a tutti gli studenti, e il nostro custode, il signor Cox, mi ha chiesto di ricordarvi che non tollererà più scherzi o altre sciocchezze da parte vostra. Bene! Ora lascio la parola al Professor Silente, insegnante di Trasfigurazione»
Fino a questo momento ho evitato di volgere lo sguardo verso il tavolo dei professori. Fa troppo male. Ora però non posso fare altro che guardare quell’uomo, il mio insegnante, uno dei maghi più potenti mai esistiti, avanzare sorridendo e posizionarsi al fianco del Cappello Parlante.
«Buonasera ragazzi» ora il discorso è solo per noi “primini” «prima di raggiungere i vostri compagni, il Cappello Parlante vi smisterà in una delle quattro Case. Nei prossimi sette anni la vostra Casa sarà la vostra famiglia: Corvonero, se siete svegli e pronti di mente, Grifondoro, la culla dei coraggiosi di cuore, Tassorosso, dove chi alberga è giusto e leale, o Serpeverde, dove troverete gli amici migliori, tipi astuti e leali.»
Con un sorriso, tra gli applausi degli studenti, Silente inizia a chiamare i bambini a uno a uno.
È strano: ho vissuto questo momento centinaia di volte nei miei sogni, immaginando come sarebbe potuta andare, ma niente è come l’avevo previsto. O meglio, lo è, certo che lo è. Come potrebbe essere altrimenti? Eppure le sensazioni che provo, l’emozione che mi invade… avevo previsto la nostalgia, ma non questo senso di appartenenza, questo amore che mi gonfia il cuore. Questa non è casa mia.
«Avrete notato che quest’anno c’è una novità» un leggero brusio accompagna le parole di Silente «la Signorina qui presente frequenterà direttamente il settimo anno nella nostra scuola. Bene. Laris Granger, mi raggiunga.»
Ecco. È arrivato il momento. Non devo sbagliare. Non posso. Ho troppo da perdere. Lentamente mi incammino verso lo sgabello. Sento centinaia di occhi puntati su di me.
Sorrido al Professore, l’emozione è forte. Poi mi siedo sullo sgabello e Silente posa sulla mia testa il logoro cappello a punta.
«Bene, chi abbiamo qu-» la voce nella mia testa si interrompe all’improvviso. I battiti del mio cuore accelerano. Devo stare calma, lo sapevo. Me l’aspettavo.
«Nel tempo ho smistato centinaia, migliaia di bambini provenienti da ogni angolo del Mondo Magico e babbano. Ogni bambino ha un’aura particolare, un’aura che è solo sua e che lo distingue da tutti gli altri. Io le ricordo tutte. Le grandi famiglie hanno un’aura diversa, però, per chi come me è in grado di ascoltare, e io conosco l’anima delle più potenti e nobili Casate purosangue. So riconoscere l’aura di un bambino quando lo smisto, non posso sbagliare. So chi sei, ti ho già incontrata, eppure è così… strano. Non dovresti essere qui. Non potresti.»
«Non stai sbagliando, Cappello. Sono davvero io»
«Ma come… non capisco. Pol-»
«No! Non pronunciare quel nome! Non lo fare, fa troppo male.» Lo interrompo immediatamente. So cosa stava per dire.
«Bene, allora non lo farò. Ora però devi dirmi cosa vuoi da me: sarò anche dentro la tua testa, ma ancora non sono in grado di leggere i pensieri, per quanto lo vorrei. Sarebbe tutto più… facile. Ti conosco, ragazza mia, so che c’è un motivo per cui sei qui. E so anche che non è mio dovere saperlo, altrimenti ne sarei già stato a conoscenza. Ora dimmi, bambina: cosa vuoi da me?»
«Ho bisogno che mi smisti a Serpeverde.»
«Oh. Non è la Casa che avrei scelto per te, ma se davvero vuoi che sia così, lo farò.» Sapevo di poter contare su di lui!
«Si, è quello che voglio, con tutta me stessa. Ti ringrazio infinitamente, come sempre ti riveli un aiuto prezioso. So che ora ti sembra assurdo, ma con il tempo ti apparirà tutto più chiaro.»
«Se ci pensi bene, mia cara, allora capirai che niente è poi davvero assurdo. Dipende tutto da quale prospettiva si sta guardando: per un babbano io non potrei esistere, e per le leggi del Nostro Mondo, tu non dovresti essere qui. Eppure ti sto parlando proprio in questo momento.
Prima di lasciarti, bambina, sento di doverti dire una cosa: niente è come sembra. Le Porte si sono aperte e la Morte l’ha lasciato andare, ma l’Anima è sempre la stessa. Ha solo bisogno di una spintarella. Ricordati di queste parole, ragazza mia, perché niente è come sembra e tutto sta cambiando. Buona fortuna, piccola Ris.» La sua voce è severa nella mia testa. Mi sta dicendo una cosa importante, vuole aiutarmi. Ma non lo capisco… perché, per una volta, non può parlare senza sembrare un fottuto Oracolo?!
«Serpeverde!»
La decisione del Cappello Parlante fa esultare gli studenti del tavolo verde-argento. Sorrido mentre mi alzo e cammino verso di loro. Ce l’ho fatta! Sono qui, sono a Serpeverde.
Mi dirigo verso il tavolo e vedo un posto libero vicino a tre ragazze.
«Io sono Cassiopea Black, e loro sono Amber Zabini e Diana Nott.» mi fa la mora indicando prima la rossa e poi la castana.
«Piacere di fare la vostra conoscenza.» Le rispondo in tono monocorde. Non ho voglia di parlare.
«Immagino saremo nella stessa camera. Se non ci dovessimo incontrare è l’ultima a destra.» Mi informa la rossa prima di tornare a parlare con le compagne.
«Grazie.» Dico, cominciando poi a mangiare.
Mentre sorseggio del succo di zucca, osservo distrattamente il resto della Sala Grande, e sento una delle ragazze chiedere «Perché accanto a Lumacorno c’è un posto libero?» Subito rivolgo lo sguardo al tavolo dei professori. È vero, c’è un posto vuoto.
«Oh Salazar! Mi sono dimenticata di dirtelo!» le risponde Diana, elettrizzata. Sarà davvero Diana? Ah, no, è la mora. Quindi è Cassiopea. Credo.
«Merlino, no! Ecco che ricomincia!» geme la rossa, ma Diana, ignorandola, chiede: «Quindi? Chi manca?»
«Mio padre mi ha detto che quest’anno il professore di Difesa sarà lo stesso di due anni fa. L’uomo più figo di questo mondo: Jake Hamilton! Alto, moro, grandi occhi grigi, un sorriso da sogno e…» Ma scherziamo?
«E nostro professore di Difesa contro le Arti Oscure. E sposato, oltretutto.» Completa la rossa. Merlino, è sempre peggio… e menomale che è una Serpe.
«Esiste sempre il divorzio» afferma con tono sicuro e speranzoso la mora.
«Cassie!» esclama la rossa. Amber, si chiama Amber.
«Cosa?» domanda invece la ragazza con aria indifferente.
«Vuoi che si lascino?!» esclama scandalizzata l‘altra. Sembra una soap-opera.
«Avanti Amy! Stavo solamente scherzando… diglielo anche tu Diana!» si difende la Black interpellando la castana.
«Questa volta ha ragione lei, Cassiopea. Smettila di comportarti come una mocciosa adorante…» Grazie, finalmente qualcosa di sensato in mezzo a tutto questo ciarlare.
«… piuttosto, voi ve lo riuscite a spiegare?» continua Diana.
«Cosa?» le chiede la mora curiosa.
«Granger è riuscita ad attirare l’attenzione di tutti gli individui di sesso maschile presenti nella sala… soprattutto di uno in particolare.» Chiarisce la castana con occhi maliziosi. Immediatamente mi sveglio dal mio torpore. Ma cosa sta dicendo?
«Scusate l’interruzione, ma ho sentito che stavate parlando di me. Chi è che mi stava guardando?» chiedo io e, francamente, non me ne importa niente di sembrare maleducata.
«Ah, ora vuoi parlare?» La ragazzina adorante ha un tono ironico mentre si rivolge a me. La fulmino con lo sguardo.
«Calmati, biondina. Stavo scherzando. Comunque parlavamo di quel ragazzo moro seduto alla fine del tavolo.» mi risponde Cassiopea. Biondina? A me? Se sapesse a chi si sta rivolgendo, e di fronte a chi sta facendo la figura della mocciosetta, sverrebbe al solo pensiero di cosa penserebbe la sua famiglia; ragazzina, prima di parlare conosci chi hai di fronte.
Lo guardo, e in quel momento lui alza lo sguardo, incatenando i suoi occhi color veleno ai miei di ghiaccio. È il ragazzo più bello che abbia mai visto in vita mia. Lineamenti cesellati, pelle pallida, naso dritto, due occhi stupendi…
«…ddle» sento dire da Diana.
« Come?» chiedo confusa, distogliendo lo sguardo da lui.
«Tom Riddle… è così che si chiama.» Ripete la mora, gelandomi.
«Oh…» Non me l’aspettavo. Non così.
«So che è bello da togliere il fiato, ma ti darò un consiglio. Non ti conosco, e tu non conosci me, non sei tenuta ad ascoltarmi. Stai attenta… è piuttosto strano quel ragazzo.» Mi mette in guardia la castana (Diana?), puntando i suoi occhi blu nei miei.
«Terrò a mente il tuo consiglio. Grazie.» Taglio corto, e le faccio un piccolo sorriso, tentando di mettere fine al discorso.
In quel momento si sente uno schianto e la voce di un uomo dire ridendo «Ehilà bella gente! Scusate il ritardo… cosa mi sono perso?» Mi pietrifico. Conosco questa voce bassa e profonda… così come conosco questa risata tanto simile al latrato di un cane.
Mentre mi volto, sento la bimbetta esclamare con voce adorante «Eccolo! È lui!»
Con gli occhi sbarrati lo guardo camminare tranquillamente tra i tavoli delle Case, con quel sorrisino irritante stampato su quel viso tanto conosciuto quanto amato. Ho gli occhi lucidi, ma non posso piangere. Non ora.
Non mi nota, e ringrazio Merlino per questo… non sono pronta. Osservo imbambolata Silente informarlo dell’arrivo di una nuova studentessa, ma non gli rivela il mio nome, dicendogli che lo avrebbe scoperto l’indomani mattina a lezione.
Sento le ragazze parlarmi, ma io non sono più lì con loro… sono tornata a quella terribile notte di tre anni fa…
 
Il sudore mi cola sulla fronte, le mie braccia chiedono pietà e il dolore acuto di quella profonda ferita al polpaccio destro non mi dà tregua.
Sono stanca, spossata, irritata… ma non mollerò mai.
Schianto Dolhov e comincio a duellare con un altro… non ce la farò mai: sono troppi e gli altri sono nelle mie stesse condizioni. Sette ragazzi contro un plotone di trenta Mangiamorte: non possiamo farcela.
All’improvviso sento il suono di una materializzazione, poi di un’altra, e un’altra ancora. Mi guardo intorno ed esulto: l’Ordine è arrivato!
Accanto a me, uno dei migliori amici di mio padre «Un aiutino, Generale?» mi domanda sarcastico.
«Falla finita Sir! E dammi una mano!» gli rispondo. Così, schiena contro schiena, cominciamo a duellare insieme.
Poi una spinta… e mi ritrovo a terra, a guardare impotente e disperata l’uomo che mi aveva salvata cadere nel Velo dopo aver schivato l’Anatema Mortale che era indirizzato a me. Dapprima non sento nulla, come se tutto attorno a me si fosse fermato, poi la voce di quella pazza di mia zia che urla cantilenando sempre la stessa frase: «Io ho ucciso Sirius Black!»
Infine, il buio.

 
   
 
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