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Autore: Pamprunelle    01/12/2019    0 recensioni
Questa non è una storia, ma una sorta di monologo in risposta ad una domanda che mi sono posta: e se l’eroina dell’Amleto, che nell’anime appare come la Dea protettrice del continente sospeso, ritrovasse se stessa e facendolo guadagnasse qualcosa che, nella sua tragica fine, le era stato precluso per sempre?
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ATTO II

 

Mai, da quando era stata chiamata a ricoprire il ruolo di guardiana di Neo Verona dopo la sua morte, si era trovata preda delle proprie emozioni come i quei momenti.

 

Decine e decine di giovani donne avevano portato sulle proprie spalle la croce della salvezza per quell’inunico continente, e ne erano perite senza che eccezzione si presentasse. 

Non seppe da cosa derivassero tali misure, ma era così da che potesse ricordare; o almeno lo era stato fino a quel istante: 

 

vedendo la giovane Capuleti giacere tra le radici dell’albero si domandò perchè, se il mondo era effimero e destinato a portare sofferenza all’uomo, se ne dovesse aggiungere altra tramite un sacrificio che tuttavia non avrebbe dispensato quelli che sarebbero venuti in futuro. 

 

Non si sphiegò perchè le sorse un interrogativo simile dopo tanto tempo passato a scrutare la vita che scorreva su quella terra inusuale dalla sua remota gabbia dorata, ma la sensazione che qualcosa in ciò che stava accadendo fosse sbagliato non riuscì a sradicarsi dalla sua mente, e così decise, contro ogni immaginazione, di porre fine al rituale, senza che alcun bacio mortale condannasse la principessa ad una fine che in cuor suo sapeva non essere meritata.

 

Con un cenno della mano spostò le radici che cingevano il corpo dell’umana e, percepita da qualche minuto la presenza dell’amato di lei in quel luogo, così come presumibilmente quelle dei loro compari, lo prese gentilmente tra le braccia e si voltò, consegnandolo in pochi minuti al giovane chiamato Romeo.

 

Dopo un breve scambio di battute, che la sorprese per la risposta puramente emotiva uscitale alla domanda postale dal giovane in merito alle sue recenti azioni, accadde ciò che avrebbe posto un brusco cambiamento nelle vite di tutti i presenti, ma, più di qualunque altra, la sua.

 

In procinto di allontanarsi per tornare allo Scaligero, i suoi occhi vennero come attratti da una delle due figure che erano sopraggiunte pochi minuti prima, un giovane uomo armato di arco e frecce.

 

O, non fosse nulla di ciò accaduto, probabilmente la sua calma interiore non sarebbe stata infranta.

 

Appena i loro sguardi si incontrarono Ofelia sentì il suo corpo prima colto da una vampata di calore che le pervase tutto il corpo in pochi istanti, e poi quella che avrebbe definito una scossa, che viaggio dal capo alla punta dei suoi piedi.

 

Se non fosse stata se stessa, e soprattutto, non fosse stata un essere che oltrepassava le leggi a cui sottostava il normale umano, avrebbe rischiato di perdere l’equilibrio per la potenza con la quale quell’ondata di sconosciuta provenienza l’aveva scombussolata.

 

Si soffermò ad osservare la persona fonte del suo turbamento: aveva un corpo snello ma forte, non era estraneo al combattimento o al lavoro fisico, aveva lunghi capelli di un biondo pallido al momento arruffati per la frenesia degli eventi che avevano avuto luogo ed indossava un armatura in ferro che non dubitava doveva aver utilizzato al meglio, in quanto le ammaccature potevano essere contate sulle dita di una mano.

 

Eppure più di ogni altra cosa fu il suo viso a rimanerle impresso, indelebile nella sua mente come nulla che avesse sperimentato prima: gli occhi di un castano lucente, lasciavano facilmente trasparire una personalità socievole ed attenta, e probabilmente era una persona particolarmente meticolosa, data la preferenza per l’arco rispetto ad un altra arma poteva dedurlo senza dubbio alcuno.

I lineamenti del suo viso in quell’istante erano attraversati da un’espressione di sconcerto misto a...

 

Curiosità? 

 

Verso di lei?

Lei, che di rado incontrava esseri umani che non fossero, durante quelle sue poche visite, il capistipite della casata dei Montecchi e suscitava generalmente inquietudine?

Possibile che la stesse osservando con un trasporto così genuino, tale da farle pensare che provasse le stesse emozioni che attraversavano lei stessa?

 

Era possibile al mondo, che dopo tutto lo struggimento al quale era andata in contro in vita ed in questo tempo indecifrabile, qualcuno la guardasse con occhi tanto gentili?

 

Dopo qualche minuto, o così le parve, l’uomo al quale l’umano si accompagnava richiamò la sua attenzione, e lei seppe che erano in procinto di allontanarsi; prima di farlò il biondo diede un ultimo sguardo nella sua direzione, mentre cominciava a sollevarsi per raggiungere le radici dell’albero, ed infine si voltò per raggiungere i suoi compagni all’uscita.

Perchè il fatto che un semplice uomo, uno che aveva incontrato quello stesso giorno la prima volta per giunta, si allontanasse, le causava tanto affanno?

Perchè sentiva ogni passo che li stava dividendo come un macigno insopportabilmente pesante?

Perchè quel viso non voleva cancellarsi dalla sua mente martoriata dalla confusione più totale?

Perchè pensandolo si sentiva pervadere di calore?

 

Lei non aveva più sangue da versare o battiti del cuore da elargire da tempo immemore... e allora perchè questo fuoco le si era acceso dentro, pervadendole l’anima come un incendio improvviso per poi tramutarsi in acqua cristallina che la dissetava, come un vagabondo percorrente i deserti più impervi che finalmente aveva trovato una sorgente rigogliosa alla quale abbeverarsi?

 

Perchè si sentiva gioire con ogni fibra del suo essere?

 

 

 

 

Dopo quella visita “imprevista”, decise di portare il suo ruolo divino al livello successivo, per far sì che nessuno dovesse fronteggiare la solitudine in vece di migliaia di persone ignare ed altrettanto innocenti; scelse di farsi carico dei dolori materiali e non dell’intera popolazione nella maniera più letterale possibile.

 

<< O albero che affondi le tue braccia in aiesta terra sfortunata

 

odi la mia preghiera: tanto male ha atraversato auesti luoghi,

 

tante vite sono cadute, perdute nell’oblio della sofferenza che le ha colte.

 

Ti supplico amabile amico delle genti, permettimi di supportare questa terra e 

 

gli uomini che la abitano, consentimi di sopportare ciò che umano non 

 

potrebbe.

 

Celeste messaggero che tutto sai, non protrarre questi spargimenti 

 

sanguinolenti, non consentire che innocenti periscano ancora per mano 

 

dell’ignominia di taluni.

 

Io, Ofelia, giuro sul mio cuore di sobbarcarmi dei patimenti che attraverseranno 

 

quegli animi volubili, di sentire le loro vittorie e sconfitte come mie e di soffrire i 

 

mali del mondo in loro vece. >>

 

 

 Si era avvicinata al massiccio tronco di rami della pianta, ponendo le mani ad accarezzare con leggerezza la corteccia che lo attraversava e, con voce più mossa dall’emozione di quanto avrebbe pensato, concluse sottilmente:

 

 

<< Risparmiali dunque, nega a quei corpi e a quelle menti fragili di conoscere 

 

ciò che non avrebbero motivo di apprendere. 

 

Consentimi... Di essere il tuo unico agnello. >>

 

Quelle parole furono l’ultima cosa che ricordò, prima che un dolore lancinante si aggiungesse improvviso a quello che da sempre portava dentro di sè.

   
 
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