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Autore: HikariMoon    02/12/2019    1 recensioni
Temporaneamente al sicuro nel Regno di Smeraldo, manca solo il Guerriero Giallo per rendere ancora una volta completo il gruppo dei Maestri della Luce. Mentre Yuuki torna sulla Terra alla sua ricerca, e con un altro compito che sente di doversi assumere, Mai, Hideto, Kenzo e Dan hanno una diversa missione. Per avere un vantaggio sui propri nemici, varcheranno il portale per il futuro in cerca dei Brave. E un’unica domanda rimane fissa nella loro mente: cos’è diventato il futuro del Guerriero Giallo?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clackey/Clarky Ray, Dan Bashin, Moonlight Barone/Barone Chiaro di Luna, Yuuki Momose
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Battle Spirits Resurgence - I Guerrieri della Luce'
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CAPITOLO 5

Hideto si lasciò trascinare lungo il corridoio da Plym, faticando a trattenere una risata. Non si era aspettato un simile entusiasmo, quando aveva accettato senza troppo pensarci la proposta di Yus di mostrargli la sua vecchia moto. Si era sempre chiesto se Yus avesse mai avuto l’occasione di seguire il suo consiglio: quella era un’occasione ideale per scoprirlo.

E Plym si era mostrata più elettrizzata di loro due messi assieme. Angers aveva ridacchiato guardandoli uscire.

Non aveva neppure avuto occasione di parlare, tanto di corsa stavano raggiungendo l’hangar. Ma era bello vedere che nessuno dei due era davvero cambiato, anche se entrambi ormai erano più grandi anche di lui. Ogni volta che ci ripensava, Hideto si ritrovava a trattenere le risate. Ogni volta che li guardava, si ritrovava a sbattere le palpebre perché si era aspettato per l’ennesima volta di rivedere i ragazzini di un tempo.

Anche il futuro era andato avanti, come Gran RoRo e come loro.

Di fronte alla porta dell’hangar, Hideto rabbuiò: chi o cosa ognuno di loro aveva lasciato indietro?

Plym lo trascinò in avanti, cogliendolo quasi alla sprovvista.

“Guarda in che stato si trova!” L’entusiasmo di Plym si era trasformato in un tono battagliero e oltraggiato. “Diglielo tu a Yus che anche tu vorresti che venga sistemata e migliorata! Non ha bisogno di restare alle caratteristiche di otto anni fa!”

Yus borbottò qualcosa e si coprì la faccia con le mani. “Era per questo che correvi tanto?”

Plym gli lasciò finalmente il polso e affiancò la moto, indicando in modo esasperato prima il monitor, secondo lei troppo datato, poi i graffi sulla vernice e le ammaccature sulla copertura.

“Ho cercato di rovinarla il meno possibile e ho permesso a Plym solo di effettuare manutenzione e riparazione di pezzi guasti.” Yus arretrò vicino al tavolo di lavoro, pieno di attrezzi, tavolette digitali e appunti attaccati in ogni angolo. “Non volevo privarla del suo significato.”

La ragazza assottigliò gli occhi e spalancò la bocca per difendere la sua posizione, ma si fermò non appena vide Hideto avvicinarsi.

Il Guerriero Blu affiancò la moto e ne sfiorò la superficie lucida, l’usura del tempo non faceva che aumentarne il suo fascino. Era emozionante ritrovarla. Aveva vissuto tante avventure sulla sua sella. Avventure che lo avevano aiutato a ritrovare e scoprire sé stesso. Senza pensarci, si sedette afferrando il manubrio. Voleva tanto accendere il motore. Chiuse gli occhi e si ritrovò a desiderare la carezza del vento sul viso, il ruvido della sabbia contro la pelle.

“Perché non la porti con te a Gran RoRo?”

Hideto sbatté le palpebre e si voltò verso Yus, posato contro il tavolo a braccia conserte. Plym era seduta accanto a lui, con le gambe che penzolavano dal bancone. Entrambi sorridevano. Il Guerriero Blu deglutì.

“Non so se-”

“Perché no, Suzuri?”

Yus scattò sull’attenti e Plym saltò giù dal bancone. Kazan li raggiunse e gli rivolse un sorriso bonario.

“Il reparto meccanico te ne sarebbe grato. A causa dei loro battibecchi credo che più di qualcuno abbia fatto domanda di trasferimento a un’altra base.”

“Non anche lei, comandante!”

Hideto e Yus si scambiarono uno sguardo complice. Plym era fantastica, ma qualche volta tendeva a esagerare un tantino troppo con quelli che chiamava upgrade.

Alla fine, però, Plym si fece concedere la possibilità di fare una revisione completa. Secondo lei, non poteva mandarlo a Gran RoRo senza un meccanico di cui si fidasse e con un mezzo difettoso. Hideto aveva acconsentito distrattamente: dopotutto, la cosa più importante era che la sua moto sarebbe tornata con lui.

Plym e Yus si sistemarono al bancone, dove lei aprì schemi e progetti e cominciò a elencare i punti in cui avrebbe potuto apportare le sistemazioni. Yus serviva soprattutto a tenerla a freno.

“Questo è per voi, comandante: l’elenco delle carte.”

Hideto passò a Kazan il tablet che gli aveva prestato Angers. “Spero che diate l’ok, anche perché altrimenti dovrete trovare qualcuno che spulci tra le pile per trovare le carte da togliere.”

L’uomo alzò un sopracciglio e iniziò a sfogliare l’inventario. Dopo un attimo, allontanò il dito dallo schermo e tornò a guardare il Guerriero Blu.

“Per caso è stata compilata la lista delle carte che non hai scelto?”

Hideto ghignò.

“Mi conoscete troppo bene, Comandante Kazan! È il secondo file, ma per quello dovete ringraziare Angers: l’idea è stata sua.” E tornò a concentrarsi sulla moto.

Kazan riprese a sfogliare la ben più corta lista delle carte scartate e, prima di rendersene conto, si ritrovò a chiedersi quale fosse il ragionamento dietro all’esclusione di un paio di dozzine di carte. Antipatia? Caso? Poi trasalì e ricontò il numero di carte escluse. Su tutto l’archivio, il Guerriero Blu aveva scartato 47 carte.

Sarebbe stato interessante spiegarlo al consiglio.

“Lo sa, pensandoci lei e Yuuki vi assomigliate molto.”

Kazan si fermò con il dito a mezz’aria, alzando bruscamente lo sguardo sul volto sorridente di Hideto.

“Non vorrei sbagliarmi,” riprese accavallando una gamba e protendendosi in avanti, “ma immagino che il Gossip Duo si sia riformato. Cavolo, è meglio di vecchie pettegole. Questo me lo devo ricordare.”

Il comandante lo fissò stralunato, realizzando solo dopo imbarazzanti lunghi secondi che si stesse riferendo a Shinomiya Mai e al Capitano Clarky Ray.

“Cosa stavo dicendo? Ah, sì. Barone immagino avrà voluto rivedere Dan di persona. E arriviamo a lei. Scommetto tutte le carte della lista,” e puntò un dito verso il tablet, “che avreste voluto chiedere a Mai un sacco di cose su Yuuki. O anche rivedere di persona Dan.”

Kazan incrociò le braccia dietro alla schiena. “Non capisco a cosa tu voglia arrivare.”

“Che lei è qui per controllare le carte, magari è anche passato a vedere che Kenzo e la dottoressa Stella non si stiano sbranando. Ha scelto il dovere, come Yuuki. Anche lui sarebbe potuto venire, ma ha scelto di andare sulla Terra a cercare un possibile Maestro della Luce e dare a noi la possibilità di rivedere tutti voi.”

Non era facile poter replicare a una così accurata descrizione della realtà.

Qualche volta si dimenticava di quanto percettivo fosse diventato il Guerriero Blu. Abilità che non sembrava essere stata scalfita dagli anni lontano dal ruolo di Maestro della Luce.

“Faccio solo il mio dovere.”

Era quello che aveva sempre fatto, era diventata la sua seconda natura.

Quando la Terra stava morendo, aveva sacrificato senza battere ciglio i pochi tenui legami di quell’epoca inquinata e aveva attraversato il varco per Gran RoRo senza voltarsi indietro.

Quando era arrivato il momento di tornare in un futuro ignoto, non aveva esitato. Era stata la sua missione fin dall’inizio, non aveva tempo per fermarsi troppo a pensare.

Quando la nuova Terra aveva avuto bisogno di un leader contro i Mazoku, qualcuno che prendesse le redini al posto del Comandante Grave, non si era tirato indietro.

Quando erano arrivati i Maestri della Luce, spezzati, confusi, così giovani, aveva messo da parte tutto quello che non sarebbe servito ad aiutare la sopravvivenza dell’umanità. La morte di Lord Yuuki era nel passato, o almeno così poteva illudersi.

Anche dopo, quando Clarky e Barone avevano preso le redini e lui si era fatto da parte, aveva continuato a fare quello che era il suo dovere.

“Ho un sacco di foto. E anche un sacco di aneddoti. Siamo diventati grandi amici, io e Yuuki. Anche solo per sopravvivere ai lunghi pomeriggi in cui Mai e Kenzo s’inoltravano nel loro mondo di super cervelloni.”

Kazan abbozzò un sorriso e, alla fine, si concesse di rilassarsi. “Mi farebbe molto piacere.”

Hideto si limitò a un piccolo ghigno di vittoria e pescò il proprio cellulare, un modello talmente datato per gli standard di quell’epoca che fece quasi aggrottare la fronte a Kazan.

La prima foto che gli mostrò doveva anche essere una delle ultime. Lord Yuuki era di fianco e stava parlando con Magisa. Non sembrava essersi accorto dello scatoo.

“Non gli abbiamo mai detto di Flora e Zolder. Lui fa sempre l’indifferente, ma sono sicuro che sono tre anni che si arrovella su che cosa possa esserci di così terribile da doverglielo nascondere. Immagino fosse il secondo motivo per cui sarebbe venuto, oltre a rivedere lei.”

Stella aveva dimenticato la foga, l’entusiasmo e la curiosità che Kenzo era in grado di dimostrare. Le aveva sempre fatto ricordare un’altra bambina, che guardava nel televisore gli attacchi dei Mazoku e apriva i libri determinata a fare la differenza.

Forse era anche per quello che lo aveva preso sotto la sua ala.

Forse era anche per quello che si divertiva a prenderlo in giro.

Ed era per quello che avrebbe ammesso solo a sé stessa d’aver sentito la sua mancanza.

“Impressionante, vero?”

Accentuò l’orgoglio nella sua voce, un po’ perché non riusciva a evitarlo, un po’ perché si divertiva a punzecchiarlo. Kenzo, però, non distolse neppure lo sguardo dallo schermo, continuando a spostarsi da una relazione all’altra.

“Davvero.”

La donna si sporse sopra la sua spalla e sbirciò l’articolo su cui si era fermato. Riguardava gli ulteriori sviluppi sulla differente evoluzione di umani e Mazoku, che lei e Kenzo avevano iniziato otto anni prima. Era pronta a scommettere che non avrebbe dato solo un’occhiata veloce.

“Se vuoi, puoi scaricare e portarti via le pubblicazioni che preferisci. Il Comandante Kazan ha confermato il permesso del consiglio.”

Kenzo interruppe la lettura e si voltò di scatto verso di lei, con tanto di sedia che ruotò con lui.

“Posso davvero?”

Qualche volta, guardare Kenzo le dava impressione di guardarsi allo specchio.

“Scorri l’elenco e prendi quello che vuoi.”

Ovviamente, la lista comprendeva solo le pubblicazioni e gli studi che era autorizzata a mostrargli. Non che quello fosse un dettaglio di cui lui avesse bisogno di venire a conoscenza.

Kenzo non se lo fece ripetere due volte. Stella si allontanò verso la seconda scrivania, mettendosi a sistemare le pile di fogli.

“Cerca solo di non sfruttarli per avere un vantaggio sui colleghi della tua epoca. Rischieresti di cambiare troppo il futuro!”

L’unica risposta fu un mezzo mugugno. La donna ghignò e scosse la testa, mettendosi a contare nella sua testa. Si sentiva stupida a sentirsi così nervosa ed eccitata per una cosa talmente insignificante.

“Non sono così falso. Li userei al massimo come ispiraz-”

La voce di Kenzo si spense. Era arrivata a cinque. Stella inspirò, posò il plico di fogli che aveva in mano e tornò a guardarlo. Il Guerriero Verde era immobile a fissare lo schermo del computer, con gli occhi sgranati e il dito a mezz’aria a puntare a qualcosa sullo schermo. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte. Poi, deglutì e incrociò il suo sguardo. Aveva gli occhi lucidi.

“Qui.”

Stella incrociò le braccia e scrollò le spalle. “Non dovresti sorprenderti. Molte delle prime pubblicazioni sono basate su tutti i nostri studi. Non credo che nella tua epoca fosse tanto diverso.”

Kenzo spostò nuovamente lo sguardo sullo schermo, abbassando lentamente la mano.

“Qui c’è il mio nome.”

E saltò giù dalla sedia più velocemente di quanto lei avrebbe impiegato a pensare una nuova frecciatina. Le corse incontro e quasi si schiantò contro di lei, facendole perdere il respiro. Stella allargò le braccia, un po’ per sorpresa un per non cadere, e sgranò gli occhi.

Il laboratorio divenne improvvisamente troppo silenzioso, troppo piccolo.

Stella cercò attorno a sé un aiuto, poi si ricordò che erano rimasti da soli. Non era quello che si era aspettata. Kenzo non avrebbe dovuto reagire in quel mondo nel vedere Hyoudo K. inserito tra gli autori di una dozzina di pubblicazioni. Dopotutto, doveva averlo immaginato. Avevano portato avanti insieme quegli studi. Avevano buttato giù le bozze, ne avevano anche cominciato a scrivere un paio nel mese antecedente la loro partenza.

Non poteva non saperlo.

La dottoressa inspirò e abbassò lo sguardo sul ragazzo che ora la stava abbracciando, con la testa schiacciata contro la sua spalla. Senza mostrare alcuna intenzione di volerla lasciare.

Dov’era il Capitano Clarky quando serviva? O Angers. O chiunque.

Non aveva la più pallida idea di come gestire un adolescente. La loro rivalità-amicizia aveva funzionato perché Kenzo si era sempre comportato come uno suo collega. Si era sempre chiesta come diamine avesse fatto a consolarlo quel lontano pomeriggio, pochi giorni dopo la scomparsa di Dan.

Grazie.”

Gli ingranaggi nella sua testa si arrestarono così bruscamente che si sorprese non si fosse sentito il rumore fuori dal suo cranio. Ma qualcosa cliccò e, finalmente, realizzò la causa di quella reazione. Ricordava ancora i vaghi accenni, i mozziconi di discorsi con cui Kenzo e gli altri avevano raccontato quanto successo loro dopo Gran RoRo e prima del futuro.

Nessuno dei loro sforzi era mai stato apprezzato.

Stella abbozzò un sorriso e, lentamente, ricambiò l’abbraccio stringendolo a sé, come otto anni prima. Il silenzio nel laboratorio non sembrava più così pesante, nonostante tutto quello che aveva dovuto ommettergli. E il tenue ronzio dei computer riusciva quasi a cullarla.

“Ora non montarti la testa, però, Renzò.”

Kenzo sbuffò contro la sua spalla e rise sommessamente. “Mi chiamo Kenzo.”

Quando la porta si aprì, Barone trovò una stanza molto meno affollata di quanto si fosse aspettato. Di tutti quelli che si erano avviati lì prima della riunione, erano rimasti soltanto Angers e Dan. Lei era seduta sul divano ed era concentrata sullo schermo del suo portatile, lui invece davanti una delle due postazioni che sfogliava l’archivio di carte.

La postazione accanto alla sua, quella su cui ci sarebbe dovuto essere seduto Hideto, era vuota e l’unica traccia del ragazzo erano pile e pile di carte che riempivano l’intero tavolo.

Barone tornò a voltarsi verso Angers e incrociò il suo sguardo.

“Barone.”

Il Mazoku si avvicinò alla donna, lanciando un’occhiata alla schiena di Dan. “Dove sono gli altri? Hideto non doveva selezionare le carte?”

La donna ridacchiò. “Oh, ma l’ha già fatto.”

Barone ruotò verso la postazione di comando. Le pile erano così tante che sembrava un miracolo che fossero ancora tutte in piedi.

“Credo che abbia scelto almeno la metà del nostro archivio,” Angers abbassò lo schermo del computer. Il Mazoku spostò lo sguardo su di lei. “Forse più.”

“Non abbiamo così tante carte blu.”

Angers si lasciò scivolare contro lo schienale del divano, una mano appoggiata sul pancione, e un leggero soffio di sollievo le uscì dalle labbra.

“Non solo blu. Lo sai no, che Hideto si è preso l’incarico di prendere carte per Mai? Quindi blu, viola e rosso. Entrambi usano anche il rosso ora.”

“Se sei stanca, posso mandare qualcun altro a sostituirti.”

La donna alzò gli occhi al cielo. “Barone, non cominciare anche tu,” scoppiò a ridere, “passi troppo tempo con mio marito.”

Barone incrociò le braccia. Angers scosse la testa e tornò dritta, le mani intrecciate in grembo.

“Stavo dicendo, poco dopo essere arrivati qui, Kenzo ha chiesto alla dottoressa Stella di poter vedere alcune delle nostre ricerche e così Hideto si è offerto di prendere le carte anche per lui. Quindi verde. E doveva prendere carte anche per persone che non sono venute? Credo abbia razziato il catalogo di tutti e sei i colori.”

Barone alzò un sopracciglio. “Fortunatamente, siamo in grado di realizzare più copie. Se quello che dici è vero, avremmo rischiato di ritrovarci senza più carte. Dov’è adesso? Pensa ci siano carte nascoste da qualche altra parte?”

Angers rise, nascondendo la bocca dietro una mano. “No, per fortuna no. È andato con Plym e Yus nell’hangar. Voleva vedere la sua vecchia moto e così hanno pensato di mostrargli gli upgrade alle nostre astronavi. Penso che Plym voglia convincerlo a ritoccare anche la moto.”

Il Mazoku annuì.

“Tutto secondo i piani?” proseguì con tono molto più sommesso.

“Affermativo, non sospettano nulla.”

Barone annuì una seconda volta e si avvicinò a Dan. Alle sue spalle sentì il rumore del portatile che veniva riaperto. Si fermò a un passo dal ragazzo, completamente concentrato sulla sequenza di carte rosse sul suo schermo.

“Bashin.”

Dan allontanò la mano dallo schermo, le file di carte si fermarono, e si voltò verso di lui sorridendo.

“Scusa, ti avevo sentito entrare ma pensavo fossi venuto per parlare con lei. Barone, giusto?”

“Posso parlarti un momento?”

Il Guerriero Rosso balzò su dalla sedia. “Certo, tanto avevo praticamente finito.”

Come a sottolineare le sue parole, accanto al computer apparve il nuovo deck appena stampato.

Il Mazoku si avviò verso la porta a vetri che dava sulla terrazza, Dan lo seguì afferrando il deck e infilandolo in tasca. Angers rimase in silenzio a guardarli uscire e, non appena la porta si chiuse alle loro spalle, afferrò la propria ricetrasmittente.

I due si fermarono vicino al parapetto, Dan con le mani in tasca e Barone a braccia conserte. Entrambi fissarono per lunghi minuti la città in continua evoluzione. Cantieri, rovine e palazzi rinati a nuova vita.

Il Mazoku spostò lo sguardo sull’umano e contrasse la mascella, stringendo più forte le dita attorno alle sue braccia. Dan non ricordava nulla. Il rivale che quasi otto anni prima non sapeva di star aspettando, il rivale che l’aveva spinto ad andare oltre le sue certezze, il rivale che sfidandolo gli aveva mostrato quanto umani e Mazoku potevano fare assieme, il rivale che era diventato suo amico, non ricordava nulla.

Era come quella notte in cui aveva scoperto che non c’erano vere differenze tra i loro due popoli, quel senso di impotenza, di ritrovarsi in una situazione completamente fuori dal suo controllo. Neppure il preoccupante fermento nel mondo o l’inspiegabile attività del Nucleo erano riusciti a farlo sentire così in balia degli eventi. Almeno lì potevano agire, stavano agendo.

“Cosa ricordi del duello con cui è stata attivata la Rampa di Lancio?”

Dan distolse lo sguardo dalla città. “Non molto. Quasi nulla a dire il vero. So solo che c’è stato, che ho duellato e che alla fine ho attivato la Rampa.”

“Ricordi il tuo sfidante?”

Il Guerriero Rosso abbassò impercettibilmente lo sguardo, il volto rabbuiato. “No.”

“Ero io.”

Dan trasalì e alzò lo sguardo sui di lui, scrutandolo quasi nella speranza che il suo volto potesse contenere quell’indizio che avrebbe riacceso i suoi ricordi. Barone avrebbe voluto che succedesse, ma già sapeva che né Gran RoRo né i suoi amici erano stati sufficienti a farli riaffiorare.

“Voglio una rivincita.”

“Adesso?”

Barone portò una mano al fianco. “Non vedo perché aspettare. Magari venir sconfitto dai miei Spirits aiuterà la tua mente a ricordare.”

Il Guerriero Rosso gli lanciò uno sguardo determinato, come il sorriso sicuro che aveva sulle labbra. “Non credo ti sarà così facile. L’ultima volta ho vinto, no?”

Per un istante, Barone poté illudersi che niente fosse cambiato. Ma tante cose non erano più come prima e Dan non era più colui che aveva conosciuto. Non del tutto.

Barone ruotò su sé stesso, i suoi capelli vennero mossi dal vento. Ghignò, sentendo nonostante tutto l’adrenalina della sfida nelle sue vene.

“Solo perché non ricordi le due volte in cui ti ho sconfitto.”

“Credevo andassimo nella stanza in cui siamo arrivati. Non è lì il simulatore?”

Barone gettò uno sguardo dietro alle sue spalle, tornando subito a voltarsi in avanti e proseguire lungo il corridoio.

“In genere lo usiamo per gli allenamenti, per la sua praticità.”

Dan accelerò il passo e lo affiancò. “Dove stiamo andando?”

I due si fermarono davanti a una porta e Barone posò la mano contro un pannello. Il display si illuminò scannerizzando l’impronta del Mazoku. Un flash verde fece scomparire la porta nel muro e davanti a loro si aprì un hangar. Le luce si attivarono sulle pareti laterali, riflettendosi sulle pareti lucide e i vetri di due colibrì. L’oro, il rosso e il blu contrastavano contro il grigio del metallo.

I due si avvicinarono, i passi che risuonavano nel silenzio della stanza, fermandosi sulla piattaforma che separava le due navicelle, disposte diagonalmente rispetto ad essa. Davanti a esse si prolungavano i binari di lancio, separati dal mondo esterno da una paratoia.

Dan si avvicinò a una delle due e vi posò la mano, muovendola a seguire tutto il suo profilo. Si fermò una volta contro il vetro, le luci che vi facevano riflettere il suo volto, rendendo appena visibili i comandi e il sedile interno.

Barone lo fissò immobile. Poi, distolse lo sguardo e raggiunse una piccola plancia con alcuni pulsanti.

“Ti consiglio di fare un passo indietro.”

Premette il pulsante e le due colibrì vibrarono: i due parabrezza si sollevarono permettendo l’accesso all’interno.

“Dopo il nostro duello, abbiamo sviluppato un sistema di colibrì che non necessitasse delle astronavi. Non lo usiamo spesso, ma ritengo che l’occasione lo richieda.”

Il Mazoku premette altri pulsanti sulla console, facendo scorrere sul display le sagome di diverse uniformi da battaglia. Selezionò l’uniforme desiderata e tornò a voltarsi verso Dan, che non stava più guardando le colibrì ma stava fissando lui.

“Mi sono permesso la libertà di selezionare l’uniforme che hai usato in passato.”

Il Guerriero Rosso trasalì e aggrottò la fronte, lanciando una veloce occhiata alle colibrì. Fissate sui due sedili, c’erano due uniformi piuttosto anonime, niente di più di una struttura grigia che copriva spalle e braccia ricoperta da una sequela di sensori.

“Non è cambiato nulla.”

Barone abbassò lo sguardo e scosse la testa, soffocando una risata. “Vedrai sul campo di battaglia. La dottoressa Stella trovava alquanto seccante soddisfare materialmente i gusti di tutti.”

E si diresse verso la colibrì sulla sinistra. Entrò, lasciò che l’uniforme si agganciasse attorno al suo busto, e si voltò verso Dan, ancora in piedi sulla piattaforma.

“La formula di attivazione è la solita. Ci vediamo sul campo di battaglia, Bashin.”

Il parabrezza si abbassò e si ricompose sopra a Barone. Il portellone alla fine dei binari si aprì, lasciando filtrare la luce esterna. Lungo le pareti del tunnel si attivarono una serie di luci rosse. Dietro alla colibrì scosse di energia brillarono sempre più intense finché la navicella non venne spinta a enorme velocità dentro il tunnel.

Dan rimase solo e si voltò verso il display.

Campo di battaglia completato.

Distanza: 900.

Colibrì 1 agganciata.

Non riuscì a evitare che il suo sguardo tornasse sulla colibrì. Era stranamente famigliare, quasi il debole ricordo di un sogno, una sensazione che non aveva forma o immagine. Si avvicinò lentamente e si fermò quando la punta dei suoi piedi sfiorarono la fine della piattaforma.

Voleva entrare, sedersi, iniziare a combattere. Come la prima volta che aveva pronunciato Gran RoRo, si sentiva inesorabilmente attratto da quell’adrenalina che scorreva dentro di lui al pensiero di duellare, di vedere gli spirits al suo fianco.

Sorrise.

Arretrò di qualche passo e poi prese la rincorsa, usando il bordo inferiore del parabrezza come perno per infilarsi sul sedile. L’uniforme si chiuse contro il suo petto, i vetri della colibrì isolarono dal cabina dal mondo esterno.

Dan allungò le mani sui comandi, assaporando la ruvidità contro le sue dita. Si sentiva a casa.

Il tunnel si aprì, le luci si attivarono sulle pareti.

“Varco Apriti, Energia!”

Clarky sentì la vibrazione della ricetrasmittente nella tasca e faticò a nascondere l’improvvisa tensione. Abbozzò un sorriso tirato a Mai che lo guardò perplessa, e portò l’auricolare in posizione.

“Ray.”

“Clarky, c’è stato uno sviluppo. Ho già avvisato il comandante Kazan. Barone e Dan si sono allontanati insieme verso la piattaforma delle colibrì.”

L’ansia scivolò via dal suo corpo, rilassò le spalle e si posò contro la panchina.

“Avrei dovuto aspettarmelo.”

Angers rise dall’altra parte della comunicazione.

“Io sono nella sala riunione al piano terra. Dovreste riuscire a raggiungermi prima che inizino il duello.”

“Arriviamo.”

Clarky si voltò verso Mai. “Dan e Barone stanno per duellare.”

La Guerriera Viola si irrigidì, pallida e con gli occhi sgranati. Clarky realizzò solo in quel momento cosa doveva portarle alla memoria quella situazione e si sporse in avanti, afferrandole e stringendole le mani.

“Mai, va tutto bene. Non succederà nulla. Non ci sono Rampe di Lancio o riconfigurazioni da fermare. Il sistema di colibrì è stato completamente rivisto da Plym e dai migliori ingegneri umani e Mazoku. Hanno aggiunto così tanti sistemi di sicurezza che neppure ti immagini. Andrà tutto bene.”

Lei annuì lentamente e Clarky la tirò a sé, stringendola tra le braccia. Lei affondò il viso contro la sua spalla, aggrappando con forza le dita sulla stoffa della sua giacca.

“Andrà tutto bene.”

Mai smise di tremare piano piano, la stretta delle sue dita che si faceva meno convulsa. Alla fine, fu lei a staccarsi da lui per prima, gli occhi lucidi e un sorriso incerto.

“Grazie. Lo so che è sciocco. È tutto diverso dall’ultima volta.”

Clarky le strinse la mano. “No, è comprensibile. Andiamo?”

Mai annuì e i due si alzarono, dirigendosi a passo spedito verso l’edificio che avevano lasciato un paio d’ore prima.

Kazan aveva diversi rapporti da controllare nel suo ufficio, ma si concesse ancora qualche minuto nell’hangar. Il Guerriero Blu non si era lesinato nei suoi racconti. E a ogni foto era collegato un aneddoto. Gli aveva sciorinato a memoria anche il mazzo.

Ma, la cosa più importante per Kazan, era stata constatare che Lord Yuuki avesse finalmente potuto vivere una vita normale, con degli amici, con persone che gli volevano bene. Era felice che finalmente le ombre avessero lasciato lo sguardo del Guerriero Bianco.

Plym aveva cominciato ad apportare le migliorie alla moto, quelle assolutamente necessarie prima che Hideto la portasse via. Yus, anche mentre lei lavorava, continuava a ripeterle che non c’era né il tempo né il bisogno.

“Ma mi stai ascoltando?”

“Sì, sì. Mi passi la chiave otto?”

Yus alzò gli occhi al cielo, ma le passo l’attrezzo richiesto comunque. Il Guerriero Blu, invece, li guardava divertito e imperturbato da sopra al tavolo.

Era facile potersi illudere che tutto fosse sempre così semplice, così tranquillo. I pochi anni dopo la Rampa di lancio erano stati solo una dolce e toppo breve tregua.

Ma Kazan non si sarebbe arreso, non lo aveva fatto dal giorno in cui era andato a Gran RoRo in cerca di un futuro migliore, non quando un futuro diverso ma sempre in pericolo lo aveva accolto al suo ritorno. E non poteva farlo ora, non quando la possibilità che anche il peggio potesse migliorare non sembrava più una sciocca speranza. Lord Yuuki era vivo e Bashin Dan era stato riportato a Gran RoRo.

Doveva sperare che anche per loro le cose si sarebbe concluse per il meglio.

La ricetrasmittente emise il debole bip di una comunicazione in attesa. Non lasciando trapelare nulla dal suo volto, Kazan si allontanò di alcuni passi.

“Qui il comandante Kazan.”

“Comandante, mi è stato riferito di comunicarle che il sistema delle colibrì è stato attivato da Barone Chiaro di Luna e Bashin Dan.”

“Ricevuto.”

Era una notizia inattesa, ma che non riusciva a sorprenderlo del tutto. Poche cose ormai erano in grado di farlo, e una di quelle stava per far rivivere il duello che aveva segnato quell’epoca.

“E invece sì!”

“Invece no!”

“Sì!”

“No!”

Tornò ad affiancare Hideto, che si voltò verso di lui ridendo. “Comandante, vuole fare una scommessa su chi dei due l’avrà vinta?”

L’uomo sospirò e chiuse gli occhi. Cominciava a essere troppo vecchio per tutto l’entusiasmo di quei ragazzi.

“Preferire di no. È appena arrivata una comunicazione.”

Il tono severo e di comando zittì di botto i due, con Yus che si fermò all’ultimo dallo scattare sull’attenti.

“Barone e Bashin stanno per duellare.”

Cosa?

Plym scattò come una molla, schivando moto e cassette di attrezzi, per fiondarsi al tavolo in fondo alla stanza dove erano posizionati i computer utilizzati per i check-up.

Yus la seguì con gli occhi, alterando lo sguardo tra lei e Kazan, per poi fiondarsi dietro di lei.

Kazan e Hideto li seguirono con più calma. Il Guerriero Blu aveva infilato le mani nelle tasche dei pantaloni e aveva negli occhi uno sguardo malinconico, lontano.

“Sarà strano, vero?”

Kazan non poteva dargli torto. Poche cose del resto non lo erano state nella sua vita.

Lasciare Kenzo scegliere quali pubblicazioni copiare su una chiavetta usb aveva avuto lo stesso effetto del lasciar scegliere le carte al Guerriero Blu. Si faceva prima a fare l’elenco di quanto non era stato scelto.

E, nel caso del Guerriero Verde, ben poco.

Quando i dati avevano finito di essere trasferiti, insieme ad alcune bozze di suoi personali studi aggiuntivi, Kenzo aveva afferrato la chiavetta come se fosse la cosa più preziosa che avesse mai avuto.

Stella lo aveva anche preso in giro, ma senza ottenere alcun effetto.

Poi era arrivata la comunicazione di Kazan.

“Dottoressa Stella, Barone e Bashin stanno per duellare.”

“Ricevuto.”

Kenzo interruppe la lettura degli articoli. “È successo qualcosa?”

La donna chiuse la ricetrasmittente e allungò la mano per afferrare la seconda sedia del suo ufficio.

“Dipende dai punti di vista.”

Si sedette, subito imitata da Kenzo che le lasciò spazio davanti al computer. Le ci volle un attimo per connettersi al server. Il grafico scomparve e al suo posto apparvero le immagini del terreno di gioco. La prima colibrì stava completando l’ancoraggio. Il Guerriero Verde inspirò rumorosamente e si spinse avanti, protendendosi sulla scrivania.

“Quello è Barone! Con chi-” incrociò il suo sguardo. “Dan, non è vero?”

Stella annuì. Entrambi tornarono a fissare lo schermo.

Non c’erano rampe da attivare, nuclei da distruggere o mondi da salvare, ma rivederli di nuovo insieme sullo stesso terreno di gioco fece salire un groppo in gola alla dottoressa. E per Kenzo non doveva essere più semplice. Allungò una mano e gliela posò sulla spalla, stringendola delicatamente.

“Questa volta è solo un duello.”

Ma era ovvio che, nessuno di loro, avrebbe ripreso a respirare normalmente fino alla fine del duello.

“Comandante Zolder, un messaggio urgente dalla base di Tokyo.”

Zolder sbuffò e posò il mento contro il pugno. “Cosa è successo adesso?”

Flora lo colpì sulla spalla con il dorso della mano. “Modi.”

L’uomo sobbalzò teatralmente, portandosi la mano sul punto colpito. “Ehi! Che ho detto di male questa volta? Arrivano loro dal passato ed è una comunicazione urgente dopo comunicazione urgente.”

La Mazoku roteò gli occhi. Poi saltò sul braccio, piegando le gambe sotto di lei. “Qual è il messaggio?”

“La richiesta di invio di dati video. Barone Chiaro di Luna e Dan Bashin stanno per iniziare un duello.”

Zolder colpì con un pugno l’altra mano, un ghigno soddisfatto in volto. “Ora, questo sì che è interessante. Autorizzazione concessa. Cosa state aspettando?”

“Non ho mai sperato di poter rivedere un loro duello,” aggiunse Flora con espressione feroce.

Lo schermo venne proiettato davanti a loro, proprio nell’istante in cui la seconda colibrì si agganciò sulla piattaforma.

“Ti va di rendere la sfida più emozionante?”

La Mazoku si voltò verso di lui. “Io Barone e tu Dan.”

I loro sguardi si incrociarono. “Ci sto.”

Una volta conclusa la riunione, nonostante l’inaspettata piega che aveva assunto, e congedato Zack, la Regina Gilfam si era ritirata nelle sue stanze.

Distese sul divano, la Mazoku fissava intrigata la propria libreria personale. Tra i libri salvati da Octo, ce n’erano alcuni che conservava gelosamente. Libri che provenivano dal Mondo Perduto, da Gran RoRo.

Aveva letto lì del Mondo tra i Mondi, della realtà che si ipotizzava collegasse i sei regni di Gran RoRo, la realtà plasmata dall’energia del Nucleo Progenitore. L’unico luogo da cui lo spirito di Bashin Dan avrebbe potuto essere recuperato.

Le sue labbra si piegarono in un sorriso sottile.

“Ti ho sottovalutato un’altra volta, Magisa.”

La porta della stanza si spalancò in quel momento. En e Fant corsero dentro chiacchierando, solo un paio di passi più avanti di Gaspard. I due piccoli la salutarono con un enorme sorriso e, al suo cenno del capo, corsero via verso le proprie stanze. Il Mazoku, invece, si inchinò e rimase immobile al centro della stanza.

Gilfam si mise a sedere, sfiorando la stoffa del divano con una delle sue lunghe unghie.

“So già cosa vuoi chiedermi.”

“I Maestri della Luce hanno fatto ritorno.”

La Mazoku alzò le spalle e afferrò la tazza di tè dal tavolino. “Ho chiesto di tenere la cosa tranquilla per il momento, ma immagino che le voci corrano comunque.” Ghignò tornando a guardarlo. “Sì. I Maestri della Luce sono a Tokyo e hanno portato con loro Bashin Dan.”

A suo credito, l’unica reazione di Gaspard fu semplicemente quella di deglutire e lanciare una veloce occhiata alla porta da cui En e Fant erano usciti.

“Non intendo rivelarglielo, almeno per il momento. Bashin Dan non ha memoria di quanto avvenuto otto anni fa. Immagino neppure di quanto avvenuto a Gran RoRo e nel loro tempo.”

“Com’è possibile?”

Gilfam riposò la tazzina. L’unghia stridette contro la porcellana. “Effetti collaterali, immagino.”

Sarebbe stata curiosa di sapere se Magisa avesse fatto loro davvero comprendere tutte le possibili ramificazioni. Era un peccato non poter osservare più da vicino, e più a lungo, la seconda persona a venir riportata indietro dal Nucleo.

Il comunicatore accanto alla teiera si attivò, proiettando il busto di Zack.

“Chiedo perdono, Regina Gilfam. Ci è appena arrivata una comunicazione urgente da Tokyo. Da quanto risulta, Barone Chiaro di Luna e Bashin Dan sono in procinto di iniziare un duello.”

Gilfam si alzò. “Inviate il collegamento video nelle mie stanze.”

“Sarà fatto.”

L’immagine di Zack scomparve. La Mazoku incrociò lo sguardo di Gaspard.

“Assicurati che En e Fant siano occupati per il tempo necessario.”

Il Mazoku si inchinò una seconda volta. “Come desiderate, Vostra Maestà.”

La giornata si stava rivelando più interessante di quanto avesse previsto.

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti! Due settimane non è molto come ritardo, no? Grazie per la vostra pazienza!

L’ennesimo capitolo in cui l’azione esterna è poca, ma quella interna no. Che volete, voglio farvi provare un po’ di feelings! Decisamente un cambio di registro dai precedenti episodi. Ma ogni tanto dobbiamo farli pur respirare i nostri eroi. Come avrete intuito, con il prossimo capitolo inizierà la parte più “accesa” di questo episodio: il duello tra Dan e Barone. Immagino che pochi di voi saranno sorpresi di questo.

Si è rivista (seppur brevemente) anche un sacco di vecchia gente. Qualcuno apparirà anche nei prossimi capitoli, ma non potevo metterli tutti qui o questo capitolo non finiva più (fino ad adesso, è il secondo più lungo di questo episodio).

Come ogni volta, grazie a tutti quelli che leggono (pochi ma buoni) e il solito grazie speciale a ShawnSpenstar (per le sue sempre lunghissime recensioni)!

Niente altro da aggiungere. Per qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete lasciarmi una recensione (corta o lunga che sia, per me non ha importanza) per dirmi cosa ne pensate.

A presto,

HikariMoon

  
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