CAPITOLO
5
Hideto
si lasciò trascinare lungo
il corridoio da Plym, faticando a trattenere una risata. Non si era
aspettato
un simile entusiasmo, quando aveva accettato senza troppo pensarci la
proposta
di Yus di mostrargli la sua vecchia moto. Si era sempre chiesto se Yus
avesse
mai avuto l’occasione di seguire il suo consiglio: quella era
un’occasione
ideale per scoprirlo.
E
Plym si era mostrata più
elettrizzata di loro due messi assieme. Angers aveva ridacchiato
guardandoli
uscire.
Non
aveva neppure avuto occasione
di parlare, tanto di corsa stavano raggiungendo l’hangar. Ma
era bello vedere
che nessuno dei due era davvero cambiato, anche se entrambi ormai erano
più
grandi anche di lui. Ogni volta che ci ripensava, Hideto si ritrovava a
trattenere le risate. Ogni volta che li guardava, si ritrovava a
sbattere le
palpebre perché si era aspettato per l’ennesima
volta di rivedere i ragazzini
di un tempo.
Anche
il futuro era andato avanti,
come Gran RoRo e come loro.
Di
fronte alla porta dell’hangar,
Hideto rabbuiò: chi o cosa ognuno di loro aveva lasciato
indietro?
Plym
lo trascinò in avanti,
cogliendolo quasi alla sprovvista.
“Guarda
in che stato si trova!”
L’entusiasmo di Plym si era trasformato in un tono
battagliero e oltraggiato.
“Diglielo tu a Yus che anche tu vorresti che venga sistemata
e migliorata! Non
ha bisogno di restare alle caratteristiche di otto anni fa!”
Yus
borbottò qualcosa e si coprì
la faccia con le mani. “Era per questo che correvi
tanto?”
Plym
gli lasciò finalmente il
polso e affiancò la moto, indicando in modo esasperato prima
il monitor,
secondo lei troppo datato, poi i graffi sulla vernice e le ammaccature
sulla
copertura.
“Ho
cercato di rovinarla il meno
possibile e ho permesso a Plym solo di effettuare manutenzione e
riparazione di
pezzi guasti.” Yus arretrò vicino al tavolo di
lavoro, pieno di attrezzi,
tavolette digitali e appunti attaccati in ogni angolo. “Non
volevo privarla del
suo significato.”
La
ragazza assottigliò gli occhi e
spalancò la bocca per difendere la sua posizione, ma si
fermò non appena vide
Hideto avvicinarsi.
Il
Guerriero Blu affiancò la moto
e ne sfiorò la superficie lucida, l’usura del
tempo non faceva che aumentarne
il suo fascino. Era emozionante ritrovarla. Aveva vissuto tante
avventure sulla
sua sella. Avventure che lo avevano aiutato a ritrovare e scoprire
sé stesso.
Senza pensarci, si sedette afferrando il manubrio. Voleva tanto
accendere il
motore. Chiuse gli occhi e si ritrovò a desiderare la
carezza del vento sul
viso, il ruvido della sabbia contro la pelle.
“Perché
non la porti con te a Gran
RoRo?”
Hideto
sbatté le palpebre e si
voltò verso Yus, posato contro il tavolo a braccia conserte.
Plym era seduta
accanto a lui, con le gambe che penzolavano dal bancone. Entrambi
sorridevano.
Il Guerriero Blu deglutì.
“Non
so se-”
“Perché
no, Suzuri?”
Yus
scattò sull’attenti e Plym
saltò giù dal bancone. Kazan li raggiunse e gli
rivolse un sorriso bonario.
“Il
reparto meccanico te ne
sarebbe grato. A causa dei loro battibecchi credo che più di
qualcuno abbia
fatto domanda di trasferimento a un’altra base.”
“Non
anche lei, comandante!”
Hideto
e Yus si scambiarono uno
sguardo complice. Plym era fantastica, ma qualche volta tendeva a
esagerare un
tantino troppo con quelli che chiamava upgrade.
Alla
fine, però, Plym si fece
concedere la possibilità di fare una revisione completa.
Secondo lei, non
poteva mandarlo a Gran RoRo senza un meccanico di cui si fidasse e con
un mezzo
difettoso. Hideto aveva acconsentito distrattamente: dopotutto, la cosa
più
importante era che la sua moto sarebbe tornata con lui.
Plym
e Yus si sistemarono al
bancone, dove lei aprì schemi e progetti e
cominciò a elencare i punti in cui
avrebbe potuto apportare le sistemazioni. Yus serviva soprattutto a
tenerla a
freno.
“Questo
è per voi, comandante:
l’elenco delle carte.”
Hideto
passò a Kazan il tablet che
gli aveva prestato Angers. “Spero che diate l’ok,
anche perché altrimenti
dovrete trovare qualcuno che spulci tra le pile per trovare le carte da
togliere.”
L’uomo
alzò un sopracciglio e
iniziò a sfogliare l’inventario. Dopo un attimo,
allontanò il dito dallo
schermo e tornò a guardare il Guerriero Blu.
“Per
caso è stata compilata la
lista delle carte che non hai scelto?”
Hideto
ghignò.
“Mi
conoscete troppo bene,
Comandante Kazan! È il secondo file, ma per quello dovete
ringraziare Angers:
l’idea è stata sua.” E tornò
a concentrarsi sulla moto.
Kazan
riprese a sfogliare la ben
più corta lista delle carte scartate e, prima di rendersene
conto, si ritrovò a
chiedersi quale fosse il ragionamento dietro all’esclusione
di un paio di
dozzine di carte. Antipatia? Caso? Poi trasalì e
ricontò il numero di carte escluse.
Su tutto l’archivio, il Guerriero Blu aveva scartato 47 carte.
Sarebbe
stato interessante
spiegarlo al consiglio.
“Lo
sa, pensandoci lei e Yuuki vi
assomigliate molto.”
Kazan
si fermò con il dito a
mezz’aria, alzando bruscamente lo sguardo sul volto
sorridente di Hideto.
“Non
vorrei sbagliarmi,” riprese
accavallando una gamba e protendendosi in avanti, “ma
immagino che il Gossip
Duo si sia riformato. Cavolo, è meglio di vecchie
pettegole. Questo me lo
devo ricordare.”
Il
comandante lo fissò stralunato,
realizzando solo dopo imbarazzanti lunghi secondi che si stesse
riferendo a
Shinomiya Mai e al Capitano Clarky Ray.
“Cosa
stavo dicendo? Ah, sì.
Barone immagino avrà voluto rivedere Dan di persona. E
arriviamo a lei.
Scommetto tutte le carte della lista,” e puntò un
dito verso il tablet, “che
avreste voluto chiedere a Mai un sacco di cose su Yuuki. O anche
rivedere di
persona Dan.”
Kazan
incrociò le braccia dietro
alla schiena. “Non capisco a cosa tu voglia
arrivare.”
“Che
lei è qui per controllare le
carte, magari è anche passato a vedere che Kenzo e la
dottoressa Stella non si
stiano sbranando. Ha scelto il dovere, come Yuuki. Anche lui sarebbe
potuto venire,
ma ha scelto di andare sulla Terra a cercare un possibile Maestro della
Luce e
dare a noi la possibilità di rivedere tutti voi.”
Non
era facile poter replicare a
una così accurata descrizione della realtà.
Qualche
volta si dimenticava di
quanto percettivo fosse diventato il Guerriero Blu. Abilità
che non sembrava
essere stata scalfita dagli anni lontano dal ruolo di Maestro della
Luce.
“Faccio
solo il mio dovere.”
Era
quello che aveva sempre fatto,
era diventata la sua seconda natura.
Quando
la Terra stava morendo, aveva
sacrificato senza battere ciglio i pochi tenui legami di
quell’epoca inquinata
e aveva attraversato il varco per Gran RoRo senza voltarsi indietro.
Quando
era arrivato il momento di
tornare in un futuro ignoto, non aveva esitato. Era stata la sua
missione fin
dall’inizio, non aveva tempo per fermarsi troppo a pensare.
Quando
la nuova Terra aveva avuto
bisogno di un leader contro i Mazoku, qualcuno che prendesse le redini
al posto
del Comandante Grave, non si era tirato indietro.
Quando
erano arrivati i Maestri
della Luce, spezzati, confusi, così giovani, aveva messo da
parte tutto quello
che non sarebbe servito ad aiutare la sopravvivenza
dell’umanità. La morte di
Lord Yuuki era nel passato, o almeno così poteva illudersi.
Anche
dopo, quando Clarky e Barone avevano preso le redini e
lui si era fatto da parte, aveva continuato a fare quello che era il
suo
dovere.
“Ho
un sacco di foto. E anche un
sacco di aneddoti. Siamo diventati grandi amici, io e Yuuki. Anche solo
per
sopravvivere ai lunghi pomeriggi in cui Mai e Kenzo
s’inoltravano nel loro
mondo di super cervelloni.”
Kazan
abbozzò un sorriso e, alla
fine, si concesse di rilassarsi. “Mi farebbe molto
piacere.”
Hideto
si limitò a un piccolo
ghigno di vittoria e pescò il proprio cellulare, un modello
talmente datato per
gli standard di quell’epoca che fece quasi aggrottare la
fronte a Kazan.
La
prima foto che gli mostrò
doveva anche essere una delle ultime. Lord Yuuki era di fianco e stava
parlando
con Magisa. Non sembrava essersi accorto dello scatoo.
“Non
gli abbiamo mai detto di Flora e Zolder. Lui fa sempre
l’indifferente, ma sono
sicuro che sono tre anni che si arrovella su che cosa possa esserci di
così
terribile da doverglielo nascondere. Immagino fosse il secondo motivo
per cui
sarebbe venuto, oltre a rivedere lei.”
Stella
aveva dimenticato la foga,
l’entusiasmo e la curiosità che Kenzo era in grado
di dimostrare. Le aveva
sempre fatto ricordare un’altra bambina, che guardava nel
televisore gli
attacchi dei Mazoku e apriva i libri determinata a fare la differenza.
Forse
era anche per quello che lo
aveva preso sotto la sua ala.
Forse
era anche per quello che si
divertiva a prenderlo in giro.
Ed
era per quello che avrebbe
ammesso solo a sé stessa d’aver sentito la sua
mancanza.
“Impressionante,
vero?”
Accentuò
l’orgoglio nella sua voce, un po’ perché
non riusciva a evitarlo, un po’ perché
si divertiva a punzecchiarlo. Kenzo, però, non distolse
neppure lo sguardo
dallo schermo, continuando a spostarsi da una relazione
all’altra.
“Davvero.”
La
donna si sporse sopra la sua spalla e sbirciò
l’articolo su cui si era fermato.
Riguardava gli ulteriori sviluppi sulla differente evoluzione di umani
e
Mazoku, che lei e Kenzo avevano iniziato otto anni prima. Era pronta a
scommettere che non avrebbe dato solo un’occhiata veloce.
“Se
vuoi, puoi scaricare e portarti via le pubblicazioni che preferisci. Il
Comandante Kazan ha confermato il permesso del consiglio.”
Kenzo
interruppe la lettura e si voltò di scatto verso di lei, con
tanto di sedia che
ruotò con lui.
“Posso
davvero?”
Qualche
volta, guardare Kenzo le dava impressione di guardarsi allo specchio.
“Scorri
l’elenco e prendi quello che vuoi.”
Ovviamente,
la lista comprendeva solo le pubblicazioni e gli studi che era
autorizzata a
mostrargli. Non che quello fosse un dettaglio di cui lui avesse bisogno
di
venire a conoscenza.
Kenzo
non se lo fece ripetere due volte. Stella si allontanò verso
la seconda
scrivania, mettendosi a sistemare le pile di fogli.
“Cerca
solo di non sfruttarli per avere un vantaggio sui colleghi della tua
epoca.
Rischieresti di cambiare troppo il futuro!”
L’unica
risposta fu un mezzo mugugno. La donna ghignò e scosse la
testa, mettendosi a
contare nella sua testa. Si sentiva stupida a sentirsi così
nervosa ed eccitata
per una cosa talmente insignificante.
“Non
sono così falso. Li userei al massimo come
ispiraz-”
La
voce
di Kenzo si spense. Era arrivata a cinque. Stella inspirò,
posò il plico di
fogli che aveva in mano e tornò a guardarlo. Il Guerriero
Verde era immobile a
fissare lo schermo del computer, con gli occhi sgranati e il dito a
mezz’aria a
puntare a qualcosa sullo schermo. Aprì e chiuse la bocca un
paio di volte. Poi,
deglutì e incrociò il suo sguardo. Aveva gli
occhi lucidi.
“Qui.”
Stella
incrociò le braccia e scrollò le spalle.
“Non dovresti sorprenderti. Molte
delle prime pubblicazioni sono basate su tutti i nostri studi. Non
credo che
nella tua epoca fosse tanto diverso.”
Kenzo
spostò nuovamente lo sguardo sullo schermo, abbassando
lentamente la mano.
“Qui
c’è il mio nome.”
E
saltò
giù dalla sedia più velocemente di quanto lei
avrebbe impiegato a pensare una
nuova frecciatina. Le corse incontro e quasi si schiantò
contro di lei,
facendole perdere il respiro. Stella allargò le braccia, un
po’ per sorpresa un
per non cadere, e sgranò gli occhi.
Il
laboratorio divenne improvvisamente troppo silenzioso, troppo piccolo.
Stella
cercò attorno a sé un aiuto, poi si
ricordò che erano rimasti da soli. Non era
quello che si era aspettata. Kenzo non avrebbe dovuto reagire in quel
mondo nel
vedere Hyoudo K. inserito tra gli autori di una
dozzina di
pubblicazioni. Dopotutto, doveva averlo immaginato. Avevano portato
avanti insieme
quegli studi. Avevano buttato giù le bozze, ne avevano anche
cominciato a
scrivere un paio nel mese antecedente la loro partenza.
Non
poteva non saperlo.
La
dottoressa inspirò e abbassò lo sguardo sul
ragazzo che ora la stava
abbracciando, con la testa schiacciata contro la sua spalla. Senza
mostrare
alcuna intenzione di volerla lasciare.
Dov’era
il Capitano Clarky quando serviva? O Angers. O chiunque.
Non
aveva la più pallida idea di come gestire un adolescente. La
loro
rivalità-amicizia aveva funzionato perché Kenzo
si era sempre comportato come
uno suo collega. Si era sempre chiesta come diamine avesse fatto a
consolarlo
quel lontano pomeriggio, pochi giorni dopo la scomparsa di Dan.
“Grazie.”
Gli
ingranaggi nella sua testa si arrestarono così bruscamente
che si sorprese non
si fosse sentito il rumore fuori dal suo cranio. Ma qualcosa
cliccò e,
finalmente, realizzò la causa di quella reazione. Ricordava
ancora i vaghi
accenni, i mozziconi di discorsi con cui Kenzo e gli altri avevano
raccontato
quanto successo loro dopo Gran RoRo e prima del futuro.
Nessuno
dei loro sforzi era mai stato apprezzato.
Stella
abbozzò un sorriso e, lentamente, ricambiò
l’abbraccio stringendolo a sé, come
otto anni prima. Il silenzio nel laboratorio non sembrava
più così pesante,
nonostante tutto quello che aveva dovuto ommettergli. E il tenue ronzio
dei
computer riusciva quasi a cullarla.
“Ora
non montarti la testa, però, Renzò.”
Kenzo
sbuffò contro la sua spalla e rise sommessamente.
“Mi chiamo Kenzo.”
Quando
la porta si aprì, Barone
trovò una stanza molto meno affollata di quanto si fosse
aspettato. Di tutti
quelli che si erano avviati lì prima della riunione, erano
rimasti soltanto
Angers e Dan. Lei era seduta sul divano ed era concentrata sullo
schermo del
suo portatile, lui invece davanti una delle due postazioni che
sfogliava
l’archivio di carte.
La
postazione accanto alla sua, quella
su cui ci sarebbe dovuto essere seduto Hideto, era vuota e
l’unica traccia del
ragazzo erano pile e pile di carte che riempivano l’intero
tavolo.
Barone
tornò a voltarsi verso
Angers e incrociò il suo sguardo.
“Barone.”
Il
Mazoku si avvicinò alla donna,
lanciando un’occhiata alla schiena di Dan. “Dove
sono gli altri? Hideto non
doveva selezionare le carte?”
La
donna ridacchiò. “Oh, ma l’ha
già fatto.”
Barone
ruotò verso la postazione
di comando. Le pile erano così tante che sembrava un
miracolo che fossero
ancora tutte in piedi.
“Credo
che abbia scelto almeno la
metà del nostro archivio,” Angers
abbassò lo schermo del computer. Il Mazoku
spostò lo sguardo su di lei. “Forse
più.”
“Non
abbiamo così tante carte
blu.”
Angers
si lasciò scivolare contro
lo schienale del divano, una mano appoggiata sul pancione, e un leggero
soffio
di sollievo le uscì dalle labbra.
“Non
solo blu. Lo sai no, che
Hideto si è preso l’incarico di prendere carte per
Mai? Quindi blu, viola e
rosso. Entrambi usano anche il rosso ora.”
“Se
sei stanca, posso mandare
qualcun altro a sostituirti.”
La
donna alzò gli occhi al cielo.
“Barone, non cominciare anche tu,”
scoppiò a ridere, “passi troppo tempo con
mio marito.”
Barone
incrociò le braccia. Angers
scosse la testa e tornò dritta, le mani intrecciate in
grembo.
“Stavo
dicendo, poco dopo essere
arrivati qui, Kenzo ha chiesto alla dottoressa Stella di poter vedere
alcune
delle nostre ricerche e così Hideto si è offerto
di prendere le carte anche per
lui. Quindi verde. E doveva prendere carte anche per persone che non
sono
venute? Credo abbia razziato il catalogo di tutti e sei i
colori.”
Barone
alzò un sopracciglio.
“Fortunatamente, siamo in grado di realizzare più
copie. Se quello che dici è vero,
avremmo rischiato di ritrovarci senza più carte.
Dov’è adesso? Pensa ci siano
carte nascoste da qualche altra parte?”
Angers
rise, nascondendo la bocca
dietro una mano. “No, per fortuna no. È andato con
Plym e Yus nell’hangar.
Voleva vedere la sua vecchia moto e così hanno pensato di
mostrargli gli
upgrade alle nostre astronavi. Penso che Plym voglia convincerlo a
ritoccare
anche la moto.”
Il
Mazoku annuì.
“Tutto
secondo i piani?” proseguì
con tono molto più sommesso.
“Affermativo,
non sospettano
nulla.”
Barone
annuì una seconda volta e
si avvicinò a Dan. Alle sue spalle sentì il
rumore del portatile che veniva
riaperto. Si fermò a un passo dal ragazzo, completamente
concentrato sulla
sequenza di carte rosse sul suo schermo.
“Bashin.”
Dan
allontanò la mano dallo
schermo, le file di carte si fermarono, e si voltò verso di
lui sorridendo.
“Scusa,
ti avevo sentito entrare
ma pensavo fossi venuto per parlare con lei. Barone, giusto?”
“Posso
parlarti un momento?”
Il
Guerriero Rosso balzò su dalla
sedia. “Certo, tanto avevo praticamente finito.”
Come
a sottolineare le sue parole,
accanto al computer apparve il nuovo deck appena stampato.
Il
Mazoku si avviò verso la porta a vetri che dava sulla
terrazza, Dan lo seguì
afferrando il deck e infilandolo in tasca. Angers rimase in silenzio a
guardarli uscire e, non appena la porta si chiuse alle loro spalle,
afferrò la
propria ricetrasmittente.
I
due si fermarono vicino al
parapetto, Dan con le mani in tasca e Barone a braccia conserte.
Entrambi
fissarono per lunghi minuti la città in continua evoluzione.
Cantieri, rovine e
palazzi rinati a nuova vita.
Il
Mazoku spostò lo sguardo
sull’umano e contrasse la mascella, stringendo più
forte le dita attorno alle
sue braccia. Dan non ricordava nulla. Il rivale che quasi otto anni
prima non
sapeva di star aspettando, il rivale che l’aveva spinto ad
andare oltre le sue
certezze, il rivale che sfidandolo gli aveva mostrato quanto umani e
Mazoku
potevano fare assieme, il rivale che era diventato suo amico, non
ricordava
nulla.
Era
come quella notte in cui aveva
scoperto che non c’erano vere differenze tra i loro due
popoli, quel senso di
impotenza, di ritrovarsi in una situazione completamente fuori dal suo
controllo. Neppure il preoccupante fermento nel mondo o
l’inspiegabile attività
del Nucleo erano riusciti a farlo sentire così in balia
degli eventi. Almeno lì
potevano agire, stavano agendo.
“Cosa
ricordi del duello con cui è
stata attivata la Rampa di Lancio?”
Dan
distolse lo sguardo dalla
città. “Non molto. Quasi nulla a dire il vero. So
solo che c’è stato, che ho
duellato e che alla fine ho attivato la Rampa.”
“Ricordi
il tuo sfidante?”
Il
Guerriero Rosso abbassò
impercettibilmente lo sguardo, il volto rabbuiato.
“No.”
“Ero
io.”
Dan
trasalì e alzò lo sguardo sui
di lui, scrutandolo quasi nella speranza che il suo volto potesse
contenere
quell’indizio che avrebbe riacceso i suoi ricordi. Barone
avrebbe voluto che
succedesse, ma già sapeva che né Gran RoRo
né i suoi amici erano stati
sufficienti a farli riaffiorare.
“Voglio
una rivincita.”
“Adesso?”
Barone
portò una mano al fianco. “Non vedo
perché aspettare. Magari venir sconfitto
dai miei Spirits aiuterà la tua mente a ricordare.”
Il
Guerriero Rosso gli lanciò uno sguardo determinato, come il
sorriso sicuro che
aveva sulle labbra. “Non credo ti sarà
così facile. L’ultima volta ho vinto,
no?”
Per
un
istante, Barone poté illudersi che niente fosse cambiato. Ma
tante cose non
erano più come prima e Dan non era più colui che
aveva conosciuto. Non del
tutto.
Barone
ruotò su sé stesso, i suoi capelli vennero mossi
dal vento. Ghignò, sentendo
nonostante tutto l’adrenalina della sfida nelle sue vene.
“Solo
perché non ricordi le due volte in cui ti ho
sconfitto.”
“Credevo
andassimo nella stanza in
cui siamo arrivati. Non è lì il
simulatore?”
Barone
gettò uno sguardo dietro
alle sue spalle, tornando subito a voltarsi in avanti e proseguire
lungo il
corridoio.
“In
genere lo usiamo per gli
allenamenti, per la sua praticità.”
Dan
accelerò il passo e lo
affiancò. “Dove stiamo andando?”
I
due si fermarono davanti a una
porta e Barone posò la mano contro un pannello. Il display
si illuminò
scannerizzando l’impronta del Mazoku. Un flash verde fece
scomparire la porta
nel muro e davanti a loro si aprì un hangar. Le luce si
attivarono sulle pareti
laterali, riflettendosi sulle pareti lucide e i vetri di due
colibrì. L’oro, il
rosso e il blu contrastavano contro il grigio del metallo.
I
due si avvicinarono, i passi che
risuonavano nel silenzio della stanza, fermandosi sulla piattaforma che
separava le due navicelle, disposte diagonalmente rispetto ad essa.
Davanti a
esse si prolungavano i binari di lancio, separati dal mondo esterno da
una
paratoia.
Dan
si avvicinò a una delle due e
vi posò la mano, muovendola a seguire tutto il suo profilo.
Si fermò una volta
contro il vetro, le luci che vi facevano riflettere il suo volto,
rendendo
appena visibili i comandi e il sedile interno.
Barone
lo fissò immobile. Poi,
distolse lo sguardo e raggiunse una piccola plancia con alcuni pulsanti.
“Ti
consiglio di fare un passo
indietro.”
Premette
il pulsante e le due
colibrì vibrarono: i due parabrezza si sollevarono
permettendo l’accesso
all’interno.
“Dopo
il nostro duello, abbiamo
sviluppato un sistema di colibrì che non necessitasse delle
astronavi. Non lo
usiamo spesso, ma ritengo che l’occasione lo
richieda.”
Il
Mazoku premette altri pulsanti
sulla console, facendo scorrere sul display le sagome di diverse
uniformi da
battaglia. Selezionò l’uniforme desiderata e
tornò a voltarsi verso Dan, che
non stava più guardando le colibrì ma stava
fissando lui.
“Mi
sono permesso la libertà di
selezionare l’uniforme che hai usato in passato.”
Il
Guerriero Rosso trasalì e
aggrottò la fronte, lanciando una veloce occhiata alle
colibrì. Fissate sui due
sedili, c’erano due uniformi piuttosto anonime, niente di
più di una struttura
grigia che copriva spalle e braccia ricoperta da una sequela di sensori.
“Non
è cambiato nulla.”
Barone
abbassò lo sguardo e scosse
la testa, soffocando una risata. “Vedrai sul campo di
battaglia. La dottoressa
Stella trovava alquanto seccante soddisfare materialmente i gusti di
tutti.”
E
si diresse verso la colibrì
sulla sinistra. Entrò, lasciò che
l’uniforme si agganciasse attorno al suo
busto, e si voltò verso Dan, ancora in piedi sulla
piattaforma.
“La
formula di attivazione è la
solita. Ci vediamo sul campo di battaglia, Bashin.”
Il
parabrezza si abbassò e si
ricompose sopra a Barone. Il portellone alla fine dei binari si
aprì, lasciando
filtrare la luce esterna. Lungo le pareti del tunnel si attivarono una
serie di
luci rosse. Dietro alla colibrì scosse di energia brillarono
sempre più intense
finché la navicella non venne spinta a enorme
velocità dentro il tunnel.
Dan
rimase solo e si voltò verso
il display.
Campo
di battaglia completato.
Distanza:
900.
Colibrì
1 agganciata.
Non
riuscì a evitare che il suo
sguardo tornasse sulla colibrì. Era stranamente famigliare,
quasi il debole
ricordo di un sogno, una sensazione che non aveva forma o immagine. Si
avvicinò
lentamente e si fermò quando la punta dei suoi piedi
sfiorarono la fine della
piattaforma.
Voleva
entrare, sedersi, iniziare
a combattere. Come la prima volta che aveva pronunciato Gran RoRo, si
sentiva
inesorabilmente attratto da quell’adrenalina che scorreva
dentro di lui al
pensiero di duellare, di vedere gli spirits al suo fianco.
Sorrise.
Arretrò
di qualche passo e poi
prese la rincorsa, usando il bordo inferiore del parabrezza come perno
per
infilarsi sul sedile. L’uniforme si chiuse contro il suo
petto, i vetri della
colibrì isolarono dal cabina dal mondo esterno.
Dan
allungò le mani sui comandi,
assaporando la ruvidità contro le sue dita. Si sentiva a
casa.
Il
tunnel si aprì, le luci si
attivarono sulle pareti.
“Varco
Apriti, Energia!”
Clarky
sentì la vibrazione della
ricetrasmittente nella tasca e faticò a nascondere
l’improvvisa tensione. Abbozzò
un sorriso tirato a Mai che lo guardò perplessa, e
portò l’auricolare in
posizione.
“Ray.”
“Clarky,
c’è stato uno
sviluppo. Ho già avvisato il comandante Kazan. Barone e Dan
si sono allontanati
insieme verso la piattaforma delle colibrì.”
L’ansia
scivolò via dal suo corpo,
rilassò le spalle e si posò contro la panchina.
“Avrei
dovuto aspettarmelo.”
Angers
rise dall’altra parte della
comunicazione.
“Io
sono nella sala riunione al
piano terra. Dovreste riuscire a raggiungermi prima che inizino il
duello.”
“Arriviamo.”
Clarky
si voltò verso Mai. “Dan e
Barone stanno per duellare.”
La
Guerriera Viola si irrigidì,
pallida e con gli occhi sgranati. Clarky realizzò solo in
quel momento cosa
doveva portarle alla memoria quella situazione e si sporse in avanti,
afferrandole e stringendole le mani.
“Mai,
va tutto bene. Non succederà
nulla. Non ci sono Rampe di Lancio o riconfigurazioni da fermare. Il
sistema di
colibrì è stato completamente rivisto da Plym e
dai migliori ingegneri umani e
Mazoku. Hanno aggiunto così tanti sistemi di sicurezza che
neppure ti immagini.
Andrà tutto bene.”
Lei
annuì lentamente e Clarky la
tirò a sé, stringendola tra le braccia. Lei
affondò il viso contro la sua
spalla, aggrappando con forza le dita sulla stoffa della sua giacca.
“Andrà
tutto bene.”
Mai
smise di tremare piano piano,
la stretta delle sue dita che si faceva meno convulsa. Alla fine, fu
lei a
staccarsi da lui per prima, gli occhi lucidi e un sorriso incerto.
“Grazie.
Lo so che è sciocco. È
tutto diverso dall’ultima volta.”
Clarky
le strinse la mano. “No, è
comprensibile. Andiamo?”
Mai
annuì e i due si alzarono,
dirigendosi a passo spedito verso l’edificio che avevano
lasciato un paio d’ore
prima.
Kazan
aveva diversi rapporti da controllare nel suo ufficio, ma si concesse
ancora qualche minuto nell’hangar. Il Guerriero Blu non si
era lesinato nei
suoi racconti. E a ogni foto era collegato un aneddoto. Gli aveva
sciorinato a
memoria anche il mazzo.
Ma,
la cosa più importante per
Kazan, era stata constatare che Lord Yuuki avesse finalmente potuto
vivere una
vita normale, con degli amici, con persone che gli volevano bene. Era
felice
che finalmente le ombre avessero lasciato lo sguardo del Guerriero
Bianco.
Plym
aveva cominciato ad
apportare le migliorie alla moto, quelle assolutamente
necessarie prima
che Hideto la portasse via. Yus, anche mentre lei lavorava, continuava
a
ripeterle che non c’era né il tempo né
il bisogno.
“Ma
mi stai ascoltando?”
“Sì,
sì. Mi passi la chiave
otto?”
Yus
alzò gli occhi al cielo,
ma le passo l’attrezzo richiesto comunque. Il Guerriero Blu,
invece, li
guardava divertito e imperturbato da sopra al tavolo.
Era
facile potersi illudere
che tutto fosse sempre così semplice, così
tranquillo. I pochi anni dopo la
Rampa di lancio erano stati solo una dolce e toppo breve tregua.
Ma
Kazan non si sarebbe
arreso, non lo aveva fatto dal giorno in cui era andato a Gran RoRo in
cerca di
un futuro migliore, non quando un futuro diverso ma sempre in pericolo
lo aveva
accolto al suo ritorno. E non poteva farlo ora, non quando la
possibilità che
anche il peggio potesse migliorare non sembrava più una
sciocca speranza. Lord
Yuuki era vivo e Bashin Dan era stato riportato a Gran RoRo.
Doveva
sperare che anche per
loro le cose si sarebbe concluse per il meglio.
La
ricetrasmittente emise il
debole bip di una comunicazione in attesa. Non lasciando trapelare
nulla dal
suo volto, Kazan si allontanò di alcuni passi.
“Qui
il comandante Kazan.”
“Comandante,
mi è stato
riferito di comunicarle che il sistema delle colibrì
è stato attivato da Barone
Chiaro di Luna e Bashin Dan.”
“Ricevuto.”
Era
una notizia inattesa, ma
che non riusciva a sorprenderlo del tutto. Poche cose ormai erano in
grado di
farlo, e una di quelle stava per far rivivere il duello che aveva
segnato
quell’epoca.
“E
invece sì!”
“Invece
no!”
“Sì!”
“No!”
Tornò
ad affiancare Hideto,
che si voltò verso di lui ridendo. “Comandante,
vuole fare una scommessa su chi
dei due l’avrà vinta?”
L’uomo
sospirò e chiuse gli
occhi. Cominciava a essere troppo vecchio per tutto
l’entusiasmo di quei
ragazzi.
“Preferire
di no. È appena
arrivata una comunicazione.”
Il
tono severo e di comando
zittì di botto i due, con Yus che si fermò
all’ultimo dallo scattare
sull’attenti.
“Barone
e Bashin stanno per
duellare.”
“Cosa?”
Plym
scattò come una molla,
schivando moto e cassette di attrezzi, per fiondarsi al tavolo in fondo
alla
stanza dove erano posizionati i computer utilizzati per i check-up.
Yus
la seguì con gli occhi,
alterando lo sguardo tra lei e Kazan, per poi fiondarsi dietro di lei.
Kazan
e Hideto li seguirono
con più calma. Il Guerriero Blu aveva infilato le mani nelle
tasche dei
pantaloni e aveva negli occhi uno sguardo malinconico, lontano.
“Sarà
strano, vero?”
Kazan
non poteva dargli torto.
Poche cose del resto non lo erano state nella sua vita.
Lasciare
Kenzo scegliere quali pubblicazioni copiare su una chiavetta usb aveva
avuto lo
stesso effetto del lasciar scegliere le carte al Guerriero Blu. Si
faceva prima
a fare l’elenco di quanto non era stato scelto.
E,
nel
caso del Guerriero Verde, ben poco.
Quando
i dati avevano finito di essere trasferiti, insieme ad alcune bozze di
suoi
personali studi aggiuntivi, Kenzo aveva afferrato la chiavetta come se
fosse la
cosa più preziosa che avesse mai avuto.
Stella
lo aveva anche preso in giro, ma senza ottenere alcun effetto.
Poi
era
arrivata la comunicazione di Kazan.
“Dottoressa
Stella, Barone e Bashin stanno per duellare.”
“Ricevuto.”
Kenzo
interruppe la lettura degli articoli. “È successo
qualcosa?”
La
donna chiuse la ricetrasmittente e allungò la mano per
afferrare la seconda
sedia del suo ufficio.
“Dipende
dai punti di vista.”
Si
sedette, subito imitata da Kenzo che le lasciò spazio
davanti al computer. Le
ci volle un attimo per connettersi al server. Il grafico scomparve e al
suo
posto apparvero le immagini del terreno di gioco. La prima
colibrì stava
completando l’ancoraggio. Il Guerriero Verde
inspirò rumorosamente e si spinse
avanti, protendendosi sulla scrivania.
“Quello
è Barone! Con chi-” incrociò il suo
sguardo. “Dan, non è vero?”
Stella
annuì. Entrambi tornarono a fissare lo schermo.
Non
c’erano rampe da attivare, nuclei da distruggere o mondi da
salvare, ma
rivederli di nuovo insieme sullo stesso terreno di gioco fece salire un
groppo
in gola alla dottoressa. E per Kenzo non doveva essere più
semplice. Allungò
una mano e gliela posò sulla spalla, stringendola
delicatamente.
“Questa
volta è solo un duello.”
Ma
era
ovvio che, nessuno di loro, avrebbe ripreso a respirare normalmente
fino alla
fine del duello.
“Comandante
Zolder, un messaggio
urgente dalla base di Tokyo.”
Zolder
sbuffò e posò il mento
contro il pugno. “Cosa è successo
adesso?”
Flora
lo colpì sulla spalla con il
dorso della mano. “Modi.”
L’uomo
sobbalzò teatralmente,
portandosi la mano sul punto colpito. “Ehi! Che ho detto di
male questa volta?
Arrivano loro dal passato ed è una comunicazione urgente
dopo comunicazione
urgente.”
La
Mazoku roteò gli occhi. Poi
saltò sul braccio, piegando le gambe sotto di lei.
“Qual è il messaggio?”
“La
richiesta di invio di dati
video. Barone Chiaro di Luna e Dan Bashin stanno per iniziare un
duello.”
Zolder
colpì con un pugno l’altra
mano, un ghigno soddisfatto in volto. “Ora, questo
sì che è interessante.
Autorizzazione concessa. Cosa state aspettando?”
“Non
ho mai sperato di poter
rivedere un loro duello,” aggiunse Flora con espressione
feroce.
Lo
schermo venne proiettato
davanti a loro, proprio nell’istante in cui la seconda
colibrì si agganciò
sulla piattaforma.
“Ti
va di rendere la sfida più
emozionante?”
La
Mazoku si voltò verso di lui.
“Io Barone e tu Dan.”
I
loro
sguardi si incrociarono. “Ci sto.”
Una
volta conclusa la riunione,
nonostante l’inaspettata piega che aveva assunto, e congedato
Zack, la Regina
Gilfam si era ritirata nelle sue stanze.
Distese
sul divano, la Mazoku
fissava intrigata la propria libreria personale. Tra i libri salvati da
Octo,
ce n’erano alcuni che conservava gelosamente. Libri che
provenivano dal Mondo
Perduto, da Gran RoRo.
Aveva
letto lì del Mondo tra i
Mondi, della realtà che si ipotizzava collegasse i sei regni
di Gran RoRo, la
realtà plasmata dall’energia del Nucleo
Progenitore. L’unico luogo da cui lo
spirito di Bashin Dan avrebbe potuto essere recuperato.
Le
sue labbra si piegarono in un
sorriso sottile.
“Ti
ho sottovalutato un’altra
volta, Magisa.”
La
porta della stanza si spalancò
in quel momento. En e Fant corsero dentro chiacchierando, solo un paio
di passi
più avanti di Gaspard. I due piccoli la salutarono con un
enorme sorriso e, al
suo cenno del capo, corsero via verso le proprie stanze. Il Mazoku,
invece, si
inchinò e rimase immobile al centro della stanza.
Gilfam
si mise a sedere, sfiorando
la stoffa del divano con una delle sue lunghe unghie.
“So
già cosa vuoi chiedermi.”
“I
Maestri della Luce hanno fatto
ritorno.”
La
Mazoku alzò le spalle e afferrò
la tazza di tè dal tavolino. “Ho chiesto di tenere
la cosa tranquilla per il
momento, ma immagino che le voci corrano comunque.”
Ghignò tornando a
guardarlo. “Sì. I Maestri della Luce sono a Tokyo
e hanno portato con loro
Bashin Dan.”
A
suo credito, l’unica reazione di
Gaspard fu semplicemente quella di deglutire e lanciare una veloce
occhiata
alla porta da cui En e Fant erano usciti.
“Non
intendo rivelarglielo, almeno
per il momento. Bashin Dan non ha memoria di quanto avvenuto otto anni
fa.
Immagino neppure di quanto avvenuto a Gran RoRo e nel loro
tempo.”
“Com’è
possibile?”
Gilfam
riposò la tazzina. L’unghia
stridette contro la porcellana. “Effetti collaterali,
immagino.”
Sarebbe
stata curiosa di sapere se
Magisa avesse fatto loro davvero comprendere tutte le possibili
ramificazioni.
Era un peccato non poter osservare più da vicino, e
più a lungo, la seconda
persona a venir riportata indietro dal Nucleo.
Il
comunicatore accanto alla
teiera si attivò, proiettando il busto di Zack.
“Chiedo
perdono, Regina Gilfam. Ci
è appena arrivata una comunicazione urgente da Tokyo. Da
quanto risulta, Barone
Chiaro di Luna e Bashin Dan sono in procinto di iniziare un
duello.”
Gilfam
si alzò. “Inviate il
collegamento video nelle mie stanze.”
“Sarà
fatto.”
L’immagine
di Zack scomparve. La
Mazoku incrociò lo sguardo di Gaspard.
“Assicurati
che En e Fant siano
occupati per il tempo necessario.”
Il
Mazoku si inchinò una seconda
volta. “Come desiderate, Vostra Maestà.”
La
giornata si stava rivelando più
interessante di quanto avesse previsto.
SPAZIO
AUTRICE:
Salve a
tutti! Due settimane non è molto come ritardo, no? Grazie
per la vostra
pazienza!
L’ennesimo
capitolo in cui l’azione esterna è poca, ma quella
interna no. Che volete,
voglio farvi provare un po’ di feelings!
Decisamente un cambio di
registro dai precedenti episodi. Ma ogni tanto dobbiamo farli pur
respirare i
nostri eroi. Come avrete intuito, con il prossimo capitolo
inizierà la parte
più “accesa” di questo episodio: il
duello tra Dan e Barone. Immagino che pochi
di voi saranno sorpresi di questo.
Si è rivista
(seppur brevemente) anche un sacco di vecchia gente. Qualcuno
apparirà anche
nei prossimi capitoli, ma non potevo metterli tutti qui o questo
capitolo non
finiva più (fino ad adesso, è il secondo
più lungo di questo episodio).
Come ogni
volta, grazie a tutti quelli che leggono (pochi ma buoni) e il solito
grazie
speciale a ShawnSpenstar (per le sue sempre lunghissime recensioni)!
Niente altro da aggiungere.
Per
qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete
lasciarmi una
recensione (corta o lunga che sia, per me non ha importanza) per dirmi
cosa ne
pensate.
A presto,
HikariMoon