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Autore: Ray Wings    02/12/2019    0 recensioni
Non c'era al mondo persona che non conoscesse Fairy Tail. La gilda simbolo di Magnolia vantava tra i suoi membri alcuni dei maghi migliori dell'intero continente. Ma ogni medaglia ha due facce e se Fairy Tail ne aveva una sublime, abbagliante, dall'altro lato portava solchi indelebili, segreti che mai sarebbero dovuti uscire da quelle mura. Fairy Tail era nata anche per quello: proteggere, curare, perché la felicità, talvolta, non è altro che una maschera di ferro fusa sulla carne.
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«Sai cosa significa il mio nome?»
«Conoscendo tuo padre, penso non sia qualcosa come "fiore di campo", vero?»
«Sai bene che non ha mai avuto tutto questo riguardo nei miei confronti. Priscilla... è un nome così freddo».
«Qual è il suo significato?»
«Prova a pensare a qual è il mio significato»
«Che ne dici se invece io ti chiamassi Pricchan?»
Una risata candida e timida, gli occhi adornati di una dolce malinconia, imbrattata di un amore che neppure il tormento di quegli anni era stato in grado di sradicare.
«Sembra il verso di un animaletto».
~ Priscilla deriva dal latino Priscus il cui significato è: "antico" ~
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luxus Dreher, Mistgun, Nuovo personaggio, Wendy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Sky Labyrinth



La città di Crocus, la capitale di Fiore, era splendente come poche città avesse mai visto prima. La roccia bianca, illuminata dal sole, era decorata da palloncini e festoni in onore della gara che sarebbe iniziata il giorno successivo. Ovunque c'erano fiori, profumi intensi, musica e banchetti per la vendita di gadget e leccornie. Priscilla sbarrò tanto gli occhi che sembrò che da un momento all'altro sarebbero potuti uscirle dalle orbite. Le mani davanti alle labbra, spalancate anch'esse, e le guance rosse per l'emozione.
«Che bella» commentò sentendo il petto batterle nel petto in piena corsa. «Animali!» indicò, come una bimba. «Fiori! Dolci! Innamorati sulla panchina!» e  ogni cosa che scorgeva la indicava e urlava emozionata. «Lluvia! Guarda che meraviglia!» saltellò impazzita, afferrando l'amica per le spalle e agitandola come uno shaker.
«Lluvia vorrebbe andare a cercare Gray-sama» confessò la ragazza, guardando i due innamorati sulla panchina che Priscilla aveva additato poco prima. «Ah, è vero! Saranno arrivati anche loro!» esclamò Priscilla, voltandosi verso il suo gruppo.
«Salamander non si aspetta di vederci, gi-hi» sorrise Gajeel. «Propongo di nasconderci e saltare fuori il giorno delle gare, voglio vedere la sua faccia disperata quando ci vedrà come avversari».
«Non mi interessa della faccia di Natsu, ma il consiglio mi sembra sensato» disse Laxus, accennando appena con il capo Mistgun dietro di lui. «Meno se ne sta tra la gente più sarà facile mantenere la copertura» aggiunse. 
«Giusto! Andiamo in Hotel a lasciare tutte le nostre cose, prima» annuì Priscilla per poi iniziare a saltellare piena di gioia. «E poi andiamo a cercare gli altri! Sono tre mesi che non vedo Wendy-chan! Sarà cresciuta? Magari ha bisogno di abiti nuovi! Potremmo andare in giro per negozi insieme! Che bello, non vedo l’ora!»
«Fatico a credere che uno silenzioso e riservato come Mistgun abbia passato volentieri tre anni insieme ad un uragano come lei» commentò Gerard, sorpreso dalla frenesia di Priscilla che sembrava anche ben diversa da quella dei tre mesi passati insieme. 
«Forse è proprio di un uragano come lei che i tipi silenziosi hanno bisogno, invece» commentò Laxus con un accennato sorriso in volto. Gerard, nascosto dalla sua bandana, spostò gli occhi verso l'uomo al suo fianco leggendogli attraverso lo sguardo. Chiunque, anche chi non lo conosceva abbastanza come lui, avrebbe potuto intuire i suoi pensieri in quel momento. Averla intorno non solo non gli dispiaceva affatto, ma gli riscaldava il petto. 
«Riesce a riempire il vuoto, eh?» sospirò Gerard, sorridendo nascosto dal suo fazzoletto.
«Già» annuì Laxus, guardandola mentre ancora una volta si allontanava dal gruppo e si schiacciava contro la vetrina di qualche negozio. Da una strada perpendicolare arrivò il suono di musica, il rumore di tamburi e trombe, applausi e urla entusiaste. Priscilla si staccò dall'ennesima vetrina e corse in quella direzione, attirata dalla sua curiosità. Si sollevò da terra, alzandosi di qualche centimetro sopra le teste delle persone, e vide passare in mezzo alla strada un carro tutto decorato con gente in maschera, ballerine, giochi di magia e musicisti.
«Una parata!» esclamò lei, guardandola con gli occhi che brillavano. 
«Credo che ora sarà più difficile trascinarla via» sospirò Laxus.
«Ricordatevi solo che entro mezzanotte, come da regolamento, dovete essere in hotel» disse Gerard, semplicemente voltandosi e tornando sulla sua strada. Li avrebbe lasciati lì, sapeva che sarebbe stato impossibile trascinare via Priscilla e probabilmente Laxus sarebbe rimasto a farle compagnia. Avrebbero raggiunto l'hotel anche da soli, non importava in fondo.
«Cercate solo di non farvi scoprire da Salamander!» ruggì Gajeel, severo. «Andiamo Lluv-» si voltò a cercare la ragazza, che misteriosamente era sparita. «Quando se n'è andata?!» strillò sconvolto. 
«Ha mormorato qualcosa su Gray circa dieci minuti fa e poi non l'ho più vista» disse Gerard, incamminandosi insieme al Dragon Slayer che brontolava di sorprese rovinate e soddisfazioni infrante. 
La parata durò a lungo e per tutto il tempo Priscilla restò ad osservarla con gli occhi che le brillavano, emozionata come una bambina. Quando finì si voltò verso Laxus, convinta di vedere anche Gerard e gli altri, ma si sorprese di scoprire che erano soli.
«Eri talmente assorta che non ti sei accorta che se ne sono andati» le disse Laxus, incamminandosi per allontanarsi dalla strada in festa. 
«Mi dispiace» ridacchiò lei, rimettendo i piedi a terra e camminandogli a fianco. 
«A questo punto facciamoci quel giro che volevi fare» disse lui, guardandosi attorno con curiosità. «Anche io non sono mai stato in questa città».
«Ah!» esclamò lei, prendendo Laxus per una mano e cominciando a saltellare. «Ho visto dei mercatini da quella parte, andiamo a dare un'occhiata?» e cominciò a camminare nella loro direzione, tirando Laxus per un braccio e tenendo su di lui lo sguardo per tutta la durata della frase. Cosa che la portò a scontrarsi contro qualcuno che aveva attraversato l'incrocio proprio in quel momento. 
«Ouch» mormorò dolorante per il colpo di spalla dato contro quello che sembrava un'armatura. Alzò lo sguardo sulla persona di fronte a sé, un uomo alto e possente, vestito di armatura e con un'enorme maschera che sembrava un leone, a coprirgli il volto. 
«Guarda dove cammini, ragazzina» una tetra voce provenne dal suo interno, distorta per il loculo in cui era rinchiusa. Un'oscurità improvvisa, il gelo intorno a lei. Si sentì come congelata, tanto che prese persino a tremare come una foglia. La città cessò improvvisamente di risplendere, il cuore di battere, sentiva solo un gran dolore provenire da dentro di sé. Come un fuoco, che bruciava, che l'ardeva e lentamente le consumava l'anima. Qualcosa sembrò risvegliarsi dentro lei, l'ombra di un passato angustiante, una paura primordiale di cui non ne conobbe né la provenienza né la ragione. Sentì solo che ne era terrorizzata.
L'uomo dalla maschera leonina si voltò e si allontanò senza aggiungere altro, seguito da una ragazza dai lunghi capelli rossi e un uomo alto, anch'egli con una maschera, dalla lunga tunica scura. 
«Quelle persone non mi piacciono molto» confessò Laxus, osservandoli con lo sguardo corrucciato. Si sorprese di non sentire Priscilla rispondergli e si voltò, allarmandosi quando la vide pallida e tremante come fosse sul baratro della morte.
«Pricchan» la chiamò poggiandole le mani sulle spalle, cercando il contatto con quegli occhi che sembravano essersi persi in un incubo. «Ehy, che ti prende?»
«Voglio tornare in albergo» riuscì a sussurrare nel terrore. 
«Stai tremando» osservò lui, ancora più preoccupato. 
«Ti prego, Laxus» sibilò. «Voglio andare via da qui».
«Andiamo» sospirò lui, senza riuscire a capire ancora cosa fosse successo ma certamente Priscilla non era più in condizioni di andarsene in giro per la città. La prese per mano e camminando attraverso la folla la trascinò fino al loro albergo, dove si chiusero fino allo scadere della mezzanotte. Gerard provò a chiedere cosa fosse successo, vedendo la ragazza ridotta a uno straccio rannicchiarsi sul proprio letto, ma né lei né Laxus seppero dare una risposta. 
«Ho solo avuto un'improvvisa paura...» confessò lei, ore dopo, quando fu in grado di tornare in sé. «Non so perché».
«Che fosse la magia oscura di Zeref di cui parlavamo?» chiese Gerard, allarmato ma felice all'idea di averlo trovato subito.
«Non lo so, non so dare una risposta. So solo quello che ho sentito. È come...» balbettò, guardandosi d'istinto il simbolo sulla mano destra. «È come se fossi potuta morire da un momento a un altro».
«Magari ti sei fatta suggestionare. Hai avuto brutte esperienze con i leoni in passato?» chiese Gajeel, ingenuamente. 
«No» mormorò lei, rannicchiandosi ancora di più. «Non con i leoni» e qualcosa cominciò a scavare dentro sé, un dubbio, un'idea folle e orribile.
"Non può essere" cercò invano di rassicurarsi. "Il nonno l'ha mandato via tanti anni fa, non può essere qui".
«Magari hai ragione» sospirò infine, cercando con forza di riprendere il controllo della propria mente. «È solo stata suggestione»
«È mezzanotte» disse Laxus, in piedi vicino alla finestra. Da quando erano tornati si era messo in quella posizione, a guardare fuori pensieroso, e come Priscilla non si era più mosso. Non aveva accennato a niente di tutto quello, ma Priscilla aveva come la sensazione che anche lui avesse sentito qualcosa di strano in quelle persone contro cui si erano scontrate. 
La campana della chiesa in centro alla città cominciò a suonare, rimbombando lungo tutte le vie silenziose. Un evento particolare e bizzarro, vista la tarda ora e il fracasso che stava facendo. La porta si spalancò in quel momento e Lluvia entrò, tremante e con il fiatone, all'interno della stanza.
«Lluvia è tornata appena in tempo» disse, accasciandosi a terra.
«Ohy! Dov'eri?! È tardissimo!» la rimproverò Gajeel, furioso, ma Lluvia non ebbe modo  di rispondere e spiegare il suo ritardo. Una voce sbarazzina, nasale e bizzarra, inondò l'intera cittadina notturna.
«Un buongiorno a tutte le gilde partecipanti ai Grandi Giochi della Magia!» esclamò.
«Buongiorno?» chiese Priscilla, stranita.
«Non mi sembra ancora giorno» mormorò Gerard, altrettanto poco convinto.
«Chi sei? Fatti vedere, bastardo?» ruggì Gajeel.
«Datti una calmata, santi numi» sospirò Priscilla, stufa di sentirlo ringhiare per ogni cosa come un animale rabbioso.
Delle luci partirono da ogni parte della città e andarono ad illuminare un punto ben preciso: enorme, sopra il centro cittadino, c'era la statua di un gigantesco uomo con la testa a forma di zucca. E da lì, scoprirono, arrivò la voce che continuò a parlare: «Al fine di ridurre le squadre da centotredici a otto inizieremo ora la fase preliminare» spiegò.
«Da cento a otto è una bella scrematura!» commentò Priscilla, sorpresa. 
«Ecco spiegato il motivo della regola che obbligava tutti a essere nelle proprie stanze a mezzanotte» osservò Gerard, avvicinandosi insieme al resto dei suoi compagni alla finestra. 
«Ogni anno partecipano sempre più gilde, questo significa che questo evento viene preso troppo alla leggera, per questo quest'anno abbiamo ristretto il numero di gilde ammesse a otto. Le regole della fase preliminare sono semplici!» e non appena finì di parlare la terra iniziò a tremare, l'intero hotel sembrò mosso come una barca su delle onde, costringendoli ad aggrapparsi alla finestra per non cadere a terra. 
«Che succede?» balbettò Gerard.
«Mezzo di trasporto» bofonchiò Gajeel, già verde in volto, e Priscilla gli ruggì contro: «Datti un contegno!» ma, sempre più sorpresa della loro delicatezza di stomaco, sentì anche Laxus lamentarsi anche se più pacatamente.
«Laxus!» lo richiamò, sconvolta.
«Dovrete competere gli uni contro gli altri» continuò a spiegare l'enorme uomo zucca. «Per arrivare all'arena dei giochi, il Domus Flau! Le prime otto squadre che arriveranno verranno ammesse ai giochi».
«È praticamente una sfida a tempo» commentò Lluvia, ancora aggrappata alla finestra mentre il loro hotel, ora lontano metri da terra, si stabilizzava e smetteva di muoversi. «La linea di partenza è il vostro alloggio» spiegò ancora la voce, mentre una scala cominciò improvvisamente a prendere forma davanti alla finestra della loro camera. «Usate tutta la magia che volete, non ci sono restrizioni. L'importante è riuscire ad arrivare tra i primi otto. Ma dovranno essere presenti tutti e cinque i membri o sarete considerati squalificati».
«Perciò dovremmo arrivare in fondo insieme, non possiamo mandare solo uno di noi avanti» commentò Gerard. 
«E un'ultima cosa: Non ci assumiamo la responsabilità se qualcuno perderà la vita nello Sky Labyrinth» concluse la voce.
«Sky labyrinth?» chiese Priscilla e Lluvia si sporse in avanti per prima, indicando qualcosa davanti a loro ed esclamando: «Guardate!»
Una struttura gigantesca dalla forma sferica si stagliava sopra la città di Crocus, all'interno della quale penetravano tutte le scale che partivano dai vari alloggi di tutta la città. 
«Che roba è?» chiese Priscilla, sconvolta.
«Che la fase preliminare dei Grandi Giochi di Magia abbia inizio!» annunciò infine la voce e in quell'istante furono in molti a saltare fuori dalle proprie finestre e correre verso la struttura. 
«Andiamo!» disse Laxus, saltando per primo e cominciando a correre a sua volta, seguito dal resto della sua squadra. 
«Non abbassate la guardia, non sappiamo cosa ci aspetta lì dentro se non altre centododici gilde pronte a qualsiasi cosa per superarci» disse Priscilla.
«Che ci provino!» sorrise Gajeel, già pronto a menar pugni a chiunque si fosse ancora solo lontanamente avvicinato. Non furono tra i primi ad entrare nel labirinto, riuscirono a vedere altri che erano stati più veloci di loro, ma si presero comunque qualche istante quando vi entrarono per osservare la situazione. Le scale proseguivano dritte, poi si sperdevano all'interno di un muro. Intorno a loro altre scale, altre porte, messe apparentemente a casaccio. Sembrava di essere entrato nel mondo del caos e si chiesero se molte di quelle scale, porte e muri non fossero lì solo per confondere ancora di più l'ambiente. Questo fino a quando qualcuno non urlò sopra le loro teste. Un gruppo di cinque uomini si lanciò da una di quelle scale, in picchiata verso di loro, urlando per darsi la carica. Laxus alzò un braccio verso l'alto, non si scompose troppo, e generò una serie di fulmini dal suo pugno che andarono a colpire e arrostire tutti e cinque gli assalitori. 
«Da dove sono arrivati?» chiese Lluvia.
«Direi che il nome ci suggerisce il tipo di prova» commentò Gerard. «È un labirinto, il tutto sta nel trovare l'uscita».
«E farlo prima delle altre squadre, soprattutto» confermò Lluvia, preoccupata, cercando di pensare a un modo veloce per riuscire a orientarsi e arrivare all'uscita. Priscilla, in cima al gruppo, si voltò verso i suoi compagni e sorrise radiosa e colma di uno strano orgoglio.
«Meno male c'è Pricchan con voi» ridacchiò, gioiosa. 
«Vuoi giocare subito uno dei tuoi assi nella manica?» chiese Gerard che, conoscendola, capì perfettamente a cosa si riferiva. 
«Questa sfida sembra pensata apposta per me» disse e improvvisamente allargò braccia e gambe, chiudendo gli occhi. «Datemi solo qualche secondo».
«Che vuole fare?» chiese Gajeel, sorpreso.
«Asso nella manica?» chiese Lluvia, altrettanto confusa. 
«Aerial Perception» mormorò delicatamente e chiuse gli occhi. Spalancò la bocca e tirò su un paio di boccate d'aria ampie e profonde, concentrandosi. Aspirò dentro sé quell'aria sconosciuta, l'aria di Crocus, l'aria dello Sky Labyrinth. La fece sua, se ne impadronì e riuscì infine a lasciarla andare, estendendosi come un invisibile e impercettibile telo. Le sue percezioni si allungarono, si aggrapparono ai soffi d'aria, ai respiri, e divenne essa stessa l'aria. Si insinuò in ogni angolo, con rapidità invase l'intero labirinto, incrociò tutte le centododici gilde avversarie e poté avere come la sensazione di vederle, di sentirle. Se si concentrava poteva persino capire di cosa stessero parlando. La sua mente viaggiò all'interno del labirinto, come se fosse lei stessa un uccello in grado di volare sopra le loro teste. Trovò persino l'uomo con la maschera da leone incrociato quello stesso pomeriggio, seguito cinque compagni, due dei quali già conosceva: la ragazza dai capelli rossi e l’uomo con la tunica e la maschera. 
"Sono partecipanti" realizzò, aggrappandosi a quello per confermare che non potevano trattarsi del suo incubo peggiore. Suo padre aveva fondato una gilda oscura, una volta esiliato, e alle gilde oscure non era concesso partecipare. Non potevano essere loro, anche se quella voce, quelle sensazioni, quegli odori, tutto la riportavano indietro di quindici anni e la facevano tremare. Li lasciò andare e proseguì la sua ispezione nel labirinto, tanto concentrata da non rendersi conto di altre due gilde che nel frattempo li avevano raggiunti e avevano costretto i suoi compagni a lottare per concederle il tempo che aveva richiesto.
«Ho trovato Natsu» sorrise a un certo punto, rallegrata.
«L'hai... trovato?» balbettò Gajeel, ancora confuso. 
«Sta andando dalla parte sbagliata» confessò poi, rammaricata, ma si illuminò e gridò: «Ah! L'ho trovata! Ho trovato l'uscita!»
Aprì gli occhi e si guardò attorno, notando Laxus che proprio in quel momento atterrava un uomo che per poco non l'aveva colpita, approfittando della sua distrazione.
«Da che parte?» chiese Laxus, deciso a rimandare successivamente le domande su quel suo nuovo potere. 
«Dunque...» mormorò lei, riflettendo sulle strade possibili. Aveva trovato l'uscita, ma questo non assicurava loro di poter arrivare per primi. «Ci sono gilde ovunque, qualsiasi strada prenderemo ci costringerà ad altre lotte e a perdere altro tempo. Sono già in molte ad essere quasi arrivate, questo torneo è pieno di maghi davvero promettenti» commentò, continuando a studiare tutte le vie possibili. Infine, prese la sua decisione. «Ho trovato la nostra via» e un improvviso soffio di vento sollevò da terra lei e il resto del gruppo. 
«C-che strana sensazione» balbettò Lluvia sorpresa, ma comunque trovando piacevole quel leggero tocco del vento sotto di sé che la teneva sollevata da terra. «Andiamo di fretta, scusatemi se sarò poco delicata!» disse Priscilla e con un boato fece partire tutti e cinque a gran velocità, volando attraverso il labirinto senza seguire le direzioni arbitrarie che esso imponeva a tutte le altre gilde, costrette a camminare. Lo videro cambiare conformazione, molte gilde caddero nel vuoto trovandosi improvvisamente senza appiglio. Priscilla schivò con rapidità e precisione i piloni o le strade della struttura che muovendosi sembravano cercare di impedirle di procedere. La sua concentrazione era assoluta, riusciva a vedere tutti i movimenti che avvenivano intorno a lei e procedeva spedita, senza indugio, elaborando volta volta tutte le possibili deviazioni migliori. 
Un urlo davanti a loro, fanciullesco, e una voce familiare chiamò da una delle strade che avevano davanti: «Chelia!»
Una ragazzina dai capelli rosa aveva perso l'equilibrio all'ennesimo movimento della struttura ed era caduta prima che i suoi compagni fossero riusciti a prenderla, compagni che si rivelarono essere i membri di Lamia Scale. Un colpo di vento e Chelia venne lanciata nuovamente sulla strada, davanti a Leon che aveva per primo cercato di afferrarla. 
«Eh?» chiese sorpresa la ragazzina, trovandosi per qualche motivo di nuovo insieme ai suoi compagni. 
Priscilla saettò davanti a loro insieme alla sua squadra e gli gridò contro: «Sono venuta qui anche per passare un po' di tempo insieme a voi, non azzardarti a perdere ai preliminari, Leon!» 
«Priscilla?» chiese Leon, guardando sconvolto la ragazza che volava via.
«Partecipano anche loro? Ma non è la squadra di Natsu a rappresentare Fairy Tail?» chiese Yuka.
«Il regolamento non vieta di iscrivere più team a rappresentanza delle gilde» spiegò Jura, tirando in piedi Chelia. 
«Come se questo possa dar loro un vantaggio» sorrise Leon. «Sarà un bel torneo. Vediamo di conquistarci il nostro posto nei primi otto!» e ricevendo l'approvazione dal resto dei compagni riprese a correre, più eccitato e convinto che mai di voler prendere parte ai quei giochi. 
«Hai aiutato uno dei nostri avversari!» Gajeel, ancora trascinato dal vento di Priscilla, le ruggì contro furioso. 
«Che dici?! Leon è mio amico! E con lui c'era anche Jura! Che bello, sento tanta nostalgia» sorrise, allegra. 
«Hai fatto un po' del favoritismo» disse Gerard, divertito dalla sua innocenza.
«Uffa! Quanto siete pignoli tutti quanti» brontolò lei, ma tornò immediatamente a illuminarsi, allungando un dito di fronte a sé. «L'uscita!» gridò, indicandola. 
«Ci siamo!» sorrise Gajeel, dimenticandosi subito la faccenda di Lamia Scale. 
«Sembra che siamo i primi» commentò Lluvia, ma proprio in quel momento un altro gruppo uscì da dentro una porta e corse verso l'uomo dalla testa di zucca che si trovava di fronte all'uscita. 
«Ci hanno superati!» commentò Lluvia, vedendoli andar via poco prima di loro. 
«Sabertooth» disse Laxus, riconoscendo il simbolo sopra la loro pelle. 
«Poco importa» sorrise Priscilla, facendo finalmente atterrare tutti davanti all'uomo con la testa di zucca. 
«Che sorpresa, kabo!» saltò lui nel suo scarso metro di altezza. «La seconda gilda classificata è il Team B di Fairy Tail!»
«Team B?» chiese Laxus, lanciando un'occhiataccia a Priscilla.
«Avevi detto che saremmo stati il Team A! Perché dobbiamo essere secondi?!» ruggì Gajeel e Priscilla semplicemente ridacchiò nervosa, grattandosi la nuca. 
«Una bugia a fin di bene» cercò di giustificarsi. 
«Lluvia già lo sapeva» annuì la donna. 
«Se vi avessi confessato che saremmo stati il "Team B" vi sareste fatti vincere dal vostro stupido orgoglio virile e non avreste accettato» borbottò Priscilla, cercando di giustificarsi.
«Certo che non avrei accettato! Non voglio essere il B, voglio essere la A! I numeri uno!» brontolò Gajeel, furibondo, ma Priscilla mantenne il suo contegno e cercò di dire seria e orgogliosa: «B sta per "Best"! Ovvero, migliori!»
Gajeel scoppiò a ridere, pieno di orgoglio, gridando: «Allora saremo il favoloso Team Best!»
«Non ci è voluto molto a convincerlo» commentò Gerard, guardando Gajeel ridere sempre più infervorato. Al contrario Laxus non era tanto sempliciotto, anche se il discorso sull'orgoglio virile certo poteva applicarsi anche a lui, per questo non smise di guardare male sua sorella, sentendosi ingannato e soprattutto svilito. Lei semplicemente ridacchiò nervosa, grattandosi la nuca, per poi limitarsi a tirar fuori la lingua e assumere un'espressione infantile e birichina.
«Mi perdoni?» chiese semplicemente, stringendosi nelle spalle con innocenza. Lui continuò a fulminarla con gli occhi, apparentemente per niente convinto, ma poi spostò lo sguardo altrove e sospirò un rassegnato: «Non mi interessa il nome del nostro Team, tanto siamo arrivati prima di loro».
«È stato anche più facile che con il Dragon Slayer del ferro» commentò ancora Gerard, stupito ancora più di prima. Lluvia al suo fianco si portò le mani al volto, arrossendo improvvisamente, ed esclamò emozionata: «La forza dell'amore!»
«Ma di che parli?» chiese Gerard, confuso e in qualche modo rassegnato all'idea di essere circondato da persone che certo non rientravano molto nei canoni della normalità. 
«Mi dispiace disturbarvi, kabo» intervenne l'uomo zucca, imbarazzato. «Ma ne stanno arrivando altri, se non entrate nella porta verrete superati».
Gajeel allungò le braccia di ferro da entrambi i lati e le usò per raccogliere e spingere via tutti e quattro i suoi compagni, trascinandoli all'interno del goal con una certa fretta e pressione. Avrebbe di gran lunga preferito arrivare primo e battere anche quelli di Sabertooth, ma il secondo posto andava bene comunque considerato che Natsu ancora non si era fatto vivo. Non aveva nessuna intenzione di farsi superare da lui. 


Vennero accompagnati all'interno di quello che era un vero e proprio spogliatoio, dove poterono riposare, cambiarsi e rinfrescarsi prima dell'inizio della cerimonia, prevista per quella mattina. Ma in piena notte, appena due ore dopo la qualificazione al torneo, Makarov bussò alla loro porta, seguito da Cana e Mirajane. Lo sguardo di tutti e tre era torvo, cupo, non prometteva niente di buono e questo li portò a sentire un'improvvisa preoccupazione. 
«Priscilla» cominciò Makarov, con tono cupo. «Avevo pensato di non dirti niente per non farti preoccupare e deconcentrarti dal tuo torneo, ma comunque avresti scoperto da sola che qualcosa non andava non appena aveste visto il Team A».
«Team A? Di che parli?» chiese lei, sentendo il cuore battere in petto sempre più forte. 
«Elfman sostituirà Wendy per almeno questo primo giorno» disse Mirajane. «Fino a quando non si sarà ripresa».
«Wendy? Un attimo... che cosa è successo a Wendy?» sbiancò e cominciò a tremare. 
«Qualcuno l'ha attaccata ieri notte, mentre visitava la città. Ora è in infermeria, Polushka si sta occupando di lei» disse Makarov e il mondo di Priscilla parve crollarle addosso. Wendy in infermeria per qualcuno che aveva provato a farle del male? Era inconcepibile! Chi poteva prendersela con una bambina in quel modo? Saltò in piedi e corse via, ignorando i richiami dei suoi compagni. Voleva dirsi che non era niente di grave, voleva dirsi che sarebbe andato tutto bene, ma come poteva sottovalutare gli occhi di Makarov? La preoccupazione sul volto di Mirajane? Come poteva pensare che non era niente di cui avere paura?
Corse a perdifiato fino all'infermeria, spalancando infine la porta con un tonfo ed entrò urlando il nome della ragazzina. La vide, pallida, sudata, stesa in un letto vicino a Charle. Entrambe faticavano a respirare, erano a pezzi come mai le aveva viste prima. Sentì la gola chiudersi dal dolore, la vista appannarsi. Era davvero niente di grave? Doveva esserlo, doveva sapere che sarebbe stata meglio nel giro di qualche ora, o sarebbe nuovamente impazzita. La piccola innocente Wendy, dalla dolcezza smisurata, gli occhi sempre attenti, che era pronta ad aiutare chiunque anche chi meno se lo meritava. Era la sua piccola protetta, se l'era ripromesso più volte, nessuno doveva neanchesfiorarla. E invece ora non riusciva nemmeno ad aprire gli occhi. 
«Wendy! Wendy!» la chiamò, terrorizzata, avvicinandosi al suo letto. Avrebbe dato qualsiasi cosa per sentire la sua voce chiamarla, pronunciare in quel modo sempre timido e piacevole il suo solito: «Priscillanee-san».
Ma a risponderle fu solo il suo respiro, affannato, e gli occhi restarono chiusi. 
«Makarov avrebbe dovuto trattenerti» una voce femminile, alla sua sinistra.
«Polushka» la riconobbe. «Che cos'ha? Cosa le è successo?»
«Fai troppo rumore. Deve riposare un po'».
"Deve solo riposare" una verità che conosceva fin troppo bene e che mai le era piaciuta. Quella frase, per lei, non era mai stata positiva. 
«Chi è stato?» ringhiò, sentendo i nervi tendersi.
«Non se lo ricorda. Dice che ha visto uno strano esserino scuro e poi è svenuta. Dev'essere deficienza magica. Perderne tanta in modo drastico può portare a ripercussioni fisiche. Ma è curabile, deve solo riposare un po'» spiegò Polushka, ma quelle parole parvero non rasserenare nemmeno un po' Priscilla che continuava a tendersi come una corda di violino. Strinse le coperte di Wendy tra le dita, i denti serrati, le sopracciglia corrucciate, la rabbia tanto palpabile che prese persino possesso dell'aria della stanza, cominciando a smuoverla e farla roteare intorno a sé tanto da farle svolazzare vestiti e capelli. 
«Mi aveva parlato di un libro che Grandine le aveva lasciato in eredità. Voleva imparare quelle magie in tempo per il torneo, voleva dare il suo contributo. Era disposta a impegnarsi così tanto e io la conosco, scommetto che lo ha fatto. Scommetto che ha dato tutta se stessa!» gracchiò, fuori di sé. «Chi è stato? Voglio sapere il suo nome!» urlò.
«Non lo sappiamo. Ma forse...» mormorò Polushka, turbata nel vedere la ragazza così fuori controllo. 
«Qualcuno che partecipa al torneo» ipotizzò la stessa Priscilla. «Chiunque osi sfiorare anche solo con un dito Wendy deve prima passare sul mio cadavere. Lei...» lei l'avrebbe potuta curare. Lei l'avrebbe potuta rendere umana. Non aveva mai avuto il coraggio di chiederglielo, forse non lo avrebbe mai fatto, ma ciò non toglieva che se mai un giorno avesse desiderato avrebbe sempre potuto provarci. Finché Wendy era accanto a lei il suo sogno, anche se irrealizzabile, poteva sempre essere sognato. Era il suo faro, la sua luce di speranza. La sua piccola e dolce sorellina. «Lei è la cosa più preziosa che ci sia al mondo. Gliela farò pagare. Gliela farò pagare molto cara, vedrai».
«Dovresti concentrarti sul torneo, lei sicuramente ti direbbe questo» provò a calmarla Polushka e si sorprese quando Priscilla spostando gli occhi su di lei mostrò uno sguardo sì furioso, ma concentrato e lucido come poche volte lo era stata. «Lo sono» disse decisa Priscilla. «Adesso ci penso io a tutto quanto» una sentenza, una minaccia che lasciava poco scampo. Avrebbe fatto sul serio, impiegando tutte le sue risorse, avrebbe scoperto e vendicato Wendy, avrebbe riportato il nome della sua gilda al primo posto, avrebbe ridato a tutta la sua famiglia gioia e serenità e avrebbe infine portato a termine quella missione che aveva cominciato insieme a Gerard. Niente avrebbe impedito a nessuno di loro di tornare a casa insieme, felici.
Restò al fianco di Wendy per tutta la notte, vigile e attenta, osservando il suo viso affaticato nel recupero. Troppe cose stavano accadendo, più di quante ne avesse previste, e sentiva che non tutte riguardavano la magia misteriosa che Gerard aveva sentito negli anni precedenti. Doveva essere un semplice torneo tra maghi, un gioco, un luogo dove riunirsi insieme a vecchie e nuove conoscenze, ma non erano nemmeno cominciati che qualcosa le fremeva in petto. Quell'accecante terrore di quel pomeriggio e la piccola Wendy ferita, debilitata, da uno sconosciuto che probabilmente minava alla sua famiglia. E quell'uomo, dalla maschera a forma di testa di leone, non faceva che pensare a lui con una certa inquietudine. Cominciò a sentire il rumore delle urla provenire dall'interno dello stadio e fu solo quello a darle un indizio sull'ora che si era appena fatta. Era mattina, lo stadio si stava riempiendo e i giochi sarebbero iniziati da lì a poco. 
«Priscilla-nee» la voce delicata e flebile di Wendy gracchiò al suo fianco, sorprendendola. 
«Wendy!» chiamò. «Sei sveglia?»
«Sei venuta a fare il tifo per noi?» chiese Wendy con la poca voce che aveva. Priscilla si lasciò scappare un sorriso intenerito: aveva da poco riaperto gli occhi e la prima cosa che andava a pensare era quel torneo per cui tanto si era impegnata. «Non mi sarei mai potuta perdere un grande evento come questo» disse e la ragazzina sembrò tornare ad addormentarsi, incapace di parlare ancora e troppo indebolita. «Mi dispiace» piagnucolò invece, pochi secondi dopo. «Fairy Tail contava su di me».
«È per questo che devi riposare. Non preoccuparti, Elfman ti sostituirà fino a che non sarai pronta a scendere in campo» cercò di rassicurarla e ancora Wendy parve crollare addormentata. Probabilmente lottava per restare sveglia, si sforzava di parlare, ma continuava a cadere vittima della stanchezza. 
«Fai il tifo per noi, Wendy-chan» sussurrò Priscilla dandole un tenero bacio sulla fronte sudata. Si alzò, lasciandola riposare, e infine si avvicinò alla porta pronta a tornare dai suoi compagni. Sentirla parlare, vederla pian piano riprendersi, l'aveva aiutata a ritrovare un po' di pace e calmarsi. Allungò una mano sulla maniglia ma ancora la sentì sussurrare, con quella poca voce che aveva. 
«Nee-san» un lamento, più che una parola. «Tu non puoi morire... vero?»
Una domanda come quella, per quanto era palese che Wendy stesse delirando per la malattia, certo non se l'aspettava in un momento come quello. Intensificava l'angoscia nel suo petto, i timori e i dubbi. Forse era solo un caso, forse solo un sogno, ma perché proprio di fronte a quella primordiale paura, perché proprio di fronte a quei dubbi sul ritorno di Ivan, Wendy andava preoccupandosi per la sua incolumità? Perché tutto doveva succedere proprio in un momento come quello?
«No» lamentò, abbassando gli occhi cupi. «Io non posso morire».
Una condanna per tutta la sua intera vita che ora, dopo tanto tempo, tornava a prendere la forma di un desiderio. Non poteva morire, non voleva morire. Tornò a concentrarsi sulla maniglia della porta, per aprirla e uscire, ma si sorprese quando si scoprì a tremare. 
Perché proprio in un momento come quello?
   
 
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