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Autore: freddiesghost    04/12/2019    0 recensioni
Si stava inaspettatamente bene, a vivere in quattro.
Secondo Butters dipendeva dal fatto che fossero tutti maturati ormai, i rapporti tra loro erano cambiati solo in meglio e ognuno era pronto ad aiutare l’altro in caso di necessità.
Secondo Kyle, invece, la motivazione era molto più semplice:
«È che non c’è più quel grassone di merda di Cartman, tutto qua. Era lui la parte marcia del gruppo.»
{Bunny}
{Kyman}
{Accenni Stendy}
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Butters Stotch, Eric Cartman, Kenny McCormick, Kyle Broflovski, Stan Marsh
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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[South Park, Colorado, 10 anni dopo]
 
 



Si stava inaspettatamente bene, a vivere in quattro.
La casa che avevano scelto era abbastanza piccola, ma una casa piccola significava anche meno spazio da dover pulire e tenere in ordine, prezzo più basso e stanze più calde in inverno.
Kenny e Butters, ora diventati una coppia, avevano progettato di andarsene a vivere per conto proprio altrove non appena avessero avuto la possibilità di farlo ma, ad essere sinceri, la convivenza con Kyle e Stan si era rivelata più piacevole di quanto avessero immaginato, e quel pensiero era lentamente passato in secondo piano.
Secondo Butters dipendeva dal fatto che fossero tutti maturati ormai, i rapporti tra loro erano cambiati solo in meglio e ognuno era pronto ad aiutare l’altro in caso di necessità.
Secondo Kyle, invece, la motivazione era molto più semplice:
 
«È che non c’è più quel grassone di merda di Cartman, tutto qua. Era lui la parte marcia del gruppo.» borbottò mentre erano tutti a tavola per pranzo, in risposta a uno dei discorsi fastidiosamente positivi di Butters.
Stan posò la forchetta in un gesto che diceva chiaramente “ho appena perso l’appetito”, e guardò l’amico seduto accanto a sé come se avesse pronunciato il nome di Adolf Hitler (il che non sarebbe poi stato tanto diverso).
Cartman.
Era letteralmente sparito dopo i primi anni di liceo e nessuno sapeva con esattezza che fine avesse fatto.
Tutto quello che sapevano era che da quel momento si respirava aria più leggera a South Park, e nessuno aveva più sentito l’esigenza di nominarlo, fino a quel giorno.
 
«Lo sapete che è così, qualcuno doveva dirlo.»
 
«Non è una cosa molto carina da dire, Kyle…» lo rimproverò Butters con un filo di voce, in un imbarazzante quanto inefficace tentativo di negare l’evidenza.
 
«“Non è una cosa carina da dire”?! Ti ha rinchiuso in un rifugio antiatomico, ti ha umiliato pubblicamente un centinaio di volte, ti ha fatto picchiare dai tuoi genitori solo per farsi due risate, e questo è solo l’inizio della lista!» rispose Kenny incredulo, ma indossava uno scaldacollo tirato fin sotto il naso, e tutto il suo discorso si ridusse a un «Mmmphh mmhuhmphhmhaamnhh!» che solo il diretto interessato sembrò comprendere.
 
«È vero Ken, ma eravamo dei bambini, le persone crescono e cambiano… e se è per questo ti ricordo che tu mi hai lanciato uno shuriken nell’occhio sinistro giocando ai ninja, eppure eccoci qua.»
E nel dire “eccoci qua” posò una mano su quella di Kenny appoggiata sul tavolo, con la faccia soddisfatta di chi ha appena vinto la discussione del secolo.
 
«Quello… è stato un incidente, e lo sai…» mormorò il biondo, abbassandosi lo scaldacollo quanto bastava per riprendere a mangiare.
 
Stan si decise a proferire parola, spinto solo dal bisogno di mettere fine a quel discorso il prima possibile:
«Ha ragione Kyle, ogni problema che abbiamo avuto e ogni stronzata che abbiamo fatto nella vita è stata a causa di Cartman, e adesso che non c’è più stiamo finalmente respirando! Lo possiamo ammettere, non siamo noi gli stronzi, siamo onesti con noi stessi. E adesso, chiudendo questo argomento per sempre, qualcuno vuole parlare di qualcos’altro?»
 
«Voi… voi non desiderate mai che sia ancora qua per fargliela pagare?» mormorò il rosso come se stesse parlando più con sé stesso che con i coinquilini, frugando con la forchetta nel proprio piatto a testa bassa.
 
«Kyle, NO, basta.»
 
«Io lo vorrei!» rispose con entusiasmo Kenny, come se qualcuno avesse proposto di organizzare una festa.
 
«Se lo meriterebbe, non riesco neanche a pensare che quella testa di cazzo in questo momento potrebbe essere in una bella casa, con un bel lavoro e una bella ragazza, circondato da cose che non si merita! Secondo voi che gli è successo?»
 
«Kyle basta, sul serio, ti interessa davvero?! Tanto non lo saprai mai! Cambiamo argomento!»
 
«Forse ha detto qualcosa a Craig prima di andarsene, negli ultimi tempi avevano messo su una specie di Fight Club…»
 
«Kyle!»
 
Il ragazzo ebreo infilzò un pezzo di hamburger con il coltello, probabilmente immaginando di infilzare il faccione sghignazzante di Eric Cartman, e per qualche momento ci fu il silenzio più pesante di sempre.
 
«Qualcuno vuole parlare di qualunque altra cosa?» fu l’ultimo disperato tentativo del moro, che aveva ormai finito di mangiare il suo hamburger vegano ma restava seduto a tavola solo per tenere compagnia agli altri.
 
«Come va con la tua ragazza?» provò Butters, ma si rese conto di aver toccato un tasto dolente vedendo Stan cambiare espressione e stappare la bottiglia di birra al centro del tavolo.
 
«È… non lo so, non so nemmeno se questo mese siamo fidanzati o meno. È un continuo tira e molla, ed è strana. Le ragazze sono strane. Beati voi…»
 
«Beh, ci siamo passati anche noi.» fece spallucce Kenny, lanciando un’occhiata a Butters che si limitò ad annuire.
Avevano avuto entrambi delle ragazze prima di avvicinarsi, brutte esperienze, ma comunque esperienze.
 
«Però dovete ammettere che voi bisessuali siete fortunati, sarà pure vero che il mare è pieno di pesci, ma voi avete un fottuto oceano in cui pescare! Il doppio delle possibilità!»
 
L’espressione di Kenny al momento era un misto tra “no, non è proprio così” e “eeww, per favore riprenditi la tua etichetta, grazie, prego, e non attaccarmela mai più”.
Non disse niente però, sapeva bene che Stan non intendeva mai dire qualcosa di stupido e che la sua era semplice mancanza di informazione.
Inoltre aveva cominciato a bere la sua birra, e niente di quello che avrebbe detto di lì a poco sarebbe contato granché.
 
 
Kyle si era appena alzato di scatto per portare il proprio piatto e quello di Stan nel lavandino, e nessuno aveva bisogno di guardarlo in faccia per capire che era ancora irritato.
Il campanello suonò proprio in quel momento.
Butters, che nel frattempo aveva appoggiato la testa sulla spalla di Kenny, sobbalzò sgranando gli occhi e tornò a sedersi dritto e coposto, sotto lo sguardo preoccupato del fidanzato: soffriva di una sorta di disturbo post-traumatico da stress, i maltrattamenti subiti da piccolo lo tormentavano ancora e, non avendo fatto il coming out definitivo in famiglia, era terrorizzato dall’idea che i suoi potessero venire a trovarlo senza preavviso e scoprire qualcosa. Kenny gli strinse una spalla per rassicurarlo, sapendo quanto il contatto fisico lo aiutasse in quei casi, e ricevette subito un sorriso un po’ nervoso ma pieno di gratitudine.
Il rosso, arrivato a metà strada tra il tavolo e il lavandino, guardò in direzione di Stan sperando che si alzasse lui per aprire la porta, ma vedendolo con la testa appoggiata sul tavolo, annegato nell’autocommiserazione, alzò gli occhi al cielo sbuffando: «Vado io, già che ci sono…»
 
Fece marcia indietro e, nei pochi secondi impiegati per arrivare alla porta, il campanello suonò una seconda volta, per poi essere premuto ripetutamente in un loop che gli fece saltare i nervi: «Arrivo, porca puttana, un secondo solo!!»
Spalancò la porta con la stessa violenza con cui avrebbe voluto spaccarla sulla testa di chiunque ci fosse sul pianerottolo e, da quel momento, tutto accadde a velocità raddoppiata:
Sbiancò sgranando gli occhi, i piatti gli caddero di mano frantumandosi sul pavimento, sbatté letteralmente la porta in faccia all’ospite, vi si appoggiò con la schiena e si lasciò scivolare a terra fino a sedersi, con la testa tra le mani.
 
«Che succede?!» chiese Butters, alzandosi in piedi come se avesse voluto scappare dalla finestra in caso di pericolo.
Gli altri, allarmati quanto lui, si alzarono a loro volta per andare incontro all’amico:
«Tutto bene? Che cazzo ti è preso?!»
«Chi c’è alla porta?!»
 
Il ragazzo ebreo si teneva ancora la testa tra le mani e fissava dritto di fronte a sé, stava letteralmente delirando: «Perché non sto mai zitto?! Perché non mi tengo mai per me quello che penso?! L’ho… l’ho praticamente evocato, è Satana in persona! Dev’essere un incubo, deve per forza-»
 
«Kyle, chi c’è alla porta?!» insistette il moro, che in fondo poteva già immaginare la risposta, ma che sperava con tutto il cuore di sbagliarsi.
 
«È… è tornato Cartman.»
   
 
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