IL CIMITERO DEGLI ADDII
La mia poesia
è come una camera stagna;
io ci urlo dentro,
può ascoltarmi solo chi legge.
Le feste, certe feste
che si avvicinano,
fastidiose e leste;
altri giorni da trascorrere solo,
perché tutti in fondo hanno chi vuol
loro bene,
io sono solo;
eppure il Natale non mi spaventa più
come un tempo,
non mi fa più impressione, né mi dona
imbarazzo.
Ecco che ricado in questo limbo
dove ho sepolto tutti coloro che ho
perduto,
falsi amici che non sono rimasti,
chi mi ha detto ti voglio bene, poi è
sparito,
e le mie gioie.
Osservo le mie delusioni
dalla giusta distanza,
e alla fine mi sembrano tanto piccole.
Nel complesso,
piccole.
Anche il mio cuore ormai
non avverte più nulla, pugnalata dopo
pugnalata
non avverte più niente.
Penso ora a me stesso;
alla mia recente fissa,
ovvero quella di farmi un regalo.
Per farmi stare bene;
che sia anche sono scrivere due
righe,
o una poesia,
le mie cure fai da te.
Mi regalerò una poesia
e in essa lascerò un altro segno di
me,
che quando tutto sarà finito
non restino solo lapidi in un
cimitero di addii
ma anche qualche seme pronto a
germinare.
Tu non mi fai più stare bene,
ciò che provavo per te adesso è un
fiore appassito
e non posso metterlo in acqua per
rinfrescarlo;
anche tu, che tanto mi hai illuso,
adesso sei
componente del cimitero degli addii.
Adesso tremo al solo pensiero di
rivederti,
ma tu devi starmi alla larga,
tu non mi farai più male.
Sì, più ci penso e più ci credo,
mi convinco che mi farò un regalo,
e lo farò per me stesso;
un’intenzione,
un seme di bontà vale molto più
delle vuote passioni umane
in un mondo dove l’amore
è il vuoto riflesso di un passato
dalle fondamenta di sabbia giallastra.
NOTA DELL’AUTORE
Scrivere una poesia è per me sempre una lieta novella. Questa
la dedico a me, alle mie paure, ai sogni infranti. Tutto ciò però sento che si
sta modificando, che si sta evolvendo. Dalla fine, un nuovo inizio; non
materiale, anche solo di puro pensiero.