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Autore: Akame28    06/12/2019    2 recensioni
Piccola Klance ambientata il giorno della Vigilia.
“E poi, è freddo. Sente freddo fuori, sulla punta del naso e sulla guance, però anche dentro, fin sotto il pesante giaccone felpato. Lo deve ammettere, è stato stupido a rifiutare la proposta di Shiro così, di stucco, dopo anni che trascorrono il Natale insieme, mentendogli per di più. Si sente sporco e ingiusto, Keith, sotto quella neve candida che inizia a cadere sottoforma di piccoli fiocchi.”
[One-shot scritta per il Calendario dell'Avvento di Fanwriter.it e del gruppo “Voltron: Legendary Defender ITA”]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Last Christmas, I gave you my heart


Shiro si gratta la testa, voltandosi un attimo in direzione del parcheggio. È raro che cerchi un appoggio con lo sguardo: di solito, succede quando è colto alla sprovvista e non sa cosa fare o dire. «Ne sei davvero sicuro?»

But the very next day, you gave it away

«Sì, non preoccuparti. Alcuni amici dell'università mi hanno chiesto di andare a cena con loro, la Vigilia» risponde Keith con un'alzata di spalle. Shiro abbozza un sorriso, uno di quelli da fratello maggiore che Keith ha visto sì e no un migliaio di volte. «Sono felice che hai iniziato a stringere amicizia. Ti fa bene socializzare un po'».

This year, to save me from tears

Annuisce, mentre si sforza di sorridere almeno un poco. «Già. Sono... simpatici».
Shiro gli si avvicina e gli dà una pacca. «Allora, ci vediamo per Capodanno. Sempre che tu sia libero».
«Lo sai che non posso mancare. Dopotutto, è come una tradizione di famiglia».
Shiro fa un passo indietro e s'incammina verso la macchina, mentre sventola la mano destra. Keith fa lo stesso, con il sorriso che pian piano scompare dalle labbra.

I'll give it to someone special

C'è tanta gente. La via è talmente affollata che Keith, più che evitare le persone, sembra che le stia scansando in malo modo. Odia questa situazione, perché gli sembra di essere compresso e che l'aria gli manchi sempre di più. Forse sarebbe sarebbe stato meglio rimanere a casa, al caldo, a guardarsi un bel film o anche semplicemente a cazzeggiare.

E poi, è freddo. Sente freddo fuori, sulla punta del naso e sulla guance, però anche dentro, fin sotto il pesante giaccone felpato. Lo deve ammettere, è stato stupido a rifiutare la proposta di Shiro così, di stucco, dopo anni che trascorrono il Natale insieme, mentendogli per di più. Si sente sporco e ingiusto, Keith, sotto quella neve candida che inizia a cadere sottoforma di piccoli fiocchi. 

Sospira. Ormai il danno è fatto, e deve accettarne le conseguenze.

Le vetrine dei negozi sono piene di addobbi natalizi, quasi più dell'anno precedente. Ci sono le luci, che circondano le entrate e gli scaffali, ma anche qualche cappellino sparso qua e là, sulle mensole o talvolta messo sui manichini stessi. 
Perfino chi deve ancora finire il turno di lavoro lo indossa, abbinato al maglione rosso o alla giacca nera. 
Chissà, magari potrebbe entrare da qualche parte a dare un'occhiata, e, con un po' di fortuna, potrebbe trovare un regalo per la mamma-

Poof. Keith sente contro la guancia qualcosa di freddo e liscio- è un giaccone, di questo ne è sicuro. Si ritrae all'indietro, e raddrizza la schiena, stupito dal fatto che nemmeno si era accorto di essersi piegato in avanti. «Mi-mi scusi, non l'avevo vista» dice imbarazzato, prima di accorgersi che, in realtà, quella persona già la conosce. 

Lance è un ragazzo alto più o meno quanto lui, con la pelle più scura e gli occhi blu. Sono compagni di corso all'università della Garrison, anche se, a dirla tutta, si parlano poco. «Oh, non preoccuparti, non è successo niente» risponde, sfoggiando un sorriso a trentadue denti. È strano, vederlo da solo. Di solito è sempre con i suoi amici o assieme ad altri ragazzi del corso. Ha in mano una busta, da cui traspare la carta colorata dei regali. 

Il silenzio che scende tra loro due è piuttosto imbarazzante. Keith ha un'incredibile voglia di salutarlo e andarsene, ma sente che non sarebbe giusto. Cioè, in realtà vorrebbe parlare con qualcuno e avere un po' di compagnia, però non è bravo in queste cose. Quindi se ne sta lì, con le mani in tasca, senza dire nulla. 
Anche Lance sembra non trovarsi proprio a suo agio. Si è infilato a sua volta le mani in tasca, e i suoi occhi non lo fissano per più di qualche secondo. Talvolta gira anche la testa. Non sa perché, ma da una parte gli fa pena, perché tra tutte le persona in cui doveva imbattersi gli è capitato proprio l'asociale. Dall'altra, lo trova buffo. «Allora... sei andato a fare dei regali?» cerca di agevolarlo, abbozzando un piccolo sorriso. Lance posa di nuovo lo sguardo su di lui, il viso che gli si arrossava. «Già, sono per i miei fratelli. E per i miei nipoti» si gratta la testa, mentre il rossore gli si fa più intenso. «E tu? In giro per lo stesso motivo?» 

«In un certo senso» dice, mentre si sposta più a destra, in modo tale da non essere al centro della via. «A dirla tutta, mi stavo sgranchendo un pochino le gambe». 
«Capisco... ». Si sbilancia un po' sulle punte dei piedi mentre piega le gambe per non perdere l'equilibrio, per poi tornare sui talloni. «Se non hai niente da fare,» esita, guardando di nuovo da un'altra parte, «perché non prendiamo qualcosa da bere? Neanche io ho voglia di stare a casa e qui fuori inizia a fare veramente freddo». 
Keith scuote le spalle, percorso da un brivido. In effetti, ha ragione. Prima non se n' era accorto, immerso nei suoi pensieri. «D'accordo». 


«Stavo pensando...» fa Lance, mentre con gli occhi scorre le vetrine dei negozi, «... come trascorrerai la Vigilia?» 
Keith si gira a guardarlo, e da una parte preferirebbe non rispondere. Abbassa un attimo lo sguardo, cercando di concentrarsi sulla strada davanti. Lance sembra notarlo, perché si affretta ad aggiungere: «Cioè, così lo chiedo, se non vuoi rispondere non fa niente. Era... solo per fare conversazione».
«Ecco...» inizia col dire, poi si fa coraggio, «In realtà, no, non ne ho idea. Un mio amico mi ha invitato a trascorrerlo insieme al fidanzato, però non mi andava di guastare l'atmosfera con la mia presenza. Sarebbe il loro primo Natale come una coppia».
«Capisco» dice semplicemente Lance. «È il ragazzo con cui stavi parlando l'altro giorno?»
«Sì»

Keith tace per qualche minuto. «Tu, invece? Hai qualcosa in programma per stasera?» 
«Starò con la mia famiglia. Tra qualche ora dovrebbe atterrare anche l'aereo della nonna. Viene da Cuba»
«Vive lì?» 
«Sì. Non ha voluto andarsene, quando abbiamo deciso di trasferirci. Ha detto che quella è casa sua e che non l'avrebbe lasciata per nessun motivo». Alza le spalle. «È fatta così. Però le voglio bene proprio per questo». Sorride. 
«Devi volere molto bene alla tua famiglia» dice Keith in un soffio, spostando lo sguardo sulla punta delle scarpe. 
«Già. Siamo molto legati». Keith sente Lance fare un sospiro. «Comunque... se vuoi puoi parlarne»
«Cosa?»
Lance lo fissa. «Non voglio fare l'impiccione o che, solo... sembri un giù di morale» dice, e dalla voce nemmeno lui sembra così convinto. Si vede che è preoccupato. 
Anche Keith fa un sospiro. «Il fatto è che...» dice, e non sa bene per quale motivo lo stia facendo, «... io mi ero innamorato di una persona. È successo il Natale scorso. Era da un po' che la vedevo come qualcosa di più, solo che me ne sono reso davvero conto la Vigilia. Però... si è fidanzato con un'altra persona prima ancora che potessi dirglielo». Keith si tira su con la schiena, poi continua: «Ero arrabbiato con lui. E non ne avevo ragione. È stupido, lo so, ma credo di essere stato talmente egoista da credere di averne il diritto».

Tace. Non ha idea di cosa Lance possa pensare, ma è sicuro che non sia nulla di buono. Nemmeno lui stesso sente il motivo per cui dovrebbe essere giustificato o si dovesse sentire meno peggio. 
«Io credo che sia normale, che tu ti sia sentito arrabbiato» dice Lance, mentre gli rivolge un piccolo sorriso. «Voglio dire, in queste situazioni pensiamo e facciamo le cose più stupide che ci possano venire in mente, quindi suppongo che non c'è nulla di strano. Prima o poi passerà». 

Cade di nuovo il silenzio, durante il quale entrambi osservano il parco ormai coperto di un sottile strato di neve bianca. Non sa come, ma in qualche modo si sente meglio. «Grazie» trova il coraggio di dire, prima di piegarsi in avanti ed alzarsi, ancora con le mani in tasca. «Ora... devo andare». 
«Sì, anche io» dice Lance, imitando i suoi stessi movimenti.
«Allora... ci vediamo all'università» 
«Sì...»
Rimangono per qualche istante l'uno davanti all'altro, senza dire nulla. Keith, poi, fa un cenno con la mano e si incammina nella direzione opposta a quella di Lance, che rimane per lì per un attimo. Si gira anche lui ed inizia ad andarsene, quando, d'un tratto, si ferma. «Keith...». 
«Mhn?» 
«Ti va di venire da noi?» 
   
 
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