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Autore: Mladen Milik    08/12/2019    0 recensioni
Byron ha due obiettivi nella vita: diventare un eroe professionista e creare un harem di donne meravigliose tutte a sua completa disposizione. Se non conosce quale dei due desideri sia quello più importante, è però consapevole che il suo futuro passa dall'esame di ammissione all'accademia per novelli eroi più prestigiosa d'Europa, la H.E.A. Byron sarà però accompagnato da una schiera bizzarra di aspiranti eroi, una nuova generazioni di stelle che diventeranno allo stesso tempo i suoi migliori amici e i suoi rivali. Un ragazzo rossiccio ossessionato dalla palla da basket, uno svizzero che si pompa divorando cioccolato e coltiva un orto concimandolo personalmente, un ragazzo il cui unico potere è quello di addormentarsi, una ragazza fatta di acciaio, un vero e proprio scimmione e un'autentica dea sono solo alcuni dei suoi energici e fuori di testa compagni di classe. Mentre infatti eroi professionisti dai poteri prodigiosi affrontano la minaccia di villain sempre più potenti e minacciosi, un'alba scarlatta di nuove matricole è pronta a sorgere attraverso la fatica e il sudore della fronte, accompagnati dal canto gridato al cielo "Plus Ultra!"
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: All Might, Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 6



Sedeva con le gambe incrociate sul tappeto polveroso del salone, intorno a lei poteva chiaramente sentire le voci dei fratelli e dei genitori, l’atmosfera era calda e familiare, il crepitio del camino rilassava i loro sensi, le luci dell’albero di natale consolavano i loro occhi. Le sue piccole manine scartarono con calma il regalo rosa che aveva davanti alle gambe, la carta iniziò a stracciarsi pian piano e i suoi occhi di bambini si fecero larghi e spalancati con pupille grandi e adoranti. Tra le mani stringeva adesso una piccola bambola vestita da dottoressa, la stessa che aveva visto in quel negozio di giocattoli qualche mese prima, la magia del natale gliel’aveva fatta trovare sotto l’albero, incartata e agghindata. I suoi occhi si fecero commossi e abbracciò la bambola con tutta la forza che una bambina potesse avere.
“Ti piace il regalo, piccola mia?” le chiese sua mamma con voce amorevole. La bambina si voltò con gli occhi lilla che fissarono la mamma felici, la donna la abbracciò e la strinse al petto, la piccola sentiva il cuore della madre battere ripetutamente.
“Anche io quando sarò grande voglio diventare un dottore” disse la bambina con voce sommessa ed emozionata.
“Tu sarai sempre e comunque la mia dottoressa” rispose la madre accarezzandole con il dito il naso.
“Quando avrò la mia unicità la userò per salvare le persone” continuò la bambina energica e sorridente. La donna sorrise e le diede un buffetto sulla fronte, poi prese la bambola e chiese alla figlia: “Che nome vuoi dare alla tua nuova amica?” La bambina roteò un po’ nei suoi pensieri, concentrata.
“Medusa” rispose lei.


 

I suoi pensieri stavano volando in ogni direzione possibile, sembrò quasi che la sua mente stesse approfittando di quel breve stallo per ricordare per quale motivo fosse lì, perché mai fosse arrivata fino a quel punto, perché mai adesso si trovava in quello stadio coperto con l’obiettivo di farsi giustizia da sola. Non capì perché proprio in quel momento aveva ricordato il natale con la sua famiglia, ma sicuramente ritornare alla realtà la porto a ritrovare subito quale fosse la strada che ormai non poteva più abbandonare.
Davanti ai suoi occhi c’era un eroe professionista, non che professore della HEA, la più prestigiosa scuola per aspiranti eroi al mondo, accanto a lui due studenti, uno dei quali era il figlio del suo nemico, il dottor Burke, l’uomo che ora era ben saldo nella mani del suo scagnozzo, l’uomo che le aveva rovinato la vita. Ricordava bene cosa l’avesse condotta fino a quel punto, ricordava bene la scena del suo crollo, il momento dove il castello di carte era stato spazzato via da una bava di vento, l’attimo in cui il ricordo della morte assoluta e della distruzione si era ripresentato davanti alla sua vista.
La sala operatoria la ricordava stracolma di ragazzi giovani come lei, il gruppo si era affollato intorno al tavolo dell’operazione, tutti ricoperti di un camice bianco, la mascherina sul viso, sembrava davvero di essere dentro ad una sitcom sulla medicina, si sentiva un personaggio di Grey’s Anatomy, il suo sogno stava finalmente arrivando. Al centro della scena si ergeva il dottor Burke, primario di chirurgia, responsabile degli stagisti e riconosciuto come uno tra i medici migliori della nazione. Il suo quirk lasciava poco a intendere.
“Surgical”, il dono della cura, attraverso le sue mani era in grado di ricucire, curare, risolvere qualsiasi operazione chirurgica che non fosse generata da virus o agenti patogeni, nell’ambiente medico e scientifico, il suo quirk era praticamente il dono di un dio e questo gli permetteva di avere avuto un successo internazionale, era un guru della scienza ed era davanti a lei. Non poteva certo vedere il suo viso, dopotutto quando si trovava intorno a delle persone non si toglieva mai la benda sugli occhi, con il tempo ci aveva fatto l’abitudine e in ambito medico si era sempre impegnata così tanto che fino ad allora aveva sempre imparato ad occhi chiusi, senza mai fallire. Il dottor Burke aveva già iniziato a spiegare in che modo avrebbe curato questa appendicite, mostrando agli stagisti i passaggi senza usare il suo quirk e nascondendo le sue mani dietro guanti medici, ma osservando la ragazza in prima fila con una benda bianca sugli occhi si era fermato.
“Ragazza, che stai facendo? Togli quella benda dalla faccia” le aveva detto lui, lei non poteva vederlo e non poteva riconoscere che la sua voce calda.
“Signor primario, non è possibile, il mio quirk non me lo permette” aveva risposto lei con il cuore che le iniziava a battere a mille, normalmente le bastava spiegare il suo quirk per far smettere alle persone di costringerla a togliersi la benda, ma un primario non vuole risposte negative e ha l’arroganza per fare quello che vuole in un ospedale. Era successo tutto molto in fretta, il dotto Burke l’aveva obbligata a togliersi la bende, probabilmente credendo che lei lo stesso sfidando o innervosendo volutamente, il suo quirk si era manifestato subito con il paziente, che ancora sveglio, stava ascoltando il dottore parlare agli stagisti, i loro occhi si erano incontrati, l’uomo aveva un quirk che aveva a che fare in qualche modo con la vista, i suoi bulbi oculari erano esplosi poco dopo.
Mentre ricordava tutto questo una furia cieca iniziava a distruggerle le vene e a mieterle il fiato, quando davanti alla memoria percorreva il suo percorso verso la distruzione. Le parole del primario il giorno dopo erano ancora per lei pietre lapidarie contro la sua pelle.
“Non sei in grado di salvare nessuna persona, tu puoi portare solo morte, non incontrerai mai più la medicina nella tua vita, sei licenziata, non farti più vedere e vedi di non essere un pericolo per il mondo” le aveva detto il dotto Burke con tono mostruosamente serio e severo, lei si ricordava che stesse piangendo lacrime calde sotto la sua stessa benda, l’avevano spedita in un centro di controllo dei quirk, non avrebbe mai più rivisto la medicina, in quel momento era iniziato l’oblio e il baratro, ma ora il tempo per i ricordi era finito, finalmente era arrivato il momento della sua rivalsa.
“Ti consiglio di andartene chiunque tu sia, lascia il dottore e allontanati da questo posto, ti trovi davanti ad un eroe professionista di spessore, grande spessore” disse quindi Clarence, facendo il gesto premonitore di slacciarsi la cravatta rossa. La giovane donna dai lunghi capelli viola e lisci e con la benda nera ancora a coprirle gli occhi sorrise arrogante.
“Non prima di aver fatto un po’ di controlli preliminari” rispose lei maligna “Non ho alcuna intenzione di andare via”
“La avverto, Darkshine...ah!” provò a dire il dottor Burke, chiuso dalla presa del secondo villain mostruoso che non appena aprì la parola, diede una forte stretta alla spalla del primario che urlò di dolore.
“Padre!” urlò Richard facendo un passo in avanti terrorizzato, ma venne bloccato dal fisico scultorei di Clarence.
“Tranquillo, ragazzo, sono dopotutto un eroe, ci penso io a risolverla qui, cercate di raggiungere gli altri gruppi e chiamate aiuto” disse l’uomo di colore.
Richard rimase immobile a scambiarsi degli sguardi con il padre, completamente pietrificato dal panico, poi Balboa con sguardo fatto gli mise una mano sulla spalla per invitarlo ad allontanarsi, dopotutto anche Richard era consapevole di non poter aiutare il padre con la sua unicità, ma non appena i due fecero un passo ecco che dal terreno si aprì una seconda voragine e davanti a loro apparve un terzo individuo, aveva la testa piccola coperta da degli occhiali arancioni enormi, sul capo un trapano al posto dei capelli e al limitare delle braccia, artigli in metallo.
“Bravo, Mole Cricket, fai in modo che nessuno degli studenti rovini i nostri piani e fai in modo che gli altri esperimenti facciano il loro lavoro” disse quindi Homeopath con voce liquida, passandosi la lingua sulla bocca.
“Ehi non darmi ordini, sono tutti pronti a servire la nostra padrona” replicò lui e si interrò ancora nel foro nel terreno che aveva creato.
“Che cosa state orchestrando?” chiese Clarence, ora più spaventato “Non vorrete davvero attaccare una classe di studenti?”
Dopotutto i gruppi di 2 o 3 ragazzi erano divisi per tutta la struttura, dove erano state allestite delle sezioni per l’addestramento, ogni gruppo era lontano e non era a portata di voce, dopotutto quello stadio era stato costruito apposta per ospitare questo genere di attività, in quel momento la sicurezza dei suoi studenti valeva molto di più di tutto il resto. Clarence si strappò i vestiti energico e rimase con solo il perizoma addosso davanti ai villain schierati, immediatamente la sua pelle iniziò a farsi lucida e umidiccia, dopotutto quella era il suo quirk “Lubed”.
La sua pelle era cosparsa di una sostanza unta e oliosa, in grado da sola di deviare qualsiasi colpo gli venisse inflitto, inoltre condiva in tutto con una muscolatura devastante, un vero e proprio colosso. Sul suo corpo, oltre al perizoma, rimase solo il cappello da pescatore, mentre si preparava inesorabilmente a lottare.
Richard diede un’occhiata al padre e si chiese per qual motivo fosse successo tutto quello, ma sopratutto si sentì inutile, aveva mani grandi e potenti, ma il suo quirk gli permetteva solo di evitare qualche emorragia non era adatto a combattere e aveva passato il test solo perché raccomandato dal padre, in pratica aveva barato, nonostante la scuola avesse richiesto la presenza di un ragazzo con poteri di cura nella classe, ma davanti a dei villain professionisti, lui non era che uno scricciolo indifeso.


 

“Nooooooon èeeeeeeeeee neeeeeeeeeeceeeeeeeessaaaaaaariiiioooo cheeeeeeee tuuuuuuuuuu miiiiiiiii poooooooortiiiiiiiiii suuuuuulleeeeeeeee spaaaaaaaaalleeeeeeeeeeee” disse pachirdemica Agatha, metre Percy in gruppo con lei la portava sulle spalle per evitare di raggiungere la sezione della montagna dopo la prossima olimpiade. Trent sorrise sommesso.
“Detto così lentamente sembrava avesse detto palle, troppo forte!” disse lui ridendo e Percy lo incenerì con lo sguardo per la pessima battuta, Trent, nascosto dietro i suoi baffi a manubrio alzò le braccia in segno di scuse, ma continuò a ridere di nascosto, lo trovava divertentissimo.
“Maaaaaaaa...” iniziò a dire Agatha.
“No. Ti prego, Agatha, io ti voglio bene, ma a meno che non sia una cosa di vita o di morte ti prego di non parlare, perché mi sento invecchiare” la bloccò Trent e Agatha appoggiò la testa su quella di Percy che si irrigidì confuso pensando a cosa stracazzo stesse facendo quella lì appisolata su di lui, poi adagiò il carico scomodo per terra e osservò la sezione del padiglione che ospitava la montagna, l’obiettivo era quello di salvare dei civili da una valanga nel minor tempo possibile e senza dimenticare nessuno.
“Maaaaaaaaa...”
“In questo panorama sarebbe servita Derriere...O Russel, comunque qualcuno in grado di fiutare nella neve, dei cani in pratica” disse quindi Trent osservando il panorama innevato e non sapendo da dove cominciare con la prova.
“Maaaaaa...” ù
“Scavare a caso potrebbe essere controproducente, dovremmo almeno tentare di spartirci la zona, sempre se Agatha riesca a essere utile” continuò Percy e diede un cenno di assoluto biasimo ad Agatha, senza il bisogno di guardarla, il gesto del collo era stato sufficiente a simboleggiare la sua supremazia.
“MAAAAAAAAAAA….”
“La neve non fa per me, in inverno chiudono le strade e derapare su una ruota diventa pericoloso...” disse quindi Trent, ma venne fermato dalla voce di Agatha che si era fatta improvvisamente alta e urlante.
“Ma porca miseria! Siete due trogloditi senza cervello! E’ da diversi minuti che cerco di dirvi che proprio qui c’è un uomo molto minaccioso! Ma voi non ascoltate, idioti! E adesso ho esaurito la mia molla del bradipo, quindi sono completamente inutile!” urlò lei, smettendo di trattenere la velocità, consapevole che questo annullasse il suo potere e girando con forza Percy per vedere che un tizio alto e completamente coperto da tessuto nero si fosse avvicinato a loro.
Senza che Percy e Trent potessero rendersi conto di quello che fosse successo ecco che questi era scattato con velocità impressionante, Percy schivò agilmente, Trent invece fu costretto a compiere un salto nella neve fresca, vista la sua bassa statura scomparì letteralmente nel bianco. Percy iniziò quindi a succhiare ovomaltina fino a svenire e quando il tizio misterioso si voltò ecco che lui aveva già pronto il suo colpo. Percy, gonfio di muscoli e rapido come un San Bernardo sul Bernina, caricò il suo colpo migliore con il pugno serrato.
“Sankt Moritz smash!” Il pugno scaraventò il tizio nella neve, apparentemente lasciandolo privo di sensi.
“Chi mai potrebbe essere?” chiese quindi Agatha constatando che fosse privo di sensi per il colpo mostruoso dello svizzero.
“Non lo so, ma ho un brutto presentimento” replicò Percy sempre con tono fiero e catastrofico.
“Qualcuno mi dà una mano?” concluse Trent chiedendo soccorso alpino, ancora inabissato nel ghiaccio.


 

“Eh dai! Annie, perché mai mi tieni il muso? Non penso di aver fatto nulla di male...Certo niente di nuovo almeno” disse Byron rammaricato roteando intorno alla ex fidanzata che si era ritrovata in gruppo con lui, la ragazza dai capelli castani nervosa aveva serrato i pugni e procedeva imperterrita verso il condominio dove c’era una simulazione d’incendio.
“Sai che cos’è questo?” chiese lei mostrando a Byron un fagotto con dentro del cibo “Questo era il pranzo che questa mattina avevo preparato per te con molta cura, ieri ti avevo pure detto che dato che tu ti stavi lamentando di non essere capace di cucinare, te l’avrei portato io! E tu non mi hai nemmeno calcolata oggi!”
“Quando me l’avresti proposto?” chiese lui con tono da imbecille.
“Sei arrivato al punto che non mi calcoli nemmeno” rispose lei sull’orlo delle lacrime “Questa mattina io mi sono alzata presto per farti un panino con la cotoletta e tu oggi non mi hai nemmeno concessa uno sguardo, il tuo comportamento è inaccettabile”
“Annie, mi dispiace, ma davvero non pensavo che dicessi sul serio, davvero hai preparato il pranzo solo per me?” chiese quindi Byron seriamente colpito. Annie annuì malinconica, i suoi occhi a palla erano quanto di più triste e deluso avesse mai visto, la ragazza si allontanò triste e osservò l’edificio in fiamme, ormai rassegnata al fatto che di lei a Byron non importasse un granché.
All’improvviso sentì una presenza sinistra arrivarle alle spalle, un afflato caldo e spigoloso allo stesso tempo, quasi che Byron stesso provando a sfiorarle il collo, lei si voltò furiosa e bloccò a terra con le sue braccia coperte d’acciaio il profanatore per poi scoprire che non si trattava di Byron, Byron stava facendo pipì in maniera molto fine contro un muro di cinta. Annie mollò la presa su Momo imbarazzata e gli chiese scusa con il cuore depresso in mano e gli occhi a palla sofferenti.
“Stai serena, principessa, ognuno fa gesti estremi in amore” disse Momo con il solito tono indecifrabile.
“Eh?” “Beh sei innamorata iena di quel ragazzo, si vede, io ti consiglierei un approccio più sconcertante, prova a usare la...”
“Zitto!” intervenne lei “E non parlare così ad alta voce? Byron è stupido, non sordo. E comunque non è affatto vero”
“Questi amori adolescenziali mi fanno bagnare tutto uhuh! Ma il tuo segreto è al sicuro dentro il mio pancino” disse quindi lui e si sistemò il ciuffo biondo con della lacca, allontanandosi. Annie rimase con la bocca spalancata al centro della scena, come un cerbiatto abbagliato dai fari, Byron la raggiunse e la guardò confuso visto che la sua ex non stava dando segni di vita.
“Annie...qualcosa non...”
“Non una parola” sentenziò lei, ma anche senza la sua cesura il trio venne interrotto dall’arrivo di un misterioso uomo coperto di nero che si ergeva davanti a loro, questi corse a gran velocità verso Byron che venne colto di sorpresa, ma Annie interamente coperta di metallo si interpose velocemente tra i due e l’uomo sbatte la testa contro il volto infrantumabile di Annie, cadendo sventuto. Subito dopo, prima che Byron potesse dire qualsiasi cosa sul fatto che Annie l’avesse salvato ecco che il suo telefono squillò, lo estrasse dalla tasca e notò che Percy lo stesse chiamando.
Percy era suo amico, ma dopo l’incidente con Emma non avevano più avuto rapporti, era diverso che come con Cedric, Percy e Byron non avevano un motivo diretto per odiarsi, ma rimanevano comunque in estrema tensione, vedere quella chiamata era per lui una sensazione strana.
“Pronto”
“Byron, a quanto pare i telefono non prendono in nessun modo con l’esterno della struttura e nello stadio sei l’unico che sono riuscito a raggiungere, non ti nascondo che prima ho provato a chiamare tutti gli altri, eri la mia ultima scelta” disse Percy dal telefono.
“Che operatore usi?”
“Iliad perché?”
“Eheh, ancora una volta il marcio vince, a quanto pare siamo gli unici a poterci chiamare qui dentro perché gli unici con Iliad, la situazione è strana, ma mi fa godere tantissimo”
“Siamo sotto attacco, idiota. Pensa ad un modo per raggiungere l’esterno, io cerco di radunare gli altri” concluse Percy serio e molto preoccupato, anche se il suo tono rimaneva quello di un timido Schwartzenegger. Byron concluse la chiamata e si scambiò uno sguardo con Annie.
“Ora è il momento di sudare”


 

Il colpo violentissimo del colosso scivolò sulla pelle unta di Clarence, elegantemente il principe nubiano roteò dunque il busto e con un colpo preciso spedì il villain mascherato qualche metro lontano.
Questi cadde in posizione da contrattacco proprio accanto ad Homeopath, che non si scompose, poi con un balzo felino ritornò all’attacco con velocità impressionante, Clarence fece fatica a seguirlo, ma ancora una volta il pugno dell’avversario scivolò sui suoi addominali lubrificati e con le mani giunte in un bagher pallavolistico Clarence spinse sul cemento il villain, che cadde a terra con un tonfo. Clarence però non fece in tempo a reagire che dovette fare un balzo leonino all’indietro per intercettare l’attacco del secondo scagnozzo di Homepath, Mole Cricket, che aveva attaccato i due ragazzi che il professore stava proteggendo.
Clarence schivò i capelli a trapano dell’avversario e con un calcio sul petto con il piede nudo unto lo scagliò nello specchio d’acqua per la simulazione di salvataggio in mare. Richard osservava tutto spaventato e in preda al panico, accanto a lui Balboa era più tranquillo e continuava ad ubriacarsi senza sosta, proprio in quel momento sentirono uno spostamento d’aria e su di loro pronto a colpirli con tutta la sua violenza apparve il villain mascherato.
Clarence digrignò i denti e scivolò con il suo stesso olio sui piedi per intercettare il colpo con le braccia, il colpo scivolò ancora, ma questa volta il calcio di Clarence venne schivato dall’avversario. Il mostro mascherato afferrò quindi Clarence per il perizoma e lo colpì in pieno volto, questa volta l’impatto non fu schivabile e Clarence finì a sua volta nell’acqua.
“Figliolo scappa, sei il futuro della medicina!” urlò il primario Burke, ma Richard era completamente in trance e fu Balboa a spostarlo con una spallata prima di schivare il pugno verso il terreno del villain misterioso.
“Ultra drunk instinct” il suo quirk aumentava i suoi sensi maggiore era l’alcool che aveva in corpo, dopotutto la sera prima aveva sboccato l’anima ad una riunione di partito nel centro sociale sulla base di vodka degli urali e grappa polacca portata dai compagni del partito dei lavoratori di Polonia, era al massimo della forma, i suoi sensi potevano rivaleggiare quelli di un pro in questo momento.
“O bevi o muori, dottore” disse Balboa, mentre schivava un altro colpo. Richard pensava intanto a cosa c’entrasse lui in tutto questo, osservò la ragazza misteriosa che non aveva ancora fatto la sua mossa, questa anche se fosse bendata sembrò percepire il suo sguardo e sorrise malignamente.
“Non hai idea del perché tu sia il mio bersaglio, vero?” chiese Homeopath sinistra.
“Lascia andare mio padre, siamo professionisti che salviamo le persone, siamo il pinnacolo del progresso scientifico, non abbiamo fatto nulla di male” disse Richard petulante.
“Non farò niente del genere. Tuo padre è un maiale, dio gli ha dato il dono della cura, senza di quello non è nessuno, ha ricevuto da bambino la grazia di avere un quirk che l’ha reso famoso, mentre ci sono persone che per via del loro potere non sono potute diventare medici” iniziò a spiegare Homeopath, mentre Clarence era uscito dall’acqua e aveva colpito il colosso che sembrava invulnerabile, mentre Balboa rifiatava sgasandosi una birra intera.
“Dio non esiste” suggerì Richard, ma Homeopath non si interessò della sua esclamazione.
“C’è chi viene benedetto per essere ciò che vuole diventare senza nessuna fatica, quando invece ci sono persone che sputano sangue per diventare qualcosa, ma per colpa di un fato maligno non possono fare altro che fare del male, ebbene allora se questa è la mia vocazione, la metterò in atto a mio piacimento, cercando di fare più male possibile”
“Ma io che cosa c’entro in tutto questo? Non ti conosco nemmeno!” chiese Richard ora più energico.
“Oh no, tu non mi conosci, ma il dottor Burke sa benissimo chi sono e sa benissimo che cosa è in grado di fare il mio quirk” “Io non so chi sei, non osar toccare mio figlio” esordì il dotto Burke ergendosi tra lei e Richard.
“Aspetta e vedrai” disse quindi lei e lentamente si tolse la benda, mostrando due splendidi occhi lilla, il dottor Burke non fece in tempo a bestemmiare che aveva già incrociato il suo sguardo, conosceva bene quegli occhi, conosceva bene quella pazza e si rese conto che con quell’unico sguardo sarebbe potuto morire. Il dotto Burke si voltò istantaneamente, correndo verso Richard e abbracciandolo in modo che non la guardasse.
“Non guardarla negli occhi” sussurrò lui poi iniziò ad urlare di dolore. La presa sul figlio si disperse e il dottore iniziò a contorcersi tenendosi le mani, che Richard osservò stessero diventando livide e viola, inoltre i polsi erano rotti, per qualche strano arcano, dopo quello sguardo, le mani del padre, si erano distrutte.
“Che cosa hai…?” iniziò ad esclamare Richard, ma Homeopath era già su di lui a pochi centimetri di distanza con il sorriso sulle labbra, Richard chiuse gli occhi istantaneamente.
“Dottor Burke, osservi come dopo averle distrutto il suo quirk, le ammazzo anche suo figlio davanti agli occhi” disse lei e dal vestito di pelle succinto scesero dalle maniche delle catene dentellate, lei le strinse con i guanti e si apprestò a colpire un Richard terrorizzato, ma Clarence sul cui corpo iniziavano a sentirsi i colpi, che se anche fosse in grado di schivarli, riuscivano comunque a fargli danno, quell’avversario era comunque formidabile , si allontanò dall’uomo mascherato, si frappose tra lei e Richard venendo colpito brutalmente dalle catene che gli lasciarono tagli profondi, ma non riuscirono a infilzare il suo corpo spesso e maestoso. Quindi prese con forza le catene e trascinò Homopath contro di sé, quando riuscì a tirarla abbastanza vicino con un pugno la gettò a diversi metri di distanza.
“Ci sono qui io” disse lui con il fiatone, ma improvvisamente gemette di dolore, Richard osservò che l’olio lubrificante che aveva sul corpo iniziava a produrre delle bolle. Clarence si lasciò cadere e si ritrovò con le ginocchia a terra, urlando di dolore, il suo quirk si stava rivoltando contro di lui, l’olio lo stava friggendo e i suoi muscoli erano devastati da quel calore come fosse in una padella. ù
“Andatevene via, ragazzi!” urlò Clarence sofferente al massimo, ma ancora in piedi. Da destra però apparve il guerriero mascherato che questa volta colpì Clarence con forza immensa in pieno volto, il professore cadde inerte qualche metro più in là.
“Quella fascista ha un quirk legato agli occhi, probabilmente Clarence deve aver incrociato il suo sguardo” disse Balboa nervoso, ma energico, raggiungendo Richard e il dottor Burke che non riusciva più a muovere le mani che erano livide e rotte.
“Sapete che cosa è l’omeopatia, ragazzini?” chiese la ragazza che intanto, con un grosso occhio nero per il colpo subito da Clarence, si era alzata e avanzava lentamente.
“il rimedio appropriato per una determinata malattia sarebbe dato da quella sostanza che, in una persona sana, induce sintomi simili a quelli osservati nella persona malata. Tale sostanza, detta anche "principio omeopatico", una volta individuata viene somministrata al malato in una quantità fortemente diluita e dinamizzata. A quanto pare io non ero adatta a fare il medico, visto che il mio corpo reagisce ai quirk altrui come fossero malattie, i miei occhi funzionano come il principio omeopatico, sono in grado di somministrare con lo sguardo ai vostri quirk la vostra potenza in maniera diluita, fino a distruggere il vostro corpo con la vostra unicità, in pratica sono in grado solo di distruggere” spiegò lei con voce isterica e condita da risatine insane.
“L’omeopatia non è una scienza esatta, è il male della medicina, non ti permetterò di diluire il mio quirk” disse Richard sconvolto, ma la donna aveva già estratto nuovamente le catene e le aveva scagliate contro di loro. Balboa spinse ancora lontano Richard e schivò entrambi i colpi dell’avversaria, prima di scolarsi ancora la birra per ricaricarsi. All’improvviso però sentì un rumore sotto i suoi piedi e saltò d’istinto, sotto di lui si aprì una voragine, ma Homopath aveva attaccato ancora e costretto a schivare a mezz’aria, non riuscì a cambiare di direzione in tempo per non finire nel buco.
Pochi secondi dopo rispuntò svenuto da un’altra voragine con Mole Cricket, il grillo talpa, l’aveva messo fuori dai giochi. Il dottor Burke si alzò quindi e si mosse verso il figlio, lo abbracciò e gli disse: “Qualsiasi cosa succeda, tu diventerai un grande medico” Poi si voltò pronto a difendere il figlio ad ogni costo, davanti a lui si ergeva il colosso nero.
“Dopotutto sarò anche un bastardo, ma salvare le persone è l’unica cosa che so fare” disse quindi il Dottor Burke “E poi...l’omeopatia è la medicina dei ciarlatani”.


 

“Non ho mai provato una sensazione di schifo così profonda, come prendere le tue sembianze, mi sentivo decomporre, ma come fai ad essere vivo?” chiese Mel a Maxwell mentre seguivano Percy verso l’entrata dello stadio.
“Ehi! Intanto ti ho salvato la vita con il mio rutto cosmico e poi non c’è bisogno di insultare, lol, la prossima volta prendevi le sembianze di qualcos'altro” replicò Maxwell nervoso, mentre cercava di stare al passo a fatica, con le ginocchia introflesse su loro stesse. Percy li portò dove tutto il gruppo degli studenti si era ritrovato, consapevoli che un gruppo di villain li stesse attaccando, ma senza sapere dove fossero Balboa e Richard che mancavano all’appello, così come il professor Clarence. “
Spero che a Clarence non sia accaduto nulla” sospirò Ebony con tono assuefatto “Se qualcosa di brutto dovesse accadere a quella mazza….volevo dire stazza. Non avrei più ragione per vivere”
Che cosa cazzo sta succedendo?” chiese quindi Trent confuso, quando il gruppo si era completamente riunito.
“Noi siamo stati attaccati da un essere umanoide mascherato, me ne sono sbarazzata, ma sicuramente non faceva parte dell’esercitazione” rispose Annie spaventata. “Noi ne abbiamo affrontati tre e mi hanno pure ferita” aggiunse Aphrodite indicando un taglio sul suo bel faccino insoddisfatto “Quei marrani si penseranno due volto prima di deturpare il mio viso perfetto un’altra volta”
“Anche noi siamo stati attaccati” disse quindi Cedric palleggiando con forza tra le gambe “E una cosa ci ha lasciato confusi, ne abbiamo smascherato uno e non aveva fattezze umane sul viso, non aveva occhi, bocca o naso, sembrava un manichino inanimato. Io e Lincoln avremmo voluto osservarlo meglio, ma Derriere ha pensato bene di mangiargli la testa per poi rigurgitarla”
“Grrrr” ringhiò Derriere in un angolo, mentre la sua linguetta veniva passata sul suo inguine pelosetto. Il gruppo iniziò a parlare animatamente sul da farsi. Lolly era talmente ansiosa che faceva fatica a trattenere la pipì e ogni volta che prendeva parte ad una conversazione esordiva con un porcone, per poi aggredire verbalmente il suo interlocutore.
Bernadette si era rintanata in un angolo a pregare il signore, aveva disegnato sul muro con un gesso una croce e si era prostrata al suo cospetto. Logan dormiva beato con la bava alla bocca, mentre Momo, beh Momo non stava facendo assolutamente niente stava mangiando formaggio senza che gli altri se ne curassero.
“Lasciate che sia io a cercare gli altri, voi trovate un modo per chiamare aiuto, abbiamo bisogno di eroi professionisti” intervenne quindi Percy superando le voci incasinate “Se Richard e Balboa non sono qui potrebbe essere successo qualcosa di grosso”
“Confermo! Quando si tratta di Clarence c’è sempre qualcosa di grosso in mezzo” esclamò quindi ansiosa Ebony, completamente fuori dal personaggio, sembrava posseduta dallo spirito del nervosismo, da quando aveva saputo che Clarence era scomparso, aveva completamente perso il senno.
“Come farò a sposarlo se schiatta in questo postaccio? Non posso rinunciare a tutta quella massa!” continuava lei mentre Lolly cercava di consolarla.
“Tu non andrai da nessuna parte. Siamo un gruppo e ci muoviamo insieme. Solo perché ti credi il migliore ti sentì in diritto di fare la prima donna?” chiese Cedric prendendo spazio e arrivando petto contro petto con Percy, era molto meno muscoloso, ma lo sovrastava in altezza.
“Voglio solo che voi rimaniate sani e salvi, se rimanete in gruppo riuscirete ad affrontare i pericoli in maniera più efficace, disperderci è un rischio” spiegò Percy severo. “Non sto parlando di cosa sia giusto o sbagliato, sto parlando di te. Con che arroganza vieni qui a dirci quello che dobbiamo fare, mentre tu vai a fare l’eroe chissà dove? Ti eccita così tanto sentirti dire che sei il number 1?” “Io mi sto prendendo il peso di andarli a cercare, non sto facendo niente di più, Cedric e stai esagerando”
“Tu ti stai pavoneggiando, coglione” Percy prese quindi Cedric per i bordi della canottiera e lo fissò intenso nei bulbi oculari, il baskettaro tacque improvvisamente, mentre lo svizzero sembrava avergli dato un ultimo avvertimento.
“Io sono qui per diventare un eroe, sono qui per imparare a prendermi le responsabilità di quel lavoro, io ora sto pensando a salvare delle persone che potrebbero essere nei guai, tu in tutto questo cosa stai facendo? Stai pensando agli altri o a te stesso? Perché sei venuto alla HEA per diventare un eroe? Per venire a litigare con me? Cedric tu capisci benissimo che cosa sta succedendo, quindi piantala di vedermi come un nemico e cerca di vedermi come un compagno, puoi odiarmi quanto ti pare, ma Richard potrebbe essere morto” disse Percy e tutta la classe trattenne il respiro, era la prima volta che il miglior studente del loro anno scendeva da un ipotetico piedistallo per spiegare le sue ragioni.
“Percy, tu vai, io starò qui e cercherò un modo per andare via da questo posto a costo di puzzare come la salsa tsatsiki che hai mangiato ieri” disse quindi Byron indossando un maglione pesante di lana di cincillà. “Non osare insultare la mia tsatsiki” disse quindi Percy ritrovando il sorriso.
“No no. Ha ragione il puzzone, il mio sputo era molto più simile ad una tsatsiki rispetto a quello che hai preparato tu, per non dire altro...” disse quindi Lolly scettica.
“La salsa segreta dello svizzero” concluse Trent lurido e ricevette di risposta un colpo alla nuca da Mel. Percy roteò gli occhi e si voltò pronto per saltare giù dalle tribune, ma venne fermato dal braccio di Cedric.
“Non siamo amici, nulla è cambiato, ma da solo, se c’è davvero una situazione di pericolo non ce la farai mai. Concedimi di aiutarti, dopotutto il mio quirk non mi farà certo uscire da questo posto, tuttavia può risultare utile per coprirti le spalle” disse quindi Cedric allo svizzero. Percy gli strinse la mano con forza, lasciando Cedric confuso. “Puoi dire quello che vuoi, sappi che mi sei mancato e continuerai a mancarmi”
I due ragazzi scesero dunque dal secondo anello delle tribune, mentre gli altri rimanevano concentrati per cercare di capire come uscire da quella prigione di cemento, visto che tutto l’impianto sembrava addormentato. I telefoni non funzionavano verso l’esterno, le vie di comunicazione erano sigillate e tutti i compartimenti stagni chiusi in modo da non permettere a nessuno di raggiungere le entrate.
Derriere scaricò la tensione urinando su un ignaro Roberlandy con la gambetta alzata, per poi raschiare il pavimento con i piedi come per marcare il territorio, entro la fine della discussione aveva marchiato tutti i maschi della classe, una mossa meschina, codarda, ma che avrebbe dato inizio all’età dell’oro.
“L’unica soluzione che abbiamo è quella di sfondare il soffitto, il materiale di quella cupola e in metallo sottile, nessuno di noi è in grado di sfondare mura di cemento così spesse” spiegò quindi Russel osservando il circondario.
“Se avessi come me una lavatrice potrei farlo, la farei diventare il mio destriero indistruttibile” replicò Trent sorridendo.
“Ma ti alleni anche per dir cagate?” chiese Lincoln oblungo sulle ginocchia che roteava il collo al centro del cerchio formatosi per cercare di ascoltare tutti. Lolly intanto tirò fuori il telefono e si fece una foto con Mel e Ebony che la fissarono confuse.
“Che c’è? Il mio canale instagram ha la bellezza di 50 follower! Si aspettano da me almeno una storia al giorno su temi tumblr, aka feminism, #lgbt, #freesex. Non posso deludere il mio pubblico eh” disse Lolly senza togliere lo sguardo dallo schermo, completamente drogata di quell’affare. Intanto Byron non sembrava interessarsi della conversazione, superò con un salto il corpo di Derriere, intenta a rotolare su sé stessa al centro del pavimento e si diresse con sguardo fiero e pulsante verso Bernadette, ancora inginocchiata nell’angolo in solitudine. Byron le mise una mano sulla spalla e lei si voltò, occhi intimoriti, bocca tremante e cuore a mille.
“Tentata come Gesù nel Getzemani, il peccato di lussuria mi cerca di nuovo” disse lei con tono martirizzato. “Bernadette, mi servi” disse lui con voce da tenore.
“Non è la voce dell’arcangelo Gabriele, non è la voce dell’arcangelo Gabriele, non è la voce dell’arcangelo Gabriele...” continuava a ripetersi la suora mentre la scena stava lentamente decomponendo i suoi sensi. “Ho bisogno che tu ti faccia calda come una fornace” Bernadette cacciò un urlo terrificante e iniziò a correre intorno a tutti i suoi compagni di classe, cercando di nascondersi dietro al corpo degli altri per evitare Byron che la stava rincorrendo a fatica. Bernadette corse verso Annie e si abbracciò alla ragazza che bloccò Byron con una mano sul petto, la ragazza dal caschetto castano arrossì istantaneamente.
“Non hai pudore, non hai limiti, maiale” disse lei balbettante.
“Non avete capito. Ho trovato la soluzione per questo stallo” disse lui sincero “Io ho la forza motrice necessaria per sfondare quel tetto, ma ho bisogno di sudare tantissimo e quando dico tantissimo non intendo tantissimo, intendo che devo sudare proprio come un finlandese in sauna e per farlo ho bisogno delle fiamme di Giovanna d’Arco”
“Non concederò il mio potere per quel demone tentatore” piagnucolò Bernadette con la testa nascosta nel petto di Annie, che la abbracciava come fosse sua figlia.
“Non è un’idea stupida, Byron ne ha le capacità, ma come pensi di sfondare quel tetto senza spaccarti la testa? Non avrai un cervello e non subiresti danni permanenti che già non possiedi, ma potresti anche morire” intervenne Lincoln apparendo con il collo alle spalle di Annie, quasi fosse una sciarpa animata. Byron indicò quindi Annie con la mano e la ragazza arrossì ancora di più.
“Con il tuo acciaio impenetrabile sfonderai quel cazzo di tetto, basta che non ti imbarazzi troppo essere presa in braccio dal sottoscritto” spiegò Byron alzando il sopracciglio, Annie si sentì sciogliere. A questo punto tutti stavano guardando Bernadette che sembrava veramente un piccolo gattino impaurito.
“Tutti voi! Siete gli occhi dei farisei che giudicarono Gesù nel tempio, Anna e Caifa venuti per darmi il mio Golgota” disse lei completamente terrorizzata, si staccò da Annie e si rintanò in un angolo in penitenza, la videro persino frustarsi con il cordone della tunica, pronunciando frasi in hiddish.
Mel quindi alzò il sopracciglio convinta, tirò fuori il suo rossetto e lo passò sul collo di Bernadette prima che la suoretta perdesse il senno. Lentamente si tramutò in tutto e per tutto a lei, i capelli si fecero grigo-biancastri, gli occhi gialli e si abbassò di diversi centimetri.
“Il fatto di non essere al centro dell’attenzione mi dà fastidio, avanti Byron, abbrustoliamo quel bel culetto” disse lei con tono aggressivo e sensuale, che in quel corpo stonava tantissimo. La ragazza metallara ora nel corpo di Bernadette iniziò a circondare la sua pelle di fiamme, Byron quindi allungò le braccia in avanti e Annie, tremante si fece d’acciaio e si fece prendere in braccio.
“Dio se pesi...” esclamò Byron.
“Mi insulti pure adesso...” Mel iniziò a produrre un intensa quantità di calore, sufficiente a fondere il rame, Byron iniziò a sudare come una fontana, trattenendo gemiti di dolore per il caldo soffocante e per le possibili ustioni che gli avrebbe causato, dopo qualche secondo di intenso fiammeggiare Byron era interamente bagnato, quello che accadde dopo fu una questioni di secondi. Lo squot-jump di Byron scatenò crepe e nel pavimento, quasi fosse un terremoto, in un secondo il ragazzo era già scomparso dalla vista e poco dopo lui e Annie sfondarono il tetto con un foro gigantesco. La ragazza quindi prese Byron ormai al limite delle forze per le braccia, come la madonna nella pietà di Michelangelo e sfruttando la sua pelle in acciaio si proiettò fuori dallo stadio senza rompersi nulla.
“Ce l’abbiamo fatta?” chiese Byron dolorante, ancora tra le braccia di Annie.
“Ce l’hai fatta, sei stato magnifico...cioè...mhm...hai fatto il tuo dovere” replicò lei.
“Ti amo” disse lui prima di svenire con la bava alla bocca, lei lasciò la presa e lo lasciò privo di sensi al suolo, gli occhi spalancati e la bocca pietrificata.
“Cosa? Che cazzo! Ti odio, Byron Love” urlò lei in preda alla confusione per quelle parole fuori contesto.


 


 

 “Finalmente, dottor Burke, finalmente la ragazzina a cui hai distrutto il futuro e le speranze avrà modo di distruggere la tua carriera e il tuo futuro nello stesso momento” disse Homeopath avanzando lentamente verso Richard e il padre.
“Tu eri un pericolo per il mondo, non solo per l’ospedale, avresti ammazzato altri pazienti senza nemmeno rendertene conto” replicò il dottore che, nonostante le mani livide, cercava con carisma di prendere tutto il tempo necessario affinché arrivassero degli eroi.
“Io avevo talento e passione, tu me l’hai strappato! E io strapperò la vita di tuo figlio davanti ad i tuoi occhi, ora levati di mezzo e lascia finire il mio lavoro” continuò lei e verso il dottor Burke si mosse il mostro coperto di nero che non sembrava aver subito danni significativi. Proprio in quel momento però si sentì un rumore quasi esplosivo e, alzando gli occhi al cielo, osservarono che qualcosa aveva fatto un buco nel tetto dello stadio.
“Dannazione! Finiamo velocemente questa faccenda! Avanti, togli di mezzo il dottore” suggerì quindi Homeopath al suo scagnozzo che si preparò a colpire con il dottor Burke che chiuse gli occhi per il dolore mentre Richard urlava al padre di spostarsi. Tuttavia una sagoma misteriosa bloccò il colpo del colosso. Davanti a Richard apparve un costume attillato rosso crociato, glutei di marmo e polpacci grandi come ciminiere. Si sentì un rumore di cannuccia che si beve il contenuto del succo.
“Ho quasi finito la mia scorta, ma questo non mi fermerà dal disintegrarti” disse Percy con tono convinto e con un sorriso storto sul viso. Percy fu veloce a schivare un colpo mostruoso, poi il suo polpaccio si mosse da solo.
“Rogeeeeer Federeeer Smash!” Il mostro cadde lontano, ma pronto a reagire, Percy però fu più veloce e con un montante dal basso gli fracassò la mandibola. Homeopath scagliò dunque le sue catene contro lo svizzero, ma un pallone da basket intercettò il colpo.
“Lui avrà i suoi bei nomi svizzeri, ma io come repertorio per nominare le mie mosse, ho la storia del basket. Chiamami Buzzerbeater, puttana” disse Cedric con un sorriso a 32 denti e una faccia da culo stampata sul viso.
“Ragazzi, non guardatela negli occhi!” urlò Richard mentre abbracciava il padre.
“Porta tuo padre all’entrata, gli eroi saranno qui a momenti” disse Percy. I due iniziarono a correre via, Homeopath sconvolta scaglio le sue catene verso i due, ma ancora una volta i palloni da basket le intercettarono e Cedric, ne prese uno al volo dopo il rimbalzò, scagliandolo proprio sul muso. Percy gli cadde a pochi metri di distanza, dopo una spallata del colosso.
“Qui non ne usciamo senza qualche graffio” disse Percy dolorante e constatando il naso sanguinante, quel mostro era ben più potente di lui.
“Cambio! Zona 3-2!” urlò Cedric e scagliò una palla da basket nel volto del gigante, poi spostò Percy per palleggiare verso l’avversario, che però si riprese indifferente e agganciò per la caviglia il ragazzo, prima di buttarlo per terra, lasciandolo incosciente. Percy venne quindi colpito al costato dalla catena tagliente di Homeopath, ma con uno spirito indomito schivò il secondo colpo con un salto e con un secondo balzo fracassò il gigante nella tempia. Homeopath si scagliò quindi su di lui per lottare corpo a corpo, ma venne fermata da una presa alla caviglia, voltandosi osservò Clarence, completamente ustionato, ma che si era strisciato fino a lei.
“Non ti lascerò toccare i miei studenti” disse lui tossendo. Poi stritolò la caviglia della ragazza fino a quando lei non lo colpì al volto con un calcio, lasciandolo nuovamente privo di sensi. Intanto Percy colpì la bestia con una serie di pugni all’addome, ma questi non sembrava subir danno e il colpo successivo scagliò persi nell’acqua, rompendogli il sistema che aveva per succhiare ovomaltina. Non appena si rese conto di essere nell’acqua la sua vista si annebbiò istantaneamente, le orecchie iniziarono a sanguinare e si sentì annegare, non sapeva nuotare.
Davanti agli occhi rivide l’immagine di lui insieme a Byron e Percy quando erano bambini, sorridevano felici ed erano appena entrati di nascosto nel British Museum per passare la notte in segreto nel museo, si erano serrati nel bagno fino alla chiusura.
“La prossima volta invitiamo anche delle ragazze” ricordava che avesse detto Byron.
“Non osar toccare mia sorella” aveva replicato Cedric, si ricordava bene che fossero un gran bel trio. Mentre il fiato iniziava ad abbandonarlo, immaginò il fatto che stesse per morire da eroe, poi le immagini dei suoi compagni iniziarono a passargli davanti alla vita. Avrebbe voluto almeno dare un bacio a Momo...voleva dire Lolly, sarebbe morto senza nemmeno aver fatto propriamente pace con Cedric e Byron, si promise che se fosse uscito da quel lago avrebbe visitato Emma.
“All i ever wanted...”
Una musica iniziò a balenare nelle sue orecchi in preda ad un’otite terrificante.
“Was to see you smile...”
La canzone era vivida, pensò fosse il coro degli angeli. Poi davanti agli occhi apparve il volto sensuale di un uomo, il più bell’uomo che avesse mai visto, il suo essere subì un tremito volgare. Lo vide chiaramente muovere i pettorali quasi avessero vita propria, poi questi gli afferrò la mano e si ritrovò in una attimo fuori dall’acqua. Cedric dolorante e intontito lo raggiunse e si fece sboccare addosso dell’acqua.
“Hai appena rigurgitato il lago di Lucerna, ma adesso siamo salvi” disse Cedric con il labbro frantumato.
“Che è successo?” chiese Percy senza fiato.
“Lui è qui” Davanti a loro si palesò un culo muscoloso, completamente all’aria, i glutei si muovevano all’unisono con una musica assordante da discoteca, il resto del corpo era scultoreo, mentre la testa era rinchiusa in una bandana rossa, Percy osservò intimidito che tra le chiappe dell’uomo ci fosse un tanga.
“Ragazzi potete stare sereni, è arrivato il carnevale di Rio” disse lui con voce brasiliana e movimento di glutei, davanti a loro si era palesato l’eroe che occupava la nona posizione nel ranking, lo Spacca-testa brasiliano, Ricardo Milos.
“Questa non ci voleva! Fermalo immediatamente” urlò Homeopath e incitò il suo uomo a fermare l’eroe. Ricardo chiuse gli occhi, sorrise, un sorriso bianco e intenso, il movimento di petto si fece denso e turgido, l’eroe si voltò di novanta gradi, proprio mentre il mostro era sopra di lui, la rotazione del busto fu impercettibile, il pugno che si scatenò devastante, lo scagnozzo di Homeopath, esplose letteralmente in un grumo di sangue, Ricardo venne coperto da liquido caldo e rossastro.
“Aspettavo proprio che tu venissi” disse lui con tono da poeta, ma quando si voltò osservò Homeopath scomparire dentro il tunnel insieme al Mole Cricket. “Inseguiamola!” urlò Cedric energico, ma il bicipite metallico di Ricardo lo interruppe.
“Prima regola dell’eroismo, i villain non meritano il tuo amore, i primi nella lista dei tuoi fidanzati saranno sempre i feriti” spiegò lui e sollevò Clarence ferito, un’immagine ricca di muscoli, ma sopratutto di spessore. Percy e Cedric rimasero a bocca aperta per l’espressione di eroismo e virilità dell’eroe brasiliano. Immediatamente discese dal cielo anche un secondo eroe, entrando a velocità sonica e atterrando proprio davanti a loro, sollevando un polverone.
Era interamente ricoperto da placche metalliche, gli avambracci avevano degli alettoni rossi d’aereo, così come il casco era proprio a forma di boing. Le spalle avevano dei veri e propri motori ad aerazione e i piedi sembravano dei piccoli jet, anche loro muniti di motore, era facile capire chi fosse. L’eroe che occupava la dodicesima posizione, Torbinsky, considerato tra gli eroi più veloci del circuito, il jet russo in grado di circumnavigare il globo in qualche minuto.
“что за советы здесь происходили?» chiese il russo in lingua incomprensibile. Ricardo Milos sembrò in grado anche di intenderlo.
“Ci ho pensato io, sei arrivato in ritardo...Strano, l’aerophlot dicono sia la peggior...miglior compagnia aerea del mondo” disse Ricardo ridendo di gusto mentre la musica cozzala e il petto continuavano a muoversi.
“бог собака заткнись платье!” disse quindi il russo.
“Questo è meglio non tradurlo” disse quindi Ricardo mentre aiutava ad alzarsi uno stordito, Balboa.
“Ho sentito parlare sovietico e mi sono svegliato, sono morto o il sol dell’avvenir comunista è finalmente giunto?” chiese Balboa sommesso e chiaramente in astinenza da birra. Mentre il jet russo aiutava il gruppo dolorante a tornare all’entrata Ricardo osservò la serie di fori nel terreno che il grillo talpa aveva creato, i suoi glutei fremerono durissimi, poi con sguardo magnetico osservò il gruppo di studenti.
“Non è finita qui, quella pazza non era sola, questi studenti si meritano un carnevale brasiliano a tutti gli effetti per il loro coraggio” disse quindi Ricardo e spense l’ipod che aveva nascosto nel pacco.

   
 
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