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Autore: viola_capuleti    08/12/2019    0 recensioni
Raven ha sempre avuto la certezza di essere una ragazza normale, nonostante la famiglia ristretta alla madre Elen e l'amico di famiglia Andrea che non la lasciano mai sola, i numerosi traslochi e la vistosa cicatrice che ha sul petto.
Ma tutto cambierà quando un misterioso uomo comparirà davanti a casa sua, insieme ad un particolare trio di ragazzi, proprio quando sua mamma dovrà andarsene di casa per lavoro e un misterioso coniglio albino le farà compagnia nei suoi sogni per avvertirla di un pericolo.
Scoprirà ben presto di far parte di una relatà ben più grande di quanto avrebbe mai potuto immaginare...
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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CAPITOLO 12
Quando il gatto c'è i topi scappano



Si rese conto di essere pietrificata dalla paura quando Chuck riuscì a togliersela di dosso sgusciando da sotto di lei, facendo leva sulle gambe per poterla buttare a terra e filarsela verso i suoi compari.
Quei tre erano dei bestioni in confronto a Chuck e il suo amico. Se era anche solo riuscita a tenere a distanza di sicurezza quei due da lei al parco con un bastone, non aveva una mezza chance in quel momento.
-Ma guardatela, prima era tanto spavalda. – commentò uno di loro, quello castano –Adesso è con la coda tra le gambe. -.
La sua risatina la fece tornare a ragionare: non poteva assolutamente restare lì.
Probabilmente Matisse e Andrea si erano già accorti che lei aveva lasciato il supermercato e di sicuro non avranno esitato ad avvertire Milord o a cercarla direttamente senza coinvolgere quel rompiscatole. Aveva solo bisogno di guadagnare tempo per loro e per sé stessa.
Intanto cercò vie di fuga.
Era troppo in alto per saltare dalla finestra. Poteva correre dalle scale, ma quelli erano di sicuro più veloci di lei. Potevano anche raggiungerla saltando al suo posto da una qualsiasi finestra
Si mise in piedi appoggiandosi su un ginocchio, dicendo con il tono più intimidatorio che riuscisse a fare: -Tsk, non ho la coda tra le gambe, mi avete solo colta di sorpresa. -.
Vicino a lei gli operai avevano lasciato degli attrezzi. Le bastò pestare un piede sulla lama di una pala incrostata di cemento e prenderla al volo per il manico per appropriarsene. La puntò verso di loro insinuando: -Voi piuttosto siete dei bei vigliacchi: quattro contro uno, una ragazza per di più. Avete paura di me? Il vostro amico lì ha già provato sulla pelle quello che posso fare, non credete di spaventarmi. -.
Si capiva benissimo che non se la stavano bevendo. Quello castano non aveva perso il sogghigno dalla faccia e somigliava fin troppo a quello strafottente di Milord.
-Senti, Raven, vogliamo solo parlarti. – disse quello biondo.
Raven si concentrò su di lui e quando lo guardò bene in faccia le sembrò di riconoscerlo.
Impossibile che lo avesse già visto, se era con Chuck era palesemente un uomo di questa Hydra che la stava rintracciando, quindi se mai si fossero incrociati prima avrebbe cercato di catturarla. Si concentrò, cercando di ricordarsi perché quel viso e quel colore di capelli le sembrassero familiari, mentre quello con i capelli neri intervenne quasi sottovoce, rivolgendosi al biondo: -Carlo, è meglio portarla prima da qualche altra parte prima che la raggiungano. Le potremmo parlare con calma così. -.
-Mi sembra già abbastanza agitata, vorrei evitare di ... -.
-Non sarà agitata se la mettiamo prima KO. – ribatté quello castano, interrompendo l’altro.
All’improvviso Raven realizzò.
-Tu! – esclamò puntandogli la pala contro –Ti ho già visto, riconosco la tua faccia -.
Il demone chiamato Carlo assunse un’aria interrogativa, mentre il moro osservò: -Tecnicamente siamo gemelli, abbiamo la stessa faccia tutti e tre. -.
La ragazza lo ignorò: -Tu sei nella foto con mia madre! Sfocato, ma riconoscibile. Sei mio padre? -.
Era proprio lui, non c’erano davvero dubbi. La sua faccia era davvero sfocata, ma ci somigliava davvero troppo per poterlo scambiare con qualcun altro. Si trovava davvero davanti a suo padre?
Carlo diventò paonazzo e con una strana sensazione di sollievo Raven lo vide sbottare: -Ma di che diavolo di foto stai parlando? Non sono tuo padre! -.
-Cosa ci facevi con mia madre allora? Perché non mi hai fatto niente quando ero una bambina? Anzi, che ne avete fatto di mia madre adesso? -.
Questa volta parlò Chuck, come se si vergognasse, nascondendosi di un altro poco dietro a quei tre energumeni: -Ho origliato la conversazione e agito di conseguenza. Dovevo solo attirarti qui. -.
-Scema! – esclamò il castano scoppiando in una corta risata.
Fu prontamente punito da uno scappellotto sulla nuca da parte di Carlo, che si ricompose subito: -Ti spiegheremo tutto Raven. Intanto tua madre credo stia bene, noi non le abbiamo fatto niente. -.
-Beh, sarà meglio. – rispose Raven, infinitamente sollevata da quella dichiarazione.
Sua mamma stava bene, non era in mano a nessuno. Se non aveva risposto al messaggio era per un altro motivo. Assolutamente ottimo.
Abbassò la pala e vi si appoggiò contro, tirando un sospiro di sollievo.
Un rumore attirò la sua attenzione, dietro di lei: passi affrettati sulle scale. Dovevano averlo sentito anche gli altri quattro, perché si misero subito sull’attenti, pronti a reagire. Dall’apertura nel pavimento emerse la testa bionda di Andrea, cosa che fece gioire Raven, ma subito ammutolì quando l’angelo raggiunse il pianerottolo impugnando una pistola bianca a due mani.
Si piazzò a gambe larghe accanto a lei, tenendo sotto tiro i tre demoni e il mezzo demone, esclamando: -Non provate a fare un solo passo McMastiff, o vi crivello. -.
-Andrea… -.
Gli occhi color pervinca dell’angelo si fissarono su di lei per un breve attimo, prima di tornare sul bersaglio, e lui sibilò: -Cosa ti è saltato in mente? Sei nei guai fino al collo Raven. -.
-Avevano detto che mamma… -.
-Se tua madre fosse in pericolo lo saprei. – tagliò corto Andrea, per poi rivolgersi agli altri –Vedo che Regina ha iniziato a spedire la cavalleria pesante contro di noi. Che onore avere i gemellini alle calcagna. -.
Carlo corrugò le sopracciglia in una espressione spazientita, borbottando: -Valentine, ancora tu. -.
-Te lo avevo detto di darti una mossa. – fece il demone castano, prontamente zittito dal terzo: -Madison, ti prego, stai zitto. -.
-Evitiamo di farci del male. – continuò Andrea, alzando il mento con spavalderia –Voi ve ne andate e noi anche, illesi. Mi sembra una cosa ragionevole. -.
-Sarebbe ora di fare abbassare la cresta a questo angelo. – propose Madison facendosi scrocchiare le nocche delle mani –Siamo in vantaggio, possiamo farlo a pezzi e prenderci la ragazza. -.
-Datti una calmata capra! Che cosa otterremmo facendo così eh? -.
-E piantala di darmi contro Rosco, quello si crede chissà che solo perché è il leccapiedi di Elen. -.
Raven riprese ad impugnare la pala, dicendo: -Andrea non è il leccapiedi di mia madre. -.
-Non ti hanno detto niente, vero? – fece Rosco alzando un sopracciglio, aggiungendo: -Beh, se verrai con noi ti diremo tutto. Soprattutto non ti faremo niente, cosa che nessun altro può assicurarti. -.
Andrea si piazzò davanti a Raven, tagliandole la vista del demone, e ringhiò: -Non credere d’incantarla, non è così stupida da non capire che la state cercando di portare da Regina intortandola con delle promesse. -.
Madison sbuffò incrociando le braccia: -Chi ha detto che l’avremmo portata da Regina? Dai troppe cose per scontato. -.
-Vuoi tapparti quella boccaccia? – sibilarono all’unisono i suoi fratelli scattando a dargli due manate dietro il collo.
Raven non poteva vedere le facce dei tre demoni, ma di Chuck sì e sembrava confuso da quello che Madison aveva appena detto. Se era loro alleato e lavoravano per Regina era scontato che se l’avessero presa l’avrebbero portata da lei, quindi perché fare quella faccia? Potevano aver mentito, ma sembrava che il mezzo demone avesse avuto una reazione genuina, quindi forse…
Si distrasse per un improvviso odore di bruciato.
Con un fruscio di stoffa, Milord si parò davanti a loro due a braccia spalancate, il trench militare aperto come se fossero state ali schioccò nell’aria per il movimento interrotto bruscamente. Al suo fianco si fecero avanti Jaguar e Beast, in forma animale, ringhiando sommessamente.
Raven si spostò per riuscire a vedere come i demoni avessero preso l’arrivo improvviso di rinforzi.
Chuck sembrava disperato, con l’occhio spalancato e con un piede spostato indietro, come se non aspettasse altro che voltarsi e cominciare a scappare. I tre gemelli, invece, sembravano aver preso lo stupore che provava poco prima il mezzo demone, fissando nella sua direzione.
Anzi, guardando Milord.
Il suddetto sembrò perdere a sua volta sicurezza, rimanendo in silenzio e abbassando le braccia.
Quei quattro sembravano cervi sorpresi dagli abbaglianti di una macchina.
Milord irrigidì la mascella: -Voi? -.
-Milo? Sei proprio tu? – chiese Carlo facendo un passo avanti, titubante.
Beast inclinò la testa, guardando prima il suo compagno e poi il demone, chiedendo: -Vi conoscete? -.
-Ti avevo detto di non venire, cerca almeno di non dire sciocchezze! – scattò Milord, ma Madison aggiunse: -Pensavamo fossi morto! -.
-I Faoil ci avevano detto di te, ma pensavamo fosse solo qualcuno che ti somigliava. – disse ancora Rosco.
Il mezzo demone strinse i pugni e rispose: -Io non so di che cosa stiate parlando. -.
-Raven è con te? – continuò Carlo –La porterai da Elen? -.
-Non sono affari vostri. -.
-Da quello che ci hanno detto non lavori più con lei. – intervenne Rosco, aggrottando la fronte –Che ci vuoi fare con la ragazza? -.
-Di certo non lo spiegherò a chi sta nel torto. -.
-Ma sentite questo! -.
Si voltò appena, guardando con la coda nell’occhio l’angelo. Stava ancora tenendo la pistola puntata contro i McMastiff, conoscendolo nessuno dei tre avrebbe avuto la possibilità di muoversi senza venire colpito. Raven invece sembrava avere la sua stessa sicurezza, ma si vedeva che se la stava facendo sotto.
I gemelli erano forti, poteva tenere testa ad almeno due di loro, Jaguar poteva occuparsi di quello rimasto se non era Madison. Con Beast di mezzo non poteva rischiare di ingaggiare una lotta troppo lunga o si sarebbe fatto male.
Odiava scappare davanti al pericolo, ma non aveva scelta.
-Andate voi due, io mi occupo di questi. – ordinò Milord facendo un gesto indietro con un braccio, dalla cui manica iniziò ad uscire un fumo denso e scuro.
Andrea non perse tempo e afferrò Raven per la spalla, trascinandola giù dalle scale di corsa. La ragazza lasciò andare la pala, concentrandosi più sul seguire l’angelo e mettere più distanza possibile tra lei e quei pazzi.
-Vi conoscete? – chiese, affiancandolo mentre uscivano dal palazzo.
L’angelo la prese per un polso e continuò a correre tenendola stretta, rispondendo: -Sì, faccio parte della Resistenza contro Regina, li ho già visti quelli. -.
-Mamma cosa centra in tutto questo? -.
Andrea schioccò le labbra: -Tua madre è il mio capo. Diciamo… diciamo che tua mamma è come i McMastiff. Te lo avrei detto ieri, ma sei intrattabile. -.
-Lei è una demone? -.
-E io sono un angelo. – ribadì Andrea –Ora risparmia fiato zucchero. -.
Corsero fino alla villa, dove Matisse stava tenendo il cancello aperto per loro. Lo chiuse facendolo tremare e subito saltò al collo di Raven stringendola tra le sue braccia magre.
-Stai bene Raven? Non ti hanno fatto del male, vero? -.
-No, sto bene. – mentì Raven.
La cicatrice le pulsava in modo fastidioso e la fronte non era da meno, causandole un mal di testa che premeva contro le tempie. Il cuore le batteva ancora forte come fosse stato un martello sull’incudine e sapeva che non era per la corsa a perdifiato.
Aveva rischiato grosso a seguire quel Faoil e a trovarsi faccia a faccia con quei tre… come li aveva chiamati Andrea? McMastiff? Vabbè, uomini di Regina.
Se non avessero tergiversato probabilmente non sarebbe al sicuro nella villa in quel momento. Anzi, poteva dire se non avessero davvero avuto intenzione di farle del male?
I Faoil non avevano esitato più di tanto, perché invece mandare qualcuno che tentava di attirarla con l’inganno di una chiacchiera?
Chuck sembrava stupito dall’affermazione del demone chiamato Madison, perché essere stupiti da una strategia più che ovvia?
E poi sua madre era addirittura una demone.
Era stata adottata.
-Non mi sembra che tu stia bene. -.
Si appoggiò alla macchina parcheggiata di Andrea con una mano, togliendosi di dosso Matisse.
-Sono solo scombussolata. -.
In una nuvola di fumo apparve ancora una volta Milord. Teneva una mano sulla spalla di Jaguar, mentre sotto l’altro braccio teneva Beast, che si stava divincolando per liberarsi. Fu subito accontentato, perché il mezzo demone dagli occhi argentati lo mollò a terra come un sacco di patate per dirigersi verso di lei.
Le diede uno spintone contro il furgone, facendole sbattere la schiena, per prenderla poi per il colletto della felpa e impedirle di scappare.
-Sei proprio una ragazzina ottusa, vero? – le ringhiò sputandole in faccia del fumo dall’odore soffocante –Come ti è saltato in mente di fare una cosa del genere? -.
-Non metterle le mani addosso! -.
-Rispondi. – le intimò il mezzo demone, ignorando l’angelo.
-Mi avevano detto che mia madre ce l’avevano loro. Sei contento? Lo ammetto, mi hanno fregata. – rispose Raven con la stessa rabbia –Se anche tu avessi una madre in pericolo… -.
-Lei è morta, nessuno le darà fastidio. – la interruppe Milord stringendo la presa sulla felpa e schiacciandola ancora di più contro la macchina –Ti conviene darmi ascolto o la prossima volta che provi anche solo a scappare ne subirai le conseguenze. -.
-Faccio quello che mi pare. -.
Un lampo rosso colorò le iridi del mezzo demone mentre alzava una mano chiusa a pugno.
-Basta adesso! -.
Jaguar si mise in mezzo, spingendo via l’altro mezzo demone stringendogli una mano su quella che tratteneva la felpa di Raven riuscendo a fargli perdere la presa, mentre Andrea si precipitava ad aggiungersi come muro di difesa davanti alla ragazza.
-Basta. – ribadì Jaguar con tono più calmo, senza però abbassare la guardia –La stai spaventando. -.
-Deve esserlo a buon ragione! – sbottò Milord –Quell’idiota stava per fare una gran brutta fine! Quelli erano i McMastiff, se l’avessero presa saremmo stati nei guai fino al collo! -. Spostò lo sguardo su Raven: -Mi dici che cosa c’è di così difficile nell’obbedire? Noi non ti torceremo un capello, loro potevano ucciderti! -.
-Ma non è successo. -.
Beast si era avvicinato in punta di piedi a Milord, titubante. Aveva un morso fresco sul collo, regalo di Chuck, ma non sanguinava più. Forse avrebbe voluto aggiungere qualcosa di rassicurante per far sbollentare la rabbia del mezzo demone Lupo. Lui invece si girò di scatto e gli stampò su una guancia il dorso della mano, facendolo barcollare e cadere a terra.
-A te invece avevo detto di stare a casa idiota! – esclamò –Finirete ammazzati tutti e due! -.
Fece un gesto esasperato con le braccia e se ne andò verso la villa con passo pesante.
-Yeesh… - fece Raquel stringendosi nelle braccia –Quello è tutto matto. -.
Beast si massaggiò la guancia colpita guardando incredulo Milord, senza neanche accorgersi che Matisse gli stava porgendo un fazzoletto per coprirsi la ferita sul collo.
Jaguar sospirò: -Lascia perdere Raquel… non si era ancora mai comportato così. Tu Raven stai bene? -.
-Sì. -.
-Bene, una buona notizia. Andrea, Matisse, andateci a parlare, con voi due parla. Raquel, fammi il piacere, dai un occhio a Beast. -.
Senza neanche accorgersene, Raven si trovò guidata da una mano piazzata in mezzo alla schiena di Jaguar verso la cucina della casa. Le disse di sedersi e lei si lasciò spingere su uno degli sgabelli placidamente.
La prospettiva di vedersi ricevere un pugno in faccia da Milord le aveva sedato ogni spirito ribelle.
Mentre i due angeli si dirigevano nello studio di Milord e gli altri due mezzi demoni invece andavano al piano di sopra, Raven stette in silenzio ad osservare Jaguar che metteva a scaldare un pentolino di acqua sul gas e prendeva una scatola di latta colorata da una mensola.
-Stai bene davvero Raven? – chiese ancora, prendendo dalla stessa mensola due specie di bicchieri dalla forma tondeggiante piuttosto piccoli di legno –Sei pallida come un cencio. Sei ancora spaventata vero? -.
-Mi sono appena scontrata con tre energumeni e quello che dice che non mi torcerebbe un capello ha appena provato a sfondarmi la faccia a pugni. Tu che dici? -.
-Non voleva farlo, ne sono sicuro. – disse Jaguar mettendo il contenuto della latta nel bicchiere –Milord è molto arrabbiato, certo, ma non voleva colpirti. Non l’ho mai visto scosso così. -.
-È un maniaco del controllo, con voi è abituato che obbedite come cagnolini. – borbottò Raven –A parte Beast forse. -.
-Già. – ammise Jaguar –Ma è un altro tipo di arrabbiatura… non so quale fosse il suo rapporto con quei demoni, ma lo hanno agitato. -.
Raven soppesò quella frase: anche lei quando aveva realizzato di aver già visto quel tipo biondo aveva provato una strana sensazione allo stomaco. E quando aveva sospettato che fosse suo padre, wow… stavano per cedergli le gambe. Invece non era lui e questo era un problema che si era tolta dalle spalle.
Ma la reazione che aveva avuto Milord era stata molto più strana della sua. Intanto anche quei tre sembravano averlo riconosciuto e, anzi, erano felicissimi di vederlo subito. Anzi, pensavano fosse morto addirittura. Poi era stata nominata sua madre e sembrava che avessero toccato tutti un tasto dolente. Non osava chiedere che rapporto c’era tra Elen e Milord o tra quest’ultimo e i tre demoni.
-Milord è decisamente uno a cui a primo acchito non mi avvicinerei neppure, lo ammetto. – continuò Jaguar strofinandosi le mani per togliersi della polverina dai palmi –Ma devi credermi se dico che di lui ti puoi fidare. Ci ha accolti con sé e da allora non ci ha mai abbandonati, si è preso cura di noi. Perché non ti fidi di lui e continui a cacciarti nei guai? È pericoloso davvero per te. -.
-Non mi piace come mi tratta. E poi… non sono quello che voi dite. Non voglio fare niente di quello che voi vogliate che io faccia. -.
-Solo perché te lo diciamo di fare e tu non dai ascolto a chi conosci da pochi giorni? -.
-Anche. – ammise Raven appoggiandosi al bancone, guardando Jaguar che continuava a preparare qualcosa dentro a quei due bicchieri strani –Ma se ho ben capito devo togliere qualcuno di mezzo. O sbaglio? -.
-No. -.
-Chiederesti una cosa del genere al primo che passa? -.
-Certo che no. Ma puoi almeno provare ad aiutarci in qualche altro modo? -.
Raven non riuscì a sostenere lo sguardo verde del mezzo demone latino americano.
Lui e i suoi fratelli si erano comportati bene nei suoi confronti e l’avevano già tolta dai guai ben due volte, rischiando la pelle. In più Jaguar l’aveva accompagnata a casa a prendere la sua roba dopo che quel rompiscatole le aveva espressamente vietato di uscire.
-Posso provare. – disse dopo qualche minuto di silenzio.
Jaguar le sorrise e le porse uno dei bicchieri, con una cannuccia di metallo che pendeva di lato.
-Salute. – disse, facendo un piccolo brindisi contro il suo bicchiere.
La ragazza assaggiò la bevanda calda e la trovò un po’ amara, ma piacevole.
 -C0s’è? -.
-Mate. – rispose il mezzo demone con espressione triste –Quando ero giù di corda mamma lo preparava e me ne faceva sempre bere un sorso. -.
-Oh… -.
Raven prese la cannuccia tra le labbra e notò un tatuaggio sulla mano sinistra di Jaguar. Fino a quel momento non l’aveva vista, dato che non avevano mai mangiato vicini e quando lavorava al giardino indossava dei guanti.
Era una scritta nera maiuscola sulla prima falange, con una stella bianca sulla prima lettera.
-È il nome di tua mamma quello? – si azzardò a chiedere.
Jaguar seguì il suo sguardo e chiuse la mano a pugno, facendogliela vedere meglio: -No, ma ci sei andata vicino: la A sta per Anita, mia mamma. La M e la B stanno per Matisse e Beast. La R è Raquel. Li ho fatti io. -.
-Li hai disegnati tu? -.
-No, li ho fatti io. – ripeté Jaguar –Anche i buchi alle orecchie di Beast sono fatti da me, ho imparato tanti anni fa. -.
-Davvero? -.
-Certo. Ho anche fatto questo. -.
Si alzò la maglia che indossava sul fianco sinistro, rivelando una testa di pantera in atteggiamento aggressivo, che spuntava da una mezzaluna di fiori di ibisco rosso fuoco.
Raven non poté fare a meno di fischiare con ammirazione.
-Questi fiori erano i preferiti di mia mamma. – spiegò Jaguar –E anche se era umana e non come me o mio padre per me era una pantera anche lei. Quando tutta questa storia sarà finita voglio aprirmi un negozietto. Magari con un appartamento al piano di sopra e fare una bottega. -.
-È un’idea molto carina. – commentò Raven.
“Quando tutta questa storia sarà finita”.
Non le era piaciuto come aveva detto quella cosa. Suonava troppo come se avesse voluto usare un “se” invece di un “quando” e si fosse corretto in tempo. Non aveva niente contro di lui e pensare che forse non sarebbe riuscito a realizzare il suo sogno futuro a causa sua, perché aveva di nuovo cercato di filarsela, le fece ripromettere a se stessa che sarebbe stata buona.
Dovette stringere molto i denti quando Milord le disse che dovevano andarsene dalla città
 
***

-Vuoi stare fermo? -.
-Giù le mani, quella cosa brucia! Faccio da solo. -.
Ormai rimbrottavano da diversi minuti, dato che Rosco voleva disinfettare le ferite di Madison e lui insisteva che se le curava da solo.
A lui non gli importava, si teneva in disparte a leccarsi senza convinzione un morso su una spalla. L’occhio gli faceva un male terribile, quel maledetto ragazzino gli aveva dato una zampata sopra e ora bruciava come il fuoco.
Ma la cosa che gli bruciava di più addosso era il fatto che non avevano ancora una volta preso la Portatrice. Cos’avrebbe detto a suo cugino? Cosa avrebbero dovuto fare adesso loro due?
Occhieggiò Carlo, in disparte pure lui a pensare agli affari suoi con la fronte aggrottata in un’espressione di tormentato pensiero.
Se davvero l’intenzione di Taylor era quella di farli fuori avrebbe dato l’ordine ai McMastiff, dato che erano i più vicini a loro in quel momento, per non scomodare qualcuno delle Squadre di Cattura.
L’ordine poteva arrivare da un momento all’altro e Buck poteva essere già…
-Ti spezzo quelle mani Rosco, vai a fare l’infermiera da qualcun altro! – sbottò Madison, cercando di allungare un calcio al fratello per allontanarlo.
Quello che aveva detto Madison prima lo aveva confuso.
Certo, poteva essere un bluff o una frase sarcastica dire che non avrebbero portato la ragazza a Regina. Ma allora perché i fratelli gli avevano subito detto di stare zitto e se l’erano presa così tanto per quello che poteva essere una bugia?
Mentre pensava a quello, Rosco gli si avvicinò e si sedette vicino a lui, chiedendogli: -Vuoi che si un’occhiata alle tue ferite? All’occhio, magari? -.
-No signore, la ringrazio signore. -.
Non sembrava, ma era molto più giovane dei tre fratelli e addirittura di Jaguar, se suo padre si ricordava correttamente la sua età. Lui e suo cugino avevano trentaquattro anni. Purtroppo la loro vita era stata segnata di talmente tante sfortune e soprusi che erano invecchiati di colpo nell’aspetto e nello spirito, più lui che Buck, ancora intento a comportarsi da ragazzino. Ma davanti a loro era di grado inferiore, per cui era molto rispettoso ed intimorito, come davanti a Taylor.
Madison fece un verso esasperato, mettendosi le mani sulle orecchie, dicendo: -Code storte, ditegli di piantarla con questa storia del “signore”, mi sta facendo diventare scemo! -.
Chuck ammutolì.
Nessun demone che avesse mai conosciuto si sarebbe permesso di dire una cosa del genere. I mezzi demoni non potevano non rivolgersi diversamente a un demone, erano inferiori.
-Questa è una frase da rivoluzionari. – disse in un soffio.
Rosco alzò gli occhi al cielo: -Maddy, ti vuoi stare zitto tu? -.
-Tanto ormai ha già detto troppo. – disse Carlo, rompendo finalmente il silenzio in cui si era chiuso –Rosco, digli tutto. -.
Il demone mise da parte la bottiglia del disinfettante e lanciando un’occhiata di sbieco al fratello minore disse: -Ascolta Chuck, so che la cosa potrebbe allarmarti, ma se abbiamo accettato l’incarico per catturare Raven era solo perché ci serviva per entrare nella Resistenza. -.
-Perché? – si lasciò sfuggire Chuck e, come se non riuscisse a zittire i pensieri che gli vorticavano in testa, continuò: -Voi avete abbandonato la Resistenza anni fa. Perché farlo e andare dalla parte di Hydra per poi tornarci così? -.
-Quale modo migliore per riuscire ad eliminare Regina se non starle assieme? – rispose Rosco –Solo che è impossibile poterlo fare. Anche se fossimo riusciti ad avvicinarci abbastanza da iniziare una lotta, credi davvero che solo noi tre saremmo riusciti a farla fuori? È troppo ben protetta e forte per riuscire a fare qualcosa. Ci ripromettevamo “soltanto un anno, ancora uno, troveremo un modo”, ma è stato impossibile. Dobbiamo tornare alla Resistenza, ma non ci accoglieranno di nuovo. -.
-Perché? -.
-Perché non gli abbiamo detto niente, genio. – intervenne Madison –Per evitare guai abbiamo deciso di far sembrare a tutti che eravamo dalla parte di Regina e del vecchio, compresa la Resistenza. Il minimo errore avrebbe fatto scoprire tutto, anche dove si nascondono i ribelli. -.
-Doveva essere un’operazione esclusivamente interna, niente contatti con l’esterno. -.
-Se provassimo a tornare così come siamo ci ammazzerebbero. – aggiunse Carlo -L’unico modo per poter essere accettati ora è portare Raven al sicuro da loro. -.
Un brivido di pura eccitazione percorse la schiena del mezzo demone, che gli fece raddrizzare la sua postura dimessa in un attimo e farlo diventare più attento. Era quello che anche lui cercava! L’unica via per scappare da quell’incubo oltre la morte, essere parte del movimento oppositore di Regina e del suo folle governo!
Al colmo della felicità chiese: –Allora era per questo che la volevate catturare? Anche voi volete deporre quella pazza? -.
-Esatto. Ma Raven è nelle mani di Milo e lui è peggio di sua sorella a quanto pare. La missione è fallita e tu adesso sei in pericolo. -.
La felicità che stava provando scemò immediatamente.
-Cosa? -.
-Le Squadre di Cattura sono pronte a venirvi a cercare. – disse Rosco –Le abbiamo sentite parlare di qualche ordine di Regina che riguardava te e tuo cugino. Non sappiamo quando inizieranno a starvi dietro, ma credo che non aspetteranno più di un paio di giorni. -.
-Non preoccuparti Chuck, ti portiamo a casa, prendi tuo cugino e ce ne andiamo dalla città. Noi passeremo ancora dalla fortezza per prendere qualcosa per il viaggio. -.
Si diedero appuntamento davanti alla casa dei Faoil e lui si trattenne a stento dal piangere dalla felicità mentre li ringraziava. Si precipitò nell’appartamento, trovando il cugino con una cera migliore della mattina, in sua attesa nel corridoio.
-Com’è andata cuginetto? – gli chiese, andandogli incontro, pieno di aspettativa.
Chuck gli mise le mani sulle spalle e lo girò per spingerlo verso la camera che condividevano, rispondendo: -Ti spiego dopo, dobbiamo prendere le nostre cose. -.
Buck puntò i piedi e cercò di girarsi verso di lui: -Che? Rispondimi, l’hai presa la Portatrice? -.
Vedendo che non si spostava di un altro passo, Chuck lasciò perdere e andò nella camera da solo, dicendo: -No, non ho preso la Portatrice, ma adesso aiutami, svelto! -.
Recuperò un borsone da un armadio ed iniziò a metterci dentro i pochi vestiti che avevano senza badare a piegarli o in che stato erano.
Il cugino lo seguì, perplesso e irritato dal suo comportamento, e quasi gli chiuse le dita in un cassetto quando lo chiuse per ottenere la sua attenzione.
-Puoi darmi una spiegazione? -.
Chuck strinse le cinghie del borsone con un gesto secco e alzò lo sguardo su di lui: -Andiamo via da qua Buck, siamo in pericolo. -.
-In pericolo? Ma di che stai parlando? -.
-I McMastiff ci portano alla Resistenza. Non abbiamo molto tempo, dai, le Squadre ci stanno cercando. -.
Fece per prendere la sacca, ma Buck le diede un calcio e l’allontanò da lui, andando a farla sbattere contro una parete. Strinse i pugni e a denti stretti fece: -Ma di che diavolo stai parlando? -.
-Senti, so che è una cosa sconvolgente. – ammise Chuck, a disagio per quella reazione inaspettata –Ma i McMastiff vogliono tornare alla Resistenza e ci porteranno con loro. Regina ha dato ordine di catturarci, non le serviamo più ricordi? -.
-Ma cosa stai dicendo? – ribatté il mezzo demone con un ringhio –Regina non farebbe mai una cosa del genere, ci ha ridato l’incarico. Sei fuori di testa. -.
-Io fuori di testa? Buck, non ci ha ridato l’incarico, Taylor ci ha detto di andare, sei tu che hai voluto raccontare quella balla ai McMastiff. È quello che aspettavamo, dobbiamo andare Bucky. -.
Chuck allungò una mano per prendere quella del cugino, ma lui si ritrasse, scivolando verso la porta. La sua espressione fece accapponare la pelle al cugino: solo quando si ritrovavano faccia a faccia con un avversario scopriva i denti in quella maniera e faceva quello sguardo feroce.
-Io non stavo aspettando niente del genere. Io sono un servo di Regina, ci ha salvati dal Mattatoio. Sei un traditore, Chuck? -.
Il mezzo demone ammiccò, allibito.
-Cosa dici? Ti ricordo che nel Mattatoio ci ha messi lei! -.
-E allora? Poi ci ha ripresi. Lei ci protegge, non la Resistenza! -.
-Regina vuole ammazzarci, non ci considera neanche animali! -.
-Non è vero! Scordati che io faccia una cazzata come questa! Vuoi andartene? E allora vattene! Ma io non ti seguirò questa volta.-.
Buck si girò e corse via. Chuck non provò neanche a corrergli dietro tanto era spiazzato da quello che era appena successo.
Loro non avevano mai litigato in quella maniera, non si erano mai urlati addosso. Non lo aveva mai guardato in quella maniera, come se avesse voluto mettergli le mani addosso.
Da quel momento all’appuntamento con i McMastiff trascorse tutto il tempo sentendosi le budella intrecciate insieme per l’ansia della fuga, la preoccupazione per Buck e in minima parte per la felicità del riscatto, ma quel sentimento era schiacciato con prepotenza dagli altri due. Scese in strada per provare a cercare Buck, ma rinunciò dopo aver gironzolato in zona tenendosi nascosto: era meglio farsi trovare a casa dai gemelli. Se avesse voluto tornare, poi, sarebbe andato verso casa.
L’ora dell’appuntamento arrivò e passò. Dei McMastiff non c’era l’ombra.
Iniziò a preoccuparsi, spostandosi da un lato all’altro del piccolo quadrato che gli offriva un incastro tra due edifici, parzialmente nascosto da una rete di metallo.
Finalmente vide qualcosa muoversi in fondo alla strada e si sporse appena dal suo nascondiglio per vedere se poteva uscire allo scoperto senza timore.
Sulla strada stava avanzando un furgone nero, lentamente e silenziosamente.
Chuck ebbe un tuffo al cuore.
Quello era un furgone usato dalle Squadre di Cattura.
Indietreggiò velocemente, schiacciandosi contro il muro, stringendo il borsone tra le gambe e coprendosi la bocca con le mani, nel tentativo di coprire il suo respiro.
Avevano detto che non si sarebbero mossi prima di qualche giorno.
Cosa ci facevano lì?
Era solo una pattuglia di passaggio oppure stavano cercando lui e suo cugino?
Buck stava bene o lo avevano già preso?
Dove diavolo si erano cacciati i McMastiff?
Sentiva appena il furgone continuare a muoversi, sempre più vicino, e decise che non poteva sopportare l’attesa di scoprire se erano lì per lui o meno.
Si buttò il borsone in spalla e iniziò a correre nella direzione opposta alla macchina, da dove stava arrivando.
Non appena si fu allontanato di qualche metro dal suo nascondiglio, sentì il rumore di freni dietro di lui e la veloce inversione di marcia della macchina.
-Oh no oh no oh no oh no. – pensò buttandosi alla cieca alla ricerca di un nascondiglio –Non è possibile che sapessero che ero lì e mi stavo muovendo, no no no. -.
Invece, a giudicare dal rumore, sembrava seguire proprio lui.
Prese delle scale che portavano sotto uno dei numerosi ponti che permettevano di attraversare il fiume che tagliava a metà la città, sperando che nessuno lo avesse visto.
Tornò ad accucciarsi nell’ombra, cercando di regolarizzare il respiro ed essere silenzioso.
Sopra di lui sentì il ponte tremare e una macchina fermarsi.
-È qua sotto, vediamo di fare in fretta. -.
Taylor li aveva avvertiti, gli aveva detto di andarsene. Il perché di quel gesto ancora gli sfuggiva, ma avevano sprecato un’occasione che non si sarebbe più ripetuta. Sperava solo che Buck fosse al sicuro, lontano da lì.
Chiuse gli occhi e iniziò a mormorare una preghiera muovendo solo le labbra.
Ora che ci pensava non pregava da quando era entrato al Mattatoio.
All’improvviso uno schianto sul ponte lo fece trasalire. Guardò in alto, ma non stava crollando la struttura, non c’era neanche una crepa nel cemento.
Subito seguirono urla e rumori di lotta.
Spaventato, uscì dal suo nascondiglio, iniziando a correre lontano dal ponte, girandosi solo per un attimo per guardare cosa stava succedendo.
Il retro del furgone nero delle Squadre era completamente distrutto, accartocciato contro un’auto che non riconobbe. Non riconosceva neanche gli individui senza la divisa nera e rossa di Regina che stavano combattendo quelli che invece la indossavano.
-Meglio andarsene, ora che sono impegnati. – pensò, distogliendo lo sguardo per guardare dove andava.
Sulla banchina che costeggiava il fiume davanti a lui stava avanzando un altro furgone nero.
Si bloccò immediatamente, paralizzato.
Non poteva scappare da nessuna parte ormai: tornare indietro neanche per sogno, a destra aveva un muro senza appigli a cui arrampicarsi e a sinistra un fiume che non poteva attraversare perché non sapeva nuotare.
Il furgone avanzò a velocità folle e gli passò accanto. Dal portellone spalancato sul fianco una mano lo afferrò per il braccio e lo caricò su, sbattendolo contro il pavimento.
Sferrò un calcio alla cieca quando la stessa persona che lo aveva preso gli mise un ginocchio in mezzo alla schiena, inchiodandolo a terra.
-Fermo Chuck, devo toglierti il chip del Mattatoio dal collo. -.
-Signor Rosco? -.
-Solo Rosco, grazie. – replicò il demone –Adesso stai fermo e stringi i denti per un attimo. -.
Non poteva vederlo, era dal suo lato cieco, ma non c’erano dubbi che quella fosse la sua voce.
Solo in quel momento si rese conto che alla guida del furgone c’era Madison, che stava litigando con Carlo.
-Madison gira! -.
-E dove, nel fiume?  Si va dritto e la prossima volta guidi tu questo trabiccolo! -.
La paura che gli annodava lo stomaco si sciolse subito.
Era al sicuro.
Una fitta al collo gli fece fare un gridolino e subito sentì del sangue colargli nella maglietta.
-Superficiale, che fortuna. – commentò Rosco –Avresti potuto togliertelo da solo grattandoti fino nella carne. -.
Il demone gli si tolse di dosso e tornò al portellone ancora aperto, buttando fuori qualcosa che Chuck non riuscì a vedere.
-Cos’era? -.
-Un chip. Ve lo hanno messo al Mattatoio, ricordi? -.
-Credevo ci avessero fatto un segno per riconoscerci. – mormorò Chuck portandosi una mano dietro al collo, sfiorando l’attaccatura dei capelli sulla nuca umida.
-Non toccare, ti fascio subito. Risparmia le energie. -.
-Chi erano quelli sul ponte? -.
-Non ne abbiamo idea. – rispose Carlo –La Resistenza probabilmente. Non abbiamo idea di come facessero a sapere che stavano per prenderti. -.
-E loro… le Squadre perché sono arrivate così presto? Avevate detto in un paio di giorni. -.
-Perché Buck ha spifferato tutto. Ahio, ma che ho detto? -.
   
 
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