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Autore: kamy    09/12/2019    0 recensioni
Seguito di La furia del cielo invernale.
Fa parte della serie 'Le note della vita'.
Il Nono Boss dei Vongola sta per tornare, niente sarà più come prima.
Scritta su Hokori Takaki Ikari; la song di Xanxus.
Genere: Fantasy, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Sorpresa, Xanxus
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Cap.17 Le lezioni di Skull 

 

Distruggendo tutto quanto. 

 

“L’imperatore ha bisogno di tre funzionari principali: l’arcicappellano, preposto a tutti gli affari di natura religiosa; il cancelliere: responsabile della redazione di diplomi, lettere del re e testi legislativi; i conti palatini: responsabili dell’amministrazione della giustizia e delegati del re in casi eccezionali. Poi ci sono gli ‘stati generali’…”. Spiegava Skull con voce atona. 

< Mi ha chiamato Kyoya. Vuole allenarsi insieme a me. Non so neanche perché, o da chi abbia saputo che sono un ‘tutor’ professionista. 

Xanxus ne ha approfittato per chiedermi in cosa consiste essere re > rifletté. 

Xanxus sbadigliò. 

< Questo castello è veramente enorme. Anche se sta cadendo a pezzi, si vede tutto il noioso sfarzo.  

Capisco che Secondo odiasse questo posto. Però non avrei riempito tutto di sangue e teste mozzate. 

Anche se non dovrei parlare, la mia rivolta verso il Nono è stata sanguinolenta > pensò. 

“Quella statua è di cartapesta. Perché è stata ricoperta d’oro?” brontolò, indicando una statua appesa alla parete. 

“I colori tipici dei Borbone sono il color carta da zucchero e l’oro. Ogni luogo doveva esibire i fasti della corte. Rendere quei parassiti dei nobili dipendenti dal re, facendoli vivere alla sua corte, era l’unico modo per controllare le falsità che mettevano in giro e i loro tradimenti politici” spiegò Skull. Si grattò la guancia dove aveva una lacrima viola dipinta. “… Però c’era crisi anche per i sovrani, c’erano tempi di carestia e bisognava mascherarli. Certo, niente a che vedere con il fato a cui andava incontro il popolo in quei momenti”. 

“Non li vedevi di buon occhio, vero? I nobili, intendo” rispose Xanxus. Passando tra le alte colonne di pietra, sotto le alte arcate. 

Skull accarezzò una delle colonne, sentendola liscia sotto le dita. 

“Mi pareva di averti spiegato di doverti circondare solo da uomini di fiducia. Senza fargli ereditare alcun potere. Ci vogliono votazioni ad ogni generazione, controllando il più possibile che non siano truccate con oro e potere” ribatté secco. 

“Ti facevi tutti questi problemi da regnante?” domandò Xanxus. Rabbrividì, guardando la sequela di ritratti reali che lo fissavano. 

Skull osservò una statua che lo rappresentava da principessa e rispose: “Solo da sovrintendente. Purtroppo fui una principessa molto frivola. Probabilmente sarai stata la regina della moda o del teatro. 

Mi ero fatta costruire un piccolo teatro in cui potevano entrare solo duecento persone”. 

“Solo?!” gridò Xanxus, con tono sorpreso. 

Skull rise. Raggiunse uno dei dipinti che raffiguravano Giotto, indossava un ampio mantello nero. 

“I teatri dei sovrani erano immensi. Come ti ho spiegato, era tutto sfarzo. 

La villa dei Vongola, con duecento stanze, non era niente rispetto ai castelli con duemila stanze” ribatté. 

Xanxus digrignò i denti. 

“Capisco che il popolo che moriva di fame si sia ribellato” ringhiò, serrando un pugno. 

Skull annuì, rispondendo: “Impara dai nostri errori, ma non dimenticare che se il re non si dimostra scelto dalle divinità, verrà tradito. Ci vuole un giusto mezzo tra le due cose”. 

Xanxus si grattò il mento, corrugando i sopraccigli doppi. 

“Sei comunque un attore, se ricordo bene. Reciteresti ancora in teatro?” domandò. 

“Sì, ma solo per mettere in scena ciò che non va in questo mondo. Ho imparato a riflettere sulle parole. Da scrittore a scienziato… 

Ho smesso di comprare gioielli dal costo esorbitante. Sai, quei gioielli dai valori stratosferici avrebbero potuto sfamare il mio popolo. 

Non ero diverso da Giotto. Lo giudicavo perché faceva lo sciocco facendo errori non dissimili, se non peggiori” rispose Skull. Tornò a camminare lungo il corridoio, seguito da Xanxus. 

“Perciò sei a favore della democrazia?” domandò quest’ultimo. 

Skull si arrestò, irrigidendosi, dandogli le spalle. 

“La democrazia? Ah, la democrazia è un’illusione.  

Ho visto il popolo diventare un animale feroce. Li ho visti giudicare un bambino innocente, accusandolo di autoerotismo. 

Basilicum aveva solo dieci anni quando lo annegarono! Lo giudicarono per avere il suo potere!” gridò, con tono colmo di rancore. 

< Non avrei dovuto portarlo qui, alla vecchia villa dei Borbone vicino al villaggio. Forse non è ancora pronto a tutto questo, ma d’altronde, non è certo la reggia in Francia > pensò. 

Xanxus impallidì. 

“Per… per quell’accusa?” esalò. 

“Lo massacrarono di botte, gli tagliarono i capelli, lo rinchiusero in cella. 

Chiamami madre, o padre, quello che vuoi, ma sappi che io vivevo per loro, per i miei figli… e quello resta uno dei miei più grandi rimpianti. 

Eppure fu un piccolo re. Fino all’ultimo non pianse, rimase con la testa ritta, anzi, con le braccia legate dietro la schiena, era ancora più ritto. Più uomo di ognuno di loro” 

< Sono morti, tutti, uno dopo l’altro… tutti i miei figli! Persino il mio piccolo Riccardo, dopo che la sua anima era stata macchiata dal sangue e spazzata via dalla crudeltà sin dalla sua fanciullezza > pensò.  

“Scusa… I-io…” sussurrò Xanxus. Mentre la luce colorata, prodotta dalle vetrate incastonate tra i rosoni di pietra, lo illuminava.  

Skull lo raggiunse e gli posò una mano sulle labbra. “Promettimi solo che sarai un buon imperatore” lo pregò. 

“Te lo giuro” rispose Xanxus con voce decisa.  

  
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