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Autore: lmpaoli94    10/12/2019    0 recensioni
Due fratelli, Akito e Sana, fanno un viaggio in Inghilterra per visitare un castello.
Quando vagano lontano dal loro gruppo nella camera di tortura, vengono inseguiti per tutto il castello da un carnefice.
Riusciti a fuggire, ben presto cominciano a perdere i ricordi della loro famiglia e di se stessi.
Dopodiché s’imbatteranno in un uomo e verranno trasportati nel Medio Evo dove i fratelli scopriranno chi sono veramente.
Akito e Sana dovranno guardarsi bene le spalle e proteggersi da un uomo di nome Charles Lons che li trasporterà nel Medioevo e gli rivelerà che loro sono il principe e la principessa mancanti di un re malvagio che li voleva morti.
P.S.: Questa è una trasposizione del racconto di L. R. Stine di Piccoli Brividi con i personaggi di Rossana
Genere: Avventura, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Naozumi Kamura/Charles Lones, Rei Sagami/Robby, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il carro si fermò con un sussulto, fece una breve sosta, poi ripartì. A forza di essere sballottata nella cesta avevo perso la cognizione del tempo.
“Dove mi sta portando?” mi domandai. “Cos’ha intenzione di fare? E perché proprio io?
Un’altra brusca fermata mi fece sbattere la testa sulla parte anteriore del cesto. Rabbrividii. Il mio intero corpo era madido di sudore gelato. Nel chiuso della cesta ristagnava un odore acre. Cominciai a boccheggiare per il bisogno di un po’ d’aria fresca. Lanciai un grido quando all’improvviso si sollevò il coperchio. La luce del sole mi ferì gli occhi.
- Tiratela fuori! - sentii la voce tonante del Grande Giustiziere.
Forti braccia mi afferrarono rudemente, tirandomi fuori di peso dalla cesta di paglia. Mentre i miei occhi si abituavano alla luce, vidi che ero stata presa da due soldati in uniforme grigia. Mi misero giù, in piedi, ma le ginocchia mi cedettero e mi accasciai a terra.
- Tiratela su - ordinò il Grande Giustiziere di Corte.
Alzai gli occhi a guardarlo. La sua alta figura si stagliava scura nella luce del sole. La sua faccia era di nuovo nascosta nell’ombra del cappello. I soldati si chinarono per rialzarmi. Stare rattrappita in quella piccola cesta per tutto quel tempo mi aveva intorpidito le gambe, e mi doleva la schiena per tutti gli sballottamenti che avevo subito.
- Lasciatemi andare! - mi ribellai. - Perché state facendo questo?
Il Grande Giustiziere non rispose. I soldati mi sorressero finchè non riuscii a stare in piedi da sola.
- Avete fatto un terribile errore! - dissi, con la voce tremante per la rabbia e la paura. - Non ho idea di cosa ci faccio qui o di come ci sono finita, ma vi assicuro che non sono chi credete voi!
Di nuovo, il Grande Giustiziere non mi rispose. Fece un cenno con una mano, e le guardie mi presero per le braccia, obbligandomi a voltarmi dall’altra parte. Girando le spalle al sole e al Grande Giustiziere, mi trovai di fronte il tenebroso castello. Vidi il muro di cinta, il cortile, le due sottili torri svettanti verso il cielo. La Torre del Terrore! L’uomo col mantello, il Grande Giustiziere, mi aveva portata alla Torre del Terrore. Era lì che Akito e io lo avevamo visto per la prima volta. Era lì che il Grande Giustiziere aveva cominciato a perseguitarci. Ma allora eravamo nel ventesimo secolo. Nell’epoca alla quale appartenevo. Centinaia di anni avanti nel futuro. In qualche modo, Akito e io eravamo stati trasportati indietro nel tempo, in un lontanissimo passato. E adesso, Akito era scomparso. E io stavo per essere portata nella Torre del Terrore. Il Grande Giustiziere aprì la strada. I soldati mi strinsero saldamente le braccia e lo seguirono, trascinandomi attraverso il cortile, verso l’entrata del castello. Il cortile era affollato di gente cupa e silenziosa, vestita di stracci e tuniche logore e sporche. Molti tenevano gli occhi puntati su di me. alcuni stavano accovacciati come corvi, lo sguardo perso nel vuoto, la faccia inespressiva, come se la loro mente fosse altrove. Altri erano seduti per terra e piangevano con la testa fra le mani, o fissavano il cielo. Un vecchio a torso nudo era seduto sotto un albero, grattandosi freneticamente la matassa unticcia di capelli bianchi con entrambe le mani. Un giovane uomo premeva uno straccio sudicio su un profondo taglio in un piede incrostato di sporcizia. Bambini piangevano e strillavano. Uomini e donne erano buttati per terra, gemendo e borbottando fra sé. Era davvero uno spettacolo penoso. Dovevano essere tutti prigionieri, immaginai. Ricordavo infatti che la nostra guida turistica, Mr Rei Sagami, ci aveva spiegato che il castello era stato prima una fortezza, poi una prigione. Scossi mestamente la testa. Come avrei voluto essere ancora con il gruppo di turisti, nel futuro, nella mia epoca…! Non ebbi molto tempo per pensare a quella povera gente ammassata come bestie nel cortile. I soldati mi trascinarono nell’oscurità del castello e su per le tortuose scale di pietra. Salendo, l’aria si faceva sempre più fredda e umida. mi sentivo gelare.
- Lasciatemi andare! - strillai. - Vi prego! Lasciatemi andare!
Cercai di divincolarmi, ma i soldati mi sbatterono contro il muro di pietra. Gridando istericamente, tentati ancora di liberarmi dalla loro presa, ma erano troppo forti. Tutti i miei tentativi di opporre resistenza furono vani. Mi trascinarono implacabilmente su per l’angusta scalinata a spirale, curva dopo curva. Passando davanti alla cella sullo stretto pianerottolo, vidi che era zeppa di prigionieri. Stavano accalcati contro le sbarre, in silenzio, le facce gialle e inespressive. Molti di loro non alzarono nemmeno lo sguardo al mio passaggio. Continuammo a salire i ripidi, scivolosi gradini, fino alla porta di legno in cima alla torre.
- No! Vi prego! - supplicai. - E’ uno sbaglio! È tutto uno sbaglio!
Ma i soldati, incuranti delle mie proteste, fecero scorrere il pesante catenaccio di ferro e aprirono la porta. Poi, con un violento spintone, mi scaraventarono dentro la cella. Finii lunga distesa sul pavimento di pietra, picchiando duramente i gomiti e le ginocchia. Sentii la porta sbattere dietro di me, poi il rumore metallico del catenaccio. Mi avevano chiusa dentro. Ero rinchiusa nella minuscola cella in cima alla Torre del Terrore. - Sana! - sentii una voce familiare chiamare il mio nome.
Mi tirai su sulle ginocchia e alzai lo sguardo, stupita.
- Akito! - gridai, felice di vederlo, anche se non nella migliore delle situazioni. - Akito… come sei finito qui? Mio fratello era seduto per terra, con la schiena contro il muro. Mi venne vicino a quattro zampe e mi aiutò ad alzarmi.
- Stai bene? - mi domandò, in tono alquanto preoccupato. Annuii.
- E tu? -
Credo di sì - mi rispose.
Aveva un lungo sbaffo di sporco su una guancia. I suoi capelli scuri erano arruffati, incollati alla fronte sudata. I suoi occhi erano rossi, cerchiati e pieni di paura.
- L’uomo col mantello mi ha preso giù in città, in mezzo alla strada - mi raccontò. - Sai, quando tu sei andata a parlare con quel ragazzo…
Annuii di nuovo.
- Già. Mi sono girata, e tu non c’eri più.
- Ho cercato di avvertirti - mi spiegò Akito - ma mi ha mezzo una mano sulla bocca per impedirmi di gridare. Poi mi ha consegnato ai suoi soldati e mi hanno trascinato dietro a una casa.
- Akito… - mormorai, sforzandomi di trattenere le lacrime.
- Tutto questo è… è mostruoso! - Uno dei soldati mi ha caricato sul suo cavallo - continuò Akito. - Ho cercato di divincolarmi, ma non ci sono riuscito. Mi ha portato al castello e rinchiuso qui nella torre.
- L’uomo col mantello… è il Grande Giustiziere di Corte - gli rivelai, esitante. - Ho sentito una donna chiamarlo così.
A quelle parole, Akito ebbe un sussulto. I suoi occhi scuri si fissarono nei miei.
- Grande Giustiziere hai detto?
- Esatto - annuii cupamente.
- Ma che vuole da noi? - domandò mio fratello con voce stridula. - Perché ci perseguita? Perché ci ha rinchiusi in questa orribile torre?
Dalla mia gola sfuggì un singhiozzo soffocato.
- Io… non lo so - balbettai.
Feci per aggiungere qualcos’altro, ma mi interruppi di colpo sentendo dei rumori fuori della porta. Akito e io ci abbracciammo stretti, fermi al centro della stanza. Sentii il catenaccio scorrere. La porta si schiuse lentamente. Stava entrando qualcuno.
   
 
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