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Autore: Duncneyforever    10/12/2019    0 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Dopo essermi ricongiunta con Reiner, riesco finalmente a godere dei miei cannoli, seppur con parecchie perplessità riguardo allo strano incontro. Isaac, reduce delle passate esperienze, non ha retto oltre e si è defilato, forse proprio per evitare di manifestare il nervoso. Avrei voluto spiegargli che potrebbe non essere come sospetta, ma non ne ho avuto il coraggio, né sono poi così sicura che sia effettivamente lui ad avere torto...

Non ho raccontato niente a Reiner e Ariel ha taciuto entrambe le cose. 

Il comandante non si è seduto, bensì mi ha cinto le spalle, insaccandomi nel sarcofago caldo della sua corazza muscolare. 

Percepisce persino i redivivi barcollanti come una minaccia, anche se più che redivivi, direi moribondi e, naturalmente, si intende chi non ha dovuto ruzzolare per le scale per raggiungere il piano terra. E se questi, che sono stati così fortunati ad essersi addormentati qui, soffrono ancora i postumi della sbronza, gli altri dovranno aspettare ancora un bel po' prima di poter riuscire a scendere.

Almeno era quello che mi auguravo perché, sebbene si schiacci le tempie tra i palmi, Rüdiger è già in giro per casa e ci tocca pure sorbircelo. 

- Scheiße! Was für ein Schmerzkopf! Es tut mir weh, es tut mir weh... / Merda! Che mal di testa! Mi fa male, mi fa male... - Per essere uno che dichiara di avere una soglia del dolore più alta del normale, si lamenta come un bambinone alle prese con la prima ubriacatura. 

Appunto lo regge l'alcol, dunque dev'essersi " sfondato di brutto " per ritrovarsi in queste condizioni: essendo astemia non ne so molto a riguardo, ma in gergo questa definizione è piuttosto diffusa; l'ho sentita dire e l'ho sempre usata, a sproposito perlopiù, per cui è la prima volta che appuro il significato di questa espressione. 

Non avevo previsto che, arrivato in cucina, non ci degnasse nemmeno di uno sguardo, tanto meno che si sedesse e sbattesse la fronte sul tavolo. 

Godo nel vederlo distrutto, sebbene sia una punizione molto più leggera di quanto si meriterebbe per ciò che ha fatto a quelle persone.  

- Wo ist der verdammte Jude, wenn man er braucht. Jude! / Dov'è quel maledetto ebreo quando serve. Giudeo! - Reiner infila le mani al di sotto della mia maglia, appigliandosi alle ossa appena visibili del bacino. Entrambi guardiamo il rosso con sospetto, aspettando che apra bocca per parlare.

- Da bin ich, mein Herr. / Sono qui, signore. - Le sue costole risentono di tutti i calci che ha incassato: si piega sempre d'un lato, a destra o sinistra, come se ad ogni respiro gli venisse trafitto il fianco con una coltellata. Gli occhi malati sono quelli di un cieco: non tollerano più la luce del giorno, si aprono e chiudono a scatti. 

- Bereite heißes Wasser mit Ingwer und einem Tropfen Zitrone. Bring mir auch ein Stück Ingwer. / Prepara dell'acqua calda con zenzero e una goccia di limone. Portami anche un pezzo di zenzero. - Schiaccia di nuovo la testa sul tavolo, ma ci ripensa. Dopo essersi scolato mezza bottiglia d'acqua, posa i suoi occhi rossi su di noi, sbottando contro di me; 

- che hai da guardare, ragazzina? È uno spettacolo troppo pietoso per i tuoi occhietti? Ma certo, come potrebbe essere altrimenti? Così giovane, così innocente... ancora pura. Non sarà impotente il tuo bel principe...? - Ho osato guadarlo negli occhi nello stesso momento in cui lo ha deriso, starnazzando meschinamente. 

Punta allo stillicidio, secondo me. Vuol veder saltar via il coperchio della pentola a pressione, non c'è altro modo di interpretare la sua tattica. 

Non ho avuto modo di vedere l'espressione di Reiner, però sono certa che sia tutto un programma. 

C'è da preoccuparsi quando non reagisce, non il contrario. 

Il rosso gongola compiaciuto, fin quando la secca risposta del biondo non colpisce un nervo scoperto: 

" dovrebbe essere più uomo di me, chi è dovuto ricorrere alla forza per toccarla? " 

Mi porto una mano alla bocca, nascondendo un sorriso malizioso. Lui, che non si lascia sfuggire mai nulla, lo intuisce ma, a causa dei giramenti di testa, è costretto a contenersi. 

Se dicessi che non temo ripercussioni, sarebbe solo una grande bugia. Devo sperare che Reiner mi guardi sempre le spalle, o potrebbe finire veramente come sostiene Isaac. 

Non riesco a togliermi dalle mente l'immagine di quelle fosse... la freddezza con la quale ha convenuto che quelle persone sarebbero dovute bruciare in favore della festa di Hoffmann.  

E nemmeno riesco a trattenermi dal confessare cosa io pensi di lui, rispetto al piano ordito ai danni di Ernst. 

- Sei una merda. - Mi appoggio sulla spalla di Reiner, osservandolo disgustata. - Hai raggiunto un tale livello di bassezza... - Non appena si accorge che nelle mie parole ci sia molto più che un rimprovero, si astiene dal ribattere ed espira, rumorosamente, come se il pensiero in uscita fosse stato detonato. 

Proprio ciò che volevo; non ho motivo di restare oltre. 

- Oggi mi voglio impegnare, socialmente. - Esordisco, una volta raggiunto il cortile. - Non posso deludere Ariel. - 

- Ti consiglio di ripensarci. Sai che ti troveresti nel loro mirino, vero? Non credere che quell'episodio al Bunker 2 sia passato inosservato... Dico che sia prematuro, anche rispetto alle tue condizioni di salute. - 

Ha ragione, ha pienamente ragione, cosa potrei rispondergli? Tuttavia, vincolata da tutte queste restrizioni, mi sento soffocare. Sono rinchiusa in questa campana di vetro: non posso uscire di casa, non posso restare sola, non posso intervenire di fronte ad un'ingiustizia. Mi è solamente consentito alienarmi dal resto del mondo e fingere di star vivendo una vita normale, quando è più che evidente che la mia sia una vita pressoché invivibile.  

Mi trovo bene con Reiner, amo passare il tempo in sua compagnia, ma non posso ignorare tutto ciò che sta all'infuori di noi e di questa " cornice felice ", in  cui io sono una comune adolescente e lui un giovane uomo in carriera. 

Con tutti i rischi che questa decisione comporta, io scelgo di vivere e non di sopravvivere. 

E vivere, per me, implica anche restare fedele a me stessa; agire, piuttosto che cristallizzarmi nel ruolo di spettatrice di questo tempo. 

Il discorso vale anche per lui: si sentirebbe snaturato se lo forzassi a pensare con la mia testa e, siccome preferisce avere accanto a sé la me autentica piuttosto che un fantoccio rieducato, decide di fare un passo indietro. 

- Sapresti cavartela da sola in mezzo ai lupi? Non possono vederci insieme se il tuo intento è quello di avvicinarlo, perché sospetterebbero di me. Una, due, tre volte... Non posso più espormi per loro in modo così evidente. Intanto mi recherò ad Auschwitz I, così da non dover poi fare un secondo viaggio insieme a te. Sono a buon punto con il trasferimento dei Costa, ma non torneranno a Roma; verranno trasferiti a Buchenwald. Non ne hanno voluto sapere di rientrare in Italia senza i figli e il nipote. È una fortuna che l'uomo fosse un chimico, prima della guerra. Potrebbe tornarci utile, così come la presenza dei famigliari... un perfetto incentivo alla collaborazione. Non ho perso tempo; a qualcosa mi sono pur dovuto appigliare. - 

- Sei un genio. - Constato, seguendo il suo ragionamento. 

- Sai che non lo faccio gratuitamente... - certo, ora no, ma prima non avrebbe preteso niente, nemmeno un bacetto sulla guancia. 

- Te ne approfitti. - Mormoro, sulle sue labbra, serrando la bocca prima che possa introdurvi la lingua. - Potrebbe vederci. -

- Später dann ( più tardi allora ). Non metterti nei guai nel frattempo. - 

- Preferirei non avere nessuno alle calcagna questa volta. Vorrei solo che mi accompagnassi all'ingresso. - Lui, sapendo di avere a che fare con una delle persone più cocciute dell'intero universo, mi da carta bianca, pur pregandomi di fare attenzione e di non immischiarmi in questioni che non mi riguardano. 

Indugia nel lasciarmi andare, trattenendomi all'interno della vettura. Alla fine, però, si convince ad aprirmi lo sportello, scongiurando la disgrazia. 

Rimettere piede in questo posto mi provoca una sensazione indefinita; il non volerci entrare cozza contro la volontà di fare la cosa giusta. 

Non ha piovuto questa notte, ma nell'aria c'è quel caratteristico odore di fango, di ozono, come se ad Auschwitz la terra non si asciugasse mai. 

Sempre meglio del sentore lezzoso delle fosse comuni: non posso credere di aver respirato quel fumo. A ripensarci, mi vien voglia di infilarmi due dita in gola. 

" Concentrati, non perderti in pensieri vani. "

Se non me lo fossi ripetuta, non avrei mosso nemmeno un passo. 

Il sole mi picchia sulla fronte: ne soffro io, ne soffrono i soldati, i prigionieri ancora di più. Maxim è impiegato nella miniera... chissà che caldo devono sentire quei cristi, che spalano carbone dieci ore al giorno. 

Mi introduco all'interno del settore B1a, facilitata dalla croce di cavaliere di Reiner. I turni sono pressoché li stessi; le guardie non obbiettano quasi più quando sono io a presentarmi al loro cospetto, pretendendo di passare. In realtà, è anche per Zohan che sono qui, spero di vederlo, di potergli parlare. Mi presento sempre verso l'ora di pranzo, o di cena, così da poter trovare Maxim; è lui il mio obiettivo, ma non posso trascurare oltre chi è stato così vicino a Friederick: Zeno era il suo migliore amico, il solo legame che mi resta con quel ragazzo e, se c'è una cosa che ho imparato in questi mesi, è che i ponti con il passato qui non si tagliano mai; non c'è scheletro di cui ci si possa liberare e persino gli elementi naturali, nella notte, paiono i fantasmi di chi ci ha lasciato.

La desolazione si estende ben oltre la mia mente: attorno a me neanche l'ombra di una donna, perché molte di loro sono tuttora impiegate dall'altra parte del campo, in progressivo ampliamento. Un'unità è occupata nella costruzione del futuro settore BII: quando le vidi mi sembrarono macchine e, sotto la sorveglianza delle " Blokove " ( Kapò donne,  talvolta più feroci dei corrispettivi uomini ), si stavano dedicando allo smantellamento di una baracca. Nonostante le incitazioni violente, le punizioni corporali e i ritmi martellanti, il lavoro è spesso improduttivo, vanificato anche dalle condizioni climatiche in questa parte di mondo. Ai nazisti, in fondo, non interessa il prodotto, ma il procedimento, volto ad estenuare i prigionieri al punto di ucciderli. Molti dei loro impieghi sono del tutto inutili; potrebbero benissimo ordinare la costruzione di Blocks e poi farglieli buttare giù, tanto per spremerli come bestie da soma e svilirli. Gli unici lavori realmente produttivi sono quelli che riguardano la manodopera coatta negli stabilimenti industriali o nei laboratori artigiani ma, essendo questi dislocati anche a diversi chilometri dal campo madre, non ho mai avuto occasione di vederli. 

A dirla tutta, non mi sono neanche mai addentrata in infermeria, in una delle cucine o all'interno del Kanada. 

Temo che possano avere una cattiva impressione di me, se mi aggirassi tra loro, come una guardia, senza poterli aiutare. Non potrei accettare di essere chiamata " nazista ". 

Tuttavia... 

C'è una ragazza laggiù, vicino ai locali di servizio; è caduta per terra e non riesce a rialzarsi. Forse è ferita. 

- Ich kümmere mich darum. / Me ne occupo io. - Statuisco, impedendo al tedesco di avvicinarsi a lei con la pistola puntata. - Bist du verletzt? / Sei ferita? - Lei si ritrae, si rannicchia per terra in un mormorio sommesso, un lamento acuto, un urlo. - Ich will dich nicht schlagen. Verstehst du mich? / Non voglio picchiarti. Mi capisci? - Piegandomi, mi accorgo di due cose: la prima, è che la ragazza trema tanto più mi adopero per calmarla; la seconda è che il soldato non ha continuato il suo giro di ronda, ma si è fermato appena dietro di me per fumarsi una sigaretta. Sentendola gridare, mi sono girata, inconsciamente, verso di lui e questo mi è sembrato sorpreso di vedere quanto terrore possa suscitare una come me. 

Mi agito nel vederla disperarsi e mi chiedo se non abbia commesso uno sbaglio, poi, forse, capisco quale sia il problema. Reiner aveva insistito affinché mi portassi la sua daga: che assurdità, avrei dovuto incastrarla tra l'elastico dei leggins e le mutande, in assenza della cintura! E, invece, mi ha pressata così tanto che, alla fine, ho dovuto accontentarlo... Tra i leggins e le mutande, capirei ancora un pacco di fazzoletti. 

Quando mi sono sporta, deve essersi intravista la sagoma della guaina attraverso i pantaloni. 

Allora la ripongo d'un lato, cautamente, offrendogli una mano per alzarsi. 

- Keine Angst. - Lei, più che altro, pare capire di doverlo fare... Sono le regole non scritte del campo, la legge della giungla. Si mette in piedi da sola, rifiutando il mio aiuto ma, dopo qualche passo, barcolla. - Warte. / Aspetta. - 

- Kann ich ihr helfen? Ich möchte nicht, dass du sie vor mir erschießt, oder dass du es tust, sobald ich weg bin. Es wäre ein schreckliches Gefuhl. / Posso aiutarla? Non voglio che le spari davanti a me, o che tu lo faccia non appena me ne sarò andata. Sarebbe una sensazione orribile. - Sempre metterla sul personale; non bisogna mai accennare a posizioni morali dettate da ideologie politiche. 

È difficile riuscire a mangiare una bistecca dopo aver visto abbattere la mucca... la metto in questi termini, anche se tutto ciò mi disgusta. 

Il tedesco sbuffa, scuotendo la testa. Credo sia infastidito più dalla mia presunta sensibilità di stomaco, piuttosto che dalla richiesta in sé. 

Eppure anche l'essere agnello reca i suoi vantaggi. 

- Los, bevor er seine Meinung ändert. Wohin musstest du gehen? / Su, prima che lui cambi idea. Dove dovevi andare? - La aiuto a sorreggersi, ricevendo l'informazione un attimo prima di svoltare verso le cucine. 

- Danke, gnädige Freulein. / Grazie, gentile signorina. - 

" Gnädige " ? Cotanta ossequiosità mi impressiona, nel senso che mi fa proprio impressione. Imbosco la croce sotto la maglia, impedendo che luccichi al sole, che attiri l'attenzione delle altre. - Gehen wir da drin. Ich lasse dich nicht hier draußen. / Andiamo dentro. Non ti lascio qua fuori. - Riesco quasi a far toccare il pollice con l'indice della stessa mano, il che significa che il suo braccio è più sottile del mio, nonostante io abbia una circonferenza piuttosto esigua. Ha gli occhi spauriti, il volto di un'età indistinguibile segnato dalla denutrizione. 

Un brivido di orrore mi ha attraversato il corpo nel vedere in quale stato sia ridotta e lei, purtroppo, se n'è accorta. 

- Verzeih mir. / Perdonami. - La donna, animata da una cupa rassegnazione, ribatte: " ora so quanto mi resta ". Trattengo, trattengo, gli occhi... Non riesco più a tenerli aperti. 

Saranno rossi, come se stessero per lacrimare sangue. 

Lei dischiude la porta e sgattaiola all'interno, così che il locale della cucina si apra a me in tutto il suo squallore. 

Subito un odore pungente mi invade il naso, non propriamente buono, ma che sa di caldo, di brodaglie che nessuno berrebbe se non per scaldarsi lo stomaco. 

Ho sempre considerato spiacevole la sensazione di sentirsi osservati, però qui mi ritrovo io ad indagare, intimorita, impietosita, ma anche incuriosita. Tutte quelle braccia, quei mestoli che prima navigavano tra onde di zuppa, sono ora immobili, solo per me. Una donna si è messa in tasca qualcosa; sono sicura che, certa di non esser vista, abbia rubato del cibo dal calderone. Ora suda, calandosi la bandana sulle rade sopracciglia, facendo finta di nulla. 

- Nie bójcie się. Uratowała mnie przed niemieckiego żołnierza. / Non temete. Mi ha salvata da un soldato tedesco. - Cosa avrà detto... Le altre hanno cambiato atteggiamento, la donna di prima ha sollevato lo sguardo. Scorro da una parte all'altra, cercando i loro volti oltre i giganteschi calderoni ( che non sono poi così grandi se si pensa al numero dei prigionieri ). 

- Ich will nichts sagen. / Non dirò niente. - Affermo, riferendomi all'episodio di prima. La diretta interessata non sembra capire il tedesco, ma la donna a fianco a lei sì, tant'è che si premura di farglielo sapere; questa poi, avendo pena della compagna, magrissima, passa sopra al furto e si rivolge a me, senza paura: 

- nous savons qui vous êtes. / Sappiamo chi siete. - Temo il continuo, di essere disprezzata per il fatto di affiancarmi ad un tedesco. È una fortuna che nessuno possa leggere cosa c'è scritto all'interno del mio cuore, perché sono parole mai dette, di cui nemmeno lui è a conoscenza. 

Loro, però, non sembrano ostili nei miei confronti, tutt'altro. 

Due abbandonano la postazione per avvicinarsi a me e, come le anime del purgatorio che si rivolgevano a Dante per le preghiere, loro mi chiedono favori: l'una mi domanda del marito, mi fornisce dei dati, perciò dovrei recarmi nell'altra sezione, cercarlo e tornare indietro da lei. Se lo sapesse Reiner, che già fatica ad accettare il mio impegno in merito a Maxim, non mi farebbe più uscire, però come faccio... Questa signora mi fissa, con le mani congiunte, aspettandosi un sì o un no. 

- Ich werde mein Bestes geben, aber ich kann Ihnen nichts garantieren. / Farò del mio meglio, però non posso garantirvi nulla. - Lei si ritira, con una luce che prima negli occhi non aveva. La seconda donna si è girata verso di lei, l'ha seguita con lo sguardo mentre tornava al posto poi, voltandosi verso di me, con le lacrime agli occhi, si è gettata ai miei piedi, iniziando a parlare in una lingua che non riconosco. 

- Kann jemand übersetzen? Deutsch, Französisch, English, Italienisch, mir ist alles recht. / Qualcuna sa tradurre? Tedesco, francese, inglese, italiano, mi va bene tutto. - 

- Sie kommt aus Böhmen. Sie sagt, dass Sie ihrer Tochter helfen muss. Sie ist nur siebzehn und... ein Nazi hat sie ausgenutzt. Sie sagt... / Viene dalla Boemia. Dice che voi dovete aiutare sua figlia. Ha solo diciassette anni e... un nazista si è approfittato di lei. Lei dice... - Abbassa la testa, non sapendo come procedere. 

- Ich hab' schon verstanden. Es ist mehr als eimal passiert. / Ho già capito. È successo più di una volta. - È una storia purtroppo già sentita, già vissuta e che trascina con sé ricordi dolorosi. Provo soltanto odio, rabbia; ho stretto i pugni tanto forte da far sbiancare le nocche. - Was weißt sie über diesen Nazi? / Cosa sa di questo nazista? - So quanto sia penoso dover chiedere ad una vittima di abusi di ricordarsi di particolari molto specifici, per cui spero di ottenere almeno un'informazione da cui poter partire. La donna mi aiuta molto in effetti, ammettendo di aver percepito il terrore della figlia al passaggio di un SS; così me lo descrive, nel dettaglio ed io identifico un uomo corrispondente a quel profilo, un uomo che ho già visto, in più di un'occasione. Nel farlo, lo equipara a Reiner, dicendo che " come il tedesco con cui sono stata vista " ha i capelli biondi ed è altrettanto alto. Mi ha fatto uno strano effetto sentirlo menzionare; loro se ne sono accorte. La donna che parla francese sussurra alle altre che non avrebbero dovuto, che forse hanno osato troppo. 

- Ich habe einen Name. / Ho un nome. - Replico, interrompendo il dibattito. - Jeztz züruck zur Arbeit. Wir sind alle ausgesetzt. / Adesso tornate al lavoro. Siamo tutte esposte. - Prima di voltar loro le spalle, una ragazzina si fa avanti e mi domanda: " le Seigneur t'a-t-il envoyé? Je suis allé aux barbelés, j'ai vu mon frère et j'ai entendu des hommes parler... ils t'appellent ange. / Ti ha mandata il Signore? Io sono andata al filo spinato, ho visto mio fratello ed ho sentito parlare gli uomini... loro ti chiamano angelo. " Questa ragazzina, che non deve avere più di sedici anni, mi pare Bernadette di Lourdes; mi guarda come se fossi una creatura del cielo, ignorando le occhiate pietose delle altre, che le intimano di tacere, di non dire più questo genere di assurdità. 

Ma lei non intendeva questo... Lei voleva farmi arrivare qualcos'altro, attraverso un'allegoria. Vede in me un intermediario buono, schierato dalla parte dei giusti: un " angelo ", o meglio, un " angelo caduto ", come Friederick. 

- Je ne suis pas " la liberté guidant le peuple ". / Non sono " la libertà che guida il popolo ". - Ammetto, rammaricandomene, facendo riferimento al quadro di Delacroix in cui la libertà, o meglio, la sua personificazione, conduce i rivoluzionari francesi al di là delle barricate. 

Prima di riuscire a vedere che effetto abbiano avuto le mie parole su di lei, esco fuori, dirigendomi da tutt'altra parte. 

Non voglio che si creino delle aspettative.

E, soprattutto, non voglio che vengano deluse. 

Invece di setacciare tutto il perimetro, chiedo di Zeno ad un tedesco qualsiasi, ma questo, fermo sotto alla tettoia di una baracca, mi fa capire di non sapere neppure di chi si tratti. Allora lo chiamo " Mischling " e l'uomo pare improvvisamente ricordarsene; finisce di bere dalla sua fiaschetta, poi mi informa che ha cambiato turno, che è ancora chiuso nel suo dolore e che non vuol ricevere nessuno. Non prova empatia nei suoi confronti: lo sa per sentito dire e lo ha rivelato a me come potrebbe averlo fatto con altri, senza il minimo tatto.

- Es ist kein Platz für dich. / Non è posto per te. - 

Lo so, lo so, dannazione! Quante altre volte bisognerà ripetermelo?! 

Giro i tacchi, imbufalita, sporcandomi le scarpe di terra per il troppo raschiare. Mi decido ad oltrepassare quella che per me, ormai, è diventata una dogana; lascio la catenella in mano alle guardie, in modo che se la guardino ben bene prima di arrendersi all'evidenza. Gli sbocchi dei crematori svettano poco lontano e sferzano il cielo azzurro con il loro macabro e pallido rossore. 

Manca poco al compimento dell'opera e Rüdiger, che dovrebbe rappresentare il fior fiore dell'alta società tedesca, non ha disgusto di nulla: come un mezzadro, ( che si abitua a pascolare le bestie, a squartarle prima dell'arrivo della primavera ) sguazza tra odori che difficilmente una persona potrebbe sopportare... 

Tuttavia il colonnello, a differenza del mezzadro, ha fiutato miasmi che non sono presenti in natura, che non sono naturali in sé e che, perciò, vengono percepiti come qualcosa di anomalo, anche dai prigionieri stessi. 

Smetto di fissare per aria, riattivandomi e marciando con la catena attorcigliata tra le dita e attorno al polso, a mo' di rosario. Nel palmo, invece, conservo la croce: un amuleto profano, simbolo del merito di Reiner e del suo coraggio in campo.  

Mi torna utile e, come se la sua forza potesse essermi trasferita attraverso il solo contatto, procedo a testa alta verso il Block di Maxim, appostandomi davanti all'entrata. Torneranno a momenti, tanto vale aspettare e del tedesco... Del tedesco cosa importa? Di certo non sono tutti malvagi ma, quando mi viene raccontato di certe bestialità, mi pare di odiarli tutti. Vermi schifosi, che imparino cosa si prova nel sentirsi schiacciati. Ad uno sguardo di troppo, lo guardo anche io di traverso, facendo passare la catena tra le dita, sfoggiando la mia " immunità ". Tutti, tutti mi pare di odiarli, persino Reiner. La rabbia scema, tramutandosi in dolore. 

Mi rigiro di lato, frizionando le mani sulle braccia. 

Vedo macchioline zebrate muoversi in direzione del cantiere: mi dico che siano membri del Sonderkommando, che siano loro ad occuparsi della costruzione dei crematori, ma c'è qualcosa di insolito, di frenetico nei loro movimenti, una tensione macchinosa che non può essere ricondotta alla sola paura. Mi acciglio, impensierita, combattuta sul da farsi. Sigillo i pugni, serro le palpebre cercando di seguire il consiglio di Reiner ma, alla fine, è la mia natura a trionfare. 

Mi addentro tra le baracche desolate del settore BIb, avvicinandomi sempre più al Crematorio. Qui la resistenza si inasprisce: la guardia mi ostacola il passaggio, spingendomi ad arretrare. Io insisto, cercando di dissuaderlo, ma questi è irremovibile. Oltre il filo, un uomo del Sonderkommando mi fa segno di andare via. 

Il partigiano romano mi fece intendere la stessa cosa, prima di sparare sul drappello di nazifascisti. 

Mi sforzo di guardare il tedesco in faccia, tuttavia, nel frattempo, getto un'occhiata alle sue spalle: l'uomo è ancora lì, mentre gli altri prigionieri hanno iniziato disperdersi; con una forza che non possiedo in circostanze normali, riesco a spingere via il tedesco, a spalancare il cancello e correre verso la costruzione rossa. 

L'altra guardia si pente amaramente di essersela presa comoda con quella pisciata. È troppo lontano, troppo lento per potermi riacciuffare e non hanno ancora capito che non sono io il problema, ma loro

In pieno giorno, sotto l'occhio delle SS... Insospettabili. 

Agito le braccia, gridando di non fare nulla di quel che è stato pianificato: è una pazzia; moriranno loro e ne verranno uccisi altri, altri che saranno innocenti, presi a caso e giustiziati pubblicamente, affinché tutti i possibili emulatori, alla vista della forca, vengano dissuasi dal ritentare l'impresa.

L'uomo di prima mi trotta incontro; corre, corre, così velocemente che non riesco neppure a schivarlo. Vengo gettata per terra e ruzzolo un metro più in là di quanto avrei dovuto.

Lui fa scudo con il suo corpo per proteggermi. 

Non ho saputo da cosa, fin quando non ho sentito un boato assordante. Volano detriti, schegge di ferro, eppure non sembra vero. Accanto a me, la lucente lamiera di uno dei bocchettoni dei forni e, poco più lontano, un tedesco ferito, che si regge il retro della coscia. Nelle orecchie, un fischio continuo, oltre che le urla ovattate degli aguzzini. Lui mi grava sulla schiena, ma mi ha salvata dalla caduta di un frammento di muratura, che ha colpito lui, invece. Benché non si sia mosso, l'ho sentito uggiolare; io ho chiuso gli occhi, in modo che la polvere non me li ferisse, ma mentalmente... Se solo lo avessi ascoltato per una volta! Me lo aveva detto Reiner di non immischiarmi ed io, testona, non gli ho dato retta. 

Con una torsione del busto, riesco a voltarmi per guardare l'uomo in volto: vorrei ringraziarlo, ma ho così paura... So che lo prenderanno e che lo faranno sparire, come gli altri suoi compagni. 

Rüdiger punirà chiunque verrà sospettato di aver favorito la rivolta. 

Tremo e tremo ancora di più quando vedo i soldati avvicinarsi ad armi dispiegate verso di noi. 

- Steh auf! Hände hoch! / Alzati! Mani in alto! - Urlano, mentre uno lo colpisce nell'incavo della spalla con il calco del fucile. Ho gridato anche io, sentendolo contrarsi per il dolore. Lui si sposta, barcollando, ma viene gettato per terra con una violenza barbara e preso a calci. - Steh auf, schmutziger Jude! / Alzati, lurido ebreo! - Mi volto a pancia in su, pregandoli di smettere. - Los, du auch. Aufstehen! / Muoviti, pure tu. In piedi! - Il cuore si cristallizza nel petto quando una delle guardie mi afferra per la collottola, mi solleva da terra e mi spinge in avanti. Quasi precipito sugli stivali dell'altro soldato, ma non ride più nessuno della mia goffaggine. 

Ritengono che abbia collaborato, che sapessi del piano e che lo abbia taciuto. 

Continuo a ripetere che non c'entro nulla con questa storia, che deve esserci stato un errore: perché non mi danno retta?! Che vogliono farmi?! Dove ci portano? 

" Reiner! " Pigolo il suo nome, mettendo le braccia ai lati della testa, come hanno ordinato. Tutte le guardie hanno lasciato il perimetro e sono corse ad accerchiare i sovversivi. Il soldato ferito viene portato via, noi anche. 

Eravamo i più vicini, gli unici a non essersi sparpagliati. 

Sono sicura che gli altri non si lasceranno catturare senza opporre resistenza, tuttavia, lo scontro ci viene precluso. Provo un'immensa vergogna nell'avere una canna puntata alla schiena; la paura la conservo per lui. 

Il mio salvatore deve essere stato deputato come leader e, probabilmente, sarà il primo ad essere torturato. 

- Sie ist unschuldig. / Lei è innocente. - 

- Halt's Maul! / Taci! - Abbaia l'SS, spintonandolo con il fucile. Faccio in tempo a girarmi per identificare il suo volto, sorprendendomi di non averlo associato prima a quello dell'uomo che vidi al Bunker 2, che mi guardò e passò oltre e che poi ritrovai all'estremo della fossa. 

È per quello che hanno visto ieri che sono insorti e lui, che credevo mi avesse voluta salvare per pietà, in realtà mi aveva riconosciuta e non voleva che io morissi nell'attentato. 

Uno scambio di sguardi complici infastidisce particolarmente l'altra guardia, la quale ci incita a guardare avanti, spingendoci malamente. 

Siamo costretti ad attraversare il campo sotto lo sguardo di tutti, con le mani per aria, come criminali. 

L'unica mia consolazione è che Zeno non mi vedrà piegare la testa di fronte a loro come, invece, sono forzata a fare. 

Veniamo condotti all'esterno, dove le solite guardie cercano di mediare per la mia liberazione. In particolare, uno di loro, che sa cosa intercorre tra me e Reiner, mette l'altro in allarme, affermando che dovrà essere il comandante ad occuparsi di me e che lui solo potrà decidere quale sorte mi spetta. 

- Wenn sie den Stardantenführer überlebt, kann Von Hebel sie auch zurücknehmen. / Se sopravviverà al colonnello, Von Hebel potrà anche riprendersela. - 

Se prima non avevo alcuna paura delle conseguenze, adesso ne sono terrorizzata. Solo a sentir menzionare quella bestia, mi vien voglia di sotterrarmi. 

Avrà tutto il tempo per seviziarci; a meno che Reiner non abbia sentito l'esplosione da Auschwitz I, non sarà qui prima delle sedici e, pertanto, nulla potrà vietare al colonnello di sfruttare quest’uomo, la mia debolezza, per ottenere da me una confessione falsa. 

Il mio corpo sussulta quanto il suo, benché i nostri volti siano asciutti. 

- Sich der Angst zu stellen ist die reinste Form von Mut. Das ist Heldentum und du... du bist ein Held. / Affrontare la paura è la più pura forma di coraggio. Questo è eroismo e tu... tu sei un eroe. - Egli, trascurando di essere sorvegliato a vista, reagisce positivamente al mio elogio, pur senza parlare. 

Non lo chiameranno mai " corvo del crematorio ", così come i prigionieri comuni avrebbero ribattezzato ogni membro del Sonderkommando. 

Il tempo delle lacrime verrà, ma non ancora. 

Adesso, è tempo di gioire... 

Il Crematorio non esiste più. 

 

 

 

 

Angolo autrice: 

metto subito le mani avanti... Niente di tutto ciò è realmente accaduto, o meglio, non nel 42’. Le prime rivolte di prigionieri nei lager si ebbero a partire dal 43’, perciò ho solo anticipato uno di questi eventi ( comunque pochi ) di un anno. Non ho trovato notizie certe riguardo ai Crematori; la loro costruzione, nei documenti, oscilla tra l’estate del 1942 e la primavera dell’anno dopo. Mi sono presa questa " licenza ", ipotizzando che di fronte ad un orrore come quello avvenuto pochi capitoli fa ( inventato ma, purtroppo, verosimile ), gli uomini che - nel mio racconto - hanno dovuto fare il " lavoro sporco " non siano riusciti a restare in silenzio, se così si può dire. 

Ringrazio chiunque abbia avuto la pazienza di giungere fin qui con la lettura, coloro che hanno recensito e/o inserito la mia storia tra le ricordate/preferite/seguite. 

Chiunque si senta di esprimere un parere, di qualsiasi tipo, è sempre ben accetto... 

In fondo, si può sempre migliorare e, per me, è quanto di più prezioso. 

 

 

 

  
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