Capitolo secondo
Now
I'm dancing with a broken heart
Ain't no doctor who can make it start
Singing these are the words that I'm never gonna
say again
'Cause I've given till I've given up
One more casualty of easy love
Singing these are the words that I'm never gonna
say again…
(“These
are the words” – James Blunt)
Chissà se all’epoca di
Cosimo de’ Medici esisteva già il detto Piove
sempre sul bagnato? Ad ogni modo fu proprio quello che successe a Firenze
in quel periodo. Erano ormai trascorsi più di due mesi dal furibondo litigio di
Giovanni con Rinaldo e il ragazzino stava sempre peggio, sebbene non volesse
ammetterlo. Dormiva poco, mangiava ancora meno e, per buona misura, si spendeva
anima e corpo per appoggiare i Medici alla Signoria, contro gli intrighi di
Andrea Pazzi. Era ridotto come uno straccio, ma Cosimo non aveva avuto modo di
accorgersene perché anche lui, proprio in quei giorni terribili, stava
affrontando un incubo: Marco Bello sembrava aver trovato le prove che
accusavano Lorenzo di aver ucciso il loro padre e lui lo aveva fatto
rinchiudere nella sua stanza senza nemmeno consentirgli di discolparsi. In
fondo al cuore, però, soffriva per ciò che aveva fatto al fratello e quindi non
riusciva più a concentrarsi sui propri doveri, che non erano pochi.
E, ovviamente, le disgrazie
non vengono mai da sole e quindi le cose peggiorarono ancora!
Qualche mattina dopo, Cosimo
e Giovanni arrivarono in ritardo alla riunione della Signoria. Giovanni aveva
dormito male quella notte (continuava ad avere incubi che riguardavano tutto ciò
che poteva esserci stato tra Rinaldo e sua moglie…), ma anche Cosimo non era
stato da meno: aveva deciso di andare a parlare con Lorenzo, ma poi gli era
mancato il coraggio e, quando si era coricato, aveva sognato il fratello che
avvelenava il padre… dopo di che, non era più riuscito a chiudere occhio.
Insomma, l’insonnia la faceva da padrona in quelle notti a Palazzo Medici!
Il risultato di tutto ciò
era stato che, appunto, tanto Cosimo quanto Giovanni non erano riusciti ad
alzarsi all’ora consueta e per questo erano giunti in ritardo al Palazzo della
Signoria.
E la sorpresa che li
aspettava era brutta quanto i loro incubi, solo che quella era la realtà…
“Padre, Giovanni, perché
siete arrivati in ritardo proprio oggi?” li accolse Piero, agitatissimo,
uscendo dal salone. “E’ successa una cosa terribile: Mastro Bredani è stato
aggredito e ucciso sulla porta di casa sua la scorsa notte.”
E così era finita, in modo
molto poco glorioso, l’avventura del mercante di olio come membro della
Signoria…
“Povero Bredani! Si sa già
chi è stato?” chiese Cosimo.
“Non credo che ci siano
dubbi sul mandante” replicò Piero, “infatti il suo seggio è stato assegnato
proprio questa mattina a Messer Andrea Pazzi.”
Tanto Cosimo quanto Giovanni
trasecolarono.
“Ma com’è possibile che il
Gonfaloniere abbia accettato di dare la sua approvazione alla candidatura di
quel serpente là?” reagì il ragazzo, guardando con sincero schifo Pazzi che,
tutto tronfio al centro del salone, si godeva le congratulazioni dei suoi fans.
“E’ proprio per questo che
dicevo… Padre, Messer Guadagni ha ricevuto una lettera in cui voi dicevate di appoggiare la
candidatura di Messer Pazzi” gemette Piero. “Ho cercato di spiegargli che
quella lettera era falsa, ma voi non c’eravate e io…”
“Va bene, Piero, non
preoccuparti, non è colpa tua” lo tranquillizzò Cosimo. “Il problema è che
Pazzi ha raggiunto il suo scopo…”
“Sì, ma a nessuno è venuto
in mente quanto sia sospetto che Mastro Bredani sia stato assassinato e subito dopo Pazzi abbia avuto il seggio?
Possibile che il Gonfaloniere non abbia fatto due più due?” protestò Giovanni,
che poteva anche essere stanco e provato ma, quando si trattava di attaccare
Andrea Pazzi, ritrovava tutta la sua energia. “Se non ci ha pensato lui, vado a
spiegarglielo io!”
E alle parole avrebbe fatto
seguire immediatamente l’azione, se Cosimo non lo avesse afferrato e portato
fuori per evitare il peggio! Intanto Pazzi, con il suo corteo di aficionados, stava anche lui uscendo dal
Palazzo della Signoria…
Nella piazza antistante il
palazzo, ci fu l’incontro al vertice
tra quel disgraziato, un disperato Piero de’ Medici, un Cosimo alquanto
indignato e un Giovanni che era fuori dalla grazia di Dio al pensiero che il
piano di quel bastardo, alla fine, avesse avuto successo!
Andrea Pazzi si avvicinò ai
Medici con il sorriso più falso e untuoso che poteva spiaccicarsi in viso.
“Messer Cosimo, Messer
Piero, siete venuti a congratularvi con me per la mia vittoria?” domandò, con
la più invidiabile faccia da schiaffi dell’intero pianeta.
“Naturalmente, Messer Pazzi,
vi facciamo le nostre congratulazioni” rispose Piero, il primo a ritrovare la
parola, “e auspichiamo una lunga e fruttuosa collaborazione tra le nostre
famiglie.”
“E voi, Messer Cosimo?”
insisté Pazzi, talmente tronfio per ciò che aveva ottenuto da rischiare di
esagerare.
E come no?
“Io… sì, certo, anch’io vi
porgo le mie congratulazioni” mormorò Cosimo, con l’espressione di chi aveva
appena pestato qualcosa di disgustoso.
Giovanni lanciava fulmini
dagli occhi e il suo volto lasciava trasparire tutto l’odio e la rabbia che
provava verso quell’uomo, e ovviamente non poté trattenere quello che pensava.
“Oh, ma anch’io vi faccio le
mie congratulazioni, Messer Pazzi” esclamò, con un sorriso maligno. “Devo dire
che quel seggio sembra davvero maledetto: Messer Albizzi è stato esiliato ed ha
rischiato di cadere in un’imboscata con suo figlio, Mastro Bredani è stato
ucciso… Beh, auguro anche a voi di godere pienamente di tutto ciò che quel
seggio potrà offrirvi!”
Andrea Pazzi divenne di
tutti i colori e avrebbe con gioia accoltellato Giovanni sulla pubblica piazza…
ma naturalmente non poteva! Sfoderò un ghigno e ribatté inviperito.
“D’ora in poi non potrai più
permetterti tanta insolenza con me” sibilò. “Adesso sono un membro della Signoria
e sono intoccabile!”
“Certo… come lo erano Messer
Albizzi e Mastro Bredani prima di voi” rincarò Giovanni. “Non vi sembra assai
singolare che entrambi abbiano perduto il seggio… e anche di più… in
circostanze ancora da chiarire, e che siate stato voi a guadagnarci?”
“Maledetto piccolo bastardo,
se non chiudi immediatamente quella boccaccia te la farò chiudere io,
denunciandoti al Gonfaloniere in persona!” reagì Pazzi, esasperato.
Cosimo, allora, afferrò il
ragazzo e lo allontanò dal suo nemico.
“Perdonatelo, Messer Pazzi,
purtroppo questi sono giorni molto difficili per lui” disse, “vi porgo le
nostre scuse, adesso sarà meglio che torniamo a palazzo.”
Ci vollero sia Cosimo che
Piero per portare via Giovanni, che avrebbe voluto avventarsi alla giugulare di
Pazzi, altro che porgere le sue scuse! Si allontanarono da un lato della piazza
mentre Andrea Pazzi e i suoi fans se
ne andavano dall’altro.
Il caso volle che Rinaldo
Albizzi, da lontano e non visto, avesse assistito a tutta la scena. Se da una
parte aver perso il seggio alla Signoria per colpa di Pazzi gli bruciava,
dall’altra la reazione di Giovanni lo aveva divertito molto… e gli aveva anche
fatto capire quanto quel ragazzino tenesse ancora a lui, sebbene facesse di
tutto per evitare di vederlo e parlargli.
Si avvicinò al terzetto che
stava facendo ritorno a Palazzo Medici.
“Buongiorno, Messeri”
esordì. “Dunque alla fine Andrea Pazzi ha ottenuto ciò che voleva, ma né voi né
io ne siamo soddisfatti, non è forse così?”
“Buongiorno a te, Rinaldo.
Beh, per una volta la pensiamo allo stesso modo, pare. Non è un bene per
Firenze che Andrea Pazzi abbia ottenuto quel seggio” rispose Cosimo.
Giovanni ostentò
un’espressione oltraggiata e non disse niente.
Cosimo, però, non era uno
sciocco e adesso vedeva bene anche il viso sciupato e stanco di Giovanni, così
prese la sua decisione.
“Bene, ti lascio parlare con
Giovanni, immagino abbiate molte cose da dirvi” disse il Medici, prendendo il
figlio Piero sottobraccio. “Io e mio figlio torniamo a Palazzo Medici, dobbiamo
pensare a un modo per impedire che Pazzi ci danneggi con la sua elezione.”
Rinaldo non chiedeva di
meglio. Prima che Giovanni potesse reagire in qualsiasi modo, lo afferrò e lo
portò sotto i portici, accanto alla piazza, in un luogo dove non potevano essere
visti né disturbati.
Il ragazzino gli era mancato
moltissimo e, per di più, adesso poteva vedere quanto quella lontananza forzata
avesse fatto del male anche a lui: Giovanni era pallidissimo, dimagrito, gli
occhi cerchiati di nero apparivano immensi sul suo volto.
“Mi fa piacere vederti,
Giovanni” esordì l’uomo, avvicinandosi a lui.
“Il piacere non è
ricambiato” tagliò corto il ragazzo, che però, sentendo Rinaldo così vicino a
lui, non riusciva ad essere scostante come al solito… e questo Albizzi lo sapeva
fin troppo bene!
“Tuttavia ho assistito alla
scena con Andrea Pazzi e sono lieto di vedere che, nonostante tu sia in collera
con me, continui a darti da fare per difendermi” riprese l’uomo. Adesso aveva
messo Giovanni con le spalle al muro e si avvicinava a lui sempre di più.
“Certo! Io mi sto impegnando
molto per smascherare quel perfido intrigante” ribatté il ragazzo, cercando di
sfuggire lo sguardo penetrante di Albizzi. “Ho sempre fatto tutto ciò che
potevo per aiutarvi, vi ho perfino salvato la vita… e voi mi avete tradito con quella là che non è nemmeno
mai venuta a trovarvi quando eravate in carcere!”
Suo malgrado, a Rinaldo
scappò un sorriso intenerito… quelle parole facevano proprio capire quanto
Giovanni fosse solo un adolescente innamorato e geloso!
“Non ti ho tradito,
ragazzino impertinente” disse, bloccandolo con il suo corpo e accarezzandogli
il viso. “E’ vero, ho avuto dei rapporti con mia moglie, ma solo per darle il
figlio che desiderava. Te l’ho già detto e ridetto: non mi importa nulla di lei
e, anzi, volevo che avesse questo figlio per liberarmi da ogni altra
responsabilità verso di lei e poter stare con te. Io ti voglio a Palazzo
Albizzi, voglio che tu viva insieme a me come se fossimo sposati.”
Giovanni si sentiva invadere
da un calore che non provava più da troppo tempo, ma non voleva cedere, era
ancora arrabbiato.
“Non posso più fidarmi di
voi, non vi crederò più!” cercò di protestare. “Continuerò a darmi da fare per
smascherare Andrea Pazzi per ciò che ha fatto a voi e a vostro figlio, e adesso
anche a Mastro Bredani, a quanto pare. Ma non metterò mai più piede nel vostro
palazzo!”
“Giovanni, lo so che questa
tua ostinazione sta facendo del male anche a te” insisté Rinaldo, stringendo il
ragazzino tra le sue forti braccia e impedendogli di muoversi. “Sei pallido,
stanco, sembra che non mangi e non dorma da settimane… Nel frattempo, io ho
fatto benedire le fedi nuziali dei miei genitori da Papa Eugenio, come ti avevo
promesso. Non ti ho mentito, io ti voglio veramente nel mio palazzo, al mio
fianco, con l’anello di mia madre al dito. Voglio che tu appartenga a me, per
sempre.”
“E Madonna Albizzi cosa ne
pensa?”
“A Madonna Albizzi non
interessa affatto” sorrise Rinaldo. “Lei voleva un altro figlio e adesso potrà
averlo. Non vuole me e io non voglio lei. Sei tu l’unico che conta davvero per
me, anche se ci ho messo tanto tempo per comprenderlo.”
Detto ciò, l’uomo si chinò e
baciò Giovanni con tutta l’intensità e il desiderio che si era tenuto dentro
per settimane. Voleva disperatamente sentire di nuovo quelle labbra morbide,
quel corpo giovane e caldo tra le sue braccia, la serenità che provava ogni
volta che stava con quel ragazzino. Giovanni avrebbe voluto respingere quel
bacio, ma non riuscì a fare niente. Anche lui aveva desiderato con tutto se
stesso l’uomo che adesso gli divorava la bocca con passione, non gli sembrava
nemmeno vero essere di nuovo tra le sue braccia, si sentiva perdere
completamente, le gambe gli tremavano, non aveva più il controllo del proprio
corpo. Solo Rinaldo esisteva, e quel bacio infinito…
L’uomo si staccò appena da
lui, ma continuò a tenerlo stretto.
“Adesso ti porto a Palazzo
Albizzi” mormorò. “Quello è il tuo posto. Per fortuna Ormanno è da sua madre in
campagna, in questi giorni, insieme alla sua sposa… è meglio che tua sorella
non ti veda in queste condizioni, si preoccuperebbe per la tua salute. Ma
adesso starai meglio, staremo insieme e tu ti riprenderai completamente.”
Giovanni non riusciva più
nemmeno a ragionare lucidamente, era confuso e travolto. Si lasciò portare a
Palazzo Albizzi e, senza sapere come, si ritrovò nella camera di Rinaldo, nel
suo letto, l’uomo sopra di lui che non si stancava di baciarlo e accarezzarlo. Si
perse totalmente nei suoi baci, nel contatto con il suo corpo; e quando,
finalmente, si fusero assieme, Giovanni si sentì prima andare in mille pezzi,
polverizzare e sciogliere tutta la rabbia che aveva accumulato in quei mesi e
poi… e poi sentì che la sua anima e il suo corpo si ritrovavano, era di nuovo
se stesso, era completo. Tra le braccia di Rinaldo, abbandonato totalmente a
lui, alla sua passione intensa e ardente, il ragazzino dimenticava tutte le
sofferenze e si sentiva nuovamente a casa.
Certo i problemi non erano
finiti lì. C’era ancora da fermare Andrea Pazzi, da provare l’innocenza di
Lorenzo e riconciliarlo con Cosimo. Ci sarebbero state ancora lotte e battaglie
e anche incomprensioni e litigi tra lui e Rinaldo… ma in quel momento erano
insieme, spazio e tempo non esistevano più.
Il resto poteva aspettare.
Fine capitolo secondo